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Autore: Thefoolfan    21/03/2013    11 recensioni
Universo Alternativo. Una diversa versione su come Beckett e Castle si sono conosciuti, con piccole e grandi differenza dal telefilm, anche nei caratteri dei personaggi. A poco a poco verranno rivelati tutti i segreti.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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- Questa storia fa parte della serie 'Le storie di una vita'
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 Castle rimaneva seduto sul bordo del letto con le gambe divaricate e le braccia a penzoloni posate su di esse, gli occhi fissi sul paio di scarpe nere e lucide ai piedi di una sedia sulla quale vi era appesa una camicia.

 “Ok che ti avevo detto di prendertela con calma”. Ridacchiò Alexander chiudendo la porta dietro di se cosi da rimanere da solo insieme al figlio. “Ma non pensavo di trovarti ancora in mutande”. Continuò scostando ulteriormente le tende cosi da far entrare maggiore luce dalle finestre che nel contempo spalancò.

 “é una bellissima giornata”. Inspirò a pieni polmoni l'aria fresca che entrava da quelle. “I primi invitati stanno per arrivare quindi sarebbe meglio prepararsi che ne dici”. Alexander si voltò ancora verso il figlio il quale non si era mosso da letto.

 “Ancora fatico a credere che questo giorno sia arrivato”. Sospirò il detective distendendosi sul materasso sotto lo sguardo premuroso del padre.

 “E se continui cosi te lo perderai”. Scherzò l'uomo dandogli una pacca sulla gamba per poi andare a prendergli la camicia, mettendola in controluce in cerca di imperfezioni per poi porgergliela. Castle si rimise seduto sul letto, a fissare il genitore senza dire nulla.

 “Coraggio prima che a tua madre venga una crisi isterica”. Ridacchiò agitando la camicia quasi fosse un torero davanti al suo acerrimo nemico.

 “Mi guarderai sempre le spalle vero?”. Domandò Castle estremamente serio, spingendosi giù dal letto cosi da ritrovarsi in piedi davanti al padre, infilando prima un braccio e poi l'altro nelle maniche.

 “Non credi di essere ormai abbastanza grande per prendere le decisioni da solo?”. Chiese di rimando l'uomo andando questa volta a prendere i pantaloni che il detective si infilò senza perdere tempo, aggiustandosi la camicia dentro di questi, con le iridi incollate sulla cintura che cercava di sistemare.

 “Ne ho passate tante nella mia vita ma in questo campo la mia esperienza è pari a un granello di sabbia nel deserto se paragonata alla tua”. Alexander sorrise al figlio mettendosi di fronte a lui, tra il ragazzo e lo specchio, permettendosi per l'ultima volta di sistemargli la cravatta.

 “Bhè fa sempre piacere a un genitore sentirsi cosi indispensabile”. Commentò il vecchio Castle stringendo il nodo all'altezza del collo, sistemando attentamente la cravatta lungo la linea dei bottoni della camicia. “Però credevo che mio figlio fosse più intelligente”. Sogghignò sotto lo sguardo perplesso dell'uomo che ora procedeva a indossare anche il gillet nero, guardandosi allo specchio soddisfatto del risultato.

 “E questo complimento come mai me lo merito?”. Ironizzò il giovane indossando infine la giacca, pulendosela con le mani da quei pelucchi invisibili ma che secondo lui andavano a compromettere il proprio aspetto.

 “Perchè nonostante tutto quello che hai passato dubiti ancora di te stesso”. Affermò l'uomo sedendosi su una sedia, osservando il figlio, riconoscendo a se stesso che ormai era divenuto un uomo. “Hai imparato a ragionare con la tua testa dando comunque ascolto al tuo cuore, non più pensando egoisticamente ma mettendo sempre al primo posto gli altri. Non hai più bisogno di me, hai Kate e hai questo nuovo te stesso”. Vedendo Castle rimuginare sulle sue parole, con le iridi fisse sulla sua immagine riflessa Alexander non pote non avere un gesto d'affetto per quell'uomo tornato improvvisamente bambino.

 “Sono sempre stato fiero di quello che facevi, dell'impegno che ci mettevi in ogni missione, per salvare quelle persone sconosciute”. Alexander si alzò dalla sedia, si era trattenuto più di quanto aveva immaginato dentro la stanza, gli invitati lo stavano aspettando. “Ma ora, vedendoti in questo grande giorno, posso affermare di essere orgoglioso dell'uomo che sei”. Scostò lo sguardo da lui per non fargli vedere il suo volto emozionato, gli strinse una spalla e uscì dalla stanza cosi da recarsi nel giardino.

 Castle rimase da solo nella stanza. Andò alla finestra e osservò il parco che si stendeva sotto di essa, le sedie già disposte con quell'altare improvvisato per la cerimonia. Alcuni invitati si stavano godendo il rinfresco e tra loro poteva vedere i suoi colleghi e Lanie, i testimoni suoi e di Beckett. Sospirò tirandosi i bordi della giacca e si diresse alla porta, afferrando con la mano la maniglia.

Un semplice gesto, fatto mille altre volte, ma che ora comportava un cambiamento radicale della sua vita. Sorrise e varcò quella soglia. Era pronto a diventare il marito di Kate Beckett.

 

 In un altra stanza della residenza Beckett era tanto pensierosa quanto lo era il fidanzato. Guardava l'abito appeso ad un anta dell'armadio quasi fosse un oggetto proveniente da chissà quale pianeta. Tutti quei mesi di preparazione le erano sembrati cosi lunghi ma allo stesso tempo aveva la sensazione che erano passati fin tropo in fretta. I preparativi avevano messo a dura prova non solo Castle e lei ma l'intera famiglia che in un modo o in un altro aveva voluto partecipare all'organizzazione di quel grande giorno.

 “Ecco qui le tue damigelle preferite”. Esordì Matha aprendo la porta cosi da permettere il suo ingresso e quello di Johanna che con attenzione portava con se il bouquet di rose bianche e blu.

 “Non hai ancora messo l'abito mia cara”. Constatò la signora Beckett posando ciò che aveva tra le mani ammirando poi il vestito da sposa, allargando con le mani la gonna e passando le dita sui delicati ricami.

 “Aspettavo voi per aiutarmi”. Affermò timidamente la donna, imbarazzata di trovarsi in biancheria davanti alla futura suocera. “Da sola ho paura di rovinarlo o peggio”.

 “Non c'è nulla per cui essere agitate”. Asserì Martha aggiustandosi il cappellino verdognolo in tinta con il vestito elegante che indossava. “Ti sposi con un uomo che ami, entri a far parte di una famiglia che adori, e oggi tutte le persone a cui tieni sono qui. Non c'è alcun motivo che ti neghi un bel sorriso perciò su su sorridi”. La invitò la donna regalandole uno dei suoi migliori, portando le mani vicino alla sua bocca cosi da farle inarcare le labbra.

 “Oggi è il tuo giorno piccola mia”. Fu più amorevole Johanna che si sedette accanto alla figlia stringendole una mano. “Richard è la fuori che ti aspetta, pronto ad iniziare questa nuova fase della vostra vita. Se lo fai attendere c'è il rischio che si faccia venire un infarto”.

 “E se qualcosa dovesse andare storto. È sempre cosi tra Rick e me, quando tutto va bene ecco che accade l'irreparabile”. Imprecò Beckett portandosi le mani nei capelli, per poi bloccarsi ed evitare di rovinarsi l'acconciatura che la parrucchiera aveva impiegato ore a sistemare.

 “Gli invitati stanno arrivando, il prete è già qui, è una bella giornata. Non ci saranno intoppi.”. La rassicurò Martha cominciando a trafficare con la borsetta, cercando il rossetto cosi da sistemarsi il trucco ritenuto già sbiadito.

 “Fin quando questa giornata non sarà finita non mi sentirò tranquilla”. Guardò il riflesso della futura suocera nello specchio mentre divertita le sorrideva.

 “Iniziamo con il prepararci. La cerimonia inizia tra poco.” Le ricordò Johanna andando a prendere il vestito mentre Beckett si alzò in piedi con i pugni chiusi.

 “Se accade qualcosa però evitate di dirmelo d'accordo?”. Chiese alle donne chiudendo gli occhi e respirando a fondo, lasciandosi aiutare dalle due ad indossare l'abito.

 “Tu pensa solo a goderti la giornata”. Asserì Johanna sistemandole il nastro blu che dalla schiena le scendeva lungo tutto l'abito mentre Martha andava a recuperare un cofanetto posato sopra uno dei tavolinetti.

 “Un piccolo pensiero”.Le disse porgendoglielo. Beckett andò a guardare la madre in cerca di spiegazioni ma questa fece spallucce non volendo rivelare nulla alla figlia.

 Con curiosità andò ad aprirla trovando dentro di esso una collana con un pendaglio a goccia che ricordava il colore dell'abito.

 “Martha non posso accettare”. Disse Beckett non distogliendo lo sguardo da quel gioiello, credendolo troppo prezioso per lei.

 “Ah non dire sciocchezze”. La riprese Martha estraendo la collana e mettendosi dietro di lei. “Su di te fa sicuramente più bella figura”. Puntualizzò sistemandola sul suo collo mentre Beckett andava a sfiorarla con i polpastrelli osservandosi nello specchio.

 “Ti lasciamo da sola qualche minuto.”. Disse Johanna dandole un bacio sulle guancia. “Ti verrà a prendere tuo padre per accompagnarti all'altare”. Le fece l'occhiolino vedendola tentennare un istante.

 Rimasta sola nella stanza Beckett si prese qualche secondo per se, per pensare al passo che stava per compiere. Si sistemò la pettinatura e il corpetto del vestito, si mise il copri spalle e le scarpe, poi si fermò. Non era il momento dei ripensamenti, delle indecisioni. Era quello che desiderava, lo voleva da anni e ora poteva dare il via alla sua nuova vita con Castle. Nulla sarebbe più stato uguale e lei non vedeva l'ora di affrontare le nuove sfide che il fato le riservava. Sentì un lieve bussare alla porta e vide il padre entrare nella stanza.

 “Pronta?”. Le chiese porgendole un braccio. Beckett si stirò il vestito con le mani osservando la sua immagine riflessa un ultima volta prima di raggiungere il genitore. Era pronta per diventare la moglie di Rick Castle.

  

Il detective rimaneva in piedi di fronte al prete in attesa che la fidanzata facesse il suo ingresso, scendendo quelle scale che li dividevano. Si voltò osservando Lex ed Esposito cosi eleganti e sorridenti come lo erano Lanie e Ryan sistemati di fronte a lui, tutti pronti per condividere quella esperienza con loro. Teneva le mani incrociate davanti a se, fissando il prete e il paesaggio alle sue spalle finchè non sentì la piccola orchestra che avevano ingaggiato cominciare a suonare la marcia nuziale. Quando la vide non pote non chiedersi se mai l'avesse vista cosi bella e cosa avesse fatto nella sua vita per meritarsi tanta gioia in quel momento. Ogni passo che Beckett compiva era un tuffo al cuore per lui, un respiro mancato, ma il sorriso che lei aveva impresso sulle labbra lo teneva in piedi. Quando poi James la consegnò nelle sue mani Castle si sentì improvvisamente leggero, senza preoccupazioni,il suo passato scomparve in quell'istante, per lui ora esisteva solo il futuro, il loro futuro e quando pronunciarono quel semplice ma importante “lo voglio” entrambi ebbero la certezza che ogni tassello della loro vita andava a combaciare alla perfezione, creando un unico e perfetto disegno.

 
Castle si tolse la giacca lasciandola sulla sedia e andò a reclamare l'attenzione di Beckett che si trovava al tavolo di alcuni invitati. L'orchestra aveva ripreso a suonare e lui non era ancora stanco di ballare con quella che ormai era sua moglie.

 “Pensavo non ti piacesse ballare”. Scherzò Beckett mentre il marito la faceva volteggiare, dando un proprio ritmo alla musica.

 “Infatti”. Rispose lui afferrandola per un fianco, trascinandola al centro della pista da ballo cosi da allontanarsi dagli invitati che stavano finendo di gustare la torta. “Ma è l'unico momento in cui posso averti solo per me”. Confessò prima di baciarla ottenendo l'attenzione e gli applausi dei presenti.

 Quando la musica finì si sentì un leggero picchiettare contro il microfono e la voce imbarazzata di Ryan che si scusava con i presenti per l'interruzione.

Tutti si voltarono verso di lui, in particolare i due sposi incuriositi da quel suo gesto insolito. Castle abbracciò Beckett posando la testa sulla sua spalla, guardando divertito il collega che trafficava con alcuni foglietti.

 “Ormai è troppo tardi per obiettare a questo matrimonio”. Ironizzò Castle vedendo l'irlandese ridacchiare nervosamente.

 “No, in realtà volevo fare un piccolo discorso”. Si giustificò grattandosi la testa e allentando il nodo della cravatta. “Ho provato a scrivere qualcosa ma credo che tutti sappiate che non sono un grande oratore”. Arrossì sentendosi improvvisamente imbarazzato, non essendo abituato a certi gesti pubblici.

 Dalla piccola folla che si era radunata davanti al palchetto si alzò un grido e un applauso, era Esposito che a suo modo cercava di incitare l'amico ad andare avanti con la propria idea.

 “Credo sia inutile dire quanto voi, Kate e Rick, siate delle persone speciali”. Esordì bloccandosi di colpo per riprendere fiato, guardando prima il foglio poi i diretti interessati. “Annoierei tutti elencando le vostre qualità che ben conosciamo, e la fortuna che abbiamo ad avervi nella nostra vita”. Altri applausi si aggiunsero dando cosi coraggio all'uomo.

 “Ciò che ho imparato da voi in questi anni è che tutto accade per un motivo, anche le cose più brutte”. Disse abbassando lo sguardo mentre Castle strinse più forte a se la donna. “Voi ne avete tratto di volta in volta la forza per continuare ad andare avanti e credo che al mondo non esista altra coppia meglio assortita di voi”. Disse appoggiandosi una mano sul cuore schiarendosi la voce. “Tranne Jenny e me ovviamente”. Aggiunse mandando un bacio alla propria moglie.

 “E non posso non ringraziarvi, credo a nome di tutti i presenti, per averci permesso di esser qui oggi, a condividere questo coronamento del vostro amore. Ad essere testimoni di un unione di cui tutti eravamo ben consapevoli, cosi forte, cosi unica, che se non avessi visto con i miei occhi mai avrei creduto che fosse reale.” Castle non pote non sorridere nel sentire le parole del collega che lo colpirono cosi piacevolmente nel profondo, mentre Beckett si asciugò gli occhi lucidi.

 “Non mi dilungherò ancora, ma lasciatemi esprimere un ultimo pensiero”. Affermò l'irlandese agitando l'ultimo foglietto che aveva tra le mani cosi da far vedere ai presenti che ciò che diceva era il vero. “ Durante la celebrazione del matrimonio, quel momento in cui la parola innamorarsi viene sostituita dal più difficile rimanere innamorati, quando si pronunciano le parole “in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà, finchè morte non ci separi”, in quell'istante l'amore raggiunge il suo pieno significato. E più il tempo trascorre più si comincia ad amare l'altro perchè si condivide la stessa esperienza, le vite si intrecciano e la memoria che si condivide diventa più forte di qualunque legame. Perciò non dimenticate mai ciò che vi lega perchè nulla è più prezioso”. Durante quelle parole Ryan fece cenno a Jenny di portargli un calice e quando ebbe finito il suo discorso lo alzò al cielo, invitando gli altri a fare lo stesso.

 “Agli sposi”. Urlò nel microfono venendo ricambiato da tutti i presenti.

 

 Ormai era quasi giunta la sera, gli invitati si stavano godendo la compagnia l'uni degli altri, con il sottofondo creato dall'orchestra. Castle e Beckett erano seduti al loro tavolo, con lei appoggiata alla sua spalla, stanca ma felice. 

“Non vedo l'ora di togliermi queste scarpe”. Ridacchiò lei mentre il detective si concedeva un altro sorso di champagne.

 “Quindi se ti chiedo di venire un attimo con me mi risponderai di no”. Asserì Castle andandola a guardare, ammirandola ancora una volta in quell'abito bianco.

 “Dipende dove mi vuoi portare”. Ribattè lei giochicchiando con un pezzo di torta che le era rimasta nel piatto, torturandola con la forchetta in attesa della risposta del marito.

 “Ti avevo o no promesso un regalo di nozze”. Disse Castle inarcando un sopracciglio mentre si alzava dalla propria sedia trascinando la donna con se. Cercando di non farsi notare troppo dai presenti la condusse fuori dall'edificio, in mezzo al prato verde e fiorito che aveva fatto da sfondo alla cerimonia. Li si inginocchiò davanti a lei, disorientandola, finchè non le prese i piedi e le tolse prima una e poi l'altra scarpa.

 “L'erba è molto meglio di queste”. Affermò indicando le calzature che lasciò davanti alla porta, prendendola per la mano e accompagnandola passo dopo passo in mezzo all'erba e agli alberi, fino a quando non si ritenne abbastanza lontano dagli altri. La fece sedere su di una delle panchine e si allontanò di qualche passo.

 “ Di regali te ne farò tanti nel corso della nostra vita”. Enunciò cominciando a slacciare i bottoni del gillet sempre sotto lo sguardo attento di Beckett che si chiedeva cosa stesse combinando.

 “Ma volevo che quello di oggi fosse unico, o per lo meno provarci”. Continuò lanciando il primo indumento sulla panchina per poi passare alla camicia.

 “Per questo ti ho chiesto di passare la settimana prima del matrimonio lontani, non per rendere questo giorno più speciale o sciocchezze simili, ma perchè non volevo che scoprissi cosa avevo in mente”. Anche l'ultimo bottone della camicia saltò ma Castle tenne i lembi di quella uniti con una mano.

 “Tu mi hai guarito dai demoni che mi tormentavano e la dove prima c'era il buio tu hai portato la luce”. Continuò bagnandosi le labbra, fissando negli occhi la donna che aveva davanti a se. Si portò poi entrambe le mani all'altezza del colletto, raccogliendo tutta la sua volontà per compiere quell'ultimo gesto.

 “Dove prima c'era il dolore ora ci sei tu”. Dette quelle parole inspirò lasciando cadere a terra la camicia, rimanendo a petto nudo di fronte a lei. Sul subito Beckett non capì, rimaneva li a fissarlo cercando di comprendere il significato oscuro delle sue parole, ma poi i suoi occhi notarono un qualcosa di diverso sulla pelle del marito.

 “Cosi come il tuo nome è inciso nel mio cuore volevo che lo fosse anche sulla pelle”. Accennò un sorriso Castle combattuto riguardo la reazione di Beckett, non sapeva se il suo silenzio era un buon segno o meno.

 La detective rimaneva ancora seduta sulla panchina a fissare il fianco sinistro dell'uomo. La dove una volta si ergevano le cicatrici inferte da Stark ora vi era un tatuaggio. Il suo nome che copriva quelle sfregi ormai quasi del tutto invisibili, la parola Kate trionfava sul colorito pallido della sua pelle.

 “Come riesci a sorprendermi cosi ogni volta”. Constatò Beckett alzandosi per andare ad abbracciarlo, sfiorando con le dita il suo nome che le dava un ulteriore conferma che Castle sarebbe sempre stato suo.

 “Mai sottovalutare una mente sopraffina come la mia”. Ridacchiò lui accarezzandole una guancia, cercando di non rovinare il trucco che cominciava a risentire delle lunghe ore passate.

 “Vogliamo tornare dagli altri”. Suggerì Castle non troppo convinto delle sue parole, godendosi quei minuti di relax senza dover intrattenere gli invitati o dover star a sentire i loro continui consigli su come far funzionare il matrimonio.

 “Non ancora”. Sospirò Beckett abbracciandolo, portando i loro visi vicini. “Non ancora”. Ripetè baciandolo mentre in lontananza sentiva la musica e il vociare proveniente dalla sala del banchetto. Non le importava essere la con loro a continuare la festa, ora voleva solo rimanere con Castle, come se al mondo esistessero solo loro due. D'altronde quello era il loro momento, il loro giorno, la loro vita, la loro storia.


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Chiedo scusa per il ritardo nel pubblicare quest'ultimo capitolo ma l'influenza mi ha messo ko. Ringrazio di cuore tutte le persone che hanno seguito questa interminabile storia, resistendo questo anno e mezzo di capitolo più o meno interessanti. Se non fosse stato per il vostro appoggio non avrei scritto nemmeno la metà della metà di questa storia.

  
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