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Autore: purepura    26/04/2013    0 recensioni
Ma io sono capovolta, con la testa e con il cuore.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’angelo storto
Segno

 

   Segno sul taccuino sporco, senza inchiostro.
   Segno sulla pelle, senza unghie.
   Segno nella mente, senza memoria.
   Segno nella vita, senza eventi.
   Segno nella morte, senza dolore.
   Voi.
   Arcano – piange e dorme – e irruento.
   Decisa – piange e non dorme – e friabile.
 
   Segno nella pietra, senza trapano.
   Segno nella pelle, senza ago.
 
   Mere segna con la matita un quadrato. I suoi compiti sono sempre a scelta multipla, così molto spesso affida il suo voto alla sorte. Seduta alla medesima scrivania, la osservo, mentre Matthew sottolinea con l’evidenziatore un intero paragrafo, probabilmente senza leggerlo davvero. Sono qui con me per pochi giorni. Per un weekend.
   Che passa sempre troppo in fretta, più veloce di un soffio, e troppo presto mi ritrovo da sola, con le loro chiamate a orari troppo definiti.
   Per loro, la madre ha abbandonato la casa. Quale madre non prende con sé i propri figli? Ogni volta che mi guardano, vedo l’accusa. Non vengono volentieri.
   Si rintanano nei libri e nei compiti, non vogliono parlare né offrirmi dettagli sulla loro vita. Così immagino tutto.
 
   Ti sei trasferita appena finito il processo. «Sono curiosa del verdetto».
   La tua casa ora è vuota. È stata venduta a una coppia di giovani sposi.
   Tra i tuoi vestiti, vi era un lungo abito scuro che non era tuo. Probabilmente l’avrai con te, ovunque ti trovi.
 
   Sono fuori, durante una pausa pranzo frenetica. Il cellulare squilla. Non aspettavo chiamate, così lancio uno sguardo al display. Il tuo nome. Sul mio telefonino.
   «Insegno a Philadelphia, ora».
   Ho la testa bloccata. Resto zitta sinché non sospiri.
   «Ho uno dei tuoi bambini in classe. Il maschio. Non ricordo il suo nome».
   «Oh». Tutto qui. Anni che non ti sento e mi esce solo un’esclamazione.
   Ho perso, anche se ho tentato.
   «A quanto pare, il suo tema sulla famiglia è stato molto breve. Gli manchi».
   «L’ho visto qualche giorno fa», mormoro. «Ti assicuro che sta meglio lì dove è ora».
   «A me non sembra. Lo vedo tutti i giorni, e il venerdì è senza ombra di dubbio il suo giorno preferito».
   Resti in silenzio. «Ho un divano, in casa mia», mormori dopo un attimo.
   Tuttavia, ho tentato…
   «Perché non ti segni l’indirizzo? Se avessi voglia di vederli più spesso, potresti stare da me qualche giorno».
   Non vivo e muoio da troppi anni.
   Non riesco più a sorprendermi.
   «Perché proprio ora?», domando.
   «Solo durante queste settimane mi hanno trasferita. C’è voluto un po’, per ricordare il cognome del tuo ex marito».
   «Ho carta e penna».
 
   Il palazzo è bianco e blu. L’intonaco è nuovo. Quando apri la porta, la luce ti abbaglia e fa sembrare i tuoi capelli lunghi più luminosi.
   Mi offri del vino e parli. Parli di come tu ti sia sistemata, di come sia riuscita ad andare avanti ma di come ti sono sempre rimasta appiccicata addosso, di come rivedi me negli occhi di mio figlio.
   Mi offri altro vino e mi avvicino. Annuisco piano e racconto di come sia rimasta bloccata e non sia riuscita a proseguire; del lavoro statico e dell’appartamento vuoto. Del vestito scuro che è scomparso.
   Mi offri altro vino che non finiremo mai.
 



________________________________________
[Grazie all'immaginazione.
E a voi che siete qui!]

  
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