Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: dreamlikeview    07/04/2013    22 recensioni
Louis è a un bivio.
Deve scegliere se sposarsi o rinunciare a tutto.
Deve scegliere tra la felicità e l'infelicità.
Dopo un tuffo nei ricordi, nel passato, deciderà se restare lì, o andare via e scegliere l'amore.
Quale sarà la sua decisione? Sarà quella giusta o quella sbagliata?
[Attenzione, alto contenuto Larry.]
(One-Shot, divisa in due capitoli.)
Genere: Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
- Questa storia fa parte della serie 'All about them.'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



Ama ciò che sei, 
Ama finché puoi, 
Ama ancora.
(Ama Ancora - Sonohra)




Louis si lascia scappare un sorriso a quel ricordo.
La loro prima volta insieme. Era stata, forse, la cosa migliore mai capitatagli in tutta la sua vita. Quell’unione di corpi, quei sospiri, quei cuori all’unisono.. e quasi sente di nuovo l’eccitazione dentro di sé, sente di volere di nuovo quelle labbra sulle sue, di volere quel corpo dentro il suo, di volersi unite mente, corpo e cuore al riccio, vuole urlare a tutto il mondo quanto lo ami. Lo vuole, certo, ma non può.
Lui è un nobile, lui deve adempiere ai suoi doveri.
“Io, ecco..” – esordisce. Dopo i ricordi belli, arrivano inevitabilmente quelli brutti, orrendi, da dimenticare. Quelli che si annidano nella mente e nel cuore, e uccidono, distruggono, fanno piangere.
“Ho bisogno di un attimo per preparare il discorso” – ammette di fronte a tutti.
Sorrisi compiaciuti, comprensivi.
E’ giovane, è emozionato, credono.
Non sanno che dentro di lui un uragano di sentimenti lo porta via, lo fa star male. Non sanno che lui in quel momento pensa a tutto, tranne che al matrimonio, tranne che alla contessa.
Louis pensa solo a lui, il riccio che in un anno gli ha cambiato la vita, che l’ha resa migliore.
Occhi verdi, come la speranza.                        
Bocca rossa come l’amore.
Viso pallido come la purezza.
Esiste di qualcosa di più perfetto di quel ragazzo?
E dannazione, lo vuole, lo vuole con tutte le sue forze.

 

*

 
Dopo undici mesi, la cosa iniziò ad essere sospetta. Tutti i servi si chiedevano perché Harry Styles fosse favorito a non avere punizioni, ad essere trattato con riguardo, lui l’ultimo arrivato.
E le malelingue iniziarono a girare.
Harry ha stregato il padrone.
Harry usa il padrone.
Il padrone si diverte con i servi giovani.
Il padrone è un ragazzo molto confuso.
Harry e il padrone hanno una relazione.
Qualcosa c’è tra quei due.
E simili, forse anche di peggiori.
Harry si fa pagare di più andando contro la chiesa.
Il padrone paga il ragazzo per divertirsi un po’.
Harry è solo “la donna facile” del padrone.
E queste non impiegarono molto ad arrivare all’orecchio del padrone, del padre di Louis, che fece chiamare suo figlio, insieme al suo servo.
I ragazzi se l’aspettavano, sapevano che prima o poi una cosa simile sarebbe accaduta, per questo avevano già preparato la loro versione dei fatti. Erano talmente complici che sarebbero riusciti anche ad ingannare il più intelligente dei nobili, tra i quali il conte Tomlinson spiccava.
“Figliolo” – esordì guardando compassionevole il figlio –“spero che siano solo voci quelle che circolano su di te e..” – lanciò un’occhiata sprezzante ad Harry –“questo scarto della società.”
La rabbia di Louis ribollì dentro di lui, strinse i pugni talmente forte da far sbiancare le nocche, serrò la mascella, e rivolse uno sguardo indignato al padre, per poi addolcirlo e posarlo su Harry, che non facendo accorgere l’uomo, proiettò i suoi occhi in quelli di Louis, e in quelli il maggiore non trovò altro che fierezza. Niente tristezza per quello che aveva detto il padre, e la sua espressione si addolcì, tornando a rivolgere attenzioni al padre.
“Sono solo voci, padre.” – sorrise –“Harold è una persona seria, e lo conosco molto bene. Non posso nascondere che siamo amici.” – alzò le spalle –“avevo bisogno di un confidente, e lui è stato così leale e fedele al suo padrone che mi ha solo aiutato.” – proferì, serio come mai in vita sua.
Il padre gli rivolse un sorriso soddisfatto, fiero di suo figlio.
“Bene, allora non ho niente da dire, l’importante è che i ruoli di servo e padrone siano rispettati, lo sai, Louis.”
Il giovane annuì, mordendosi una guancia internamente. Non era mai stato bravo a mentire, e ora lo faceva con una naturalezza degna di un delinquente.
“Certo, padre, sempre rispettati.”
Lo sguardo dell’uomo si posò su Harry, per diversi istanti, quasi studiandone i comportamenti. Gli occhi del riccio brillavano, come se fosse fiero di Louis, di quello che aveva detto, di come aveva mascherato la loro relazione, di come avesse mentito spudoratamente al padre per il loro bene.
“E tu, giovane servo, hai qualcosa da dire?” – chiese, facendo accapponare la pelle di Harry.
“I-io, n-no, e-ecco, è-è tutto c-come, L-L, cioè il signorino Louis dice.” – riuscì a dire tra un tremito e l’altro.
“Fedele alla parola del padrone. Bene, non ho altro da chiedervi.” – esordì, sorridendo. Strano che sorridesse. Che avesse capito qualcosa? –“potete andare, e Styles, allo stalliere servirebbe aiuto nelle stalle, te ne occupi tu?” – chiese.
Louis scagliò un’occhiata preoccupata ad Harry. Ricordava cosa fosse accaduto al più piccolo quando aveva lavorato nelle stalle e non voleva che ricapitasse.
“S-sì, sì signore!” – accettò, abbassando ancora la testa in segno di rispetto. 
L’uomo sorrise, e i due si congedarono da lui, uscendo dal salone, chiudendosi subito dopo la porta alle spalle.
Entrambi tirarono un sospiro di sollievo, e si scambiarono uno sguardo preoccupato. Entrambi avevano capito cosa sarebbe potuto accadere nelle stalle. Attento che non li vedesse nessuno, Harry prese la mano di Louis e ne accarezzò il dorso con il pollice.
“Andrà tutto bene, sei stato impeccabile. Nessuno sospetterà nulla.” –gli sorrise dolcemente –“ci vediamo stasera, avrò bisogno di un bagno” – ridacchiò e accorto, lasciò un bacio all’angolo della bocca del più grande, per poi lasciargli la mano e andare nella direzione delle stalle, dove avrebbe trascorso più dell’intero pomeriggio.
Lavorò duramente, e nel frattempo pensava come organizzare la sua festa per il compleanno di Louis, che sarebbe giunto di lì a poche settimane. Se voleva che Louis passasse un dopo festa degno di lui, doveva ingegnarsi prima, e pensare a tutti.
Harry si lasciò andare contro il muro.
Avrebbero dovuto dirglielo che sarebbe stato completamente solo e che non doveva semplicemente aiutare lo stalliere. Non ne poteva più.
Si passò una mano sulla fronte, eliminando il sudore che aveva accumulato, e sospirò. Se davvero il padre di Louis aveva capito qualcosa durante quella convocazione, era tutta colpa sua, non poteva tornare in camera di Louis, rischiare di farsi vedere. Non poteva mettere in pericolo il ragazzo.
Quello che rischiava di essere frustato era lui, però, non Louis.
Si morse nervosamente le labbra, era dannatamente combattuto. Andare da Louis o tornare nelle stanze fredde e spoglie che gli erano state assegnate? La risposta nel suo cuore era palese, ma il suo cervello era combattuto. Quando finì il lavoro, il sole era ormai calato da un pezzo, la luna splendeva nel cielo, e le stelle brillavano su di lui. Voleva dannatamente guardarle insieme a Louis. Solo con lui.
Si decise e si incamminò verso il palazzo, silenzioso come un gatto, veloce come una gazzella, attento a non essere visto da nessuno. Non voleva di certo mettere nei guai se stesso e il suo Louis, insomma.
Raggiunse le stanze di Louis, ma una donna lo aveva visto, ed era corsa a chiamare qualcuno, Harry se ne era accorto, quando aveva sentito dei passi forti alle sue spalle.
Louis lo attendeva in camera.
Era preoccupato, perché il sole era ormai tramontato da un pezzo, e lui aveva sistemato una coperta sul grande balcone dal quale si vedevano le stelle, e loro due si sarebbero sistemati lì, per osservarle, abbracciati e stretti l’uno all’altro, dopo ovviamente un lungo bagno durante il quale si sarebbero amati per tutto il tempo che volevano, perché loro, nascosti da tutti, erano liberi di amarsi.
Erano un ossimoro vero, erano liberi nel buio, nel nascondersi.
Quando tre tocchi brevi e due lunghi colpirono la sua porta, Louis parve rilassarsi, e gli aprì immediatamente, afferrandogli una mano e tirandolo dentro, baciandolo facendolo scontrare con la porta chiusa immediatamente dopo il suo ingresso.
“Mi hai fatto preoccupare, non farlo mai più” – sibilò con le labbra premute contro le sue.
“Credo mi abbiano visto, non sono sicuro. Per favore, facciamo finta per un po’ che sto recuperando quello che non ho fatto nel pomeriggio, non voglio andare nelle stalle di nuovo..” – lo supplicò baciandolo ancora, e ancora e ancora, spingendolo ad annuire.
Non appena sentirono pugni pesanti sulla porta, si affrettarono a staccarsi, Louis si recò nella stanza dove era solito vestirsi ed Harry aprì la porta.
“Harry, cosa ci fai nelle stanze del signorino Louis?” – chiese una guardia. Il ragazzo tirò un profondo respiro, prima di rispondere con sicurezza.
“Sono venuto per preparare il bagno e il letto al signorino Louis, sono stato tutto il giorno nelle stalle, potete chiedere al padrone, non avevo finito ancora il mio lavoro. Ho quasi finito, stavo per andare via.”
“Plausibile. Ti teniamo d’occhio, Styles.” – esordì la guardia, facendo rabbrividire il riccio. Per quella sera gli era andata bene, probabilmente. Non sarebbe stato più così fortunato. Evidentemente gli occhi erano tutti puntati su di lui.
“Harry!” – strillò Louis dalla stanza adiacente –“dove diavolo hai messo i miei vestiti? Stupido servo, torna qui!”
Harry trattenne una risata, sapeva che stava solo bluffando per lasciarlo libero in qualche modo.
“Come vedete, il signorino Louis è piuttosto nervoso al momento. Posso congedarmi e raggiungerlo o devo disubbidire al padrone?” – chiese innocente, mentre la guardia cercava ancora qualche scusa per sorvegliarlo.
“Insomma! Smettila di chiacchierare e vieni qui!” – strillò ancora il castano. La guardia nel sentirlo urlare in quel modo si convinse che il riccio non mentisse, e si scusò con il suo padrone con un solo urlo e andò via da quella stanza. Harry richiuse la porta tirando un sospiro di sollievo, e si diresse dal più grande.
“Mio signore” – mormorò entrando, trovandolo appoggiato contro un muro con l’espressione divertita dipinta sul volto –“purtroppo i vostri abiti sono andati perduti.. sono stato distratto.” – confessò.
“Vieni qui, che ti punisco” – rise il più grande, chiedendogli di avvicinarsi allungando la mano verso di lui. Harry l’accettò e si fece strada verso di lui. Fece aderire le sue spalle al muro e lo baciò con passione. Si lasciarono scivolare contro il muro, baciandosi ancora. I vestiti volarono via e i loro gemiti sostituirono le loro parole che si stavano scambiando qualche minuto prima.
“Se non ti conoscessi, prima avrei creduto che facessi sul serio”
“Oh, io facevo sul serio” – gli morse il labbro –“ma forse non ho specificato che mi servivano i tuoi di vestiti, da toglierti per amarti come meriti.” – sorrise contro le sue labbra, baciandolo ancora.
Finirono la nottata di passione sul balcone sotto le stelle, forse godendosi uno degli ultimi momenti che avrebbero vissuto insieme.
“Harry, la vedi quella stella lì, quella che brilla più di tutte?” – chiese  mentre entrambi erano distesi sul balconcino a guardare le stelle, dopo aver consumato il loro amore anche in quel luogo, fregandosene del freddo invernale che gli entrava nelle ossa, loro insieme avrebbero sconfitto tutto.
“Sì, è meravigliosa, secondo te è qualcuno che ci guarda? Qualcuno che ci vuole bene?” – chiese speranzoso il ragazzo, alzando  leggermente il busto dal petto di Louis.
“No, io credo che rappresenti te.” – sorrise dandogli un bacio –“la stella più luminosa del firmamento.”
“L-Louis..” – deglutì per l’imbarazzo, sorridendo ancora. –“b-beh anche tu sei una stella.” – ne indicò una vicina a quella indicatagli da Louis. –“siamo belli vicini, no?”
“Bellissimi, davvero bellissimi.”
 
 
Era giunta la sera del compleanno di Louis.
Il padre aveva organizzato un grande ricevimento, e Louis aveva dovuto partecipare per forza, visto che la festa era in suo onore, ma non sapeva che Harry avesse un’altra sorpresa per lui.
Qualcosa di magari meno sfarzoso, meno grande e immenso, ma qualcosa l’aveva organizzato, e gli aveva anche fatto il regalo. Aveva davvero pensato a tutto.
Louis era dannatamente bello lì, in mezzo a tutti quei nobili, ed era bello anche quando aveva dovuto ballare con delle donne, facendo morire di gelosia il più piccolo che gli scoccava occhiate cariche di risentimento, perché dannazione quanto vorrei essere io si ripeteva il più piccolo, mordendosi nervosamente il labbro, mentre serviva a tavola tutti i nobili invitati.
La mezzanotte era rintoccata, e i commensali erano andati via. Louis si era ritirato nella sua stanza, ed Harry era rimasto a sistemare il salone con gli altri servi, poi quando si era reso che le guardie erano troppo impegnate ad occuparsi di scortare i nobili alle carrozze si dileguò, arrivando nella stanza di Louis, presumibilmente mentre il ragazzo era impegnato a fare il bagno. Aveva calcolato tutto.
Era un ottimo calcolatore, lui.
Una volta nella stanza, raccolse i fiori da sotto il letto di Louis, e li sparse per tutta la camera. Li aveva presi quella mattina al mercato, per fortuna c’era una bancarella che ne vendeva sempre, anche durante l’inverno. Da sotto il cuscino estrasse il pacchetto fatto male da lui, e se lo rigirò tra le mani. Sperava che a Louis piacesse, si era impegnato tanto per farlo.. e poi da sotto al tavolo tirò fuori un dolce preparato da lui per il suo Louis. Voleva che quello che era il primo compleanno di Louis che passavano insieme fosse indimenticabile.
“Giuro, un giorno ucciderò mio pad-” – iniziò bloccandosi, non appena uscì dalla camera da bagno, e vide tutto quello che il riccio avesse preparato.
“Buon compleanno, Louis” – sorrise intimidito il riccio, vedendo il più grande con gli occhi sgranati, avvolto in un telo bianco, che metteva in evidenza la sua pelle leggermente abbronzata, e i suoi muscoli poco accennati.
“Ma qua-, co-, insomma p-perché? P-Per me?” – balbettò, e il riccio annuì. Si avvicinò a lui e gli porse la mano. Fece un inchino, sorridendo e:
“Mi concedete questo ballo, mio signore?” – fece chinando il capo, tenendo la mano tesa davanti a sé.
“I-Io, n-non c’è la mu-sica. E-e.. oh, al diavolo.” – gli fece un inchino e afferrò la sua mano, lasciando che il riccio lo avvicinasse al suo corpo, facendolo aderire saldamente, stringendolo per i fianchi al suo petto.
Harry si schiarì la voce, e iniziò ad imitare la musica suonata dai musici durante le danze suonate alla festa di Louis, e il castano restò sorpreso che la voce di quel ragazzo riuscisse a prendere quelle note e a riprodurle quasi perfettamente. Presero a danzare come due invitati ad un ricevimento, fregandosene di tutto e di tutti, e insieme, in quella stanza che ormai sapeva troppo di loro, festeggiando insieme il ventesimo compleanno di Louis.
“Questo è per te!” – fece Harry felice come una pasqua vedendo il sorriso costante di Louis, porgendogli il pacchetto mal impacchettato –“è il mio regalo per te, l’ho impacchettato io.”
Louis felice lo scartò e ne estrasse un piccolo ciondolo di legno, fatto a mano, e leggermente informe, ma adorabile. –“è il mio cuore, ed è tuo.” – fece Harry con un sorriso spontaneo sulle labbra.
Louis quasi pianse di gioia, capendo cosa significasse quel ciondolo in quel momento.
Era Harry che gli regalava spontaneamente il suo cuore, sigillando il loro amore.
Quello fu uno degli ultimi momenti felici, uno degli ultimi momenti in cui la rosa del loro amore risplendeva ancora.
 
 
Un altro mese era passato. Dodici mesi durante i quali la vita del giovane Louis Tomlinson aveva subito un cambiamento radicale. Da viziato conte che non trovava il suo spazio, che non sapeva se continuare a vivere in quel baratro buio in cui era caduto, o cambiare qualcosa, era diventato buono, altruista e soprattutto aveva imparato ad amare. Per destare i sospetti su di lui ed Harry aveva iniziato a trattare bene tutti i servitori e le guardie, aveva iniziato a sorridere a tutti, e a essere meno impulsivo nelle risposte. Tutti erano felici di questo, tranne il conte Tomlinson. Lui non accettava che il figlio sorridesse alla servitù, non era buona educazione. Non accettava che si sellasse il cavallo da solo, dovevano essere gli altri a farlo per lui. Doveva scoprire cosa fosse capitato al figlio e doveva scoprirlo presto. Se c’entrava in qualche modo Styles, sapeva già che fine avrebbe fatto il giovane.
Aveva iniziato a sorvegliare ristrettamente il ragazzo, e i due ragazzi se ne erano accorti, per questo limitavano le effusioni e avevano preso a non vedersi più di notte nella camera di Louis, ma Harry fingeva di tornare nelle stanze dei servitori, e dopo che l’orologio rintoccava la mezzanotte, il più grande usciva di soppiatto e andava da lui, un paio di baci e via, di nuovo ancora da soli.
Louis provava freddo di notte, come mai l’aveva provato in vita sua, senza le braccia di Harry a proteggerlo, si sentiva povero, come se avesse perso il tesoro più prezioso di tutta la sua intera esistenza. Si sentiva solo come non mai.
Era una mattina, le guardie erano in giro per il paese per riscuotere le tasse, e i due amanti erano nella camera del più grande. Louis aveva finto di essere malato, pur di non andare ad una festa nella contea vicina, che si sarebbe tenuta quella sera con suo padre, e si guardavano sospirando.
“Mi manchi così tanto, Harry..” – fece accarezzandogli la guancia, avvicinando i loro visi. Erano entrambi stanchi di quella situazione, entrambi non sopportavano più non potersi toccare, baciare, abbracciare, nemmeno toccarsi.
“Anche tu mi manchi, Louis” – sorrise triste, appoggiando la guancia contro la mano del più grande, guardandolo negli occhi. Era così tanto che non riceveva un contatto con lui, che si accontentava anche di una semplice carezza.
“Vorrei così tanto amarti alla luce del sole, amore mio, ma non possiamo, dobbiamo nasconderci, e.. mi sento così maledettamente in colpa per quello che ti sto infliggendo, non meriti di soffrire per colpa mia e-e..” – iniziò balbettando Louis, ma Harry lo fermò prima che le lacrime aumentassero, prima che potesse singhiozzare. Lo fece appoggiare contro il suo petto, e lo strinse forte, cullandolo.
“Louis, ehi, non piangere” – infilò il naso nei suoi capelli, respirando il suo profumo, inebriandosi di quello. –“dobbiamo essere forti. Lo sai meglio di me che siamo nati per amarci, e non per nasconderci, no? Prima o poi riusciremo a farcela. Io ti amo, davvero.” – fece il riccio, accarezzando lentamente la schiena dell’altro, facendogli capire che nonostante tutto lui c’era, non se ne andava, lui restava.
“Voglio fare l’amore con te, Harry, non ce la faccio più, ti voglio, ti voglio così tanto che sento di esplodere, vorrei urlare tutto a tutti, ma non posso, non posso..” – singhiozzò ancora, reprimendoli contro il torace del compagno, che accarezzandolo e abbracciandolo, pian piano lo faceva calmare.
“Louis, ehi, calmo, calmati, va tutto bene, sono ancora qui con te, sono tuo, Louis.” – fece posandogli un bacio dolce sul collo.
“No, sono un essere orribile, sono.. sono.. non ti merito, i-io..” – iniziò, ma non finì la frase, non voleva ammetterlo, dirglielo, non voleva spezzargli il cuore con quella notizia. Non voleva, né poteva. Non a lui che gli aveva fatto tanto bene, gli aveva donato tanto amore.
“Tu, Louis?”
Alzò lo sguardo dal suo petto.
Quello era il momento, doveva. Non poteva illuderlo. Non poteva ancora vivere nella menzogna.
Lo sapeva da un mese ormai, ma no, non poteva.
Non voleva illuderlo, ma non riusciva a dirglielo.
Combatteva ogni giorno quella battaglia contro se stesso. E alla fine lui perdeva, cedeva alle braccia del più piccolo, e non concludeva nulla.
“Niente, io ti amo più della mia stessa vita, ricordalo, Harry, per favore.”
“Lo ricorderò sempre.” – sorrise suggellando le loro labbra in un bacio pieno di dolore, di disperazione, di nostalgia, di amore e dolcezza. Un mix che simboleggiava la loro forza, ma anche la loro debolezza.
Il loro amore era un ossimoro, poteva accorgersene chiunque avesse un cuore aperto all’amore.
Povertà contro ricchezza.
Servitù contro nobiltà.
Verità contro menzogna.
 
 
Accadde tutto in fretta.
Troppo in fretta.
I due ragazzi erano finalmente liberi, nel senso lato della cosa. Il padre aveva diminuito i controlli, accortosi che Harry non fosse una minaccia, ma quando due giovani erano così innamorati, presi l’uno dall’altro, quando due ragazzi erano così innamorati, come si poteva vietare loro l’amore? Come si poteva impedire loro di cercarsi anche solo con uno sguardo? Come si poteva privare loro dei loro momenti di intimità? Come potevano essere così crudeli?
Un giorno, i due giovani rientravano da una cavalcata che il giovane Louis aveva voluto fare, nonostante fosse inverno inoltrato, stretti mano nella mano, tutti poterono vederli, ma non fu quello a sconvolgere tutti. Fu il bacio che si scambiarono poco fuori dalla cittadina, che tutti poterono vedere, ammirare. Uno scambio di anime, uno scambio di corpi, uno scambio d’amore che tutti interpretarono come il demonio, come una cosa contro natura, come il male in persona. Donne iniziarono ad urlare, nemmeno ci fosse la guerra alle porte, la gente copriva gli occhi dei bambini, perché non potevano le creature candide vedere certe scelleratezze, le persone erano inorridite, e le guardie sopraggiunsero in pochi istanti. Immediatamente i due, persi in un mondo tutto loro, in un mondo pieno di gioia, in un mondo in cui potevano essere solo se stessi e liberi, furono brutalmente separati. Ed entrambi si resero conto di cosa fosse successo.
Harry guardò terrorizzato verso Louis, sbiancando come se tutto quello che avevano costruito fino a quel momento fosse crollato come un mucchietto di ossa al vento, mentre Louis lanciò un’occhiata piena di dispiacere ad Harry, chiedendogli scusa con quello, perché, dannazione, era colpa sua se erano stati beccati a baciarsi, era colpa sua se ora rischiava. Doveva fare qualcosa, immediatamente.
Entrambi furono scortati al casato, e portati al cospetto del conte Tomlinson, che una volta appresa la situazione, guardò deluso il figlio.
“Louis, mi avevi detto che non c’era niente tra voi due, come mai siete stati visti fare, certe cose in pubblico, ma non vi vergognate?!” – tuonò adirato.
Louis non si smosse per nulla, mentre Harry rabbrividì.
“Padre, calmatevi, posso spiegare tutto” – fece sicuro mettendo su un ghigno degno di un delinquente professionista abituato a mentire.
L’uomo gli fece un cenno con la mano, incitandolo ad andare avanti.
“Vedete, padre, avevo solo voglia di provare qualcosa di diverso, lo sapete, no? Per svagarmi un po’ prima del matrimonio”  - Harry impallidì sentendo le parole di Louis –“insomma, come potrei avere una relazione con un ragazzo, per di più un servo!” – e rise, rise come Harry non lo aveva mai sentito ridere, e sentiva qualcosa rompersi nel suo petto –“andiamo, non sarebbe da me, mi conoscete!” – sorrise malefico –“è solo un servo, volevo solo provare qualcosa di diverso, dico davvero. So perfettamente che tra una settimana esatta dovrò chiedere alla contessa Eleanor Calder di sposarmi, e la settimana dopo sposarla, lui era solo un divertimento.”
Il padre sembrò rassicurarsi, e annuì ammorbidendo di nuovo l’espressione.
“D’accordo, d’accordo. Sei giovane, in fondo, lo sono stato anche io” – sorrise –“va bene, figliolo, però non fare più certe cose. Insomma, non fa bene all’immagine della contea, va bene?”
Louis annuì sorridendo ancora in quel modo che ad Harry faceva venire i brividi, non lo riconosceva nemmeno più, voleva solo sparire, essere risucchiato dal marmo, voleva solo non vedere più quell’immagine del ragazzo che amava, non voleva più sentire la sua risata così cattiva, quello sguardo così profondo, ma sprezzante, sentiva un groppo in gola, e voleva piangere.
“Certo, padre, non accadrà più nulla di sconveniente.”
“Mi fido di te, figliolo, ovviamente non posso tenere più qui il tuo servitore, ma ne prenderò un altro al più presto. Harry, tu prepara le tue cose, entro domani mattina lascerai la contea.”
Harry abbassò lo sguardo, in segno di rispetto, rassegnazione e tristezza.
“Come volete, padrone” – disse con la voce rotta. Cosa si aspettava che Louis lo difendesse? Che cercasse di tenerlo accanto?
Non gli aveva detto nemmeno che doveva sposarsi.
“Posso congedarmi e andare? Lascerò la contea al più presto.”
“Certamente, andate entrambi” – acconsentì. I due giovani si diressero fuori, Harry tirò la porta, facendo uscire prima Louis, e poi lo seguì chiudendosi la porta alle spalle. Non si soffermò a parlare con il più grande, corse direttamente nelle stanze dei servitori, raccattando le poche cose che gli appartenevano.
Voleva solo andare via da lì, voleva solo sparire. Non voleva più vedere Louis Tomlinson, non voleva più avere a che fare con quella contea, con quelle persone, con nessuno. Non sapeva dove sarebbe andato, non sapeva che lavoro avrebbe fatto ora, ma tutto sarebbe stato meglio di rimanere lì, dov’era stato illuso, maltrattato, usato. Dov’era stato solo il gioco preferito del giovane Louis, dove si era innamorato.
Era stato troppo bello per essere vero che un nobile lo amasse, che un nobile lo avesse trattato bene. Dannazione, era stato a letto con lui, avevano diviso il letto, avevano fatto il bagno insieme, Louis gli aveva preparato il bagno.. lanciò a terra tutto, lasciandosi scivolare contro il muro, e rannicchiandosi su se stesso, e iniziando a piangere. Non poteva davvero soffrire per uno come Louis.
Uno perfetto, bellissimo, dolcissimo, ma cattivo come Louis.
“Non è giusto, non è giusto” – singhiozzò contro le sue ginocchia, stringendo le braccia intorno ad esse, sperando di sprofondare nella terra sporca, sperando che Louis arrivasse e lo proteggesse da tutto quel dolore, perché l’unico che poteva proteggerlo era lo stesso che gli aveva inflitto quel grande dolore.
“Non ho mai avuto niente nella mia vita, mai, e l’unica cosa bella che avevo mi è stata portata via così, non è giusto, non è giusto” – continuò con i singhiozzi, senza sapere che qualcuno poco distante da lui lo ascoltava. Passarono solo pochi istanti, un paio di braccia forti lo avvolsero completamente, e sentì qualcosa di caldo e accogliente sotto la guancia. Le sue lacrime furono raccolte da una camicia bianca, la solita camicia bianca pregiata che lui conosceva benissimo, cercò di dimenarsi da quella presa, cercò di liberarsi, ma più si muoveva, più lui lo teneva stretto.
“Calmati, calmati, Harry, va tutto bene, calmati” – gli sussurrò –“ti prego, andrà tutto bene, non piangere, mi dispiace, non le pensavo davvero quelle cose, calmati ora.” – cercò di rassicurarlo –“ti prego, Harry, non fare così” – sussurrò ancora, stringendolo tra le braccia.
“No, lasciami in pace, l’ho visto nei tuoi occhi, eri sincero, maledettamente sincero! Ti sei divertito, vero?” – non seppe quale forza lo spinse a liberarsi della presa di Louis, ad alzarsi da terra, e guardare il ragazzo con disprezzo, come non l’aveva mai guardato prima.
“Harry, ti prego, lo sai che ti amo, dentro di te lo sai. Ti prego, calmati, non roviniamo tutto così, per favore..”- lo supplicò, cercando di puntare i suoi occhi in quelli del riccio, che però gli sfuggivano sempre, e non riusciva a capire come fossero in quel momento, probabilmente scuri. Sapeva che quando il riccio soffriva diventavano scuri. Sospirò tirandosi su, cercando di afferrarlo per le spalle, per guardarlo, e supplicarlo di perdonarlo per quello che era stato costretto a dire.
“Se mi avessi amato, mi avresti detto che ti dovevi sposare. Avresti cercato almeno di farmi restare qui, no? Invece no! Sei stato un bastardo!” – urlò, subito dopo se ne pentì, ricordando che quello non fosse più il suo Louis, ma una brutta copia, un ragazzo che gli somigliava, ma che non era davvero lui. Quello sguardo, quella voce, quelle parole gli avevano fatto più male di mille coltellate.
“Mio signore, scusate, andrò via subito” – fece rassegnato abbassando la testa, lasciandosi scappare altre mille lacrime, che non avrebbe voluto versare davanti a Louis, non davanti a lui.
“Credevo fossimo nati per amarci, a quanto pare mi sbagliavo. Siamo diversi, saremo sempre diversi. Non potremo mai somigliarci, nemmeno se voi fingete che io sia il vostro amore.” – raccattò di nuovo le sue cose, ficcandole dentro ad un piccolo lenzuolo tenendolo per i quattro lembi a mo’ di sacco, in modo da poter infilare dentro i suoi averi. –“è stato meraviglioso, dico davvero, quanto di più bello sia capitato nella mia vita, ma era ovvio che fosse solo finzione, menzogna.” – fece un sorriso triste –“e anche se sono deluso, io..” – si abbassò verso di lui –“non mi pento di niente, Louis, non lo faccio. Ti-Vi ho amato davvero. Con ogni fibra del mio corpo, con ogni battito del mio cuore, con ogni piccolo gesto che facevo. Io vi ho amato, Louis, e non si può mentire a se stessi, no?” – scosse la testa, sorridendo ancora in modo triste –“addio, siate felice, lo meritate” – un ultimo bacio, l’ultimo che si scambiarono. Un semplice sfioramento di labbra, un bacio a stampo, casto, delicato come le ali delle farfalle, leggero come una piuma, lacerato come il loro cuore in quel momento.
Louis assorbì tutte le parole di Harry, e prima che il riccio si dileguasse, senza fare mai più ritorno, perché sapeva che quella fosse l’ultima volta in cui si sarebbero visti in tutta la loro vita, gli afferrò un polso, nell’atto estremo e disperato di trattenerlo, e approfondì quel bacio, cercando di trasmettere tutta la sua sofferenza al ragazzo, cercando di far capire che soffrisse tantissimo anche lui, che non fosse l’unico a morire dentro in quel momento, che si era sentito male a dover dire quelle cose, non sperava che il riccio gli credesse, ma lo sentì rispondere al bacio. Un bacio pieno di passato amore, presente sofferenza, e futuro atroce dolore. Harry lasciò cadere il lenzuolo piegato a sacco, e allungò le braccia intorno al collo di Louis, infilando le mani nei suoi capelli morbidi e baciandolo con tutto l’amore che aveva dentro di sé.
“Ti prego, resta, sii il mio amante, non posso fare a meno di te, ti prego, Harry, ti nasconderò nelle mie stanze, ti prego, non lasciarmi, avevi giurato, avevi giurato di non lasciarmi mai, ti sto supplicando, Harry..” – mormorò contro le sue labbra, quasi in lacrime. Non voleva rinunciare a lui, non voleva che il riccio stesse male, non voleva stare male, non voleva che andasse via. Lo voleva al suo fianco, voleva solo provare ancora la felicità che aveva provato in quell’anno con il riccio, voleva assolutamente continuare a stare con lui, non voleva rinunciare all’amore. –“ti prego, ti amo, ti amo, ti amo” – sussurrò ancora, baciando ripetutamente le sue labbra, nell’atto di farlo restare, di convincerlo.
“Scappa con me.” – fece Harry, cedendo all’amore, credendo alle sue parole –“se mi ami davvero, scappa con me.” – ripeté –“abbandona tutto, vieni via con me. Andremo nel mio paese d’origine, lontano da qui, o in qualsiasi altro luogo tu voglia, visiteremo il mondo, ricordi? Abbiamo bisogno solo del nostro amore per andare avanti. Se siamo davvero nati per amarci, vieni via con me.”
“Non posso, i-io non posso, ho dei doveri..” – mormorò Louis –“resta qui”
“Se restiamo non abbiamo futuro. Decidi, Louis, vuoi me o la tua nobiltà?”
Il castano restò in silenzio. Harry attese una risposta, e comprese che non avrebbe mai abbandonato la sua vita da nobile per lui, per uno stupido servo. Rise ironico staccandosi da lui, e afferrando di nuovo il suo sacco, gli rivolse un’occhiata scura, delusa, ferita.
“Addio, Louis, siate felice.”
E scomparve dietro la porta, lasciandosi dietro un Louis deluso da se stesso per non essere riuscito a trattenere la cosa più bella della sua vita, triste per averlo perso, arrabbiato con se stesso.
“Resta, amore mio, resta..” – singhiozzò cadendo per terra sulle sue ginocchia, senza avere la forza di rialzarsi da lì. Restò lì in lacrime, mentre Harry andava via, lasciandolo solo nella sua solitudine, nel suo sconforto, con solo mille ricordi che facevano male, che lo uccidevano.
Louis aveva perso tutto, a causa sua.
La rosa rossa del loro amore era appassita, senza che nessuno dei due se ne fosse accorto, senza che nessuno lo volesse. Questa era appena morta.

 

*

 
Una lacrima gli scappa dal viso, al ricordo della fine della loro storia, ma con un gesto veloce la scaccia via. Lui ha scelto la nobiltà, lui ha scelto una vita infelice, è colpa sua se ora soffre, se ora Harry è triste. E’ colpa sua e lo sa. Sa tutto, si prende le sue responsabilità, ma rimpiange la sua scelta.
Davvero credeva di poter essere felice lontano da Harry?
Davvero credeva che sarebbe stato facile dimenticare l’amore?
O è maledettamente stupido, o è solamente un codardo.
Ed entrambe sono plausibili. Come può sposare una donna? Una che non ha le fossette e gli occhi che cambiano colore di Harry? Come può sposare qualcuno che non è Harry? Come può lasciare la cosa più bella della sua intera, dannata esistenza ed essere infelice?
Come può non lottare per la felicità?
A volte, fare la scelta giusta e difficile, e si tende a seguire la via più facile, quella con meno problemi e più sofferenza. Cancellare l’amore, abbatterlo definitivamente. Si può?
Louis non è convinto. Non riesce nemmeno a pensare di dover passare una vita infelice, lontano da lui.
Come può solo lontanamente immaginare che esista qualcosa di migliore del suo Harry?
Come ha fatto ad essere così stupido?
Come ha fatto a credere che la nobiltà fosse la scelta migliore?
Come può solo pensare di stare lontano da lui?
Come può.. sposarla?
Scuote la testa, ormai ha fatto la sua scelta, deve farlo. Ormai non può tornare indietro.
Che figura ci farà la contea?
Che figura ci farà suo padre?
Come reagiranno gli altri?
No, non può. Harry rimarrà sempre il miglior ricordo della sua vita, il più bello, il più felice, forse anche quello più triste, ma ormai ha deciso. Lui è andato via, ha deciso di andare. Lo ha supplicato di restare, ma lui è andato via.
Chi è ora che non ha amato davvero?
Davvero, Louis, davvero, è stato lui a non amarti con tutto se stesso?
Tossisce, si schiarisce la voce, e si alza in piedi. Sono tutti riuniti lì, e aspettano solo che lui parli, che dica tutto, che si esprima, che chieda la mano della contessa.
“Padre, madre” – inizia chinando il capo –“e voi tutti, conti, marchesi e nobili, ho un annuncio importante da fare” – sorride fintamente, senza gioia, senza amore. –“io, Louis William Tomlinson” – deglutisce. Non riesce. Tutti pendono dalle sue orecchie, tutti vogliono sentire quelle parole importanti –“vorrei chiedere alla qui presente contessa Ha-” – tossisce, sta sbagliando le parole, ha sbagliato nome –“Eleanor, Eleanor Jane Sty-” – e si blocca ancora. quel dannato nome non lo lascia non lo abbandona –“Calder, ovviamente è Calder” – borbotta –“di diventare..” – e si blocca ancora, non ci riesce, non vuole, non può.
Siamo nati per amarci, non per nasconderci.
Amarci. Non nasconderci.
Amare, non nascondere.
Ama, Louis, amami, non nascondermi.
Ama.
Scuote la testa, non può, non vuole. Lui è suo. Deve ritrovarlo.
“No, io non posso” – sospira rassegnato –“non posso, chiedo scusa a tutti voi, io non posso sposare la contessa Calder, non posso, non posso fare questo ad una persona.” – confessa.
I genitori lo guardano sconvolti, i commensali sgranano gli occhi, la contessa Calder si fa rossa di vergogna.
“Io sono innamorato di una persona che non è qui.” – appoggia entrambe le mani sul tavolo –“non posso distruggerlo così, non posso.” – proferisce serio. Si alza da tavola e si allontana da tutti.
“Louis Troy Austin William Tomlinson” – tuona il padre –“tu non ti muovi da qua, chiedi alla contessa Calder di sposarti, altrimenti l’eredità passerà a una delle tue sorelle.”
“Non mi interessa, anzi, molto meglio, spero che loro imparino il significato dell’amore, prima che sia tardi.” – parla come se fosse stato rapito da qualche essere sovrannaturale, nessuno lo riconosce.
Perché è cambiato così?
Tutti lo guardano senza dire nulla, inorriditi.
Come si può rinunciare a tutto (potere, nobiltà, denaro), per una cosa sciocca come l’amore?
Come fa quel ragazzo ad alzarsi in quel modo, e mancare di rispetto a tutti i presenti?
E’ inconcepibile.
Louis avanza ancora, uscendo quasi dalla porta principale del salone. Le guardie sono lì davanti, sa che non può uscire senza permesso, sa che è impossibile che qualcuno lì dentro capisca, ma sa che deve andare via, deve raggiungere Harry ovunque egli sia, deve farlo per il suo bene, quello del riccio e del loro amore.
Il loro sentimento è la cosa più forte che abbia mai provato sulla sua pelle, non vuole lasciarlo andare facilmente. Non ora che ha capito, a distanza di qualche settimana, che non può stare senza Harry. Si sente vuoto, perso, spaesato.
Vuole solo trovarlo e abbracciarlo, sentendosi di nuovo bene, felice e completo.
“Louis, se esci da quella porta, ricordati di non tornare mai più, nemmeno nella contea. Ci hai disonorati tutti. Non meriti più di essere considerato mio figlio. Se te ne vai, sparisci per sempre.”
“Sarà fatto.” – dice solo. Il padre con un gesto, consente alle guardie di far uscire il figlio da lì, segnando così la divisione del ragazzo dai suoi familiari.
Louis non sente dolore. Si sente solo finalmente libero, finalmente può respirare, finalmente sa di aver preso la decisione giusta, anche se è stata la più difficile, la peggiore, ma anche migliore mai presa.
Esce dal salone, e poi dal casato.
Respira a pieni polmoni l’aria che lo circonda.
Si sente bene, libero, ora deve solo sentirsi felice e completo. Deve raggiungere Harry, ma realizza solo in quel momento che non sa dove egli abitasse prima di giungere nella contea. Non sa nulla, ora sente una sorta di sconforto, che però non lo rende triste, ma più motivato. Scava nella mente, di sicuro il riccio gli ha parlato di dove viveva quando era un infante, sa che da qualche parte nella sua memoria c’è quel racconto. Deve solo essere bravo e ricordare come gli ha riferito.
Nel posto dove vivevo c’erano dei grandi campi di grano, era su una collina! Portavo sempre le mucche al pascolo, perché vivevamo solo di quello, e allora io le portavo nel prati lontani, perché c’erano i prati, e poi tanti fiori, un mare di fiori, belli come te, Louis! – risata– e poi – balbettii, frasi sconnesse– un fiume, un grande fiume dove facevo sempre il bagno con mia sorella. Ed era pieno di pesci! A volte li abbiamo pescati e portati alla mamma! Lei li cuoceva sul fuoco – altre risate– era un  bel posto dove vivere, solo che eravamo poveri, allora.. mia sorella è rimasta lì, si era sposata. Ma mia madre ed io siamo venuti qui alla ricerca di lavoro.
Sorride ancora, ricordando la voce di Harry, profonda e roca, ma divertita ed eccitata come quella di un bambino che inizia a scoprire il mondo, e Louis non può far altro che sorridere e tentare di capire in che luogo dell’Inghilterra esista un luogo del genere. Ci pensa, e ripensa, ma non sa. Non è mai stato una cima in quel campo. E non sa cosa pensare. Si da dello stupido per non essersi mai applicato più del dovuto. Poi ricorda. Nella biblioteca c’è un libro che in ogni pagina raffigura tutta la Gran Bretagna, e lui sa che deve rientrare nel casato, e sa anche come fare. Sicuramente alle cuoche non è ancora arrivata la notizia del suo rifiuto al titolo di nobile, non possono dirgli niente né impedirgli di entrare dalle cucine, per questo si dirige all’entrata delle cucine, ma non trova nessuno. Sorride, contento di non dover dare spiegazioni, e sgattaiola dentro. Percorre le cucine e entra nelle stanze dei servi. E’ il modo migliore per non dare nell’occhio e arrivare alla biblioteca per quel dannato libro, percorre con circospezione tutte le stanze che lo separano dalla grande sala colma di libri e si addentra dentro. Seppur non sia mai stato un buon lettore, gli è sempre piaciuta quella sala, è colma di libri.
Cerca in tutti gli scaffali, su tutte le mensole e poi lo trova. Lo prende e lo porta al grande tavolo di legno posto al centro della sala e si siede iniziando a sfogliare quelle pagine in cui sono descritti, se non tutti, la maggior parte dei paesini e paesaggi inglesi del periodo.
Sfoglia delicatamente tutte le pagine, cercando in quelle un luogo che somigli vagamente alla descrizione fatta da Harry, perché lui vuole trovarlo, deve trovarlo, sa che è lì, e quel posto è rappresentato in quel libro. Deve solo avere la pazienza di trovarlo. 
Dopo ore di lavoro, di ricerca, finalmente trova un posto somigliante, un paesino molto lontano dalla contea, il nome è Holmes Chapel. Sorride spontaneamente, chiude il libro si alza in fretta, corre lontano da quella sala, ripercorre tutte le stanze dei servi, in quelle ancora l’ombra di un amore morto che deve rinascere. Prende dalla cucina qualche provvista per il viaggio e la sua borraccia, perché sa che è molto lontano.
Con quel nome nella testa, esce dal casato, stranamente senza farsi vedere, raggiunge le stalle, velocemente sella il suo cavallo e rapidamente corre via nella notte.
Esce dalla contea quando è già notte inoltrata, e non conosce la strada da percorrere, ma sa che deve percorrerla. Deve arrivare in quel paesino, deve ritrovarlo. Non può permettersi di non andare, né di restare lì, non dopo l’affronto compiuto. Sa che deve muoversi, perché Harry potrebbe andare via da dov’è, che potrebbe decidere di viaggiare, perché dannazione, lui sa che Harry ama viaggiare e quindi si mette in viaggio sul suo cavallo.
Attraversa tanti paesini, in ognuno chiedendo indicazioni sul paesino che deve trovare, in ognuno nessuno l’ha mai sentito nominare, in ognuno si scoraggia sempre un po’ di più.
Viaggia quattro giorni e tre notti prima di trovare, finalmente qualcuno che conosce quel paesino.
E’ un uomo anziano, che parla di quel luogo con una strana luce negli occhi, magari vi ha abitato.
L’uomo lo aiuta, gli da qualche provvista, perché le sue sono esaurite e gli riempie di nuovo la borraccia, ha almeno tre giorni di cammino da quel paese all’altro, e Louis ringrazia.
Non ha mai avuto questi problemi durante un viaggio, ma gli piace. Adora questa nuova vita. Cede i suoi abiti da cerimonia come ringraziamento, l’uomo non sa che farsene, ma capisce che Louis non ha denaro, e li accetta, dandogli dei comuni abiti del figlio ormai partito per cercare fortuna.
Louis si ferma per la notte, l’uomo l’ha invitato perché non è prudente viaggiare di notte, e Louis ormai è stanco, sono tre notti che non dorme e decide di accettare.
“Quindi, eri un conte? Davvero?” – chiede l’uomo mentre sono seduti intorno ad una piccola tavola, intenti a consumare una misera cena.
“Sì, lo ero, prima di dire di no davanti a tutti, anche davanti alla famiglia reale che non avrei chiesto alla contessa Calder di sposarmi perché sono innamorato di..” – tossisce, non vuole che qualcun altro lo consideri il demonio –“un’altra persona” – conclude con un sorriso.
“Oh, giovanotto sei stato molto coraggioso, o molto stupido” – e scoppia in una risata divertita, dando una pacca sulla spalla al ragazzo.
“O molto innamorato” – borbotta Louis, sorridendo.
“Dev’essere una persona speciale, se hai rinunciato a tutto questo per lei. E dimmi, com’è?”
Louis sorride, chiudendo gli occhi, riportando davanti a sé l’immagine di Harry.
“Ha gli occhi verdi, ma è un verde particolare, quasi.. verde prato e smeraldo insieme, oh sono gli smeraldi più belli e preziosi che abbia mai visto.. e cambiano colore, quando è triste sono scuri, quasi grigi, quando è felice invece sono di un verde così chiaro che va anche nell’azzurro.. ha i capelli ricci e scuri, sono morbidissimi, e profumati, un angelo.” - l’uomo sorride. Prima d’ora, non aveva mai visto un ragazzo così innamorato al punto da rinunciare a tutto –“ma sono stato uno stolto, l’ho fatto andare via, ho fatto una decisione sbagliata, ma voglio rimediare, davvero.” – confessa, torturandosi le mani con l’aria mesta e afflitta, che ha sostituito il suo sorriso.
“Allora devi solo raggiungerla. Forza, riposa, domani ti metterai in viaggio molto presto.” – sorride dolcemente, invitando il ragazzo a distendersi su un piccolo giaciglio. Il ragazzo ringrazia, sorridendo e si distende, non è di certo il letto della sua stanza, ma almeno è al caldo, accanto ad un focolare e non al freddo fuori.
Sospira, e chiude gli occhi. E’ più che determinato a cercare Harry, deve trovarlo, vuole abbracciarlo, stringerlo, sentirlo suo ancora e ancora, per tutta la vita.
Con quei pensieri, il sorriso sulle labbra si addormenta, sognando quei due occhi verdi, quei capelli ricci, quel viso d’angelo, quel meraviglioso ragazzo, che l’ha spinto ad andare contro suo padre, contro tutti. Deve ritrovarlo, deve stringerlo tra le braccia, deve, certo, ma non può ancora. Non prima di essersi fatto perdonare, ovviamente. Vuole rimediare a tutte le parole dette, vuole rimediare al cuore spezzato. Ha ammesso le sue colpe, ha rinunciato a tutto, eppure è così insicuro, ha paura che Harry lo mandi via, che tutto ciò che ha fatto sia stato inutile, che Harry non lo voglia più nella sua vita. Ma cerca di non pensarci, spera che tutto vada a buon fine, che finalmente possa tenerlo tra le braccia, di nuovo. Dorme, fa bei sogni, e l’ansia lo abbandona, sorride dormendo e non vede l’ora che i tre giorni di viaggio passino, per ritrovarlo. Non sa nemmeno se è il posto giusto, ma spera lo sia, perché altrimenti non saprebbe più come fare.
 
La mattina dopo si prepara alla partenza. Saluta l’uomo, e salta sul cavallo.
Sorride guardando il cielo. Il sole splende e lui sorride. Non c’è niente che vada male, non quella mattina.
Il suo viaggio ha inizio, sprona il cavallo, e parte.
Passano i tre giorni di viaggio, ha seguito la mappa che il buon uomo gli ha dato, e finalmente, stanco e provato, giunge nel piccolo paesino. Spera con tutto il cuore che sia quello che il luogo giusto. Appena arrivato, smonta da cavallo, e afferrando una delle redini, si addentra nel paesino. E’ come gli ha detto Harry, su una collina, pieno di campi di grano e pascoli, e un fiume alle pendici della collina. Sorride. E’ un piccolo angolo di paradiso secondo lui, peccato vi sia la povertà. Peccato che sia in inverno e non possa ammirare i fiori. Chiude gli occhi, e come Harry gli ha insegnato immagina, e rivede i paesaggi del libro. E’ sicuro di essere nel luogo giusto, ma non sa se vi troverà Harry.
Ora che ci pensa, non sa nemmeno come trovarlo, non sa quale fosse la sua casa. Non gli resta che sperare in un colpo di fortuna, che possa fargli incontrare qualcuno che lo conosca o almeno che sappia indicargli casa sua.
Sospira, rendendosi conto che quello è stato un viaggio inutile, che ha solo il fine di fallire, perché non conosce praticamente niente della vita precedente del ragazzo.
Ha freddo, sono tre giorni che non si scalda a parte per dei piccoli fuocherelli accesi manualmente – è Harry che gli ha insegnato a farlo, e lo ringrazia mentalmente – e non ce la fa più. E’ solo, perso in un paese che non conosce, infreddolito, e stanco. Non sa che fare, un po’ si pente di non essere restato a casa sua, ma a lui non importa, è lì per Harry. Sfinito, si accascia sulle ginocchia, e sviene senza preavvisi.
 
Non sa quanto tempo è passato. Sa solo che quando apre gli occhi, si trova in una stanza nella quale c’è un focolare, acceso, e sente di nuovo gli arti caldi. Si guarda intorno, spaesato.
Non sa dove si trova, sa solo che è svenuto poco dopo essere entrato nella città.
Sente delle voci, ma non ha il coraggio, né la forza di alzarsi da quel giaciglio. Però, sorride. Delle persone lo hanno aiutato nonostante non sappiano che prima fosse un nobile, e pensa di doverle ringraziare, magari quando avrà le forze. Sente dei passi e si chiede se sia il caso di alzarsi o fingere di dormire ancora. E’ indeciso.
Poi opta per restare a letto. Quella coperta è davvero calda, e non si sogna nemmeno di provare ancora il freddo pungente di prima.
Qualcuno si avvicina a lui, è una donna. Ha i tratti del viso dolci e in braccio ha una bambina. Gli sorride cordiale, prima di salutarlo.
“Oh finalmente ti sei ripreso! Ero in pena, ti ho trovato ed eri quasi morto per il freddo, ti senti meglio?” – parla velocemente in un modo che lui ha già sentito, gli ricorda il modo di parlare di Harry, solo che la voce è femminile e meno roca. Sospira. E’ davvero un caso perso.
“Sto.. bene, credo, grazie mille, io sono Louis” – si presenta, senza specificare il cognome, sorridendo alla donna gentile, dai lunghi capelli mori e, può giurarci, ha gli stessi occhi di Harry, verde smeraldo.
“Io sono Gemma” – sorride –“sei arrivato qui da lontano?” – chiede con una punta di preoccupazione nella voce.
Louis annuisce, senza aggiungere il suo luogo di provenienza.
“Sì, cerco una persona a dire la verità”
“Oh posso aiutarti, se vuoi, conosco tutti qui in paese!” – un barlume di speranza nel buio dello sconforto. Qualcuno che sa, qualcuno che conosce.
“C-Cerco Harry, Harry Styles” – si morde labbra nervoso, non sa se sia stata una buona idea smascherarsi subito, ma la voglia di sapere, la voglia di rivederlo sono più forti di lui.
“Harry Styles?” – ride –“è mio fratello, è al mercato ora, se aspetti un po’ tra poco ritorna”
Louis sgrana gli occhi. Non ci crede. Lo ha trovato, ha avuto un colpo di fortuna.
Si lascia andare in un sorriso spontaneo e la guarda, con esso ringraziandola.
“Sei un suo amico?” – chiede curiosa la donna.
“Una specie, insomma, lavorava per me, ma poi..”
Lei si blocca, e lo guarda.
“Sei quel Louis? Louis Tomlinson?” – chiede immediatamente, quasi come se le abbiano dato una pugnalata. Louis sbianca, e annuisce.
“Non ci credo, il conte! Sei il conte di cui mio fratello è innamorato? Quello per cui soffre?” – chiede adirata.
Il ragazzo abbassa la testa, mortificato. Sa che lei ha ragione, è consapevole di tutto, ma è per quello che è andato lì, per farsi perdonare, per recuperare tutto.
“Sì, sì, sono io. E’ tutta colpa mia, me ne prendo le responsabilità, davvero. Ma sono qui, sono andato via, ho rinunciato a tutto per lui, lo amo davvero.” – si morde le labbra –“ho detto che non avrei detto alla contessa Calder di diventare mia moglie, che non avrei fatto questo a lui, non potevo.” – sospira –“voglio davvero lui, non riuscivo nemmeno a respirare senza di lui, viaggio da sette giorni, più o meno, non sapevo nemmeno se questo fosse il luogo giusto, sono andato ad intuito ricordando quello che Harry mi ha raccontato.” – prende un respiro –“se non lo amassi davvero, non sarei qui.”
Qualcosa si infrange per terra, un rumore che fa sobbalzare entrambi i ragazzi.
Louis alza lo sguardo verso la porta, e incontra quegli occhi che gli sono mancati come l’ossigeno. Sa che ha sentito tutto, è tipico di Harry ascoltare per non disturbare e interrompere. Gli occhi sono scuri, ma pian piano li vede schiarirsi, segno che è felice che lui sia lì. E come potrebbe non esserlo?
Harry lascia cadere tutto per terra, il cuore gli salta nel petto nel vederlo, e dannazione, batte troppo velocemente. Non ha con sé cose nobiliari, non ha niente.
Ha davvero lasciato tutto per lui?
Per un servo?
E’ scappato?
Corre verso di lui, e gli salta letteralmente al collo, non si aspettava che lui fosse lì, in quel momento. Non si aspettava che Louis venisse da lui, non era nemmeno nei suoi sogni più fantasiosi, e invece si ricrede, deve ricredersi, perché Louis è lì tra le sue braccia, finalmente.
“Mi sei mancato, mi sei mancato tantissimo” – sussurra stretto al suo collo –“troppo, troppo, ho sentito tutto, non devi farti perdonare nulla, ti amo, Louis, come prima, più di prima, come ti amerò sempre.”
Si morde le labbra, sorridendo, baciandogli ogni centimetro di pelle che trova, fino ad arrivare alle labbra, suggellarle alle sue e baciandolo con tutta la passione che dentro di sé cova.
Gli è mancato troppo.
“Anche tu, Harry, anche tu” – sussurra il più grande, stringendolo forte, come desiderava da giorni –“non andrò mai più via, mai, mai più, ti amo”
“Ma.. perché..?” – chiede insicuro –“per me..?”
“Perché, qualcuno mi ha detto, che siamo nati per amarci, non per nasconderci”
Ed Harry da vita ad un nuovo bacio, pieno di amore, passione, nostalgia.
Un bacio di passato dolore, presente amore, futura felicità.
La rosa del loro amore è rifiorita, più forte, brillante e profumata di prima, e probabilmente, loro si ameranno per sempre, perché è questo il loro destino: sono nati per amare, non per nascondere.
 

*

 
Il proverbio era corretto. Il filo aveva unito i due ragazzi, nonostante gli ostacoli, le prove, si erano legati in amicizia ed amore, e alla fine si erano ritrovati, facendo sbocciare il loro amore.
Questa era la storia di Harry Styles, il giovane servo che aveva involontariamente cambiato un nobile viziato, e di Louis Tomlinson, il nobile viziato che aveva cambiato volontariamente stile di vita abbandonando tutto solo per amore. 
E come tutte le favole dicono, entrambi vissero felici e contenti, insieme, felici anche nella povertà.









NO, JIMMY PROTESTED!

Ma salve salvino! 
Come promesso, ecco la conclusione della mia lunghissima shot.
Davvero, spero vi sia piaciuta, perchè ho amato con ogni mia fibra questa storia. Non solo perchè mi sono basata un po' su quello che penso davvero di Haz e Lou, perchè l'amore contrastato ce l'hanno anche nella realtà, ma anche perchè in tutti e due ho lasciato un pezzetto di me, come sempre. E poi è c'è quell'aria di antico che le ho dato ambientandola non proprio ai giorni nostri.
Ebbene. Spero vi sia piaciuta.
Ringrazio tutti coloro che l'hanno letta, preferita, ricordata, seguita e recensita.
E vi ringrazio per l'immenso supporto che mi date.
Ringraziamo anche Harry e Louis per sottoporsi sempre alle mie idiozie e...
Alla prossima pella gente!
*woosh*


Desclaimer: Non guadagno niente da questi scritti, a parte un po' di soddisfazione personale se vengono apprezzati, Harry Styles e Louis Tomlinson non mi appartengono, purtroppo, e nessuna delle loro azioni è stata descritta al fine di offenderli in qualche modo.
   
 
Leggi le 22 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: dreamlikeview