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Autore: Malecsis    13/04/2013    11 recensioni
Frammenti di Malec qui e lì... Alec e Magnus attraverso i libri di Cassie Clare, nei momenti che lei non ci ha mostrato. (Ovviamente, spoilers da tutto ciò che ha scritto Cassandra Clare, scene inedite o cancellate incluse)
Genere: Angst, Erotico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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“Non stare qui mentre mi alleno, Max”

 

“Ma Jace mi lascia guardare quando lo fa!”

 

“Perché è un pezzo d’idiota, sei ancora piccolo”

 

“Lui queste cose non le dice mai”

 

“…Max, aspetta…”

 

“Non mi piace essere insultato!”

 

“Non ti stavo insultando…”

 

“Hai detto che sono piccolo. Non è così, fra due anni papà dice che potrò cominciare ad addestrarmi anche io!”

 

“Hai ragione, scusami. Però per adesso non sei ancora pronto per… armi e rune, e demoni col caratteraccio e l’alito pesante”

 

“Ma quando anche io sarò un cacciatore, potrò venire con te e Jace?”

 

“Certo”

 

“Allora insegnami a tirare con l’arco!”

 

“Fra due anni, di sicuro”

 

“No, non fra due anni… adesso!”

 

“Hai le dita troppo piccole, ti faresti solo male. E poi serve potenziare i muscoli delle braccia… altrimenti come fai a tendere la corda? Guarda che è bella dura”

 

“Davvero? Tu lo fai sembrare così semplice…”

 

“Se ti alleni, lo è. Lo sarà anche per te, vedrai”

 

“Mi aiuterai?”

 

“Ovvio. Quando riceverai le tue prime rune, ti insegnerò a tirare”

 

“…e mi regalerai il tuo arco!”

 

“E ti regalerò il mio arco. Adesso fila, se ti infilzo come un pollo, non ci sarà nessuno a cui insegnare un bel niente”

 

“Izzyyyyy! Jaaaace!! Alec ha detto che mi darà il suo arcooooo!”

 

 

L’acqua bollente continuava a scendere copiosa sulla testa e sulle spalle di Alec, ma sembrava che lui non se ne accorgesse affatto. Era dentro la doccia da quasi un’ora, i pugni stretti fino a farsi sanguinare i palmi contro la parete, i capelli che gli gocciolavano sul viso, la pelle arrossata dal calore dell’acqua. Ma il dolore fisico non si faceva sentire in alcun modo. Non abbastanza da coprire quello che gli stava frantumando il cuore in pezzi da poche ore.

 

E’ morto.

Max non c’è più.

Max non c’è più.

 

Sembrava assurdo, continuava a ripeterselo e continuava a suonare irreale. Max era un bambino innocente, non era ancora un guerriero, non aveva preso parte alla battaglia che aveva lasciato tanti cadaveri sul suolo di Alicante quella notte. Eppure il suo corpo sarebbe stato bruciato assieme agli altri l’indomani. Perché Max era morto. E per quanto potesse ripeterselo come un orribile mantra, Alec continuava a non trovare alcun senso concreto in quelle parole.

 

E’ un bambino, Max è solo un bambino.

Ma è morto.

Perché? Che motivo c’era?

Non era una minaccia, e non sapeva neppure difendersi.

Max è un bambino, non può essere morto.

…lo è…

 

Alec chiuse forte gli occhi e i pugni, abbassando la testa sotto il getto d’acqua della doccia. Ricordava distintamente ogni istante di quelle ore terribili. Le urla di sua madre contro la famiglia Penhallow, suo padre completamente spento e senza la forza di replicare ad alcunchè, la disperazione di Izzy, il silenzio sgomento di Jace.

E lui?

Lui aveva fatto il bravo figlio.

Aveva cercato di calmare sua madre, chiedere aiuto a Jace, a suo padre… placare il pianto di Izzy, perfino. Fin quando suo padre, per impedire che la moglie sfoderasse le armi contro Jia Penhallow, gli aveva messo in braccio Max.

 

E’ morto.

Max non c’è più.

 

L’acqua stava diventando fredda.

Il piccolo corpo di Max fra le sue braccia lo era stato anche di più.

Alec appoggiò la fronte contro il muro, gli occhi serrati ancora più forte. Ricordava perfettamente il modo in cui il collo spezzato del fratellino si era reclinato innaturalmente sul suo braccio, e aveva sentito il gelo che solo un corpo senza vita può trasmettere. Non si era reso conto di aver praticamente smesso di respirare, fin quando non aveva sentito la mano di Jace stringergli appena la spalla, mentre l’altra accarezzava i capelli di Max. Alec lo aveva fissato quasi inebetito, incapace di distinguere quel momento da tutte le volte che lo aveva riportato a letto, perché avevano sempre detto che Max era una specie di gatto capace di addormentarsi ovunque. E poteva sembrare che dormisse, ma non era così. Non respirava. Max non respirava più.

 

“Un cacciatore mantiene sempre una promessa, vero?”

 

“Certo, è una questione di onore”

 

Max era morto. Ucciso da chi avrebbe dovuto difenderlo. Senza la sua protezione.

 

Ti ho mentito.

Non ho mantenuto la mia promessa.

Ti ho mentito, Max.

 

“Alec?”

 

La voce appena sussurrata sembrò il frutto della sua immaginazione, confusa con il rumore dell’acqua che gli scrosciava addosso. Alec socchiuse gli occhi, scorgendo un’ombra alta oltre il vetro smerigliato della cabina della doccia.

 

Max non c’è più.

 

“Alec…” Magnus esitò. La sua voce era bassa, pacata. “Mi ha fatto entrare Jace. Sei lì dentro da parecchio”

 

Magnus era lì? Alec si scansò i capelli bagnati dal viso, tirando su col naso. Cercò di mettersi dritto, gettando un occhio alla doccia come se la vedesse in quel momento per la prima volta. Dov’era finita la spugna con cui si era letteralmente scartavetrato di violenza il sangue di dosso?

 

“Sono andato a porgere le mie condoglianze ai tuoi genitori,” continuò Magnus, appoggiando una mano contro il vetro. Inclinò appena il capo, cercando disperatamente di vedere qualcosa. S’inumidì le labbra, prima di riprendere. “So che ti sta a cuore sapere di loro, prima che di te stesso. Tua madre si è calmata, ora. Sono con tuo fratello”

 

No, non è così.

Non c’è nessuno con Max, Max era solo nel momento del bisogno.

Non c’era nessuno.

Non c’ero io.

 

“E’ tutto sotto controllo,” Alec fu grato al rumore dell’acqua, che in parte camuffò la sua voce rauca. Inghiottì, rabbrividendo. L’acqua gelida sembrava una cascata di coltellate alla schiena. Niente che riuscisse a superare quel senso di vuoto che lo stava mangiando vivo, comunque. “Esco fra un momento”

 

Magnus sospirò. Alec ne vide la sagoma scuotere leggermente il capo.

 

“Niente è sotto controllo, e neppure deve esserlo. Hai perso tuo fratello. Hai tutto il diritto di vivere questo dolore senza nasconderti”

 

“N-Non è tempo di lacrime,” la voce di Alec tremò appena. “Isabelle è convinta che sia colpa sua, non capisce… mia madre e mio padre, loro non si parlano da una vita… Alicante è sotto attacco-”

 

“E tu?” Magnus sentì il cuore stringersi in una morsa. Lo stava facendo di nuovo. “Alexander, metti via il peso del cielo dalle tue spalle per un momento, d’accordo?” gli disse, parlando piano. Era come parlare ad un cavallo furioso, aveva paura di vederlo sgretolarsi o esplodere, alzando la voce anche solo di un soffio. “Stanno soffrendo tutti, lo so. Ma stai soffrendo anche tu”

 

Alec non rispose. Strinse i pugni contro la parete, gocce di sangue a macchiare l’acqua che scivolava giù, e se non fosse stato ossessivamente preso a ripetersi quel tragico mantra, si sarebbe accorto che Magnus era appena entrato all’interno della doccia. Non lo sentì imprecare a bassa voce, né schioccare le dita per riscaldare immediatamente l’aria e l’acqua, né tantomeno distinse il rumore della maglietta che veniva sfilata via. Capì che era entrato solo quando si sentì circondare i fianchi con le braccia, avvertendo il contatto fra la propria schiena gelida e il suo petto caldo, pulsante di vita. Lo sentì sospirare, mentre spostava un braccio a cingerlo dalla spalla, per poterlo avvolgere meglio nella sua stretta.

 

“Alec… sono qui con te. Possiamo affrontare questa cosa insieme, va bene?”

 

“Sto bene”

 

“Non è così,” Magnus sospirò, stringendolo meglio a sé e depositandogli un bacio sulla spalla ancora gelida. Se possibile, prese a parlare ancora più piano, le labbra accanto al suo orecchio, mentre si affidava al proprio calore corporeo perché riportasse alla normalità quello del ragazzo. “E non sarebbe neppure giusto, perché… sarebbe come negare quello che è successo. E non si può”

 

Passò qualche istante di interminabile silenzio, mentre Alec continuava a fissare come in trance un punto della parete.

 

“Max è morto”

 

“Lo so,” soffiò fuori Magnus, chiudendo gli occhi a sentire la voce di Alec tanto atona. Gli baciò a fior di pelle la tempia, accarezzandogli con dolcezza il fianco. “E non è colpa di nessuno”

 

Alec fece una smorfia amara, senza distogliere lo sguardo da quel punto perso chissà dove, oltre la parete. “Isabelle è convinta del contrario,” replicò, quasi come se stesse raccontando qualcosa a cui era estraneo. Perché era impossibile, no?

 

In guerra muoiono i soldati.

Gli adulti.

Non i bambini.

 

“Esiste il nome e il cognome del vero assassino di Max, e di sicuro non è il suo”

 

“Non è stata colpa di Izzy”

 

“Certo che no”

 

“La colpa è solo mia”

 

Max.

 

Alec percepì a stento la stretta in cui era avvolto farsi più protettiva. Che lo volesse o meno, il corpo stava tornando alla temperatura normale, e aveva smesso di tremare.

 

“Ero sicuro che lo avresti detto,” Magnus sospirò tristemente, scansandogli i capelli dall’orecchio. “Alexander, non farlo. Non serve a niente, ti farai solo del male ingiustamente”

 

“Ingiustamente…” Alec sembrò perdersi di nuovo in quel senso di vuoto, incapace di percepire altro. “Max era un bambino. Era solo un bambino. Non poteva fare del male a nessuno, eppure nessuno di noi l’ha protetto, nessuno lo ha aiutato, e lui credeva in noi. Lo abbiamo tradito, io l’ho tradito. E’ come se l’avessi ucciso io”

 

“Sebastian Verlac ha ucciso tuo fratello,” il tono di Magnus si fece leggermente più duro. “Ha tradito voi tutti, e si è macchiato di un crimine putrido quanto la sua anima. Nessuno di voi poteva prevedere-”

 

“Non dovevo uscire,” qualcosa cambiò nella voce di Alec. Divenne sottile, tremula… come se stesse facendo l’impossibile per trattenere un fardello di emozioni pronto ad esplodere. “Non dovevo lasciare soli Izzy e Max. I miei genitori me li avevano affidati, dovevo restare con loro”

 

“Hai fatto solo il tuo dovere,” Magnus riuscì finalmente ad incrociare lo sguardo di Alec nello specchio all’angolo della doccia. Il cuore gli si attorcigliò dolorosamente, nel vedere in che stato fossero i suoi occhi. Vuoti, smarriti. Occhi blu vuoti e smarriti, ancora una volta. “Sei un cacciatore, il tuo posto era a combattere per la tua città che stava cadendo sotto l’attacco dei demoni. Fermare quei mostri era il tuo modo di proteggerli”

 

“Se fossi rimasto, forse Max sarebbe ancora vivo”

 

“O forse sarei morto io,” con una delicatezza quasi surreale, Magnus gli scansò i capelli dagli occhi e lo strinse meglio a sé, continuando a guardarlo attraverso lo specchio. “Ricordi che mi hai salvato la vita, prima? Per di più, so che avete affrontato in tre Sebastian Verlac e per poco non ha avuto la meglio lui. Se fossi rimasto, forse ora i tuoi genitori piangerebbero due figli, invece di uno. Certe cose… certi eventi non possono essere evitati, Alec, e cercare una spiegazione all’impossibile può solo farci impazzire”

 

Alec rabbrividì bruscamente. Un fremito che non riconobbe come il singhiozzo che reclamava di uscire. Un pianto che non si era concesso, ma che gli si era imbottigliato proprio al centro del petto, impietoso. Reclamava di uscire.

 

“Ti prego… amore, ascolta la mia voce,” nessuno dei due fece caso al termine usato d’istinto da Magnus, a sua volta troppo preso ad accarezzare con dolcezza la nuca del ragazzo. “Io sono uno stregone, e sono anche potente, lo sai. Eppure ci sono cose che neppure io so spiegarmi, limiti che nemmeno io posso oltrepassare, anche se richiamo tutta la magia di cui dispongo. Lo stesso vale per te… non hai abbandonato tuo fratello, hai cercato di proteggerlo impedendo che altri demoni lo raggiungessero. Né tu né Isabelle potevate immaginare che Sebastian fosse un traditore. Jia Penhallow è una cacciatrice con anni di esperienza alle spalle, per di più è una sua parente, e non si è accorta di niente. Questo non è il momento di cercare delle colpe… il tempo della vendetta verrà,” Magnus gli baciò leggermente il collo, accarezzandogli il braccio. “Ora è il momento di dire addio a tuo fratello, solo questo conta”

 

Se fosse stato in sé, Alec si sarebbe accorto del sollievo nello sguardo di Magnus, quando si decise a smettere di fissare il vuoto per cercare i suoi occhi nello specchio. Era come se in tutta quella nebbia di emozioni convulse, le parole di Magnus fossero riuscite a fare breccia. A scavarsi un piccolo passaggio, così da raggiungere il suo cuore. E fu come sentire un milione di punture d’aghi, su quel cuore, perché la prima sensazione che lo risvegliò da quel torpore da shock fu il dolore.

 

Max è morto.

 

Alec scosse appena la testa, mentre gli occhi gli si riempivano di lacrime. Magnus lo avvolse più saldamente nella sua stretta, baciandogli la spalla con dolcezza.

 

“Siamo solo io e te… non c’è nessuno, ho insonorizzato la stanza. Non ti vedranno e non ti sentiranno, Alec, siamo solo io e te… piangi. Hai perso tuo fratello. Non negarti il dolore, impazziresti, e questo non posso permetterlo”

 

Max è morto.

 

Il primo singhiozzo fu forte abbastanza da lasciarlo senza fiato. E poi ne venne un secondo. E un terzo. E alla fine Alec non capì neppure se quel pianto disperato fosse davvero il suo, se fossero state le sue gambe a cedere, trascinando entrambi in ginocchio a terra. Il dolore gli irruppe nella mente e nel cuore con una prepotenza che non si aspettava, e lacerò definitivamente quella sensazione di vuoto e apatia. Il suo fratellino non sarebbe tornato mai più. Non gli avrebbe mai insegnato a tirare con l’arco, e neppure lo avrebbe aiutato ad addestrarsi, come gli aveva promesso. Non riconobbe come propria la voce che continuava a scusarsi, a ripetere fra i singhiozzi quanto gli dispiacesse. Il dolore era così forte da impedirgli di stare dritto, curvo sotto il peso di un’emozione troppo violenta e impietosa.

E pianse.

Alec pianse come avrebbe voluto fare fin dal primo istante, e neppure seppe per quanto tempo.

L’acqua non si raffreddò mai, e nemmeno la stretta di Magnus si allentò. Qualche volta gli sentì mormorare qualche parola in una lingua che non riconobbe, o più semplicemente iniziò ad accorgersi delle carezze e del suo calore mentre lo abbracciava forte, come a volerlo inglobare in sé. E fu un gesto così naturale cercare la sua mano e stringerla, quasi a volersi arpionare ad uno scoglio solido durante la peggiore delle tempeste.

Pianse finchè il corpo non reclamò attenzione, indebolito e massacrato dai crampi alle gambe per la posizione innaturale. In qualche modo Magnus se ne rese conto, perché si mise seduto di spalle contro il vetro della doccia, attirandolo a sé e facendolo appoggiare con la schiena contro il proprio petto. Alec aveva il corpo ancora scosso dai sussulti e dai singhiozzi, anche se le lacrime ormai sembravano finite. Stanco, reclinò la testa indietro sulla spalla di Magnus, che gli baciò dolcmente la tempia, la guancia e il collo. Alec sospirò appena, cercando di nuovo la sua mano. Si sentiva talmente sfibrato e confuso che non riusciva neppure a pensare. L’unica cosa che continuava a vedere era il corpo senza vita di suo fratello fra le proprie braccia.

 

“So che fa male,” Magnus inclinò appena il capo, cercando lo sguardo di Alec nello specchio. Aveva il viso rigato da due impercettibili linee umide… lacrime. “Vorrei poter fare qualcosa, ma non posso. Non posso alleviare il tuo dolore”

 

Alec socchiuse gli occhi, limitandosi a scuotere leggermente il capo. Non credeva neppure di avercela, una voce su cui fare affidamento. Non sarebbe riuscito a dire nulla.

 

“Imparerai a convivere con il dolore,” continuò piano Magnus, appoggiando il mento sulla sua spalla. “E’ come ritrovarsi senza la mano destra. Non sei morto… continui a vivere. Ma tutta la tua vita deve essere ridisegnata, perché… tutto quello che facevi con la mano destra, devi imparare a farlo con la sinistra. E non è facile, anzi, ma alla fine diventa solo un’altra abitudine. Il tempo non medica nessuna ferita, ma ti insegna a convivere con le cicatrici”

 

Forse fu il tono morbido che stava usando, il calore nella sua voce, o più semplicemente quella presenza forte e rassicurante insieme. Il cuore continuava a fargli male, ma oltre al dolore c’era qualcosa di diverso che Alec stava iniziando a percepire. Si mosse piano, usando solo la mano libera, tirandosi seduto in modo da poter guardare Magnus negli occhi. Gli vide inclinare appena il capo e accennare un sorriso, pizzicandogli il mento.

 

Non voglio che tu te ne vada…

 

Iniziò come un bacio lento, senza alcuna fretta, senza frenesia. Alec fu il primo a ricercare quel contatto, e Magnus lasciò che fosse lui a dettare i tempi, accarezzandogli lentamente la nuca. Alec lasciò scivolare la mano lungo il suo petto, soffermandosi all’altezza del cuore. Aveva un battito strano, Magnus. Più lento, eppure talmente stabile che sembrava il ritmo più rassicurante che avesse mai scandito la sua vita. Staccò le labbra dalle sue, cercando avidamente quel punto sul collo che ogni volta gli strappava un gemito rauco, e divincolò la mano dalla sua per sbottonargli i pantaloni grigi. Il gemito arrivò, ma accompagnato da un gesto malfermo con cui Magnus lo allontanò leggermente, guardandolo dritto negli occhi. Alec questa volta lesse chiaro e tondo il dubbio nel suo sguardo d’ambra.

 

Non voglio perderti.

Non voglio perderti mai più.

 

“Voglio stare con te”

 

Magnus sbattè gli occhi, socchiudendo le labbra. Lo stava guardando come se non credesse a quelle parole, come se le avesse aspettate da troppo tempo. Abbastanza da non credere che sarebbero mai arrivate. 

 

“Non… non lo so che cosa succederà da domani,” Alec scosse appena la testa, senza distogliere lo sguardo. “Non so quanto mi resta da vivere, non so che cosa ci trovi di speciale in me… però so che voglio stare con te. Fino a che avrò respiro in corpo, ok?”

 

Alec fece a stento in tempo a finire la frase, che Magnus lo stava divorando avidamente. Un bacio che sapeva di gioia inattesa, di frenesia, di bisogno. E lui rispose allo stesso modo, perché in mezzo a tanto dolore soffocante, quel sentimento non si stava lasciando schiacciare, anzi. Aveva finalmente trovato forza e voce. E quel che restava dei vestiti dello stregone finirono appallottolati in un angolo della doccia, mentre continuavano a cercarsi e divorarsi, ad unirsi ripetutamente, a gemere l’uno il nome dell’altro come fosse la più dolce delle preghiere. E ore dopo, quando si rifugiarono sotto il calore delle coperte ancora stretti l’uno all’altro, Alec chiuse gli occhi quasi immediatamente. Non ebbe il tempo di pensare a tutti gli incubi che lo aspettavano, al dolore, alla tristezza, alla paura di quello che sarebbe successo. Le braccia di Magnus lo circondavano e lo stringevano, e il sonno lo accolse senza problemi.

In qualche modo, sarebbe andata bene.

In qualche modo, avrebbe avuto la forza di andare avanti.

E avrebbero affrontato ogni cosa insieme.

 

 

 

Che voglia che avevo di scrivere questo capitoletto *-* ooh, finalmente tutto come dovrebbe essere :D E io devo un grazie grande quando un grattacielo a tutti, perché mi avete commossa con le vostre recensioni *____* quindi special thanks to:

Mizar: ma grazie, che complimento importante *____*

Dontblinkcas: mille grazie *-* anche io adoro Alec, perché nella sua fragilità è uno di quelli che cresce di più (lui e Simon) nell’arco dei libri… ci si identifica facilmente, è un insicuro cronico perennemente messo alla prova dalla realtà, povero cuore XD e si, questo è stato il suo punto di svolta perché secondo me aveva bisogno di un evento davvero forte, il classico ceffone in faccia, che ti fa rendere conto di cosa vuoi davvero. Bacini!

Pulla68: grazie mille, sei gentilissima! *-*

Maggyeberty: siamo in due a voler andare a quelle feste :D e grazie tipo GRAZIE XD perché mi hai detto delle cose bellissime *o* e anche questa volta, abbiamo Malec struggenti… ma finalmente si sono trovati. Non ce n’è, per me sono proprio due calamite *-* in qualsiasi emozione, dolore o gioia, si attraggono e si attirano anche se si sforzano di fare il contrario *___* Bacissimiiii :3

Emilia_asr: anche io amo molto Magnus *___* e ti sono più che grata per le cose bellissime che hai detto *-*

 

Bene, adesso sgattaiolo via… un baciozzo enorme a tutti, grazie a chi leggerà, a chi recensirà… e ci si vede al prossimo capitoletto! :D

  
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