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Autore: LumineNoctis    20/02/2013    3 recensioni
Zeus ha avuto figli.
Poseidone anche.
E Ade?
Questa Fanfiction è basata sui fatti, leggermente distorti, del primo libro della saga di Percy Jackson. E' la mia prima vera Fanfiction, spero di trovare il tempo necessario per dedicarmici. ^^
'Si inchinò anche alla Regina degli Inferi, e poi si bloccò. Mi aveva visto, interrompendo il suo inchino a metà. Per quanto non fosse una creatura particolarmente intelligente, capì in poco tempo chi fossi. Sarà stato per via dei miei occhi innaturalmente rossi e gialli. Fece un passo indietro, preoccupata.
- Divino Ade, chi è questa mortale? – fece, indignata.
- Non parlare così di mia figlia, Echidna. E’ mia figlia, si. E’ una semimortale, una mezzosangue. – disse annoiato Ade.
- Una semidea – sussurrò Echidna.'
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Persephone mi venne incontro e mi carezzò una spalla. La sua mano morbida e calda mi sciolse un poco i muscoli intorpiditi. Le sorrisi da sopra la mia spalla.
-          Hai i bagagli pronti?
Annuii.
-          Dobbiamo partire in fretta. Tuo padre ha contattato tua madre, attraverso Iride.
Mi immaginai Ade a cercare di controllare dell’acqua, e a parlare con la sua voce ruvida e seccata a del vapore acqueo. Ridicolo.
-          Ti aspetta fra poco – continuò lei.
-          Poco quanto? – chiesi.
-          Poco il tempo di arrivare Phoenix – sorrise.
Si rizzò in piedi, e richiamò la mia valigia con un gesto della mano.
-          Tu non hai una valigia? – chiesi, curiosa.
-          Oh, no. Ho tutte le mie cose sull’Olimpo sai.
Ed ecco uno dei momenti che temevo di più. Il saluto con il dio degli Inferi.
Mi avvicinai al suo trono, titubante.
-          Ehm, allora ciao, ci si vede fra sei mesi..
E poi, sorprendentemente si sporse un po’ avanti dal suo trono, e mi abbracciò, goffo. Rimasi stupita, ma ricambiai, un po’ distaccata. Mi accorsi della sua mano ruvida sopra la mia spalla, da cui era scivolata la veste.
Ma allora teneva davvero a me. O forse Persephone gli aveva chiesto di mostrarsi affettuoso. Lei lo baciò con passione, e io mi voltai, incredibilmente interessata ai fregi scolpiti nel cristallo scuro del cornicione del camino. Un satiro ferito da una spada, da quello che sembrava Pan, il grande protettore dei satiri e della natura, e cercava di fuggire. Una figura femminile era stata trafitta dal pugnale dal marito. Un guerriero, catturato dai nemici, si era ficcato una pietra appuntita nello stomaco. Tutto il fregio era incorniciato da viti e frutti di melograno, grassi e succosi, e fiori di giglio, il fiore del peccato.
Un ultimo risucchio sordo mi indicò che Ade e sua moglie avevano finito i convenevoli. Persephone si strinse nel mantello da viaggio, facendosi aprire il portone da una delle guardie in divisa militare. Se fosse stata da sola, si sarebbe materializzata, ma c’ero io fra i piedi. Sarei morta all’istante se mi fossi materializzata con lei.
Fuori dal palazzo, i morti si inchinarono davanti a noi, silenziosi, tristi e rispettosi.
Percorremmo le Praterie degli Asfodeli, lentamente, mentre le anime accalcate aprivano un varco per farci passare, il viso chino. Non avevo mai visto gli Inferi, se non attraverso le finestre del palazzo. I morti sembravano solo molto tristi, non mettevano particolarmente in soggezione. Ci sussurravano cose che non riuscivo a capire, mentre Persephone gli rispondeva di sfuggita, a cenni.
-          Li capisci? – chiesi.
-          Già, ma non parlano una vera lingua. Non so come spiegarlo, non è una cosa definibile. Li capisco, come tuo padre, perché in qualche modo sono sottomessi a noi. – spiegò lei.
Rimasi in silenzio. Da sempre mi stupivo dei meccanismi sottilmente legati ai peccati umani degli Inferi, erano così subdoli.
L’enorme grotta si stava chiudendo verso l’imbocco del tunnel che ci avrebbe portato sulle sponde dello Stige, e poi, nel mondo mortale.
La strada iniziò a piegarsi in salita, e gli spiriti si diradarono. Cercavano di stare il più lontano possibile dal fiume, che emanava un aura di grandiosa inquietudine e tristezza.
Sbucammo nell’antro. In lontananza, l’enorme sagome di Cerbero, il rotweiler a tre teste che sorveglia l’entrata degli Inferi. Era sdraiato, il testone stancamente posato su una zampa, la pancia si alzava e si abbassava ritmicamente.
Camminavamo velocemente, in silenzio. Ogni volta che mi accorgevo quanto fossimo vicine alla superficie, lo stomaco mi si annodava, sempre più stretto.
-          Come pensi sarà tua madre? – mi chiese all’improvviso la mia matrigna.
Me la immaginavo come un’anonimissima signora di mezza età, con anonimissimi capelli di un anonimissimo marrone, che viveva in un anonimissimo appartamento di un’anoninimissa zona dell’anonimissimo deserto dell’anonimissima Arizona.
-          Mhh.. Anononima.
Lei ridacchiò, ma non disse più niente. Inciampai nella coda di Cerbero, lui alzò la testa e ringhiò, ma quando mi riconobbe prese ad uggiolare e scodinzolare.
-          Ciao, cuccioletto – fece Persephone, lanciandogli un enorme bistecca cruda apparsa dal nulla. Lui la addentò, e la ingoiò intera. Con la lingua della testa centrale prese a leccarmi una mano, e con le altre due si inchino rispettoso alla sua padrona. Ripresimo a camminare. Raggiungemmo la dogana, dove i morti venivano smistati nel posto dove avrebbero passato l’eternità. Passammo dalla fila per le Isole dei Beati, completamente vuota. Era triste vedere come non ci fossero più umani dall’animo puro… Ade mi aveva raccontato che, nelle ere antiche, gli eroi erano molti, e la fila per le Isole non erano mai vuote.
Superammo la dogana, ed arrivammo in uno spiazzo che si apriva sulle rive dello Stige.
Caronte se ne stava rannicchiato contro la parete, e sfogliava una rivista di moda. Aveva la testa coperta dal cappuccio della tunica color fumo, e la alzò un poco quando si accorse di noi.
-          Maestà! Cinder! – esclamò, e ci venne incontro. Caronte aveva una specie di istinto materno verso di me. Lo abbracciai, un po’ rudemente, e poi lui si inchinò a Persephone.
-          Partite già? – chiese.
Annuii. – Per quello che è successo, sai, il furto della Folgore.
-          Oh, si, ho saputo- disse mogio lui.
-          Stando qui, sarà in pericolo. Zeus sospetta di lei, ora che sa della sua esistenza… - intervenne Persephone.
-          Ma.. Anche se starà da sua madre, nel mondo mortale, sarà in pericolo! – si agitò Caronte.
Fece dei strani gesti con le mani, finchè la lunga barca scura che fungeva da taxi, affiorò dall’acqua nera.
-          Appena arriverà l’estate, la manderemo al Campo Mezzosangue. – rispose Persephone.
-          E perché non mandarcela subito!
Intervenni, inquieta. – Perché gli dei hanno contatti molto diretti, al Campo. Raramente si prendono la briga di scendere sulla Terra. Quindi, dovrò stare un po’ nel mondo mortale, dove solo i mostri potranno attaccarmi, e un po’ al Campo, dove gli dei potrebbero farmi pentire di essere nata.
Caronte alzò un sopracciglio.
-          Brutta faccenda… - aggiunse, sottovoce. Salimmo sulla gondola. Era rarissimo che Caronte facesse il tratto fluviale a ritroso, dagli Inferi alla Terra. Nessuno mortale faceva ritorno, mentre dei e mostri si materializzavano.
Era tutto molto silenzioso, spettralmente silenzioso. Si sentiva il lieve rumore che facevano i fianchi della barca nel lambire l’acqua, e i ruggiti furiosi di Cerbero, in lontananza. Mi distrassi nel guardare gli sterminati soffitti della caverna, finchè qualcosa urtò leggermente la barca. Era la riva.
-          Arrivati – sospirò Caronte.
Scendemmo. Davanti a noi, c’era un muro roccioso, con una apertura grossa e completamente buia. Caronte entrò, e Persephone lo imitò noncurante. Entrai anche io, titubante.
Caronte mosse le dita, e il pavimento di alzò, o forse era il soffitto che si abbassava. Guardai terrorizzata la mia matrigna, che si controllava le unghie, rilassata.
-          Oh, Cindy, è un ascensore! – fece, accorgendosi del mio terrore.
-          Mhh, ok. – mugugnai. – Ma non ci spiaccicherà al soffito, giusto?
Lei rise, finchè un grazioso ding mi fece sussultare.
Le porte dell’ ascencoso si aprirono, mostrando una sala luminosa, arredata da sala d’attesa.
-          Questi sono gli studi di registrazione R.I.P, una copertura per l’ingresso degli Inferi. – spiegò Persephone.
-          Oh, è stata una mia idea, quella degli studi di registrazione! – si gongolò Caronte. Si sfilò il cappuccio, e la sua veste fumosa si trasformò in un elegante gessato grigio scuro.
-          Bello vero? Armani Code, limited edition.
Frugò nella tasca interna della giacca, ed inforcò degli occhiali da sole, coprendosi le orbite vuote. Né Ade, né Persephone, né nessuno mi mostravano mai le orbite vuote, preferivano farsi comparire un paio di occhi. Ma anche se mi capitava di vederli senza occhi, non ci facevo caso.
Nella sala erano stipate diverse anime, le stesse che dimoravano nell’oltretomba, solo con i contorni leggermente più definiti. Alcune camminavano nervosamente, altre guardavano sconsolati l’ascensore, altri fissavano il vuoto seduti su una poltrona. Semplicemente, aspettavano di giungere nel luogo dell’eternità.
-          Pronta? – fece la mia matrigna, porgendomi una mano. Oramai, il portone era davanti a noi.
-          Buona fortuna, Cinder – disse Caronte.
Strinsi forte la mano di Persephone, e il gondoliere aprì i portoni.
- Benvenuta nel mondo dei mortali – sussurrò Persephone. 




Angolo autrice.

Ciao a tutti! Vi chiedo scusa se non ho aggiornato per un sacco di tempo. Ora finalmente sono tornata, con un capitolo che in realtà non mi convince molto, ma vabbè. 
Aggiornerò presto, lo giuro sullo Stige. e.e
Sto costruendo il personaggio di Cinder attorno a quello che è il mio carattere, i miei pensieri ed il mio modo di agire. Io sono lei. Quindi, se vi piace Cinder, vi piaccio io. (?)

Alla prossima.


Ringrazio IMMENSAMENTE Iris96 e Charmed_Trent per aver letto e recensito questo nuovo capitolo.
  
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