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Autore: Alzheimer    10/02/2013    6 recensioni
"Si avvicinò a me e toccò con il dito indice il mio naso, come se fossi un gatto e volesse farmi un dispetto. Ridemmo. Tom sapeva farmi ridere, anche David lo sapeva fare,ma con Tom era tutto diverso."
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1




 
mia madre mi doveva chiamare Bianconiglio, altroché Helleonor.
scendo le scale di casa  di fretta, acchiappo le chiavi del motorino, infilo 
il casco e esco di casa urlando -CIAO MAMMA, A DOPO.-
metto in moto il motorino e sfreccio sulle vie di Londra, amo questa città, è stato amore 
a prima vista da quando mi sono dovuta trasferire dall'Italia.
nuvoloso, tanta pioggia, ma che quando arriva sera spunta un tramonto da mozzare il fiato, oppure lo spettacolo della neve a Dicembre, quando rimane sui tetti delle case grigie 
o sui taxi tipici di qua.
parcheggio il  motorino affianco a quello del mio amico David, lui era ad aspettarmi
vicino al cancello della scuola,  frequentiamo tutti e due il liceo artistico, io voglio diventare una fotografa, lui un grafico pubblicitario.
David è il mio migliore amico da quando avevo sei anni, l'ho conosciuto in prima elementare, era il classico ragazzino che stava indisparte, aveva paura di tutto.
io quel giorno arrivai in ritardo e l'unico posto libero era vicino a lui, da quel giorno non ci siamo più persi di vista.
lui ha visto tutti i momenti bui della mia vita, la separazione dei miei genitori,  il tumore di mia madre, il mio periodo di autolesionismo,tutto.
mi è sempre stato accanto, non mi ha mai abbandonato, come mio padre.
ha lasciato me e mia madre a metà della terapia, mia madre era distrutta, io ero distrutta, tutti eravamo distrutti.
- aspetta fammi pensare, non hai sentito la sveglia?-
mi abbracciò - come sempre, ma visto sono arrivata- entriamo insieme proprio quando suona l'ultima campanella.
-Elen, stasera che si fa?-
finii l'ultimo lavoro di grafica al pc e mi girai verso David, - credo che starò a casa, guardando un film horror. almeno sta notte se ho paura ti chiamo.-
avevo questo vizio, quando mia madre era di turno in ospedale, io mi guardo  un film horror e poi durante la notte quando ho paura o sento un rumore sospetto 
chiamo David.
-no, ti prego. voglio dormire sta notte!.-
risi e lo abbracciai, tutti in classe pensano che stiamo insieme e noi glielo lasciamo pensare, 
dicono che non hanno mai visto un "amico" andare a dormire a casa di un "amica".
- quando vieni a dormire da me ?-
mi girai verso David, - ti prometto appena posso o appena mamma non c'è.-
gli feci un sorriso e continuammo i nostri lavori al pc.
 
 
 
Ω 
 
 
 
la campanella della scuola suona, libertà, voglia di buttarmi nel divano a dormire 
o suonare la chitarra, do un bacio sulla guancia a David con la promessa che stasera l'avrei chiamato.
metto in moto e sfreccio a tutta velocità, il vento andava a scagliarsi sul mio viso, le mani ormai erano cogelate, mi fermai per via del semaforo rosso, scattò il verde, partii, 
ma una macchina non ha rispettato il rosso ed ebbi una collisione con essa.
cascai a terra, cascasi su un fianco, con il peso del motorino 
sopra di me, lo specchietto e il bauletto si rompono e di sicuro ho tutta la fiancata graffiata.
imprecai, -CAZZO, MA NON HAI VISTO CHE è ROSSO. PORCA PUTTANA I PANTALONI NUOVI MIA MAMMA MI AMAZZA.-
dalla macchina con i vetri oscurati scese un uomo, con i capelli rossicci e gli occhi color del ghiaccio, -scusami, mi sono distratto un'attimo e non ti ho vista-.
aveva un'ottimo accento inglese, gesticolava con le mani - cosa stavi guardando? il bel culo di una ragazza? beh cercatene una, almeno ne fisserai uno tutto il giorno.-
il ragazzo si chinò per vedere se mi ero fatta del male. -lascia stare me la cavo da sola, ho solo un buco ai pantaloni, nulla di che.-
lo guardai un'attimo nei suoi occhi e lui fissava la mia mano, nervosamente mi girai anche io ed era completamente piena di escoriazioni.
-merda.- imprecai, lui represse una risata lo fulminai con lo sguardo, -scusami.-
cercai di alzarmi, ma la gamba mi faceva male. - ti porto in ospedale.-
mi disse, ma io lo scansai da me. - no grazie chiamo mia madre, mi porta lei.-
frugai in tasca, presi il cellulare e cominciai a digitare, squillava a vuoto, zoppicando mi avvicinai al motorino per tirarlo su, ma non avevo forza, con la coda 
dell'occhio vidi qualcosa di nero poco distante da me, la mia Canon, regalo di mia nonna per il compleanno, era a terra, al freddo e all'umido.
mi stavo per sentire male, tutte le mie foto, tutti i lavori di scuola, l'ultimo regalo che mi ha fatto prima di andarsene per sempre. mi avvicino a essa, obbiettivo rotto e graffi da tutte le parti.
in quel momento non sentii nemmeno più il dolore ne alla gamba ne alla mano, tornai indietro e mentre lui parlava con un suo amico del suo "presunto ritardi al lavoro" io gli 
diedi uno spintone. no, non sono la classica ragazza elegante dalle buone maniere, -mi hai rotto la macchina fotografica!-  dallo spintone che gli diedi, oscillò in avanti, il suo cellulare gli scivolò a terra rompendosi.
-e tu il mio cellulare.-, da com' è vestito, dalla macchina e dal cellulare che possiede i soldi non gli mancano, -beh tu puoi permetterti tanti altri telefoni!.-
lui mi guardò male, -quella macchina fotografica aveva un valore effettivo!, chi me l'ha regalata ora è sotto tre metri di terra!.-.
si scusò per il disastro che aveva combinato, ma ormai il danno era fatto e la mia mano non smetteva di sanguinare, c'era bisogno di punti.
mi sedei sul ciglio del marciapiede mentre il vigile prendeva tutte le informazioni che gli occorrevano,
il ragazzo invece era in piedi affianco a me, lo tirai per il gambale del pantalone, io tirai su lo sguardo, lui chinò la testa. da quell'angolazione sembrava un gigante, lui mi guardò e gli feci cenno con l'altra mia mano sana la ferita - credo che mi devi portare in ospedale, non ce la faccio a guidare il motorino.-
lui sospirò sonoramente, prima gli ho rotto il cellulare e ora gli chiedo un passaggio, ma dopo tutto è colpa sua se mi ha ridotto così.
 
 
 
 
 
Ω 
 
 
 
 
 
quando varco la soglia dell'ospedale, un forte odore di medicine e disinfettante entrò prepotente nelle mie narici.
gli occhi mi cominiciarono a lacrimare, mi tolsi gli occhiali per levare le lacrime.
-come mai piangi?-
occhi blu, durante il tragitto in macchina mi ha detto che voleva rimanere con me fino a che non stavo bene, non sarebbe andato via. -no l'odore dell'ospedale mi da noia.-
spinse il pulsante per chiamare l'ascensore.
mentre stavamo aspettando di arrivare al piano del prontosoccorso, notai com'era vestito.
jeans, maglietta a scollo a "v" di colore verde grigiastra, giubbotto e  scarpe di pelle.
aveva delle gambe lunghissime e non potei non notare il bel posteriore che aveva, ma anche due occhi da mozzare il fiato e poi le mani lunghe, fini e magre al punto giusto.
si accorse che lo stavo fissando, fece una piccola risatini, chinai lo sguardo dalla vergogna, nel frattempo l'ascensore si fermò al piano.
"pronto soccorso", mi vengono i brividi ogni volta che leggo quelle due parole, mi viene in mente il mio periodo più brutto della mia vita. 
le sedie di plastica colorate di rosso, scricchiolavano sotto il mio sedere, le odiavo. andavano e arrivavano persone chi con un polso rosso, chi con un semplice mal di pancia e chi come me  con una mano mezza sbucciata come un'arancia.
sospiravo ogni tre per due,  il tipo si sarà preso almeno otto caffè nell'arco di un'ora che siamo qua, l'ansia saliva nel mio stomaco e non so il perché.
-Helleonor, che diamine hai combinato?- una donna con in capelli color cioccolato con il camice bianco si precipitò verso di me, mia madre, merda.
-nulla... sol..- mi prese la mano e inizio a guardarla -che hai fatto? possibile che non ti posso lasciare mai da sola.-
vedevo le sue mani tremare, un'altra delusione, un'altra preoccupazione. -vieni ti metto dei punti.-
guardai il ragazzo - è mia madre, vado con lei, grazie mille che mi hai accompagnata.-
lui si fermò e mi diede un fogliettino -tieni, è il mio numero di cellulare e indirizzo di casa, così possiamo metterci d'accordo per i danni della macchia e del motorino-
mi salutò con la mano e se ne andò scappando veloce dentro all'ascensore, io lo seguivi con gli occhi fino a che mia madre non chiuse la porta interrompendo la mia visuale.


ANGOLO AUTRICE.
per vostra disgrazia sono tornata c;
ho provato  a cambiare, ho voluto scrivere di Tom, fatemi 
sapere se la storia vi piace o no.
a presto 
Elen.
   
 
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