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Autore: Mary West    21/03/2013    5 recensioni
Un evento incredibile sconvolge la vita tranquilla di Tony Stark e lui si sentirà più solo e distrutto che mai proprio nel momento in cui il mondo ha bisogno di Iron Man più che mai prima d'ora. Un arrivo dal passato, un nuovo nemico da sconfiggere, amicizie indistruttibili e l'amore più puro fanno da sfondo all'avventura del secolo e tra litigi, notti insonni, travestimenti e bugie gli Avengers si riuniranno ancora.
Lei annuì e tornò ad accarezzargli la mascella, senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi perfetti.
«Baciami» sussurrò adorante. «Tutta la notte.» Lui sorrise e la accontentò.
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Pepper Potts, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'You'll find that life is still worthwhile, if you just smile'
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Capitolo XVI
Agente speciale Peggy Carter



Un tuono squarciò il silenzio glaciale che avvolgeva la città buia e la pioggia cominciò a cadere sottile e tediosa, picchiettando sull’asfalto scuro e sui vetri delle finestre. Steve camminava a passo veloce, agile e urgente fra i vicoli deserti di New York, reggendo lo scudo in una mano e saltando con facilità fra le macchine e i muri. Superò un altro ostacolo e raggiunse l’edificio che stava cercando. Un respiro agitato gli dischiuse le labbra fredde e pallide e sbatté le palpebre deciso. Il momento era giunto.
 

*

 
“Sei sicura di stare bene, Agatha?”
Agatha annuì per la decima volta, prendendo fra le mani bianche e rugose la tazza di thè bollente che Pepper le offriva.
“Sì, grazie Virginia” disse gentile. “Sei molto cara.”
Pepper scosse la testa imbarazzata e guardò più attentamente l’anziana signora. Lei e Tony avevano raggiunto Agatha e Thor alla torre dopo la distruzione del Palazzo di Vetro. Bruce e Steve, invece, avevano preso un’altra direzione.
“Sono contenta che Thor sia arrivato in tempo” disse Pepper sollevata. “Mi sono così agitata quando quel pazzo di Deception mi ha raccontato che Glanster aveva…”
Agatha scosse la testa, sorseggiando un po’ di thè caldo, e sorrise affabile, stringendo una mano attorno a quella più piccola e giovane di Pepper.
“Non preoccuparti, cara” le sussurrò con fare premuroso. “Conoscevo bene Damon sin da quand’era un adolescente e non ho mai apprezzato il suo carattere. Non ti dirò che sospettavo di lui, ma non sono rimasta tanto sorpresa da questa scoperta.”
Pepper scosse la testa, agitata.
“Agatha… com’è possibile?” chiese intristita. “Glanster ti ha portato via tuo marito e tuo figlio. Se mi succedesse qualcosa di simile, io credo impazzirei dal dolore… non riuscirei a sopravvivere senza…” lasciò cadere la frase in un bisbiglio solitario, improvvisamente preoccupata. La situazione complicata e rischiosa in cui si trovavano non era di certo qualcosa che la rasserenasse o le conciliasse il sonno e la sola idea che potesse davvero perdere la persona più importante della sua vita la distruggeva. Quel pensiero parve all’improvviso concretizzarsi nella sua mente e le attanagliò il respiro.
Agatha sembrò rendersi conto di quello che passava nella testa di Pepper e le prese la mano fra le sue, stringendola affettuosamente.
“Non devi preoccuparti, Virginia” le disse dolce. “So che può sembrare terribile… e lo è, cara. Quando persi Gerald e Jacob, mi sentii annientata… erano le mie ragioni di vita. Ma vedi quando raggiungi una certa età, ti rendi conto che le persone che hai amato non ti abbandonano mai. Ti sono sempre vicine e puoi sempre trovarle… dentro di te.”
Pepper sbatté le palpebre sulle iridi luccicanti e sorrise debolmente.
“Sai, Agatha” disse timida. “I miei genitori sono morti in un incidente quando ero ancora molto piccola. Ma avrei tanto voluto che mia madre ci fosse stata e che fosse stata come te.”
“Oh, cara!” esclamò Agatha divertita. “Sei davvero una perla… avrei tanto voluto che Jacob trovasse una ragazza come te. Sei la figlia che chiunque vorrebbe avere.”
“Pepper!”
La voce di Tony le distrasse entrambe. Pepper si asciugò gli occhi e alzò lo sguardo verso di lui.
“Dimmi” rispose con voce serafica.
“Thor ti sta cercando” disse Tony impacciato. Agatha lo fissava dalle iridi azzurre al di sopra delle lenti trasparenti con aria scrutatrice.
“Grazie” replicò lei. Sorrise un’ultima volta ad Agatha e uscì dalla stanza. Tony fece un cenno del capo, ancora un po’ a disagio, rivolto ad Agatha e lei annuì.
“Siediti, giovanotto” gli disse lei dopo qualche istante. Tony sbarrò gli occhi perplesso e fece come gli era stato detto. “Così tu sei il famoso signor Stark.”
Tony annuì, silenzioso. C’era qualcosa di estremamente curioso in quella vecchietta, qualcosa che lo affascinava e gli incuteva un briciolo di soggezione allo stesso tempo, cosa del tutto rara. Lui non era mai in soggezione.
“Ho sentito molto parlare di te” riprese Agatha, sorseggiando un altro po’ di thè. “Mio figlio era un tuo grande ammiratore. Anche Virginia parla spesso di te.”
Tony sembrò stupito.
“Strano” esclamò. “Di solito, lei non ama molto parlare di… insomma, di cose private.”
“Oh, infatti” concordò Agatha. “Non con le parole. Ma tu sei presente nei suoi occhi ogni istante della sua vita, accompagni ogni sua parola e ogni suo pensiero.”
Tony si sentì avvampare e annuì, impacciato.
“Ehm… capisco.”
Agatha sorrise, comprensiva.
“Sei davvero un bravo ragazzo, a quanto pare” continuò tranquilla, bagnando ancora le labbra nella bevanda calda. “Te la meriti.”
Tony sorrise con più naturalezza e scosse appena il capo.
“Io non credo.”
“Perché mai?” chiese scettica Agatha. “Sei un bravo ragazzo. Una persona buona, gentile, disposta ad aiutare gli altri e pronta a rischiare la vita per l’intero pianeta… perché mai non dovresti meritare una ragazza come Virginia?”
“Be’” iniziò Tony esitante. “Lei è… è perfetta” disse in un sospiro. “È responsabile, seria, intelligente, sempre ragionevole e capace di fare la cosa giusta in ogni situazione… io invece mi faccio prendere dagli impulsi, sono incosciente e troppe volte agisco d’istinto.”
“A te sembra perfetta” disse Agatha. “E forse lo è… ma se chiedi a qualcun altro, magari non lo pensa. Eppure lei crede che tu sia perfetto” aggiunse sicura di avere ragione. “Ha molta paura di perderti e immagino sia normale quando si è fidanzati con Iron Man, ma non credo che chiunque lo sarebbe. Solo la perfetta metà.”
Tony guardò Agatha stupito, colpito per qualche istante. Sbatté le palpebre e sorrise.
“Comincio a capire perché mi parla tanto di lei…”
Agatha sorrise a sua volta, affezionata.
“È tanto cara. Così dolce, gentile, preoccupata per le persone a cui tiene.”
“Sì” concordò Tony. “Nonostante tutto. Non ha avuto una vita facile…”
“Lo so” disse desolata Agatha. “Un po’ come te… non hai avuto una vita facile…”
Tony sollevò la fronte e sorrise divertito, suo malgrado.
“Come lo sa?” chiese interessato. Agatha strabuzzò gli occhi, simulando un’aria innocente.
“Cosa?” domandò fingendosi incuriosita. Tony scosse il capo, senza smettere di sorridere.
“Lasciamo perdere. Sarà meglio che raggiunga la Padella da Glanster.”
Fece per alzarsi, ma un attimo prima che fosse in piedi Agatha parlò ancora.
“Dagli un’altra possibilità” disse lei materna. “Io e Jacob eravamo molto uniti. Il rapporto che lega genitori e figli è uno dei più grandi capolavori della vita umana. Non negarti l’occasione di viverlo per rancore… nessuno può amare un figlio come un padre, credimi, lo so. Perdonare è il più grande gesto d’amore che puoi fare per lui.”
Tony osservò un’altra volta Agatha con lo sguardo perso e raggiunse la porta. Prima di varcarla, sorrise fra sé e sussurrò, certo che lei l’avrebbe sentito comunque.
“Grazie.”
 

*

 
“Ehy.”
Pepper quasi sobbalzò quando la voce di Tony la raggiunse dal corridoio.
“Ehy” disse in risposta e sorrise debolmente. Tony la guardava incantato, ma c’era un’ombra di pace totale e perfezione più completa a illuminargli le iridi splendenti. “Tutto bene?” gli chiese senza capire. Lui annuì e rimase ancora a fissarla, con la spalla contro lo stipite dalla porta, una gamba appena sollevata verso l’altra e le braccia incrociate.
“Sì” rispose infine e le andò incontro. Stringeva un piccolo oggetto argentato fra le mani e Pepper lo guardò apprensiva.
“Cos’è?” disse deglutendo. “No” aggiunse poi, quasi subito. “No, Tony.”
Lui roteò gli occhi al cielo, spazientito.
“Ascoltami” la fermò immediatamente. “È l’unico modo per impedirgli di strapparmi il reattore. Se tu prendi questa chiave…”
“No, Tony” lo interruppe di nuovo Pepper. “Se dovesse disgraziatamente prenderti, capirebbe subito che l’unico modo per togliertelo è di ucciderti prima e non credo si farebbe tanti scrupoli…”
“Non proprio” sorrise Tony compiaciuto. “Questo è quello che penserebbe lui, ma in realtà non c’è modo… certo, questo non lo fermerebbe dal farlo…”
“No” ripeté Pepper per l’ultima volta. “Non prenderò quell’aggeggio, se significa ucciderti.”
Tony le prese le mani e lasciò che la catenina con la chiave le cascasse al collo.
“Si tratta dell’unico oggetto che può sbloccare il reattore. Non devo averlo io, è troppo pericoloso.”
“Quando capirà il trucchetto, ti ucciderà” gli disse lei severa.
“Lo farebbe comunque!” esclamò lui, impaziente. “Ma non riuscirebbe comunque a tirarmi fuori il reattore e, anzi, lo bloccherebbe per sempre. È il modo migliore per stare al sicuro.”
“Non lo farò” riprese lei sicura. Tony la guardò, con più dolcezza.
“Questa” le disse serio, “è la chiave del mio cuore. Non potrei immaginare nessun altro a cui darla.”
Pepper serrò le labbra e scosse la testa.
“Mi hai promesso che non mi lascerai” mormorò appena.
“Ed è così” rispose lui convinto. “Mai. Te l’ho promesso e manterrò la promessa. Costi quel che costi.”
Pepper respirò profondamente e lo guardò negli occhi. Troppo agitata per il secondo cuore che ora teneva nel suo petto, non parlò, così annuì.
 

*

 
“Direttore, abbiamo localizzato il Tesseract.”
Nick sospirò sollevato e seguì l’agente Hill nella stanza attigua. Lei lo guidò con il suo passo deciso e professionale verso lo studio di Howard.
“Allora?” incalzò Nick appena entrato. “Trovato?”
Howard si sfilò un paio di auricolari e annuì, pensieroso.
“Sì” disse poi, senza distogliere lo sguardo dallo schermo. I suoi occhi, specchio fedele e preciso di quelli di Tony, erano adombrati da una nota di apprensione che a Nick non piacque per niente.
“Cosa?” domandò agitato. “È stato distrutto?”
Howard sembrò riprendersi da uno stato di trance momento e scosse il capo con energia.
“No, no. Non è neanche stato attivato. Ho mandato Steve a prenderlo con il dottore” rispose pacato Howard. Eppure quell’ombra di preoccupazione continuava a pervadere il suo sguardo.
“E allora cosa?” chiese ancora Nick, aggrottando appena le sopracciglia. Una sottile ruga di ansia gli increspò la fronte.
“Be’” esitò Howard. “Sono… sono un po’ preoccupato per Tony” confessò in un sospiro. “Glanster sta cercando di localizzarlo in tutti i modi e, senza il Pegasus, il suo cuore cesserebbe di funzionare all’istante. Si attiverebbe un arresto cardiaco e non riuscirebbe a resistere per più di un paio d’ore.”
Nick annuì a sua volta, finalmente al corrente del motivo di quella nota scura.
“Ho cercato di fare qualcosa” riprese Howard, con tono più leggero. “Ho azionato un meccanismo di protezione a distanza che impedisce a chiunque di prendere in mano il reattore senza essere colpiti da una pesante scossa elettrica che provoca una momentanea perdita dei sensi” illustrò serio. “Ma non durerà più di… facciamo, tre o quattro ore.”
Nick annuì di nuovo, arricciando le labbra.
“Dobbiamo prenderlo prima che lui prenda noi” disse infine. “Recuperare il Tesseract e sorprenderlo alla base, cercando di evitare la sua banda di galoppini” concluse sprezzante. “Tutti insieme.”
Howard annuì. Quell’ombra di apprensione continuava a oscurare i suoi occhi, minacciosa.
 

*

 
Steve era entrato. Si muoveva agile e veloce sui gradini di pietra dei corridoi stretti, attento ad agire con cautela e a non fare il minimo rumore. La sua mente lavorava frenetica, mentre saltava rapido sul pavimento vetusto; si chiese come diavolo gli fosse venuto in mente a Glanster di nascondersi in quel posto che, Steve ne era sicuro, Stark avrebbe trovato davvero ridicolo. Si fermò prima di una scala a chiocciola e appoggiò la schiena contro il muro, respirando affannosamente. Lanciò uno sguardo pensieroso fuori dalla finestra a vetri e sospirò: la pioggia fuori al palazzo continuava a cadere, ostinata e implacabile, picchiettando fastidiosa sulla lastra e le gocce salate scivolavano sulla superficie trasparente offuscando la vista di quello che c’era aldilà del vetro e i fulmini squarciavano il cielo notturno e buio con i loro lampi accecanti. Uno particolarmente luminoso irruppe e un tuono assordante rimbombò nella stanza, facendo tremare la finestra sottile. Steve trasalì, ma la presa sullo scudo rimase salda e ricominciò a salire le scale. Raggiunse la stanza più in alto – doveva essere in una delle torri – e si accostò dietro ad un pilastro, tenendo l’orecchio. Percepì un vago susseguirsi di bisbigli, poi la porta si aprì ancora e Deception entrò nella stanz, con un uomo al suo seguito.
“Avete trovato Stark?” chiese con aria esasperata e Steve sorrise. Solo Stark poteva essere capace di esasperare qualcuno in quel modo.
“Non ancora, signore” replicò l’altro a disagio. “Lo stanno cercando tutti… sembra essersi volatilizzato.”
“Non può essersi volatilizzato, Gott” replicò il dottore seccato. “Non è un genio, anche se lui lo pensa. È un essere umano e, per quanto possa essere forte con quella sua maledetta armatura, resta un individuo identico a tutti gli altri. Dovete trovarlo e prendergli il reattore, altrimenti il Tesseract non può essere azionato in nessun modo” spiegò e sembrò perdere la pazienza. L’uomo chiamato Gott arretrò di un passo.
“Sì, signore.”
Si girò e, senza dire altro, lasciò la stanza. Deception, rimasto solo, estrasse il Tesseract da una borsa e lo poggiò sulla superficie liscia di una mezza colonna al centro della stanza. Poi tirò fuori un aggeggio elettronico e vi armeggiò per qualche minuto; quando ebbe finito, il cubo era circondato da una sfera che sembrava ricoperta da una patina d’argento e aveva l’aria di essere tutt’altro che facilmente accessibile. Steve osservò il dottore squadrare il proprio lavoro con espressione soddisfatta, prima che lasciasse anche lui la camera. Appena si fu chiuso la porta alle spalle, Steve abbandonò il suo nascondiglio sicuro, sempre con lo scudo saldamente stretto nell’impugnatura della mano destra, e si avvicinò a quella mezza colonna per osservare più da vicino quella sfera apparentemente invalicabile. Scrutò di sottecchi il cubo con apprensione e tirò un lungo sospiro, indeciso sul da farsi. Iniziare a colpire furiosamente quella sfera non gli sembrava una grande idea; pur semitrasparente, sembrava comunque dotata di una certa consistenza, di un qualche potere etereo. Magari sarebbe stato inutile o, ancora peggio, pericoloso… forse il cubo sarebbe esploso e il mondo intero si sarebbe disintegrato all’istante, come in quello strano film di cui Stark parlava sempre, La storia senza fine o roba simile.
Stark.
Steve sospirò ancor più profondamente, mentre pensava che, dannazione, Stark sì che sarebbe stato maledettamente utile in una situazione come quella. Nonostante la sua testardaggine e le dimensioni sproporzionate del suo ego, Steve sapeva che Tony era uno dei migliori, se non il migliore in assoluto, nel suo campo. Riusciva sempre a inquadrare la situazione, gli erano sufficienti pochi istanti di osservazione attenta e acuta per comprendere il significato di un oggetto o il modo più adatto per utilizzarlo o combatterlo e Steve era certo che, di fronte a quella sfera glaciale, avrebbe roteato gli occhi al cielo con fare esasperatamente teatrale, prima di ingiuriarlo come vecchietto antitecnologico e attempato poco moderno. Poi avrebbe schioccato le dita, con il suo modo di fare veloce ed esperto, e avrebbe risolto l’enigma senza sbatter ciglio. O magari quella sfera era qualcosa di veramente pericoloso – insomma, non era di certo la prima volta che Glanster sfoggiasse la sua pazza e megalomane idea di distruggere l’intero pianeta – e allora Stark gli avrebbe pazientemente spiegato come stavano le cose, quali erano le azioni più prudenti da compiere e quale il modo più corretto in cui procedere. Aveva appena preso piena coscienza del fatto che stesse rimpiangendo la lontananza da Stark, con vero disgusto e rammarico per se stesso, quando l’oggetto dei suoi desideri si manifestò concreto, pimpante e irritante davanti a lui.
“Rogers!” esclamò vivacemente, allargando le braccia in segno di benvenuto, come se non si vedessero da anni invece che da poche ore. Steve sollevò un sopracciglio con aria perplessa, poi scosse il capo.
“Stark” sospirò paziente. “Che stai facendo?”
Tony sbatté le palpebre con aria fintamente innocente e sorrise sornione. Steve vide la valigetta spuntare dalla borsa nera che portava in spalla.
“Sono venuto per te” disse Tony smagliante. “Bruce mi ha detto che vi siete divisi, ma che tu, grandissimo idiota che non sei altro, avevi perso l’auricolare, così ho usato il mio localizzatore nuovo di zecca per ritracciare te e la tua stupida padella. Ho scoperto che eri in questo castello incantato e vecchio, proprio come te – vecchio, non incantato, naturalmente – e sono corso a salvarti. Immaginavo che non avresti resistito all’idea di catapultarti in questo magico luogo fatato… insomma, è antiquato perfino per mia nonna, quindi suppongo che a te calzi a pennello… ovviamente, se hai intenzione di calarti in espedienti sessuali data la tua recente, traumatica esperienza quali i giochi di ruolo, in cui magari tu impersoni una giovane fanciulla in difficoltà e io il tuo cavalier servente, ti puoi scordare la mia partecipazione. Anche perché Glanster funziona poco come Strega dell’Ovest, però” disse improvvisamente pensieroso, “questa potrebbe anche funzionare bene come sfera di cristallo.”
Steve tirò un lunghissimo sospiro e chiuse gli occhi, massaggiandosi le palpebre stanco, cercando di trattenere che un sorriso colpevole gli incurvasse le labbra, traditore.
“Stark” ripeté. “Sei l’essere più esasperante che abbia mai incontrato.”
Tony sorrise, entusiasta e compiaciuto.
“Grazie, Rogers” disse felice e Steve rise suo malgrado.
“Non sono venuto qui per fare alcun gioco di ruolo” riprese, una volta assunto di nuovo un contegno serio. “La nostra sera insieme, ho sentito Peggy parlare di un castello in questa strada e ho pensato che, dato che ormai anche Glanster sapeva che noi eravamo a conoscenza della sua base, ne avrebbe cercata un’altra ed eccoci qui” spiegò serafico. “Glanster non c’è, ma Deception è appena arrivato… sai, ha detto che non ti hanno trovato e…”
All’improvviso, si fermò. Sbarrò gli occhi e sembrò rendersi veramente conto solo in quel momento del fatto che Tony fosse lì.
“Stark!” urlò esasperato. “Ma tu che diavolo ci fai qui?!” gridò preoccupatissimo. “Non lo sai, che Glanster e tutti i suoi uomini ti stanno cercando? Se Deception ora entra e ti trova qui, stai pur certo che ti fa immobilizzare dai suoi galoppini e ti strappa quel coso dal petto… così poi lo usa per conquistare il mondo e poi ci fa a pezzi! Ma quanto puoi essere incosciente? Santo Cielo, ma è possibile che tu sia così fuori di testa e totalmente privo di buon senso? È possibile?” concluse al limite dell’apprensione e dall’agitazione.
Tony, che l’aveva guardato con espressione paziente per tutto il tempo, ora sorrideva pacato e stava poggiato con la schiena contro il muro, con un sorriso ebete e divertito a incurvargli le labbra scure.
“Hai finito?” chiese tranquillo appena Steve ebbe placato la sua ansia. “Bene, ora che ti sei liberato dei tuoi più profondi e repressi istinti animali, lascia che ti spieghi.”
Steve lo fulminò con lo sguardo e arricciò le labbra in un’espressione severa.
“Non sto scherzando, Stark” disse più pacato. “Non prendi sul serio la tua sicurezza.”
“La tua preoccupazione per me mi commuove, ma ci sono delle priorità, tesoro” Steve tirò un sospiro, esasperato. “E la salvezza del mondo viene prima. Senza contare che non sono tanto idiota da farmi prendere da un paio di galoppini senza cervello.”
Sorrise soddisfatto e cominciò a scrutare la sfera, con la fronte corrugata. Una mano andò a grattare il pizzetto con aria pensierosa.
“È una protezione di iridio e palladio” sentenziò dopo alcuni minuti di silenziosa e accurata osservazione. “Non può essere distrutta tanto facilmente… è stato aggiunto anche un altro elemento per cui nessuno può toccarla senza perdere l’arto che vi immerge. Tuttavia, credo che la mano di Hulk non sentirebbe nulla se non un po’ di solletico” concluse soddisfatto. “Fatto sta che dobbiamo fare venire qui i nostri amici” riprese pratico. Portò l’auricolare all’orecchio e parlò. Steve lo osservò parlare con Virginia, poi lo interruppe.
“Dove sono?”
“Alla torre” rispose Tony pronto. “Arriveranno presto. Una volta che Hulk avrà preso il Tesseract, sarà un giochetto da ragazzi giocare a nascondino in questo bel castello e fare tana al nostro amico folle.”
Steve annuì, pensieroso.
“Non essere impulsivo” lo ammonì severo. “Potrebbe comunque essere pericoloso. Non ce la siamo proprio cavata alla grande nei precedenti incontri…”
“Quisquilie” minimizzò Tony noncurante. “Non eravamo preparati a sufficienza. Ora conosciamo Glanster, sappiamo come gioca e cosa gioca e siamo avvantaggiati dall’effetto sorpresa, dato che lui non sa che siamo qui. Andrà tutto bene.”
Steve annuì ancora, appena più rincuorato. Si sollevò dal pavimento e riprese lo scudo appena in tempo, un istante prima che la pallottola si schiantasse contro di lui.
L’effetto sorpresa era sfumato.
 

*

 
“Bruce, dove stai andando?”
Il dottore guardò stupito Pepper raggiungerlo in macchina.
“Al castello. Me l’hai detto tu, Tony e Steve ci stanno aspettando. Natasha, Clint e Phil stanno arrivando su un jet e Thor è praticamente già lì. Tu, piuttosto” aggiunse severo, “che ci fai qui?”
Lei sollevò le sopracciglia, perplessa.
“Non penserai che me ne starò a casa, a fare la vedova bianca, mentre lui rischia di farsi ammazzare?” domandò agitata. “Vengo anch’io.”
“No” rispose subito Bruce. “Non se ne parla. Tony mi uccide e poi non può combattere se è preoccupato per te.”
“Non sono un’idiota incapace. Per chi mi hai preso? Io so cavarmela” proruppe lei ostinata. “Bruce” aggiunse poi in un sussurro disperato. “Ti prego.”
Bruce sospirò, indeciso.
“Va bene” l’accontentò infine. “Ma le condizioni sono dure: non vai a cercare guai, cerchi di non attirare l’attenzione del dottor Jekyll e, se Tony te lo chiede, io non ne so niente. Chiaro?”
Pepper rise divertita.
“Parti.”
 

*

 
“Non doveva esserci l’effetto sorpresa?”
Tony roteò gli occhi al cielo, esasperato.
“Dacci un taglio, soubrette da strapazzo. Non è colpa mia se la tua stupida tutina luccicante ci ha fatti beccare” urlò, colpendo un altro degli amichetti di Glanster. “Ma quanti ce ne sono?” domandò poi, scorgendo un gruppo di uomini in arrivo, dall’aria minacciosa e poco amichevole. “Ha contattato un’agenzia? Cosa c’è, un numero verde? L’800 del Crimine? O un ufficio collocamento malviventi?”
Steve aprì la bocca, per rimproverare Tony e fargli notare che la sua proverbiale e costantemente all’erta simpatia era, tanto per cambiare, del tutto fuori luogo, ma l’aria esplose tutt’intorno ed entrambi furono scaraventati all’indietro, mentre Deception li squadrava vittorioso. Alzò un braccio e puntò la pistola verso Steve. Il Capitano sollevò le mani per afferrare lo scudo, ma quello era finito a dieci metri di distanza e Stark stava lottando con altri cinque uomini che non gli permettevano di raggiungerlo. Fuori dalla stanza, il grande orologio scoccò la mezzanotte, rimbombando furiosamente tra le pareti vuote della sala. Steve soffiò profondamente e chiuse gli occhi e sentì tutto: il rumore assordante dello sparo, lo sferzare nell’aria del proiettile, il respiro mozzato di Tony e poi… più nulla. Aprì gli occhi in un istante infinito e vide quello che era successo.
 

*

 
“Howard!”
La voce di Nick risuonò per lo studio e Howard trasalì violentemente. Un peso familiare e opprimente gli invase il petto e un sussurro smorzato gli dischiuse le labbra.
“Tony.”
 

*

 
Steve si alzò di scatto e prese il corpo sanguinante fra le braccia. Tony fu subito accanto a lui e il Capitano avvertì la sua stretta su una spalla. Attraverso le iridi grondanti di lacrime, poteva vedere il viso di nuovo brillante di Peggy.
“Stai tranquilla” le disse tremante e anche le sue braccia su di lei fremevano in modo insopportabile. “Andrà tutto bene, stai tranquilla. Andrà tutto bene.”
Peggy scosse la testa, le lacrime scorrevano sulle sue guance pallide e rosee fino alle labbra che sorridevano debolmente.
“No” disse soltanto. “Ma non importa, Steve. Va bene così.”
Steve scosse la testa, agitato. Non sapeva perché – lei gli aveva mentito, l’aveva ingannato, l’aveva condotto ad errori su errori, l’aveva ferito come mai nessun altro, l’aveva lacerato – ma era importante. Com’era possibile? Era come se tutto quello che avevano vissuto negli ultimi tempi gli avesse fatto capire che non potevano riprendersi la vita e l’amore che quei settant’anni gli avevano portato via. Tutto quell’amore sembrava essersi sciolto nei ghiacci con le lacrime di Peggy al telefono e i loro tentativi di ricostruirlo era parsi tristi e malinconici.
Ma allora perché? Steve si sentiva perso, sentiva tutto abbandonarlo e nulla riusciva a provare se non dispiacere e un dolce, infinito affetto. Vide gli occhi di Peggy incrinarsi e sentì la stretta di Tony alla sua spalla farsi più salda e la voce dell’amico risuonargli nella testa.
È perché, qualsiasi cosa faccia, qualsiasi errore commetta, qualsiasi cazzata possa fare o anche solo pensare, lei mi ama.
Sì, Peggy era importante. Lo era sempre stata e lo era ancora. Non riusciva a capirlo, non riusciva a capacitarsene, quasi non riusciva neanche ad accettarlo, dopo tanti anni a credere altro, ma l’aveva amata profondamente, era stata la prima persona che aveva amato davvero e, anche se tutto quello gli aveva insegnato che quell’amore era finito, sapeva che lei sarebbe stata una parte fondamentale della sua esistenza tutta la vita. Ancora, sempre e comunque.
Le afferrò una mano piccola e fredda e la strinse a sé, dandole coraggio.
“No” ribatté deciso. “Non dire così… sono stupidaggini… andrà tutto bene… andrà tutto bene, te lo prometto…”
Peggy sorrideva e piangeva allo stesso tempo. Gli sfiorò una guancia con la punta delle dita e Steve sentì quel freddo penetrargli sotto la pelle, nel sangue, nel cuore.
“Ti amo” gli sussurrò sfinita. “Più di ogni altra cosa al mondo. Non avrei potuto immaginare nessun altro motivo valido per andarmene… e mi dispiace. Non volevo mentirti, non volevo usarti… ma devi saperlo” gli afferrò una mano con forza e lo guardò con dolcezza, “io non ho giocato con te. Sì, all’inizio ero d’accordo con loro… ma poi ho capito e volevo dirti la verità, Glanster non me l’ha permesso! Se l’avessi fatto, ti avrebbe ucciso… mi dispiace, io ti amo…davvero.”
Steve le strinse di più la mano e ormai era ghiaccio.
“Peggy” le sussurrò e la baciò con dolcezza. “Mi dispiace.”
Peggy sorrise un’ultima volta e ricambiò il bacio. Un battito di ciglia, veloce e leggero come quello delle ali di una farfalla, e i suoi occhi si immobilizzarono; il viso grondante di Steve continuava a irrigare il volto perfetto dinanzi a sé, bagnandolo di quelle lacrime che non poteva più versare. 























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Buonasera a tutti e mille scuse. ♥
So che dopo quello che ho combinato dovrei solo chiudermi in una stanza per la vergogna e non mostrare più la mia brutta faccia in pubblico, ma, a mia discolpa, posso solo dire che non è stata colpa mia, ma del corso sventurato degli eventi che ha deciso di accanirsi violentemente contro di me, punendomi per qualche cosa che non so bene cosa sia, ma, considerando tutto quello che mi è successo oggi - compreso il coinvolgimento ad una rissa per cui la mia mano subirà le conseguenze per parecchio tempo - deve essere una cosa brutta. 
Ma bando alle ciance e scusatemi scusatemi scusatemi. Vi consento di fragellarmi virtualmente, se lo reputate necessario. T.T
In cambio, io recupero la mia pennetta e vi spedisco un capitoletto bello pieno e potente, con tanti eventi e tante informazioni. 
Abbiamo scoperto la storia di Agatha: suo padre e suo figlio sono stati assassinati da Glanster, che era un collega del primo e amico della loro famiglia. Vile traditore. A proposito di Tony, invece, abbiamo visto un piccolo sprazzo Pepperony, come sempre, un po' più tragico. Spero ardentemente che non sia squallido e banale e OOC. Ultimamente sono in crisi folle. Ho voluto dedicare un'ampia parte al suo rapporto con Steve, introducendoci parecchi momenti sia esilaranti sia più profondi; a questo proposito, il picco della tragica introspezione su entrambi avrà luogo nell'incipit del prossimo capitolo. ;)
Dite la verità, vi ho fregati sul finale. ASD. Ditemi chi di voi non pensava che la vittima fosse Tony. XD. Vi ho fregati! Ebbene sì, la nostra cara Peggy ha lasciato il sipario nel modo più tragico possibile, ma quello che preferiva. Non per citare frasi tratte da famosi libri, ma io credo che morire per qualcuno che si ama sia un modo buono per morire. ^^
Spero come sempre che Lou ami questo pezzo e lo trovi degno del suo amore per questi due personaggi. 

Purtroppo non ho ancora risposto alle recensioni, ma domani mi rifiuto di uscire di casa, troppo distrutta da una serie di sventure che non la smettono di abbattersi su di me, e tenterò di recuperare. Grazie come sempre alle splendide Even, Alley, Maretta, Missys, Silvia e Ylenia. Grazie di cuore, davvero. 

Sono così cotta che quasi mi dimenticavo: 

[1]: Agente speciale Sue Thomas è una serie televisiva con protagonista, ovviamente, Sue Thomas; 
[2]: l'idea della chiave del reattore e di annessi e connessi sono tutte cose di mia invenzione, prive di qualsiasi base tecnica o scientifica; 
[3]: il film/libro a cui allude Steve è La storia infinita, un romanzo di genere fantastico dello scrittore Michael Ende, pubblicato nel 1979, a cui sono ispirate le omonime pellicole; 
[4]: la Strega dell'Ovest a cui allude Tony è un personaggio de Il Mago di Oz, collana di romanzi del grandissimo Frank Baum a cui è ispirato l'omonimo film del 1939 con la splendida sedicenne Judy Garland e lo straordinario Ray Bolger. Steve lo cita nel film, quindi ho pensato che potesse cogliere il riferimento.


Dato che il ritardo è stato per colpa mia, posterò il prossimo capitolo tra il 26 e il 28, senza aspettare il giorno di Pasqua. :) Sono troppo fusa per rileggere, quindi mi limito a scusarmi in anticipo per eventuali sviste. Vado a cadere in coma fino a domani. 
Un bacione a tutti e a presto! 

Mary. 

   
 
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