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Autore: wakewithcoffee    14/03/2013    2 recensioni
Undici ragazzi con sogni nel cassetto, speranze, aspirazioni, gioie, dolori, indecisioni, paure, problemi, emozioni e sentimenti. Undici vite che scorrono veloci fra banchi di scuola, discussioni in famiglia e uscite con gli amici. Non sanno ancora cosa ha in serbo il mondo per loro, ma a poco a poco, incuriositi, ma anche spaventati, si stanno affacciando nella società, ricca di opportunità ma anche così spietata.
Undici strade diverse che si ricongiungono, ogni sabato, in Piazza di Spagna.
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Eccoli lì. La compagnia di Piazza di Spagna. La vita scorreva frenetica sotto i loro piedi in quei sabato pomeriggio e le settimane che dividevano un sabato dall’altro sfuggivano dalle loro mani. Gli orologi erano così lenti nelle mattine scolastiche e troppo veloci in quei pomeriggi di scambi, di emozioni, di parole. Margherita e Paola, salutata tutta l’allegra banda, comprese le ‘Vip’ – che di certo era un soprannome appropriato e meno esplicito di quello che tante volte aveva già suggerito Margherita – trovarono posto fra i gradoni. Faceva freddo, ma erano le ore più calde e sotto il sole si stava comunque benissimo. Faceva, anzi, quasi caldo, tanto che Paola fu costretta a togliersi la kefiah che le cingeva il collo.
“ Ragazzi, ho una notiziona da darvi” gridò Rocco alzandosi in piedi, a mo’ di annuncio speciale. Nonostante fosse il più spiritoso e il meno serio, stavolta sembrava che fosse in procinto di dire un qualcosa di sensato o, almeno, degno di essere preso in considerazione.
“Notizia è l’anagramma del mio nome vedi…” e un ‘cheppalle!’ corale si alzò dal basso al canticchiare di Paola.
“ Possibile che debba infilare Tizianuccio tuo in qualsiasi frangente? Che poi è pure frocio!”
Paola alzò la testa di scatto e guardò verso Simone che aveva appena finito di articolare la frase. Era stufa di dover spiegare sempre le stesse cose e sapeva che lui faceva così per stuzzicarla, perciò rimase zitta e, solo dopo un po’, bofonchiò un “omofobo di merda”. Solo il ponentino invernale poté captare quelle parole sussurrate all’aria perché le facce di tutti erano piegate in una smorfia di stupore riguardo a ciò che avevano appena sentito: Rocco di lì a poco avrebbe ricevuto il motorino. Un centoventicinque rosso, usato e truccato.
Le facce sbalordite si aprirono in grandi risate nel momento in cui Rosa, che era davvero sbigottita oltremodo, aveva chiesto come un motorino potesse essere truccato e se i trucchi in questioni si potevano acquistare dal meccanico o in profumeria.
“Non c’è mai fine alla stupidità umana. Specialmente se gli umani in questione sono le Vip.” Aveva sussurrato fra i denti Margherita a voce evidentemente non troppo bassa dato che dovette subire l’occhiataccia lanciatale da Clara.
Margherita la guardò meglio: oggi era diversa, sembrava più sciatta.
Non è doveroso precisare che la sciatteria di Clara corrispondeva al massimo picco di eleganza di Margherita, ma per una appartenente al Trio, non avere le ciglia finte era segno di trascuratezza.
Per il resto, era come al solito: duemila anelli alle dita, orecchini tondi giganteschi nei buchi “ordinari” ai lobi e altre catenelle negli altri, tre collane che, a detta della ragazza, “dovevano essere assolutissimamente portate sovrapposte”, scollatura vertiginosa creata da un corpetto fucsia che la faceva sembrare un’enorme meringa e un trucco che avrebbe lasciato perplesse persino Moira Orfei e Nicki Minaj.
Tesssssssssssshoro, ti vedo out. Cosa ti turba? Ti si è scheggiata lo smalto dell’unghia dell’alluce del piede sinistro oppure si è rotto il tacco di quelle decolleté rosa schiapparelli che ti saresti dovuta mettere stasera per quel mega party in disco con il tuo boy e i suoi friends? Oppure ti è morto il pet? ”
Clara la divorò con lo sguardo e Margherita si corresse subito: “ Intendevo il cane. O il gatto. O il pesce rosso. Sai che non mi permetterei mai…” disse, alludendo al dislivello che c’era fra la sua terza naturale abbondante e quella seconda striminzita che Clara otteneva soltanto con imbottiture e push-up.
Mentre Clara le lanciava la terza occhiataccia nel giro di pochi minuti e gli altri ridevano sotto i baffi – tutti  persino il resto del trio! – Simone si avvicinò a Margherita.
“Sai che quando fai così sei terribilmente stronza?”
“ Si, lo so. Rabbia repressa.”
 
E ne aveva di rabbia Margherita: Clara l’aveva fatta soffrire davvero molto. Le due frequentavano la stessa classe alle elementari e alle scuole scuole medie, ma mentre Clara, con il suo modo di fare gentile e superficiali era divenuta nel giro di poco tempo, una delle ragazze più popolari della scuola, grazie anche al fatto che apparteneva alla banda di Rosa, Margherita con il suo carattere scontroso e introverso e i suoi rotolini di grasso attorno ai fianchi, era sempre rimasta nel buio, finchè un giorno Rosa, la ridicolizzò davanti a tutti. Ora erano in due ad essere popolari: una era conosciuta e ammirata – tutti, ambivano ad instaurare un rapporto di, almeno, amicizia con lei e con le sue amiche – mentre l’altra veniva derisa e scansata. Si era chiesta per molto tempo come fosse stato possibile che nessuno le avesse mai pestato un piede mentre camminava dato che, agli occhi di tutti, era la ragazza invisibile.
Si ricordava quel giorno di prima media.
Era primavera e tutti ridevano e scherzavano nel cortile scolastico. Rosa chiamò Margherita dopo aver radunato un po’ di gente intorno a sé, la guardò e sentenziò: “ Rinasce la natura: è primavera. Tu ti chiami Margherita, giusto? Bè, se fossi in te chiederei a madre natura di farmi convertire in un altro fiore più bello, ad esempio la Rosa, perché, siamo obiettive: quel grasso che ti contorna la parte centrale del bustonon ti dona per niente.”
E Clara era lì, in prima fila, ma non aveva detto niente per fermare Rosa, che godeva profondamente nel far star male le persone. Ci godeva con tutti, per questo Margherita non mise mai in dubbio il fatto che forse avesse fatto soffrire anche Clara e, se non lo aveva ancora fatto, era sicura che non si sarebbe lasciata scappare quest’occasione, appena si fosse presentata. Quelle parole avevano tormentato Margherita per anni, tanto che se era dimagrita e se aveva plasmato il suo carattere forte lo doveva, nella maggior parte, a Rosa e al silenzio di Clara: erano servite a qualcosa quelle due, una volta tanto.
Ora, però, voleva una rivincita e non perdeva mai occasione di ampliare i difetti delle due o, semplicemente, irritarle un po’.
E così, in quel momento, le tornarono in mente tutti gli istanti passati a piangere a causa della cattiveria di Rosa.
 Ripensò anche a quella volta in cui aveva trovato il foglietto lilla. Era un grazioso foglietto lilla contornato da tanti cuoricini fucsia su cui Margherita, presa da un momento di noia, aveva stilato un elenco. Un elenco speciale: ‘dieci cose per farmi innamorare’.
Era una cavolata, una roba da ragazzine, eppure lei, ogni tanto, ancora lo tirava fuori quel foglietto ed analizzava ogni singola voce della lista, pensando al ragazzo del momento.
Anche in quel caso Rosa, venuta in possesso della sua lista segreta, aveva urlato a tutto il cortile il comportamento infantile di Margherita, sottolineando il fatto che una come lei non avrebbe avuto la benché minima speranza di trovarsi mai faccia a faccia con un ragazzo, se non per essere presa in giro o sfruttata. ‘I ragazzi vogliono le belle’ le aveva detto ‘non le bambine racchie e sempliciotte come te. Guardaci, noi siamo future donne, tu sei solo un brutto anatroccolo.’
Ma si sa, i brutti anatroccoli erano destinati a diventare dei cigni.
 


Note dell'autrice:

Mi è dispiaciuto che il secondo capitolo non abbia avuto successo quanto il primo, ma in effetti, poteva sembrare più un appunto che un vero e proprio 'capitolo'. Così, armata di nottate passate alzata e di computer, ho scritto questo che, come mi avevate chiesto, è piuttosto lungo. Spero comunque che non vi annoi e che vi possa piacere, almeno quanto il primo. Un bacione e grazie per avermi letta.  - wakewithcoffee, Beatrice.
  
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