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Autore: Saikisaki    13/03/2013    5 recensioni
Akatsuki: un gruppo di assassini che vive con il solo scopo di uccidere. Ma cosa succede quando degli efferati assassini come loro finiscono per volontà di non si sa chi in uno Shoujo manga, e cosa succede se la loro missione non è più uccidere ma far innamorare deboli fanciulle, per riuscire a tornare a casa?
«La vostra missione è quindi una sola» replicò il bambino alzando il dito. «Fare innamorare di voi quante più ragazze possibili, poi tornerete a casa!» Deidara era sull'orlo di una crisi di nervi.
Genere: Avventura, Comico, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akasuna no Sasori , Akatsuki, Deidara, Itachi, Nuovo Personaggio
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
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Commenti&Note dell’autrice:

Ri-salve a todos! Eccomi qui portandovi il secondo capitolo, sperando che la storia cominci a diventare più interessante… mi sono fatta sin troppe idee su come mettere nei casini gli Akatsuki e devo dire che ci sono abilmente riuscita… ricordo che  questa è una fan fiction per ridere J

E' una cosa vergognosa ma è passato un anno dal primo capitolo.. più o menoMi scuso profondamente.. non mi è mai successo ma non credevo che l'università potesse essere cosi.. così! Da questo momento in poi però, vi prometto che sarà una pubblicazione con tempi più brevi in modo da non perdere il filo del discorso!

Ahahaha comunque sia sulla fan fiction non vi anticipo altro, ringrazio comunque tutti coloro che hanno recensito il capitolo 1 e se TU…SI LETTORE TU NON L’HAI ANCORA LETTO.. CORRI!

 

 

Capitolo 2: In cui Deidara piomba in una crisi nervosa


«La vostra missione è quindi una sola» replicò il bambino alzando il dito. «Fare innamorare di voi quante più ragazze possibili. Poi tornerete a casa!»
Deidara era sull’orlo di una crisi di nervi. Avrebbe voluto convincersi del fatto che era semplicemente stanco e che quel sogno, così dannatamente stupido, stava prendendo troppo piede all’interno di se stesso, ma poi si arrese all’evidenza.
Il bambino ordinò loro di seguirlo e passivamente Sasori obbedì per primo. Il biondino non seppe dire se era perché non aveva capito la situazione o, al contrario, se l’aveva capita fin troppo bene. Deidara non trovò altre alternative che accodarsi. 
Attraversarono un quartiere che sembrava fatto di zucchero: case tutte uguali, bianche con un grazioso giardino, uccellini che volavano e cantavano e una brezza fresca che risanava lo spirito. Deidara era schifato dalla graziosa maestosità di quel luogo. 
Il bambino gli aveva fatto togliere la giacca dell’Akatsuki e aveva tirato fuori dalla busta un giaccone nero.
«Con quello sei ridicolo, mettiti questo.» Gli aveva detto. 
Aveva urlato, l’aveva insultato.. per arrivare a cosa? Per arrivare a seguirlo incapace di fare altro.
Sasori lanciò un’occhiata dietro alla sua spalla e sorrise vedendo lo sguardo disgustato del compagno che si stringeva nella sua cappa nera.
«A quanto pare è una caratteristica dello Shoujo manga» commentò agitando la mano.
Deidara spostò i suoi occhi assatanati verso il compagno e provò a comprenderlo con tutta la forza empatica che trovò, ma arrivò ad un misero risultato.
«I mondi degli Shoujo manga sono formati da case, scuole e condomini, tutto qua. » continuò Sasori. «Chissà…questa tranquillità forse al Leader piacerebbe!»
«Spero che il Leader non trasformi il nostro mondo così o lo farò saltare in aria» replicò con la voce che tremava mentre lo sguardo si spostò su due ragazzini che teneramente si tenevano la mano e ridevano dolcemente.
«Non farla tragica, bamboccio! Va a finire che ti piacerà viverci» asserì il bambino indicando una casa. «Questa è casa mia!»
«Ma come fai a riconoscerla.. sono tutte uguali» borbottò Deidara varcando la soglia.

 Non seppe dire che tipo di casa fosse, solo che ora gli mancava terribilmente la sua. Ai suoi piedi si estendeva un parquet lucido in cui era capace di specchiarsi, alla sua destra un salone con uno strano macchinario quadrato, che scoprì poi essere una “televisione”, dietro l'angolo una cucina talmente splendente che forse non era mai usata. Sembrava di essere in una casa delle bambole.
«Ma chi le ha disegnate queste case?» borbottò palpando con un dito  il muretto rivestito di marmo che li divideva dalla cucina.
«Ah, si» esordì il bambino. «Nel tuo mondo ti consideri un’artista!»
Deidara rispose con una sprezzante risata mentre si portava le mani sui fianchi. «Io sono un’artista, moscerino.»
Sasori si coprì le labbra con delle dita ed emise un debole sorriso. Deidara poteva comprenderne il motivo: quando si parlava di arte era meglio non allungarsi troppo; il suo senpai non ne capiva niente!
Il bambino continuò a fargli strada: passarono per un ampio salone illuminato calorosamente dal sole, per poi arrivare infine in una cameretta accogliente. 
Il letto, posizionato lungo il muro, era ricoperto da un soffice piumino arancione, mentre la federa del cuscino ricordava vagamente le tonalità di un prato fiorito. Dalla finestra spirava una fresca brezza che sfiorava una scrivania colma di libri tutti ordinatamente allineati su degli scaffali posti a mezz’aria.
Il bambino si gettò sul letto e prese a rotolare soffocando qualche risata. Sasori chiuse la porta alle sue spalle mentre Deidara si avvicinò furtivo alla finestra. 
Se le cose diventavano assurde poteva sempre buttarsi e sperare di svegliarsi.
«Sedetevi» invitò il bimbo mettendosi composto sul letto.
«E dove?» replicò stizzito Deidara. «Scordati che mi siedo su quella sottospecie di letto, o su questa ridicola sediolina di legno.» Ed indicò la sedia girevole accostata alla scrivania.
Il bambino rise. «Sasori tu puoi prendere quella ridicola sediolina di legno!» poi si rivolse al biondino. «Tu, per terra.»
Sasori senza rivolgere lo sguardo al padrone di casa si avvicinò alla sedia girevole e si adagiò facendo un grande sospiro.
Deidara si morse il labbro e incrociò le braccia sul petto facendo pressione per il nervoso. «Giuro che appena riavrò la mia argilla tu…»
«Ve l’ho detto» lo bloccò lui alzando una mano. «Qui non avete il vostro chakra, o poteri di nessun genere. È uno shoujo manga, siete dei normalissimi ragazzi liceali. Ve l’ho già detto, o no?»
Sasori chinò il capo. «Tu sai i nostri nomi, una cosa che non ci hai detto è chi sei tu.»
«Ottima osservazione» commentò il bambino. «Chiamatemi..» Esitò alcuni secondi poi alzò lo sguardo. «Suppongo che Arita vada bene.»
«Arita?» ripetè Deidara. 
«Si» asserì il padrone di casa facendo spallucce. «Sei sordo, bamboccio?»
Deidara si morse per l’ennesima volta il labbro e strinse i pugni fino a imbiancare le nocche delle sue mani.
«Controllati, Deidara» gli disse Sasori. In quel tono così autoritario, Deidara riconobbe il suo compagno di missioni e obbedì istintivamente. «Bene, Arita» continuò il rosso accavallando le gambe. «Dobbiamo conquistare delle ragazze, tutto qui?»
Arita sorrise. «Adoro i tipi come te! La missione non presenta niente di difficile. Andate a scuola, conquistate e tornate a casa!»
«Dov’è che andiamo noi?» chiese Deidara spalancando gli occhi. 
«A scuola» rispose semplicemente Arita. «Sei anche sordo, bamboccio? Le vostre divise sono arrivate l’altro giorno!»
«D-divise?» Deidara lanciò un’occhiata disperata a Sasori ma il senpai lo ignorò.
Arita sgattaiolò davanti ad un armadio di legno: semplice, a due ante. 
Così dannatamente privo di arte, così dannatamente... normale. Deidara sentì un conato di vomito salirgli su per la gola ma cercò di trattenersi o l'avrebbero deriso. Non voleva essere preso in giro da Sasori, anche se probabilmente lui non l'avrebbe mai fatto capire.
Arita tirò fuori una busta, in cui erano state riposte delle divise scolastiche. Erano due semplice camice bianche e due paia di pantaloni di un colore simile al grigio.
«Sono della vostra taglia» annunciò adagiandole lentamente sul letto. Sembrava tenerci davvero a quel progetto fantomatico di cui parlava, e Deidara lo trovò più inquietante di Kakuzu. «Le registrazioni sono tutte in regola, verrete presentati come studenti provenienti da un liceo straniero. Un consiglio» Arita alzò il dito «sorridete e cercate di essere abbordabili, o nessuno... ma proprio nessuno si innamorerà di voi.»
«Che cosa vuoi dire?» sbottò Deidara alzando la voce, «mi stai dicendo che non sono desiderabile?»
Sasori fece un sospiro rumoroso. «Quando si comincia?» domandò il ninja dai capelli rossi interrompendo il collega.
«Siete già in ritardo.»

Doveva rimanere calmo. Era un figo, lo sapeva e doveva rimanere calmo. Camminava come se avesse un sasso nel fondo schiena ma non poteva farne a meno. Quei pantaloni era stretti e attillati, la camicia metteva in risalto il fisico magrolino che si ritrovava. Era un incubo. 
Lanciò un'occhiata a Sasori e si domandò com'era possibile che il suo senpai fosse così a suo agio. 
Sospirò di nuovo. Era un figo, lo sapeva e doveva rimanere calmo.
Arita li accompagnò fino a scuola, li lasciò davanti al piazzale pieno di studenti vestiti come loro che correvano, scherzando e ridendo, nell'edificio. 
Cosa c'era di così divertente nel vestirsi in quel modo? Deidara era sicuro di non capirlo.
«Quella è la scuola, quella donna che vi sta salutando.. si quella con il vestito rosa sta con me. È la vostra professoressa e vi porterà in classe.» fece per girarsi e andarsene che il bambino alzò la mano alzando le dita. «Ah, consiglio numero due. Evitate di dire che siete ninja, artisti e così via.. non vi crederà nessuno. Anzi, sembrerete solo ridicoli.»
Perchè guardava solo lui e non Sasori? Deidara si irrigidì mentre si addentrava in quel modo di zucchero e storie d'amore, che finivano in uno scandaloso lieto fine.
La donna indicata da Arita indossava un elegante tailleur rosa. I suoi capelli rossicci erano legati da un nastro e sul naso era poggiato un occhiale dalle rifiniture in oro.
«Voi dovete essere i nuovi. I parenti di Arita-chan!»
«Si.. i parenti di quello li» rispose Deidara indicando il punto in cui poco fa Arita aveva voltato l'angolo per andare chissà dove. 
La professoressa parve divertita e sussurrò ai due ragazzi di seguirla. 
«Da dove venite esattamente?»
«Da molto lontano» rispose Sasori evitando che il suo compagno facesse brutte figure. «Siamo qui.. per problemi famigliari.»
Sasori aveva molte doti, senza dubbio, ma la recitazione superava di gran lunga la sua arte da marionettista.
«Siete così diversi» notò la professoressa. 
«Lui è tinto» rispose Sasori indicando Deidara. 
Deidara si fermò sulle scale. «Che sono io?»
La professoressa non sembrò sentirlo e continuò. «Ah, è così? E tu..» la donna guardò sul foglio che portava in mano. «Deidara porti anche delle lenti a contatto?»
Si schiarì la voce, provando a stare al gioco ma probabilmente era partito con l'idea che non ci sarebbe riuscito. «Dovrei?»
«Non esistono molti giapponesi con gli occhi azzurri.»
«Giapponesi?»
Sasori frenò il discorso con un colpo di tosse. Per la prima volta, Deidara notò uno sguardo sorpreso sul volto del collega e sorrise. Probabilmente Arita non l'aveva preparato a tutte le domande che avrebbero potuto fargli.
«Veniamo. Da. Molto. Lontano.» Sasori aveva risposto con la stessa naturalezza di un computer ormai al limite della sua vita.
«Ma certo, i vostri documenti parlano di un posto che non avevo mai sentito nominare.. Non sembrate per niente cugini, voi due però.»
Deidara decise di rimanere in silenzio, se non per il bene di un qualche dio, per il bene delle corde vocali.
Si fermarono davanti ad una porta scorrevole su cui era attaccata una targhetta che riportava la scritta “2-C”.
«Prima entro io» disse la donna «poi vi annuncerò e vi presenterete.»
Entrambi annuirono e la donna entrò nell'aula.
«E quindi sarei tinto, senpai?» Forse aggiungere “senpai” faceva sembrare quella domanda meno nervosa ma Deidara non ne era poi così sicuro. Aspettò che fosse il suo collega a deciderlo.
«Dovevo pur dire qualcosa, e smettila di fare il bambino» rispose Sasori impassibile, mostrandogli uno sguardo di disapprovazione e di pietà. «Una missione è una missione, fa il tuo dovere.»
No.. non era cambiato neanche un po'. Faceva solo finta di essere un tonto cagnolino. Deidara annuì facendo una smorfia.

La voce della donna riempì l'aula. Dai respiri che Deidara poteva percepire, gli alunni al suo interno dovevano essere approssimativamente una ventina. Troppi, ma forse non era neanche un male. Avrebbe trovato qualcuno con cui finire quell'assurda storia dello shoujo manga che Arita gli aveva messo in testa.
«Tra poco tocca a noi» mormorò Sasori tenendo gli occhi fissi sulla professoressa che continuava a gesticolare. Sembrava calmo, ma il respiro affannato lo tradiva.
Deidara fece spallucce e incrociò le braccia sul petto. Quando la donna pregò loro di entrare, entrambi rizzarono la schiena. Da li in poi erano dentro quel mondo fino al collo.

Deidara non era mai andato a scuola. Il suo era talento, si era dato il lusso di avere un maestro una volta che gli aveva donato tutto il sapere che ora padroneggiava sulle arti ninja. Forse una volta, gli parve di ricordare, aveva frequentato un'accademia ninja, aveva conosciuto dei compagni che ora probabilmente erano morti da qualche parte in nome di qualcuno.
Quelli che si trovava davanti però non erano minimamente paragonabili neanche a quei beoti dei suoi compagni di accademia. Erano solamente un branco di bambini che..
«Deidara-san! Deidara-san!» La voce della professoressa lo riportò presente a sé stesso.
«Eh?» si lasciò sfuggire guardando in direzione della donna. 
«Devi presentarti» gli suggerì Sasori lanciando un'occhiata alla classe.
«Ah, si» rispose sprofondando nella vergogna. Si iniziava bene, molto bene. «Io sono Deidara e sono un genio.» 
Per quella definizione non aveva faticato, le parole erano uscite dalle sue labbra. La professoressa e la classe rimase attonita per un secondo, mentre Sasori sospirò rumorosamente.
La donna cominciò a ridere vivacemente. «Come sei modesto, eh? Deidara-san!» Era una risata dettata dal nervosismo, ma a lui non importava più di tanto.
«Il mio nome è Sasori» interruppe il rosso alzando una mano. Lo sguardo della classe si spostò su di lui e rimase a fissarlo. «Adoro l'arte, la scienza e il cinema. Veniamo da lontano e spero che i nostri comportamenti non rechino disturbo a nessuno. Io e mio cugino siamo lieti di fare la vostra amicizia.»
Deidara si morse un labbro e incrociò le braccia sul petto. Arita doveva averlo istruito relativamente bene, perché quelle parole di certo non erano di Sasori.
«I vostri posti sono li e li, vicino alla finestra» concluse la professoressa mostrandosi più sciolta. Parlò guardando Sasori, probabilmente gli dava più conforto.
Una ragazza alzò la mano, seguita da delle amiche.
«Sasori-kun può sedersi qui!» Un ridacchiare di ragazze riempì quell'angolo della classe. Sasori accettò e mostrò un sorriso estremamente falso, ma tutti sembravano ciechi davanti al suo cinismo. Deidara voleva ridere come non mai, voleva spiegare a tutti il vero motivo, da dove venivano e chi era in realtà quel ragazzo dagli occhi nocciola che con un viso melenso si faceva spazio tra i banchi e si sedeva al suo posto. 
Il biondino raggiunse il suo banco vicino alla finestra. Lanciò un'occhiata all'amico. 
Sasori era partito alla grande, pensò.

Qualche ora più tardi suonò una campanella. La prima reazione che ebbe fu quella di cercare la sua argilla e far esplodere tramite esplosivo l'altoparlante sul muro ma l'improvviso via vai di gente lo aveva distratto. 
Sasori si avvicinò. «Pare che ci sia una pausa» lo informò. 
«Ma .. qui cosa si insegna?» si sentì in dovere di chiedere passandosi una mano fra i capelli biondi.
«Cose irrilevanti» rispose Sasori facendo spallucce.
Delle stridule grida femminili li interruppero. Le ragazze si erano precipitate fuori dalla porta e se ne stavano tutte vicine, mentre chiamavano qualcuno a gran voce. 
Sasori riuscì ad attirare l'attenzione di un ragazzo che era rimasto annoiato seduto al suo banco.
«È così da quando è arrivato il nuovo senpai.. le ragazze vanno completamente fuori di testa. Ridicolo!» Il ragazzo si prese la testa fra le mani. «Haruko-chan mi ha lasciato per provarci con quel tipo li.. sono disperato!»
«Deve essere un vero.. figo» commentò Deidara alzando un sopracciglio e cercando di usare il gergo che aveva avuto modo di imparare.
Sasori si diresse verso le porte e riuscì a farsi strada, poi chiamò Deidara.
«Vieni qui.» 
Lasciando il ragazzo nella disperazione, Deidara si alzò raggiungendo il senpai.
«Non mi piacciono i ragazzi.. non mi interessano i..» 
Deidara rimase immobile.
«Almeno lui è già a metà strada» mormorò il senpai dai capelli rossi cercando di non farsi sentire.
Il suo sguardo grigio, i suoi capelli neri, il suo andamento sinuoso e l'atmosfera misteriosa che lo circondava. Il suo corpo era perfetto nella divisa scolastica e il pallore del suo viso creava contrasto con i capelli scuri rendendolo affascinante. Camminava con le mani in tasca accompagnato da altri ragazzi, alti più o meno come lui. 
«Ridicolo...» mormorò. «Tutto questo è ridicolo.»
Deidara era sull'orlo di una crisi di nervi.


 

FINISH! Non vedevo l'ora di introdurre.. il personaggio che tutti ormai avete capito.. e ovviamente se fosse in uno shoujo manga, secondo me, ricoprirebbe il ruolo del senpai impossibile figo e tenebroso. 
Potete dare un Itachi anche me?

Alla prossima!


 

Saikisaki

  
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