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Autore: mikilily    10/01/2013    12 recensioni
Due colleghi che all'apparenza si odiano, una causa delicata e interessante su cui lavorare insieme.
Un uomo che cova in segreto un sentimento. Una donna che ama o è convinta di farlo. Un bacio e un' ampolla sanciscono una nuova unione. Sconvolgendo le vite dei due ragazzi e di chi gli sta intorno. Tutto questo è :Amortentia, la mia piccola Long. In cui lo zucchero è di casa, quindi se siete allergici state alla larga. Un bacio a tutte quelle temerarie che leggeranno e recensiranno la storia.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Narcissa Malfoy, Scorpius Malfoy | Coppie: Draco/Hermione
Note: Lemon, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
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Non aveva chiuso occhio quella notte, pentendosi per quello che aveva fatto.
Si malediva, avrebbe dovuto fermarla, ma come? Quando le si era buttata tra le braccia, il suo cervello aveva smesso di ragionare.
Il cuore aveva preso completamente le redini del suo corpo.
Solo lui comandava.
 Poteva sentire ancora il suo profumo nelle lenzuola, il suo dolce sapore sulle labbra, le sue mani calde sul suo corpo.
Sapeva che quello sarebbe stato un ricordo.
Solo un amaro ricordo della notte più bella della sua vita. La notte che Hermione Granger l’aveva amato.
Respirò affannosamente aprendo la bocca, il fiato gli si mozzò.
L’aveva aggirata con la magia, solo così, la donna era caduta nelle spire del serpente. Solo così, una donna come la Granger l’aveva amato.
- Sei un verme - questo gli aveva urlato poche ore prima quando si era risvegliata tra le sue braccia.
E proprio come un verme si era sentito quando lei l’aveva chiamato Ron.
Ron, quel nome gli rimbombava nella testa.
- Che cosa abbiamo fatto!-  urlava  –  cosa mi hai fatto? - disse rivestendosi come un automa senza guardarlo - Io amo Ron -.
 Quella fu la conferma che nessun filtro d’amore l’avrebbe mai legata a lui.
- Signorino Draco, la colazione è pronta - Tibly l’elfo domestico si era smaterializzato in camera osservando preoccupato il suo padrone.
- Signorino – disse titubante l’elfo - sta bene?-
- Si Tibly- ripose – manda una missiva in ufficio e di che mi sento male -
- Oh signorino cosa ha? Come posso aiutarla?-
- Non mi serve nulla Tibly. Ho solo bisogno di un po’ di pace - ammise.
- Vado a trovare mia madre al Manor -
Tibly annuì, sapeva che quando il suo padrone si recava da lady Narcissa la situazione era critica, eppure la donna aveva passato qui la notte.
L’elfo lo guardò ancora, poi, abbassò il capo facendo due passi indietro e alla fine si smaterializzò nelle cucine. Lì, scrisse prima una lettera indirizzata all’ufficio del suo padrone e una alla sua padrona.

**

 
Era arrivata a casa con le gambe tremanti, senza fiato, con la testa svuotata. Era crollata a terra, distrutta.
Aveva portato le mani al viso iniziando a piangere. Amare e calde erano le lacrime che rigavano il viso pallido, smunto, di Hermione quella mattina.
I capelli arruffati, i vestiti sgualciti, le calze smagliate.
Quelle erano le terribili conseguenze della pazzia di quell’uomo.
La sua pazzia.
Amortentia ripeteva la sua mente. È solo a causa di quel filtro d’amore se hai ceduto. Tu ami Ron. Solo Ron si ripeteva.
Singhiozzò disperata.
Aveva inventato una cena di lavoro, per partecipare a quella serata con Malfoy.
Aveva anteposto la sua carriera al suo fidanzato che ogni volta per stare con lei percorreva chilometri su un manico di scopa.
L’aveva tradito.
No è l’Amortentia, si disse ancora ma ormai nemmeno lei ci credeva più.
L’aveva baciato. Sì l’aveva baciato prima di bere la pozione.
Aveva tradito la fiducia di Ron, della sua famiglia. Aveva perso ogni rispetto per se stessa. Aveva ceduto la sua anima al nemico e si vergognava per questo.
Malfoy l’aveva umiliata.
Finalmente c’era riuscito. Magari covava questo sogno dalla fine della guerra.
Non l’aveva nemmeno fatto parlare: no, non l’avrebbe sentito vantarsi di averla umiliata.
-Ti odio - urlò con rabbia, scaraventando il posacenere di cristallo che Ginny e Harry le avevano regalato il Natale passato.
Ti odiosi ripeteva nella testa mentre reggendosi al muro, si sollevò da terra, salì le scale e arrivò fino alla sua stanza da letto.
Si sentì mancare il suolo sotto i piedi quando notò ancora il letto sfatto e l’odore di Ron non ancora scomparso nell’aria.
Un conato di vomito le salì all’improvviso e corse velocemente al bagno ributtando tutto quello che aveva mangiato la notte prima. Anche il suo stomaco si rifiutava di ricordarsi la cena con Malfoy. Tutto il suo corpo cercava di dimenticarsi quello squallido mago, ma purtroppo per la strega ogni tentativo divenne vano.

*

Percorse il viale che dal maestoso cancello di ferro portava all’imponente villa che da  un centinaio d’anni era proprietà incontrastata dei Malfoy.
La porta d’ingresso si aprì rivelando Gangi, il fedele elfo di sua madre.
- Mia madre?- domandò Draco.
- Nella sala da te - rispose l’elfo prostrandosi non appena il mago li fu vicino.
Il mago fece un leggero cenno dispensando l’elfo e si diresse nella sala che questi li aveva indicato. Socchiuse gli occhi prendendo un grosso respiro poi spinse la porta ed entrò.
Sua madre Narcissa era seduta sulla poltrona color panna davanti al tavolino. Due tazze erano state adagiate su di esso e deliziosi frollini facevano venire l’acquolina sin bocca al solo guardarli. Draco, però, non si curò di loro avanzò lento e si sedette davanti a sua madre.
-Buongiorno Madre, aspettavate ospiti?- domandò osservando la tazza di fine porcellana.
La donna dai lunghi capelli biondi, il viso pallido e vivaci occhi azzurri lo guardò soffermandosi appena sul suo discutibile abbigliamento mostrando attenzione per le occhiaie profonde e lo sguardo spento di suo figlio.
- Aspettavo te – disse senza mai smettere di guardarlo. Draco aprì la bocca poi la richiuse. Tibly, quell’elfo più che un complice era una dannata spia.
Draco la guardò abbassare lo sguardo e prende con infinita calma la teiera, versò il te prima nella tazza di Draco e poi nella sua e infine, la porse al figlio.
- Senza zucchero, giusto?-
- Si madre - rispose.
Draco prese la tazza portandosela alle labbra, sentì il calore della bevanda scendere lungo l’esofago e riscaldarli lo stomaco. Socchiuse gli occhi e cercò di scordarsi il dolore di quella mattina.
Il vuoto che inesorabile attanagliava il suo corpo. L’angoscia che non lo abbandonava mai, rendendolo privo di forze. Inerme, davanti a ogni novità che la vita poteva offrirli.
Aveva distrutto tutto, aveva  cancellato ogni tentativo, seppur vano, di conquistarla.
- Allora Draco, a cosa devo la tua visita a quest’ora della mattina?- Domandò posando la tazza.
Draco respirò prima di guardarla negli occhi.
- Non dovresti essere a lavoro in questo momento, che impressione farai con la tua collega?- aggiunse Narcissa.
Draco deglutì.
- è proprio di lei che volevo parlarti- disse a voce bassa.
- La signorina Granger?-
- Sì, la signorina Granger- ripeté – l’ho ingannata -
Narcissa strinse gli occhi cercando di mantenere la calma.
Era brava a farlo.
- Ingannata. È come l’avresti ingannata?- Domandò.
- Amortentia - disse e sua madre, per la prima volta perse il suo aplomb.
- Sei forse impazzito!-
- è illegale, hai circuito una donna per fare cosa Draco? portatela a letto-
- Non è come credere -
- A no e com’è spiegami? Lei, voleva andare con te?-
- No -, disse – però io la... -
- Lo so Draco. So che ne sei innamorato, cosa credi, che non riesco a capire cosa prova mio figlio. Io e tuo padre l’abbiamo sempre saputo.
Sempre! Non è ingannandola con una pozione che la farai innamorare -.
- Infatti, mi odia - rispose.
- Chiedile scusa, confessale cosa provi -
- Ama un altro -
Narcissa mosse il capo sconcertata.
- Non capisci nulla. Sentenziò scocciata - usi sempre qualcosa per fuggire dai tuoi sentimenti. Cresci Draco e lotta per ciò che ami. Speravo che avessi capito dagli sbagli del passato, invece -.
- Invece?- chiese il figlio.
- Mi hai delusa - rispose alzandosi lasciandolo solo nella sala.
Perfetto, ora anche mia madre mi odia.

*

Un malessere continuò l’accompagnò per giorni, ma nonostante questo si sforzò di riprendere in mano la sua vita. Ottenne, grazie all’amicizia con il ministro , un piccolo studio, più simile ad uno sgabuzzino , ma non si lamentò. Tutto le sarebbe andato bene più che vedere quel verme.
Ricordò il bacio e il profumo di menta del suo alito.
Lo odiodisse tra se e se. Sì, lo odio.
Ne era certa, allora, perché si sentiva così strana? È solo perché ti senti in colpa, lui non c’entra.Si rispose.
Già lui non c’entra, si disse prima di correre al bagno per vomitare ancora una volta.
Sospirò esausta: era stanca, non ricorda nemmeno più da quando non faceva un pasto completo. Invece, ricordava fin troppo bene da quando si sentiva così: stanca, assonata, con una perenne nausea. Le venne un cerchio alla testa, anche quella mattina sarebbe stata male.
Doveva andare da un Medimago, forse aveva bisogno di vitamine o ferro.
Era sempre stata un po’ anemica, forse era questo il motivo del malessere.
Così approfittando della pausa pranzo, andò al San Mungo. Si smaterializzò nell’atrio e quando la suola delle scarpe toccò il pavimento, vacillò sentendo la nausea salire.
Riuscì a trattesi a stento, mentre l’odore del disinfettante le faceva storcere il naso.
- Posso esserle utile?- domandò un infermiera guardandola dall’alto in basso.
Hermione annuì – Vorrei fare una visita. Ultimamente mi sento un po’ debole, forse ho una carenza di ferro -.
L’infermiera sembrò volerle penetrare il cervello da quanto la fissava.
- Ha solo questi sintomi? - Chiese un medico avvicinandosi alle due donne.
- No, mi sento anche molto stanca e forse ho mangiato qualche cibo avariato, sa lavorando al ministero tutto il giorno non ho il tempo di prepararmi un pranzo come si deve - ammise abbozzando un sorriso.
- Venga andiamo - disse il medico precedendola. Hermione fece un passo poi la testa iniziò a girarle frenetica.
Cadde, ma due forti braccia la sorressero, lei non le vide, perché ormai aveva perso i sensi.
Quando si risvegliò era distesa su un lettino, la maglia era sollevata lasciandole scoperto il ventre.
- Cosa succede?- domandò sgarando gli occhi.
- è svenuta -  rispose il medico - fuori c’è il suo fidanzato - aggiunse mentre un leggero sorriso si formava sul viso del medimago.
- Ron?- disse Hermione.
- Si credo si chiami così, se vuole lo faccio entrare - . La strega annuì, così l’infermiera, che prima l’aveva accolta, fece accomodare anche Ron .
- Cosa è successo? Perché è svenuta?- domandò il giocatore di quidditch che era arrivato con la squadra per le visite di rito prima dell’inizio del campionato.
Hermione si coprì la pancia e si sedette sul lettino, Ron, in piedi, guardava prima lei poi il medico.
- Niente di grave, la sua fidanzata è incinta signor Malfoy- disse il medimago con un sorriso sul viso.
Hermione sentì crollargli il mondo addosso.
Ron impallidì prima che l’ira e la consapevolezza di quella notizia si insinuasse in lui.
- Malfoy? Cosa centra Malfoy?- urlò di rabbia.
- Il bambini sono di Malfoy. Io ... - il medimago non sapeva cosa dire, guardava quella donna abbassare il capo e l’uomo urlare ogni tipo di insulto verso di lei e il padre dei bambini.
Cosa ho fatto.
- Hermione cosa vuol dire? Hermione - la scosse con violenza – che cazzo hai fatto?-.
- Io... mi dispiace - riuscì a dire .
Quando incontrò gli occhi feriti di Ron, tutto sembrò fermarsi, il tempo, perfino il battere del suo cuore. La felicità scivolò via, come la sua vita.
Bevendo quella pozione aveva segnato la sua esistenza e con quel gesto, aveva ferito anche Ron.
Malfoy aveva vinto, li aveva umiliati nel peggiore dei modi.
Quando si riprese, Ron era andato via da ore. Si sforzò di ascoltare le parole del Medimago, ma queste le giungevano ovattate . Lontane.
- Dobbiamo avvertire il padre – disse il medico,- sa è la prassi- aggiunse. Lei, annuì senza nemmeno riuscire a dire un semplice si.
Poi, si sforzò a ritornare a casa sua, si mise a letto completamente vestita e iniziò a piangere.
Solo quello le restava piangere, ora tutti sapevano.
Sicuramente tutti i Weasley, Ginny e Harry, e i Malfoy.
Già, l’unica consolazione era sapere che anche per quel grandissimo stronzo, i piani per umiliarla avevano portato una spiacevole conseguenza.
Quando la notizia arrivò a Draco, sotto forma di Patronus, il biondo quasi cadde dalla sedia.
Annaspò senza riuscire per quasi un ora a formulare una frase di senso compito.
Incredulo per la piega che la sua vita, fino a quel momento tragica , stava prendendo.
- Theodor - disse all’indirizzo dell’amico che si era smaterializzato in quell’istante, -sollecitato a far visita Draco da lady Narcissa preoccupata per il figlio.
- Capiti proprio nel momento giusto - disse – vieni ti offro da bere, si festeggia-.
Theo sollevò il sopracciglio.
- Sei sbronzo?- Domandò.
- Affatto - replicò Draco- solo euforico grazie a  una bella novella-
- Eh quale sarebbe, Ron Weasley si è rotto una gamba? - Domandò Nott.
- Meglio! Hermione aspetta un figlio - disse compiaciuto.
Theo storse il naso.
- Ed il figlio è mio- aggiunse ghignando.
- Che cazzo le hai fatto?- Chiese Nott incredulo.
- Oh nulla - replicò Draco.
- Draco se le hai fatto qualcosa di illecito , quella te la farà pagare- li ricordò Theo.
- Non mi importa, ora è costretta a sposarmi. Sai la legge - Nott scosse il capo.
Non vi era speranza per il suo amico.
Alcuna speranza.
- Poi, con il tempo imparerà ad amarmi -
Theo non riuscì a replicare e incredulo lo vide smaterializzarsi diretto a casa Granger.
Lì forse, grazie ai piccoli che la donna portava nel ventre, riuscì a entrare senza usare la forza o la bacchetta.
Si guardò intono curioso osservando la casa piccola ma ordinata. Ogni oggetto raccontava di lei, si stupì a pensare Draco.
Quando finalmente arrivò all’ultima  stanza del secondo piano, tremò scostando la porta.
Piangeva.
Cosa credevi che saltasse dalla voglia di aspettare un tuo figlio.
Avanzò a piccoli passi e a ogni passo, si fermava.
Codardo.
Prendeva un respiro e riprendeva a camminare.
Sorpassò i cuscini e la cenere di quelle che molto probabilmente erano strilettere.
I Weasley, pensò subito.
Si sedette nel letto e la sentì bloccarsi, annusare l’aria e poi alzarsi di scatto.
-Che cosa vuoi? Sei venuto a vedere come sto? Mi hai umiliata, ora sei contento?-Hermione finalmente poteva sfogarsi, l’avrebbe ridotto in polvere se non sapesse che la colpa non era solo di Malfoy.
L’hai baciato, ti è piaciuto il suo odore lo sogni la notte. Ogni notte da quando sei stata con lui.
- Ti senti umiliata?-
- Certo brutto stronzo. Mi hai usata per vendicarti. La guerra è finita ma per te, viscida serpe... -
- Capisco - riuscì a dire Draco. Le intenzioni , i progetti, perfino il discorso che si era preparato era scomparso. Ora si sentiva solo un grande deficiente a cui avevano appena distrutto un sogno.
- Ti sposerò - disse abbassando lo sguardo – amerò nostro figlio e spero che anche tu farai lo stesso. Mi prenderò cura di lui e di te, se me lo permetterai-.
Hermione sgranò gli occhi.
- Io non mi pento di quello che ho fatto, era l’unica cosa che potevo fare per averti. Sai quale è la mia natura, aggiro ogni ostacolo per ottenere ciò che voglio, ma tu, hai ragione ad odiarmi. Mi merito ogni insulto -.
Draco si era messo a nudo per la prima volta. Non attese oltre, non volle sentire le sue parole acide deriderlo.
 Ora lei sapeva cosa provava.
Ora lei sapeva che la amava.
Hermione, invece, rimase zitta, ferma, impallata. Osservava senza riuscire a parlare il punto in cui era scomparso.
Mi vuole sposare.
Non sa che i bambini sono due.
Oddio Draco Malfoy ha fatto tutto questo per amore.
Oddio! Questo è pazzo.
Un gufo bussò alla finestra ridestandola. Immaginò fosse un'altra strilettera da parte di qualche amico deluso, invece si stranì nel trovarsi davanti un elegante civetta bianca.
Non l’aveva mai vista, sembrava Edvige la defunta civetta di Harry caduta in battaglia, ma questa era perfino più bella.
Le mostrò la zamba in cui era stata legata una missiva. Hermione la slegò velocemente donando alla civetta un po’ di acqua e un biscotto ed iniziò a leggere.
Signorina Granger,
Ho appena saputo la novità. Dovrei congratularmi , ma no so se questa novella sia una cosa a lei gradita.
Gradirei quindi,  incontrala privatamente nella mia casa per poter parlare senza che orecchie e occhi indiscreti interferiscano.
So, che se lo sta chiedendo. No, mio figlio non è al corrente della mia idea di vederla.
Mandi pure la risposta con Diana, la mia civetta.
In fede Narcissa Black.
Hermione rilesse due volte la missiva e ogni volta si soffermava sulla firma . Black si firma con il suo cognome da nubile. Questo le piacque, certo, non sarebbe stata una visita di piacere e la voglia di andare in quella casa non la allettava, ma doveva sapere cosa pensavano i Malfoy. Così prese appuntamento per il giorno dopo alle cinque, puntuale per il te come erano solite fare le donne altolocate. 
   
 
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