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Autore: MelodramaticFool_    30/12/2012    2 recensioni
Una ragazza, alla ricerca della verità sul padre che non hai mai conosciuto, si ritrova catapultata in un'avventura, dove il pericolo è sempre dietro l'angolo, e dove il passato uccide, macchiando di sangue persino la sua stessa coscienza.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Parigi è bella, come sempre.
Una leggera foschia aleggia nelle vie strette della capitale, e un fresco sapore di montagna mi riempie i polmoni.
-Fa freddo oggi.- osserva il cameriere baffuto davanti a me mentre porta via la tazzina vuota.
-Decisamente.- asserisco io, stringendomi ancor di più nel mio cappotto grigio.
-Nient'altro..?- mi chiede, con il suo tipico accento parigino.
-No, grazie.- gli rispondo sorridendo -Sto aspettando un paio di amici.-
Resto a fissare qualche secondo la sua schiena mentre scompare all'interno del locale. Il mio sguardo si perde in alto, verso le nuvole grigiobianche che ricoprono il cielo sopra di me.
Sono seduta ad un tavolino di un bar sperduto in quel labirinto di viette che circondano l'area attorno al centro storico.
Se giri l'angolo, in fondo a sinistra, ti trovi davanti la Tour Eiffel, in tutta la sua ferrosa maestosità.
Ho detto ai ragazzi di presentarsi per le tre e mezzo, ma sono oramai le tre e quaranta e ancora non si sono fatti vivi. 
Vivo qui in Francia da diversi tempo e non li vedo dal giorno della mia partenza, all'aeroporto di New York, cinque anni fa. L'unico a prendersi la briga di accompagnarmi nel viaggio in aereo fù Conan, che all'arrivo mi salutò con un semplice saluto con la mano, da lontano, prima di scomparire dalla mia vista e prendere il volo di ritorno. Non ci siamo più visti, non perché adesso mi odiano o chissà cosa, semplicemente per una questione di mia sicurezza; numerosi viaggi in Europa rischiavano di attirare l'attenzione dei simpatici amichetti di Liam.
Tante cose sono cambiate. 
A cominciare dal mio nome. 
I ragazzi mi hanno costruito un'identità fittizia, un'infanzia che non mi è mai appartenuta e un aspetto ben differente dal mio originario. Addio per sempre alla vecchia Marina dai capelli lunghi e chiari. Adesso sono René Devol, originaria della Svizzera Francese, dai capelli corvini tenuti ordinatamente in un caschetto. L'unico vezzo che mi sono concessa è stato quello delle lenti colorate. Non riuscivo a svegliarmi ogni mattina e guardare allo specchio il riflesso dei miei occhi verdi, così simili a quelli di Liam. Renè Devol ha due grandi occhi azzurri, come quelli di mia madre. Quello sguardo che mi ha accompagnata per tutta l'infanzia, e il cui ricordo mi ha aiutata ad andare avanti tutto questo tempo.
Ogni tanto sento la mancanza della mia madrepatria. La Francia, però, mi piace. E' insieme diversa e molto simile all'Italia. C'è la stessa passione per la buona cucina che tanto mi era mancata durante il mio soggiorno in America (il cibo statunitense fa veramente schifo), e le persone sono dotate anche qui di un certo umorismo, forse più sottile rispetto a quello italiano. C'è la stessa cura per l'arte, e qui a Parigi si vive bene. Come mi disse Conan anni fa, ho ereditato l'abilità di Zaroga per le lingue; parlare il francese non è mai stato un problema, lo avevo studiato pure al liceo e avevo il massimo dei voti. Per i pochi amici e conoscenti che adesso si staranno chiedendo dove diavolo sono finita, nel cimitero del mio paesino d'origine c'è una lapide con il mio nome, che sovrasta una bara di legno accuratamente vuota. Il funerale è stato celebrato poco dopo la mia scomparsa, ci sono andati solo una decina di vecchi conoscenti di famiglia. Tutti mi credono morta, adesso.

Mi soffermo spesso a pensare alle sconsiderate avventure della mia vita precedente. 
Alle volte i ricordi spuntano all'improvviso, durante le mie giornate. Gli occhi di Conan, la voce di Linn, la risata argentina di Doc. 
Alle volte mi sembrava di riconoscere uno di loro in mezzo alla strada, prima di rendermi conto di salutare un perfetto sconosciuto.
In certi casi i miei ricordi sono limpidi, come se tutto fosse successo appena il giorno prima. Vedo una prostituta e sorrido, pensando a una serata passata con Doc, in un circolo, lui che faceva il pappone ed io che interpretavo il ruolo della sua protetta. E' stato maledettamente divertente, anche se pericoloso.
In altri casi, invece, sono sfocati, sfuggevoli, mi scivolano via dalle mani come acqua.
Uno di questi è il ricordo della notte in cui ho ucciso Liam.
Ho ben impresso in mente il lungo racconto che gli propinai, ma mi sfugge il motivo per cui gli raccontai così tanto della mia vita, delle mie emozioni. Ci penso spesso, ma non riesco ad arrivare ad alcuna conclusione soddisfacente. Sempre che lo avessi davvero avuto, un vero motivo. Il punto è che, in quel lungo monologo da me intrattenuto, non spiegai i fatti tanto quanto le emozioni, le mie sensazioni, nell'incontrare per la prima volta Conan, nello scoprire dell'esistenza di un fratellastro, nell'essere frustrata perché i ragazzi mi nascondevano molte cose. Forse il mio subconscio mi diceva di tenere banco, per guadagnare tempo, o forse il sottile legame di sangue che avevamo in comune si era fatto sentire proprio in quegli attimi, spingendomi a raccontagli della mia vita in modo così profondo.
Un'altra immagine impressa orridamente nei meadri del mio cervello, come una fotografia, sono i suoi occhi quando tirai fuori la pistola, quando sparai quell'unico colpo preciso in mezzo alla sua fronte, quando capì che per lui era innegabilmente finita. Il suoi occhi verdi mi guardarono prima con sorpresa, poi con terrore, e infine, con rassegnazione, semplice e volgare rassegnazione. Mi stupì più di qualsiasi cosa, quella rassegnazione, perché Liam non era il tipo da arrendersi, da lasciarsi andare al suo destino. Lui combatteva, era esattamente come me, un guerriero. L'evidenza della fine, della morte più che prossima, con tutto quello che comportava, aveva ribaltato il suo carattere in quell'atto finale. Ciao ciao, Liam.
Di tutto quello che successe dopo, non ricordo granché, a dire il vero. Subito dopo lo sparo Conan apparve nella stanza sfondando la porta. Scoppiai quasi a ridere nel vedere la sua faccia contorcersi nella sorpresa, appena notò l'anomala presenza di un cadavere sulla poltrona della mia camera da letto. Subito dopo ci raggiunsero anche gli altri, ancor più stupefatti. Jen e Doc mi inondarono di domande, prima tra tutte Perché hai una pistola?, finché Linn non li fece desistere, dicendo loro che ero in stato di shock e che potevo avere un accesso di rabbia violenta e che ci sarebbe stato un tempo per avere le risposte ai numerosi interrogativi in quella faccenda.
E prima ancora di riuscire a dire Bah mi ritrovai sul diretto per Parigi, con Conan accanto a me che mi teneva la mano con fare paterno, e che sussurrava un nome, nel sonno, un nome che riuscii a malapena a cogliere, tanto era distorto dalla voce sonnolenta di Jacob Conan, un nome che mi fece sobbalzare e che mi fece capire tutto quanto.
Il nome di mia madre, sussurrato nel sonno seguito dalle due magiche paroline "Ti Amo".
Tutto mi fù chiaro, il perché Conan mi avesse contattata, mesi prima, e il disprezzo che metteva ogni volta nel parlare di Zaroga.
Tutto chiaro, finalmente, nella mia mente, come un'equazione dalle troppe incognite, la cui ultima mi era stata appena rivelata.

Mi sono chiesta, più di una volta, come Conan abbia spiagato ai ragazzi di essere stato lui a darmi quella pistola.
Prima di salire sul traghetto per Keyport, mi prese da parte, mi infilò un sacchetto di carta in tasca e mi sussurrò nell'orecchio: -Spero che tu non debba mai usarla.-, dirigendosi poi verso l'imbarcazione e lasciandomi sul molo inebetita.
E io tenni le mani in tasca durante tutto il viaggio, preoccupata e al tempo stesso esaltata dall'avere con me una pistola e pure il permesso di usarla. In camera, da sola, la rigirai più volte tra le mani, in soggezione. Carica, otto proiettili in canna. Prima di andare a dormire sfilai la sicura e la misi sotto il cuscino, schiacciata contro la testata del letto. E durante tutto il mio colloquio con Liam pensai a come tirarla fuori con la massima rapidità possibile, per sparargli quel benedetto colpo in testa che avrebbe messo la parola fine a tutti i miei problemi.
 
Persa in queste mie elocubrazioni, in queste funamboliche contorsioni tra un ricordo e l'altro, quasi non mi accorgo delle quattro figure apparse 
nella stretta via che ora indicano il bar dove mi sono appostata. Mi raggiungono.
-Ciao, René.- mi saluta Doc, sottolineando accuratamente la parola René con un sorrisetto.
Si è fatto crescere un pizzetto rado ed è dimagrito.
Per il resto non sono cambiati molto.
Sorrido.
Questo potrebbe essere un buon epilogo.




Nota dell'autrice:
Finisce così l'avventura di Marina, una ragazza che moriva dalla voglia di sapere chi fosse suo padre e che, per ironia della sorte, è quasi morta per questo.
E' la prima volta che finisco un'intera storia e non so bene cosa dire.
Volevo per prima cosa ringraziare 
The Edge per aver letto e recensito con ostinazione tutti i maledetti capitoli. Grazie, Nao, è anche grazie a te che sono riuscita a proseguire. Grazie mille anche a WestboundSign_ per avermi sopportata tutte le volte che dicevo di fare schifo e di essere negata a scrivere :3
Un piccolo saluto anche a una certa Saracca, che nonostante non ami più di tanto leggere, ogni volta che pubblico qualcosa lo legge con piacere. Grazie, veramente! Grazie anche a tutti voi lettori nascosti e a tutti i miei amici che ho costretto a leggere la storia, tra cui G. e M., che mi sa sono pure rimasti indietro con la pubblicazione, teheheh.
Che dire d'altro?
Mi mancherà tantissimo questa storia. E' nata così, per caso, quasi per gioco; ci sono stati dei momenti in cui l'ho odiata perché non riuscivo ad andare avanti, ma alla fine, ogni volta che partivo in quarta a scrivere, provavo sempre un immenso piacere.
Grazie, grazie a tutti voi lettori!
A presto con una nuova storia,
Vostra,
MelodramaticFool_
  
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