Genere: Introspettivo
Personaggi: Piton
Era: Harry a Hogwarts
Fantasia al
cioccolato (Sage)
L’ora di
cena era passata da qualche minuto e il professor Severus Piton raggiunse le
sue stanze di pessimo umore, disgustato dal malsano chiacchiericcio di quegli
orridi alunni che si ingozzavano come rosei maialini da spiedo nella Sala
Grande.
La cena serale era stata più ricca del solito di intingoli vari, prosciutti
arrosto, patate al burro, aringhe affumicate, piselli stufati e tutta una
nauseante carrellata di dolcetti grassi e gelatinosi della stessa consistenza
di un mattone.
Proprio non gli riusciva di mandare giù neanche un boccone davanti a quelle
facciotte beote che lo fissavano continuamente con occhi sbarrati come se
potesse sbranarli da un momento all’altro!
In fondo le voci che lo dipingevano come un orco assetato di sangue erano – in
parte – esagerate! Possibile che quei ragazzetti non avessero niente di meglio
da fare che inventare storie sul suo conto?!
Tutta colpa di quella peste bubbonica di Potter, ne era certo!
Il professore chiuse la porta dietro di sé, sospirando, augurandosi ancora una
volta di riuscire a sopravvivere agli anni che gli restavano in compagnia del
terribile allievo.
Voleva solo concedersi uno dei suoi spuntini serali (combinati a casaccio con
quello che aveva nella sua modesta dispensa), perfezionare il distillato su cui
stava lavorando e prendere una pozione contro l’incipiente mal di testa, magari
accompagnata da un bicchiere di vino, prima di sperare in un sonno senza sogni.
Subito i suoi occhi attenti captarono un particolare che non faceva parte del
suo abituale mobilio.
Il vassoio d’argento faceva bella mostra di sé sulla scrivania di mogano e
sopra di esso una coppa rosso scuro.
“Un regalo di Albus.” Pensò il professore, inacidito, seccato una volta di
troppo per quella benevola invadenza.
“Mi auguro che questa volta si sia risparmiato il salmone affumicato. Sono
secoli che mi conosce e ancora insiste a non capire che il salmone mi da la
nausea!” disse a se stesso, stizzito.
Ma questa volta si sbagliava.
Anche a distanza, il naso dell’uomo, allenato a captare ogni minima variazione
d’odore in campo di pozioni, avvertì il familiare effluvio di cioccolato.
Avanzò circospetto, come se si preparasse ad affrontare chissà quale nemico,
come se Lord Voldemort in persona potesse fare capolino, emergendo dalle spire
del dolce.
Ma quello se ne stava li, beato e inoffensivo, una morbida e profumata distesa
che accese all’istante i sensi dell’uomo.
Roso dalla curiosità, suo malgrado, fece scivolare un dito magro lungo la
superficie compatta e lievemente spugnosa del budino.
Un residuo velato rimase attaccato al polpastrello e senza riflettere l’accostò
alle labbra socchiuse.
Un attimo solo e poi l’allontanò, infastidito.
L’aroma caldo gli si sciolse in bocca, esplodendo in voluttuose ondate di
effimero piacere.
Sospirò, rassegnato, e afferrato il cucchiaio si servì di generose dosi del
dolce morbido e goloso, che spariva tra le labbra avide, solitamente contratte
in una smorfia sprezzante.
Quel terribile vecchiaccio ne sapeva una più del diavolo, considerò Severus,
soffocando un principio di risata isterica e ripulendo la bocca macchiata di
cioccolato con un fazzoletto, cercando di dimenticare l’attimo di cedimento.
Non era un mistero che persino l’Oscuro Signore temesse Silente!
Il professore ebbe la fulminea visione del Preside che offriva a Lord Voldemort
un vassoio di frizzanti bonbon al limone, conversando amabilmente.
( “Prendili pure, Tom, caro ragazzo. Sono i tuoi preferiti!” )
Sospirò, cercando di ricacciare quel terrificante pensiero.
Aveva proprio bisogno di un bicchiere di brandy!
Si sedette sulla poltrona malandata, davanti al camino, versandosi una dose
generosa di liquore.
Il liquido sgorgò bruciante e ambrato, come sangue da una ferita appena incisa.
Severus lo sorseggiò lentamente, lasciando che la scia di umido calore gli
scivolasse lungo la gola.
Socchiuse gli occhi, abbandonando la testa contro lo schienale della poltrona,
al ricordo di quell' appagata completezza…ricordo di piaceri troppo a lungo
negati e mai sopiti.