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Autore: Finitem_    18/01/2013    32 recensioni
La vita di Louis è uno schifo: suo padre ha tradito sua madre con l'insegnante di francese di sua sorella causando il divorzio, ha dovuto cambiare casa, scuola, città, nessuno lo vuole come amico, i soldi sono pochi, la casa è piccola, sua madre è appena uscita con un uomo per la prima volta dopo mesi e le sue sorelle non sono in casa.
E' solo, come sempre.
Decide allora di fare una scenata al padre, reo di tutto quello che sta passando, e per darsi coraggio si beve qualche birra di troppo, prima di salire in macchina diretto verso la sua vecchia casa.
Harry Styles si sta invece apprestando a tornare a casa dopo una giornata di scuola, lo stomaco gorgogliante, l'acquolina in bocca, il pensiero fisso sulle lasagne della mamma, che già in tavola attendono il suo arrivo.
Cala il buio e basta un attimo: uno schianto, una vita segnata dal senso di colpa, l'altra appesa a un filo.
Niente sarà più come prima...
*Larry Allert, don't like don't read, don't ship don't rompere i coglioni*
** Vagamente Punk!Louis&FlowerChild!Harry, se volete leggerla in quell'ottica**
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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drunk Faceva male.
Faceva male dappertutto.
Sentiva il sapore ferroso del sangue sulle labbra colargli sul mento e sul bavero della giacca.
I lampeggianti della sirena dell'ambulanza si riflettevano sulle lamiere dell'auto di sua madre, completamente sfasciata e illuminata a giorno nel buio della notte.
Sentiva l'asfalto duro, freddo e ruvido sotto il corpo dolorante.
"Ragazzo, riesci ad alzarti?" un uomo strizzato in una divisa bianca lo aveva rimesso in piedi come se fosse fatto di cartacrespa.
Gli tremavano le ginocchia e aveva freddo, tanto freddo, tranne che alla testa.
Quella bruciava e pulsava come se avesse vita propria.
"Come ti chiami?" gli aveva chiesto mentre lo aiutava ad adagiarsi su una barella, prima di puntargli una luce negli occhi, facendoglieli lacrimare.
"Louis Tomlinson"
La sua bocca era secca come un deserto. Probabilmente quelle birre prima di uscire di casa non erano state una grande idea.
La vista era più chiara ora, anche se lo spiacevole sfarfallio ai lati della sua visuale persisteva.
Uno stramaledetto albero segava il cofano dell'Audi in due, i finestrini erano in frantumi e le gomme a terra.
Sua madre l'avrebbe ucciso.
"Quanti anni hai?"
"Diciotto. Quasi diciotto"
"Sai dirmi in che anno e mese siamo?"
Ci aveva pensato un attimo.
"Siamo a Novembre, giusto? Novembre 2007"
"Credo che tu abbia una commozione celebrale Louis. Devi venire in ospedale con me, i tuoi genitori ci raggiungeranno la'"
L'uomo lo coprì con un cappotto, e lo sospinse fino all'ambulanza, dove intanto altri paramedici stavano cercando di rianimare un altro corpo.
A prima vista non gli sembrò neppure umano: attraverso il capanello di infermieri riuscì solo a distinguere una testa riversa sulla barella, coperta da un groviglio di capelli insanguinati, un braccio che pendeva nel vuoto, due occhi spalancati che fissavano il cielo stellato senza vederlo davvero, e dove la luna si specchiava,vanitosa.
"Lo conosci?" gli aveva chiesto il medico.
Avrebbe voluto scuotere la testa e dire di no, ritornare a due ore prima, quando era seduto sul divano di casa sua a ignorare bellamente i compiti di letteratura, che non voleva, non l'aveva fatto apposta...
Ma il senso di colpa e la vista del sangue, uniti alla sbornia che iniziava a farsi sentire lo fecero piegare in due, scosso dai conati, che gli bruciavano in gola come il rimorso che provava.
Era tutta colpa sua.









Due ore prima...



Stava comodamente seduto sul divano di casa sua, ammirando la figura snella e elegante di sua madre che si pavoneggiava per tutti gli specchi dell'abitazione.
Era il suo primo appuntamento galante dopo il divorzio, di sei mesi prima.
"Come sto tesoro?"
"Benissimo mamma. Farai una strage"
Essendo rimasto l'unico maschio in famiglia, circondato da quattro sorelle vanitose e narcisiste, aveva imparato in fretta quello che le donne volevano sentirsi dire.
"Divertiti"
"Anche tu. Per qualsiasi cosa mi trovi al cellulare. Se senti l'impellente mancanza delle tue sorelle, cosa alquanto improbabile, ma non si sa' mai, chiama la zia. Non andare a letto tardi"
Dopo queste raccomandazioni aveva schioccato un bacio all'aria nelle vicinanze delle guance di suo figlio prima di marciare verso l'uscita, trionfante come una regina.
La porta che sbatteva, un auto costosa che ripartiva sgommando.
Ed era di nuovo solo.
Tutto per colpa dell'insegnante di francese di sua sorella Lottie, che ai colloqui genitori insegnanti non si era limitata a parlare del rendimento scolastico e in cosa sua sorella eccelleva, aveva mostrato al padre anche le sue qualità.
Si erano dovuti trasferire in un appartamento più piccolo, in un altra città, avevano dovuto cambiare scuola e gruppo di amici, sua madre si era rimessa a lavorare e i soldi non bastavano mai.
Tutto per colpa di una Janine qualunque.
E prima di lei, stando agli sfoghi isterici della ex signora Tomlinson, c'era stata l'istruttrice di Sci, la nuova segretaria, la cameriera al bar dell'angolo e l'insegnante di piano.
Indispettito dalla piega che i suoi pensieri avevano preso Louis si alzò, diretto in camera sua per terminare i compiti.
Avrebbe voluto fargliela pagare.
Per colpa sua adesso la sua vita era un inferno, ed era costretto a essere padre delle sue sorelle, a contribuire al bilancio dell'economia famigliare e ad essere il reietto della scuola, solo e senza amici.
E nonostante ciò continuava  a fare il bravo bambino, quando invece avrebbe voluto solo buttarsi per terra e picchiare i pugni, urlando a squarciagola come tutto questo gli facesse schifo.
Non aveva fatto in tempo a finire di formulare questi pensieri che una forza oscura lo aveva diretto verso l'armadio dove sua madre teneva gli alcolici, senza lucchetto perchè "Si fidava dei suoi figli", e a stappare il primo litro di birra.
A metà del terzo gli era venuta l'illuminazione: avrebbe bevuto ancora un po', tanto per fare scena, poi avrebbe rubato le chiavi della macchina di sua madre, chiusa in garage come tutti i week-end, avrebbe guidato per 15 Kilometri fino a casa di suo padre e gli avrebbe fatto una scenata in piena regola, con o senza Janine.
E mentre finiva il contenuto della bottiglia si sentiva elettrizzato e trionfante, come se avesse trovato la soluzione a tutti i suoi problemi.






La biblioteca era immersa in un religioso silenzio, incrinato solo dal rumore della vibrazione del cellulare contro il tavolo, che segnalava l'arrivo di un messaggio.

"Mamma dice che tra mezz'ora è pronta la cena. Torna a casa, secchione! X "

Il proprietario del cellulare sorrise allo schermo, alzandosi per rimettere i libri all'interno dello zaino e pettinandosi con la mano libera i ricci spettinati, provati dopo tante ore di studio.
Dopo aver riconsegnato alla bibliotecaria i libri di testo e essersi coperto con il bomber nero, si era affrettato ad uscire all'aria fredda di novembre, rispondendo al messaggio inviato alla sorella:

"Arrivo. Lasciane un po' anche a me, cicciona!"

"E' già in tavola... Pasta al forno... Meglio se ti sbrighi"

Il ragazzo camminò più in fretta, percorrendo più veloce che poteva il ciglio della strada provinciale, mentre le macchine gli sfrecciavano accanto, nelle ultime luci del crepuscolo.





Aveva perso troppo tempo.
Appena salito in macchina aveva spinto troppo l'acceleratore, ed era finito nel giardino dei vicini, decapitando tutti i loro nanetti da giardino e schiacciando le loro aiuole ben curate con i pneumatici.
Dopo esserne uscito con una maldestra retromarcia, aveva riso per i 100 metri seguenti, interrompendosi di colpo all'orribile immagine della testa di ceramica realisticamente dipinta del nano, tanto da sembrare umana, sotto la sua ruota.
Vedeva tutto sfocato, e il buio che sopraggiungeva indolente e i lampioni rotti e mal distribuiti lungo la provinciale non lo aiutavano di certo.
Ma Louis non pensava a tutto questo.
Immaginava l'ingresso trionfale che avrebbe fatto nel giardino del padre, e di come, a fine ramanzina-sfogo adolescenziale, avrebbe vomitato sul suo zerbino nuovo di zecca, non prima di aver sfondato l'entrata col cofano della Audi.
Forse per questo non vide le suole bianche delle scarpe da ginnastica che, illuminate dagli abbaglianti, si muovevano davanti a lui.




Harry camminava al buio, con il pensiero della deliziosa pasta della mamma, sicuramente già in tavola, fisso nella mente.
Guardò l'ora sul cellulare.
Le 8.45.
Ribloccò lo schermo del telefono, alzando lo sguardo improvvisamente abbagliato dai fari di una grossa auto che viaggiava a tutta velocità verso di lui, incrociando per un millesimo di secondo due occhi azzurro cielo.
Una brusca frenata, stridore di pneumatici sull'asfalto, odore di bruciato.
Un corpo che viene sbalzato bruscamente fuori dal veicolo, un altro che giace poco più in la', in un prato.
La macchina, schiantata contro un albero, fuma ancora nell'aria gelida.
Fari che si spengono e si riaccendono di nuovo, prima di morire.
Luce inghiottita dal buio.
E poi più niente.














Angolo Autrice :)
Mi sono cimentata, per la prima volta, in una cosa seria.
Ho deciso che tutte le schifezze che mi deprimono e mi fanno stare male (non faccio nomi, ma chi mi conosce sa a che mi riferisco lol) troveranno valvola di sfogo in questa FF, quindi non ci sarà PER NIENTE da ridere...
A voi il verdetto, se continuare la cosa o sciacquonare tutto nel wc, magari autrice compresa.
Non m'importa chi siate o quali difetti abbiate, siate gentili con me e io lo sarò con voi. Non mordo.
Quindi vedete di recensire.
#muchlove




  
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