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Autore: RoseScorpius    14/02/2013    12 recensioni
Avevo intenzione di iniziare la pubblicazione di questa mini-raccolta dopo aver postato l'epilogo di “Perché sul campanello di casa mia ecc...” (no, seriamente, non potevo trovare un titolo più breve?), ma oggi è il compleanno della Zuz e un tentativo – per quanto patetico – di regalo era d'obbligo.
La raccolta consta di tre OS sul demenziale andante che si collocano cronologicamente nell'arco di tempo tra la fine di “Perché sul campanello-insomma-avete-capito”, giusto perché avevo il bisogno di togliermi lo sfizio di shippare un po' di crack pairings con i personaggi della long. Si accettano scommesse su chi saranno le prossime coppie, ovviamente.
Genere: Comico, Commedia, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La vita è un biscotto ma se piove si scioglie'
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Massì, degnamoci di scrivere 'sto disclaimer per una volta:
Il magico mondo di Harry Potter e tutte le altre cose che stanno scritte sui libri della saga hanno un copyright che chiaramente non mi appartiene, altrimenti non starei qua a scrivere fanfiction, Joanne Rowling sempre sia lodata, amen. I caratteri di Rose, Domi, Al, Scorp e di tutti gli altri pargoli della nuova generazione invece sono in larga misura farina del mio sacco, quindi giù le zampe dalla mia farina, che c'è crisi e la gente ha fame. Calvin è completamente farina del mio sacco, ergo non ci pensate neanche perché sennò ve le amputo, le zampe. Il betaggio è della solita zuzallove e altre ovvietà, bla, bla, bla...


buon San Valentino a tutte le racchie single come me <3

 


Capitolo 3

Un'ottima ragione per cui i modelli di Calvin Klein non dovrebbero esistere

 

(ovvero: Perché i modelli di Calvin Klein non dovrebbero esistere – parte terza e ultima)

 

 

Personaggi: Rose Weasley, Dominique Weasley, Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Scorpius Malfoy, Calvin

Coppia: Rose/Calvin

Pov: Rose (1° persona singolare)

Ambientazione: Vacanze di Natale del sesto anno di Rose e Scorpius

Note: Beh. Beh. Parliamone. Cioè, questa coppia era più o meno un must. Senza il più o meno.

 

 

 

Ho sempre pensato che il Natale alla Tana avesse un profumo particolare: di zucchero filato, cannella e qualche altro aroma indescrivibile che sarebbe capace di mettere di buon umore persino Mirtilla Malcontenta. Quell'anno, per l'esattezza, il Natale puzzava anche di bruciato.

« Arthur Weasley! La prossima volta che dai fuoco a uno dei tuoi maledetti aggeggi Babbani giuro che ti sbatto fuori di casa! »

« Ma Molly, cara, sono quasi riuscito a far funzionare questa vecchia fotocopiatrice che mi ha regalato il signor Wilikns... Solo che non riesco a capire dove s'infili la carta... »

« Te la faccio Evanescere, la tua fotocopiatrice! »

« Ma tesoro, sii ragionevole... »

« Io sono ragionevolissima! » 

Nel frattempo al piano di sopra, in una delle tante camere che erano state stipate di letti per riuscire a contenere l'immane quantità di parenti Weasley, Dominique mi fissava con aria scettica dalla sua postazione sopra al baule di James (il Demone della soffitta quella mattina era piuttosto irritabile, così eravamo state costrette a sfrattare Albus, Hugo, James e Fred dalla loro stanza per avere un posto dove parlare in santa pace).

« Sì, insomma » borbottai, riprendendo il filo del discorso da dove le urla di nonna Molly lo avevano interrotto. « Abbiamo chiarito e tutto il resto. Ci siamo chiesti scusa... »

« …vi siete limonati per bene nello sgabuzzino delle scope... »

« …e come ti dicevo ci siamo chiesti scusa » completai, arrossendo furiosamente.

Dominique si lasciò sfuggire un sorrisetto malizioso.

« Certo, e poi vi siete chiesti scusa » mi scimmiottò, facendo scontrare ripetutamente le facce delle due vecchie bambole che avevamo rinvenuto sul fondo di una cassapanca.

Mi affrettai a distogliere lo sguardo dall'inquietante scena di una Barbie senza un braccio che si pastrugnava con un bambolotto di pezza a cui qualche incantesimo mal riuscito aveva mutato i capelli in piante rampicanti.

« In ogni caso... » dissi, fingendo di non aver colto le sue allusioni (e comunque, per la cronaca, la nostra riappacificazione era avvenuta sul bancone della cucina mentre mamma e Draco litigavano sul posizionamento delle pecorelle del presepio nella stanza accanto, il che era se possibile ancora più imbarazzante). « Le modalità con cui la cosa è avvenuta sono del tutto irrilevanti. Quello che conta è che fino a ieri non avevo la minima intenzione di prendere un regalo a Scorpius, visto che ero infuriata con lui, ma a questo punto è chiaro che il regalo di Natale è una questione di vita o di morte: capisci, non conterà nulla che io gli abbia chiesto scusa se poi non gli faccio un bel regalo, perché poi sembrerebbe che gli sto ancora tenendo il broncio ».

Dominique lasciò andare le due bambole semidistrutte e si sedette più comodamente sul baule, approfittando di quel movimento per voltarsi a controllare nervosamente la propria immagine riflessa sul vetro della finestra. Da quando i Potter erano arrivati a casa dei nonni, la sera prima, avevo la netta impressione che l'interesse di Dominique per le mie vicende sentimentali fosse calato nei pressi dello zero assoluto.

« Mh-mh... » borbottò Domi, lisciandosi una ciocca di capelli già perfettamente piastrati. « E quindi quale sarebbe il problema? »

« Il problema è che non gli ho preso nessun regalo e Scorpius e Draco sono invitati alla cena della Vigilia, quindi saranno qui a momenti! » sbottai, spazientita.

Domi finalmente lasciò perdere la propria acconciatura per rivolgermi uno sguardo vagamente corrucciato.

« Ti offenderesti se ti dicessi che sei stupida? »

Sospirai e mi lasciai cadere all'indietro sul letto sfatto di Fred, o Hugo, o chiunque fosse l'idiota che aveva lasciato un giornaletto di ragazze Babbane in bikini sotto al cuscino.

« Stupida è riduttivo... » borbottai, sconsolata. « In effetti, credo di essere la più colossale idiota che si sia mai vista sulla faccia della Terra. È che non avevo idea di che regalo fargli e così ho procrastinato fino all'ultimo momento e poi abbiamo litigato e... » Mi rimisi a sedere e lanciai uno sguardo supplichevole a mia cugina. « Domi, ti prego ti prego ti prego, non è che ti andrebbe di accompagnarmi a scegliergli un regalo questo pomeriggio? »

Domi alzò gli occhi al cielo.

« Chissà perché, avevo l'impressione che saresti andata a parare su questo ».

« È un sì? » insistetti, speranzosa.

« È un “mi devi un favore enorme” » precisò Domi con una smorfia.

 

***

 

Trovare un regalo adatto a Scorpius fu più difficile del previsto: nonostante fossimo uscite poco prima delle quattro, alle sei e mezza non eravamo ancora riuscite a trovare nulla che fosse anche solo vagamente passabile. In compenso ero stata sculacciata da una Cintura Autoallacciante imbufalita in un negozio di abbigliamento per giovani maghi alla moda, ero stata insultata da un'antologia della Letteratura Magica particolarmente saccente al Ghirigoro e Domi era stata quasi strozzata da un violino maledetto in un negozio di antiquariato.

« Basta, è inutile, non ho idea di cosa comprargli... » mi arresi, accasciandomi sui gradini davanti all'ingresso di un negozio di attrezzatura per casalinghe Babbane in Charing Cross Road.

Domi per tutta risposta estrasse il cellulare dalla borsa e digitò un breve messaggio.

« Al chiede che fine abbiamo fatto » annunciò. Poi, accigliandosi, aggiunse: « Tra parentesi, da quando Al mi rivolge la parola? Ero rimasta al “ti faccio gli auguri a Natale e al tuo onomastico e per il resto dell'anno ti ignoro” ».

Tossicchiai, a disagio.

« Oh, non lo so. Al è strano... »

« Strano forte » concordò Domi. « Mi ha anche chiesto se può organizzarmi un appuntamento al buio... Tu ne sai qualcosa? »

A quel punto rischiai seriamente di strozzarmi con la mia stessa saliva. Con i rimasugli d'aria che mi restavano nei polmoni riuscii a biascicare un frettoloso: « No, assolutamente niente, proviamo lì dentro », quindi mi alzai in fretta e cominciai a trascinarla verso il primo negozio che vidi dall'altra parte della strada – un negozio di biancheria intima che esponeva una serie di imbarazzanti boxer rossi con i pinguini in vetrina. Se non altro speravo che i pinguini l'avrebbero distratta dalle losche macchinazioni di Al (nelle quali, per mia sfortuna, ero impantanata fino al collo).

Spinsi la porta ed entrai nel negozio con Domi al seguito: era un locale ben illuminato, pulito e ordinato, come la maggior parte dei negozi Babbani. Come avevo sperato l'attenzione di mia cugina fu subito attratta da un espositore di tanga rossi e i malvagi piani matrimoniali del mio altro cugino caddero ben presto nel dimenticatoio. Non feci in tempo a tirare un sospiro di sollievo, però, che Domi mi stava già sventolando uno dei tanga sotto il naso con l'aria di chi la sa lunga.

« Mmm... regali erotici? » commentò.

Di colpo mi chiesi perché diavolo non ero entrata nel negozio di articoli da casalinghe. Domi mi rivolse un sorrisetto allusivo e, adocchiando un reggiseno abbinato al perizoma, aggiunse: « Biancheria per te o per lui? »

« Per me? »

La logica della cosa mi sfuggiva, ma qualcosa nell'espressione maliziosa di Domi sembrava suggerire che preoccuparsi fosse lecito. Molto più che lecito – mi corressi, quando indietreggiando finii impigliata in una specie di ragnatela di pizzo nero che si rivelò essere un completino intimo sul sadomaso andante.

Domi scartò il tanga e soppesò un paio di boxer con una scritta assolutamente indecente sul davanti.

« Beh, è chiaro, puoi regalargli delle mutande da mettersi o delle mutande da far mettere a te » spiegò.

« Grazie tante, ma ti stupirà sapere che di solito mi ricordo anche da sola di mettermi le... ehi, aspetta un secondo... oh... »

La mia obiezione cadde nel vuoto non appena realizzai cosa intendeva Domi. Arrossii violentemente e mi affrettai a ritrattare tutto: « No! No! Non ci pensare! »

Domi alzò gli occhi al cielo e lasciò cadere i boxer nella cesta da dove li aveva presi.

« Come ti pare... »

« Ma dico, ti ha dato di volta il cervello?! » sbottai, non ancora soddisfatta. « Cosa accidenti stavi... »

« Serve aiuto? »

Mi interruppi bruscamente, realizzando di aver appena urlato di fronte alle espressioni allibite di un paio di clienti e di...

CALVIN?!

Strabuzzai gli occhi e rimasi a fissare il commesso che si era appena offerto di aiutarci, nella vana attesa che sparisse in una nuvoletta di fumo e tornasse al posto che gli competeva, ovvero nell'istituto di sanità mentale che gli era riservato nella metà sinistra del mio cervello.

Il commesso... cioè Calvin... insomma, la mia allucinazione... oh, al diavolo! …ripeté: « Posso aiutarvi? »

Aveva un enorme sorriso smagliante e se non fossi stata così preoccupata per i miei disturbi psichici probabilmente sarei arrossita fino alle dita dei piedi.

Calvin, cosa stai facendo?! Torna subito dentro la mia testa!

Ma il modello, o commesso, o proiezione fisica degli scompensi del mio sistema endocrino, o qualunque accidenti di cosa fosse il Calvin biondo che continuava a sorridermi con aria seducente, non si mosse di un millimetro. Domi mi piantò una gomitata tra le costole e bisbigliò:

« Rose, ti ricordo che sei fidanzata. Asciugati la bava prima di allagare il negozio... »

« C-cosa? » esclamai, dimenticando completamente di non urlare. « L-lo vedi anche tu? »

« Vedere cosa? » chiese l'entità bionda di natura sempre più dubbia che mi stava davanti.

Feci scorrere uno sguardo atterrito da lui a Domi e poi di nuovo dall'espressione scettica di Domi al sorriso allegro e vagamente ebete di lui. Era Calvin, non c'era ombra di dubbio: alto, biondo, abbronzato, con due enormi occhi verdi e quelle ciglia fitte fitte che sventolavano troppo e troppo spesso e ti facevano sentire come se in testa avessi una centrifuga in funzione al posto del cervello... E poi, come se questo non fosse già di per sé abbastanza per far venire una crisi di ormoni a chiunque, aveva quei denti splendidi e bianchi e dritti che continuava a mettere in mostra con il sorriso svampito di chi capisce “cazzi” per “razzi” o per “ciabatta” o per “repellente per lumache carnivore” o per qualsiasi altra cosa tu dica.

« I-io... » balbettai, ma prima che potessi cominciare a delirare Domi mi tirò un pestone sul piede e prese le redini della conversazione.

« Stiamo cercando un regalo di Natale per un ragazzo » spiegò. « Il suo ragazzo » aggiunse, e colse l'occasione per tirarmi una seconda gomitata e sibilare qualcosa a proposito di “faccia da pesce lesso” e “ricomponiti”.

Il sorriso del commesso si allargò a dismisura.

« Oh... » disse. « Capisco ».

Decisamente, aveva capito “cazzi”.

« Boxer o slip? » aggiunse, piazzandomi in mano un paio di boxer con una strana piega che si apriva sul davanti e una specie di cosa leopardata su cui non volli tenere lo sguardo abbastanza a lungo da scoprire cosa fosse.

Arrossii e feci del mio meglio per balbettare qualcosa di intelligibile: « I-io... ecco... u-una c-cosa normale? Non so... non volevo... s-stavamo solo guardando comunque... non ho deciso se... ma-magari un altro negozio... un CD di musica classica... »

Per tutta risposta il commesso mi mise in mano un paio di boxer bianchi con gli alberelli di natale e un nastro rosso che faceva un fiocco proprio sopra il pacco. Non mi diedi alla fuga solo perché Domi mi trattenne per un braccio.

« S-senti... » ritentai, nascondendo le braccia dietro la schiena perché non potesse mettermi in mano un paio di mutande con il becco di un pinguino che faceva “squak” quando lo premevi. « Ecco, io non credo che... cioè, sei molto gentile, ma... »

Il commesso annuì con un sorriso vacuo e mi ficcò le mutande-pinguino dentro la tasca della giacca.

« Non ti preoccupare, ho capito. Ci penso io » mi disse con quello che doveva sembrargli un tono rassicurante.

Chiaramente, stava continuando imperterrito a capire “cazzi”.

Mi sfilai le mutande-pinguino dalla tasca e le feci scivolare dentro una cesta di perizomi da donna al cinquanta percento.

« Senti, sul serio... »

« Che tipo è il tuo ragazzo? » s'informò il commesso, tendendo l'elastico di un paio di boxer semitrasparenti tra le dita.

Non di certo un tipo che indosserebbe quelli.

« Il mio ragazzo, veramente... » cominciai, ma Domi fu molto più pragmatica.

« Alto, magro. Direi una medium o una large. Timido, studioso – morirebbe se vedesse quello – decisamente un galantuomo – no, quei boxer non mi piacciono. Io opterei per qualcosa di sensuale ma non troppo sfacciato... »

Il commesso mi fece l'occhiolino.

« Quindi vuoi dare una svegliata al tuo galantuomo, dico bene? »

Che cosa?!

Mi aggrappai a Dominique per non stramazzare al suolo.

« I-io... »

Per tutta risposta il commesso mi rivolse un sorrisino complice.

« Non ti preoccupare: è del tutto lecito voler fare cose zozze. Quindi, volevi qualcosa di allusivo ma fine, giusto? »

« M-ma veramente io n-non volevo... »

« Mi piacciono le allusioni sottili » continuò il commesso, come se niente fosse. « Sono le più sensuali... che ne dici di questi? »

E mi sventolò sotto il naso un paio di slip che avevano scritto “sex” tutto attorno all'elastico.

Oh, sì, anche io adoro le allusioni sottili...

Il commesso studiò le mutande per un paio di secondi, come se si trattasse delle clausole a fondo-pagina di un contratto di lavoro, poi scosse la testa e li mise via.

« No, hai ragione, sono banali. Ma aspetta e vedrai, ti ho trovato il regalo perfetto... »

Non appena mi diede le spalle per frugare nei cassetti sotto il bancone, cominciai a divincolarmi dalla presa di Dominique, ma non ci fu modo di amputarle le dita della mano e darmi alla fuga senza fare rumore. Così, pochi secondi dopo, il commesso era di ritorno con non uno, ma ben tre paia di boxer in mano.

Se non altro – tentai di consolarmi, rigirandomi le mutande tra le mani – non avevano scritte oscene né sull'elastico né sul pacco, il che era già un netto miglioramento. Il commesso sorrise, entusiasta, come se mi avesse appena messo tra le mani un sacco pieno zeppo di Galeoni.

« Allora? » incalzò.

Tossicchiai: « Sì, ehm... » Ma prima che potessi aggiungere alcunché era tornato alla carica.

« Queste nuvolette bianche sono all'apparenza estremamente infantili » ci istruì, indicando quello che sembrava un innocentissimo paio di boxer a motivo di cielo azzurro con le nuvolette. « Ma è impossibile non collegarle allo sperma se si guardano i due boxer abbinati ». E così dicendo sollevò il secondo paio di mutande, che esibivano fiori e semi di girasole su sfondo verde. « Questi semi alludono al seme, e questi pinguini qua » concluse, sventolando le mutande rosse che avevo visto in vetrina. « Questi sono chiaramente degli uccelli, il che ci riporta alla cornice metaforica di prima ».

Ero così scossa dalla scoperta di quali perversioni potessero celarsi dietro a degli innocentissimi boxer color pastello che non trovai nemmeno la forza di replicare. Troppo terrorizzata all'idea di quali mutande sarebbero potute seguire, se mi fossi rifiutata di comprare i boxer, mi limitai a fare cenno di sì con la testa. Il commesso batté le mani con un'esclamazione deliziata e si fiondò al bancone per impacchettare le mutande, lasciandomi con la certezza di aver appena accettato di comprare il regalo peggiore di sempre.

« Vedrai, il tuo ragazzo li adorerà. Non avrai più una singola notte di riposo da qui a Capodanno ».

Se non altro, Scorpius non è così malato di mente da collegare degli innocenti semi di girasole a una profferta sessuale... – tentai di consolarmi, mentre un cliente moro ed estremamente figo si accostava al bancone, aspettando il suo turno per parlare al commesso.

Per Merlino, ma devono essere tutti fighi qua dentro?

« Sarebbero trentacinque sterline » annunciò il commesso, porgendomi pacchetto e scontrino con un occhiolino assolutamente indecente. « Ma un paio te le regalo io e facciamo venticinque, d'accordo? »

« D'accordo » borbottai, frugando tra una manciata di Galeoni per rinvenire le poche banconote Babbane di cui ero in possesso.

Era una fortuna che mi avesse fatto lo sconto, in effetti, perché non ero sicura che le mie finanze Babbane arrivassero a tanto. Il cliente in coda dietro di noi fece per parlare, ma prima che potesse dire alcunché il commesso aggiunse:

« Oh, quasi dimenticavo... » E, ripresosi lo scontrino, lo voltò e scrisse qualcosa sulla faccia bianca. « Ti dispiace se ti lascio questo? »

Rimasi ad osservare il numero di cellulare scritto sul retro dello scontrino, incredula.

« A... a me? » balbettai, arrossendo furiosamente.

« A lei? » mi fece eco Domi, che non arrossì ma sembrava altrettanto furiosa.

Il commesso mi rivolse un sorriso così dannatamente adorabile, e sexy, e...

ghhfyabdfjbjhgi...

…che per un paio di secondi mi chiesi quali documenti servissero per piantare Scorpius su due piedi e fuggire in Australia con lui. Un passaporto? Forse un visto?

Sì, ti prego, stuprami e poi ammazzami e abbandona il mio cadavere in una canaletta di scolo...

soprattutto ammazzami...

razza di idiota! Che accidenti stai pensando?!

Il commesso continuò a sorridermi come se niente fosse, mentre il cliente dietro di noi batteva il piede a terra e sbuffava.

« Nel caso il tuo ragazzo non apprezzi il regalo... » spiegò. « Non potrai dargli lo scontrino per cambiare le mutande, ma puoi sempre chiamarmi. Magari una di queste sere andiamo a berci qualcosa, che ne dici? »

Al momento ero troppo impegnata a farmi venire un ictus per dire qualcosa che avesse vagamente più senso di “gkhjgbdsj”, perciò mi limitai a intascare lo scontrino e seguii Domi fuori dal negozio senza proferir parola. Un attimo prima che le porte scorrevoli si chiudessero alle nostre spalle, il commesso esclamò:

« Oh, comunque mi chiamo Calvin! »

 

***

 

Mentre percorrevamo Charing Cross Road a ritroso, verso il Paiolo Magico, Domi continuò inutilmente a passarmi la mano davanti agli occhi e tirarmi pizzicotti sulle braccia.

« Rose, sei caduta in catalessi? »

« … »

« Rose, per Merlino, se Scorpius ti vedesse in questo stato... »

« … »

« Non avrai intenzione di chiamarlo, vero? »

« … »

Domi alzò gli occhi al cielo e mi tirò indietro prima che potessi attraversare la strada col rosso e finire spiaccicata sotto un autobus a due piani.

« Io non ho parole... » sibilò. « Tutte a te capitano... non poteva darlo a me che sono single, il suo numero? »

Alla seconda volta che tentai di attraversare con il rosso, un tassista si sporse dal finestrino e mi urlò qualcosa che suonava come una bestemmia in pakistano. Per nulla scossa dalla mia quasi-morte, mi limitai a sussurrare: « Si chiamava Calvin... »

« Sì, e allora? » sbuffò Domi. Poi, dopo averci pensato per un paio di secondi, aggiunse: « Senti, non è che mi daresti il numero? »

Scossi la testa.

« Si chiamava Calvin, capisci? »






Note:
Ed eccoci giunti alla fine di questa raccolta. Pubblico per San Valentino perché non ho un accidenti da fare (il che la dice lunga su quanto sono zitella) e poi perché così tutti quelli che come me non hanno una cippa da fare possono leggere e trovarsi qualcosa da fare. Insomma, a che servono i fidanzati quando esiste Calvin, dico bene? :D
Cagate d'occasione a parte, vi avevo detto di avere ancora qualche sorpresa in serbo, giusto? Bene, la data di pubblicazione del primo capitolo sarà il primo marzo e il titolo è "Perché sul campanello di casa mia c'è scritto Malfoy e basta?!". Vi faccio uno spoiler perché nonostante sia racchia e single mi sento stranamente buona.

 

***

 

Dal Prologo:

 


Draco Malfoy, nonostante avesse quarant'anni suonati e fosse indubitabilmente un Purosangue ossigenato, non era poi così male. Insomma, per essere un noiosissimo adulto che aveva sposato mia madre, avrebbe potuto andargli peggio. 

Almeno, questo era quello che pensavo da quando era entrato a far parte ufficialmente della mia incasinatissima famiglia. Pensavo, in effetti, che Draco Malfoy fosse l'ultima persona sulla faccia della terra a cui sarebbe venuto in mente di farmi quel discorso. Così come, d'altronde, pensavo che tra me e Scorpius non ci sarebbero più stati malintesi e che a Hogwarts non sarebbe mai successo nulla di più pericoloso di una lezione del professor Rüf.

Me illusa.

È scientificamente provato che a Hogwarts deve per forza succedere qualcosa di oscuro e misterioso, almeno una volta ogni cinque anni. Quanto al discorso... sì, beh, quello magari si sarebbe potuto evitare...

 


***


Traete voi le conclusioni che vi sembrano più opportune; io ho già detto anche troppo.

Rose

 

   
 
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