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Autore: Dalhia_Gwen    26/04/2013    7 recensioni
Questa è la storia di una diciassettenne di nome Gwen che, nonostante tutte le ingiustizie e il passato che ha vissuto, riesce finalmente a trovare la felicità che aveva perso, grazie ad uno dei suoi più grandi hobby, la quale sarà in grado di scalfire il suo ormai cuore di diamante, immune fino a quel momento...
Tratto dal capitolo 28:
“....Cominciò a ticchettare il piede destro sul tappeto color del deserto, rendendosi conto di non riuscire a sopportare tutta quell’ansia che la stava letteralmente mangiando, ma fu proprio in quel momento che avvertì la carica giusta per poter affrontare la competizione nel migliore dei modi. Una mano calda e tremante quanto la sua intrecciò le dita con quelle della mano della gotica, esattamente qualche minuto prima del fischio. Scattò a quel tocco così intimo e che desiderò da fin troppo tempo, per poi girarsi velocemente verso la sua sinistra. Ad attenderla vi erano gli occhi decisamente più luminosi del solito del punk, che nel frattempo era arrossito quanto lei per quel gesto nato spontaneamente..."
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Courtney, Duncan, Geoff, Gwen | Coppie: Bridgette/Geoff, Duncan/Gwen
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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La giornata dei due ragazzi, che non preannunciò un buon inizio, confermò l’andamento cupo anche per quanto riguarda il tempo atmosferico. Dal cielo sfumato da un sole visibilmente pallido, si passò ad uno totalmente chiuso da nuvole scure, che minacciavano un’imminente pioggia fastidiosa. Mentre il tempo si stava preparando per accogliere i ragazzi che sarebbero usciti prima o poi dall’istituto, Duncan e Gwen passarono la giornata scolastica tranquillamente: lui era intento a dondolarsi sulla sedia, pensando alle squadre che avrebbe puntato per giocarsi la schedina e ai loro possibili risultati, cercando di coinvolgere anche l’amico, dato fu sempre interessato all’abilità del punk di non perdere mai una partita tra quelle giocate, ma in quel momento era troppo occupato a scambiare occhiatine dolci alla fidanzata, che ricambiava volentieri.  Il punk odiava quel comportamento troppo sdolcinato. Lo considerava patetico. Sì, perché ci sono modi e modi per poter vivere una relazione nella maniera più normale possibile, e di sicuro quella di Geoff e Bridgette non lo era. Non facevano altro che scambiarsi effusioni, talvolta troppo spinte, anche davanti al pubblico, come se nel mondo esistessero solo loro, incuranti del giudizio degli altri. Vi era coloro che potevano apprezzarlo, e altri che lo disgustavano, come Duncan. Non era contrario al romanticismo anzi, credeva nell’amore, ma se poi doveva diventare un modo per esibirsi allora non gli andava giù. I suoi amici non erano i tipi, ma i loro atteggiamenti potevano alludere il contrario.  Ma era anche vero che Duncan non era il tipo da “smancerie in pubblico”, e molto probabilmente dipendeva dal suo carattere molto chiuso e riservato. Capiva l’amore forte che c’era tra il suo migliore amico e la bionda, ed arrivò ad apprezzarli pure, ma reputava ridicolo tale esibizionismo, e provò vari modi per farglielo capire, con nessun risultato. Nonostante questo però, non si spiegava la strana voglia, che gli veniva subito dopo che guardava i due fidanzatini, di voler baciare la bella gotica della quarta classe, a costo di farlo anche in pubblico. Era strano, si ripeteva, e la cosa lo faceva preoccupare, facendo cadere anche tutte le certezze e le basi che costruivano il forte muro del suo carattere, che non riconosceva più dopo l’incontro con Gwen. A volte perdeva ore intere per cercare di darsi una spiegazione, ma finiva sempre col perdere tempo inutilmente. Ma una cosa era sicuro: sapeva che l’amore vero potesse essere in grado di cambiare, nel bene o nel male, molti degli atteggiamenti della persona colpita, per cui ogni giorno aveva paura che questo sarebbe potuto accadere anche a lui, consapevole di esserne caduto vittima come tutti, prima o poi…
 
La gotica, invece, continuò ad avere il viso contratto per ancora un paio di ore, infastidita dall’atteggiamento troppo arrogante della compagna di classe. Quella volta, sicuramente, sarebbe stata la decisiva per infliggere alla sua peggior nemica gli schiaffi e i pugni che dovette trattenere per tutti questi anni, se non fosse stato per l’intervento dell’insegnante che evitò tutto ciò. Finalmente si sarebbe potuta sfogare su un corpo vero, in particolar modo quello perfetto di Courtney, che per tre giorni alla settimana trascorreva metà di quelle giornate rinchiusa in un centro estetico, insieme alla madre, da cui apprese la mania della cura eccessiva. Sapendo che gli argomenti che gli insegnanti assegnavano non fossero di una facilità così alta da poter essere memorizzati velocemente, non riusciva proprio a spiegarsi come l’ispanica potesse trovare tempo per poter studiare, ma soprattutto per poter arrivare ai stessi voti della gotica. Questo la faceva imbestialire non poco, e cercò di darsi una spiegazione razionale. Avendo avuto il grande piacere di aver incontrato i genitori di Courtney, il padre notaio e la madre avvocato, ne dedusse con molta facilità che l’ispanica avesse fin troppe raccomandazioni dai suoi cari, evidenti nel momento in cui gli insegnanti alzarono i voti inspiegabilmente alla Barlow non appena quest’ultima seppe anticipatamente i voti finali del secondo quadrimestre del terzo anno, arrivando ad eguagliare quelli della gotica. Quest’ultima, che all’inizio non fece peso ai cambiamenti radicali dei voti di Courtney, alla fine si sentì offesa da tale gesto, ma malgrado si ripromise di andarne a parlare con la preside, preferì sempre rimandare la discussione, anche raccomandata dai consigli della madre, che non voleva far entrare figlia in altri casini più di quanti ella non fu capitata.
Ma il suo umore mutò radicalmente nel momento in cui arrivò l’ora della sua insegnante preferita, quella di arte.
Era una donna giovane, dall’animo gentile e buono, perfino con chi ebbe il coraggio di bucarle le ruote della sua auto.
La Jensy**, appena trentenne e donna di grande classe, non riusciva ad avere bambini, ma ogni volta che vedeva Gwen, la considerava come tale, perché vedeva in quella ragazza così candida sé stessa e la sua difficile adolescenza. Era sempre colei che la difendeva da maldicenze infondate, da insulti inesistenti,  e di fronte a ciò osservava Gwen che si mostrava apparentemente impassiva, ma sapeva perfettamente nel suo cuore che la ragazza, anziché godersi quei bei anni in cui sbocciava la bellezza di ogni essere umano, soffriva tremendamente ed era fragile, almeno all’inizio, e questo non lo accettava. Provò a parlarne con gli altri professori, ma tutti le rispondevano che avrebbero indagato meglio e magari avrebbero anche messo una buona parola di lei agli altri. Ma come prevedette, ciò non avvenne. Avrebbe voluto fare qualcosa, ma da sola non sarebbe arrivata da nessuna parte, per cui pensò di difendere la ragazza a modo suo per quel che poteva, come fece sempre.
In quell’ora Gwen sembrò essere rinata: rideva e scherzava con la professoressa, che premurosa cercava di strapparle un sorriso, oltre ad apprezzare la grande abilità della gotica nel disegno. Quel giorno l’insegnante non assegnò un compito preciso: spettava agli alunni stupire la prof con le tecniche e i protagonisti del loro disegno. Così Gwen non se lo fece ripetere due volte, e cominciò a buttar giù qualche linea, fino a quando, senza neanche accorgersene,le venne fuori un quadretto raffigurante due ragazzi che si baciavano poggiati su un muretto. Nel momento in cui si rese conto di cosa avesse disegnato, si stupì domandandosi da dove avesse preso ispirazione, ma osservando meglio i lineamenti del ragazzo si mise le mani in faccia, tremendamente arrossata in viso, ammettendo a sé stessa che effettivamente quel bel ragazzo avesse fin troppe somiglianze con Duncan,l’essere umano che fino a poco tempo a questa parte la stava assillando giorno e notte. Era scioccata, e non riusciva proprio a capire come mai non si rese conto delle manovre della sua mano, che danzava sulle parole della bellissima poesia “I ragazzi che si amano si baciano in piedi”* , recitate silenziosamente dalla sua bocca.
Com’era possibile che arrivò al punto di non riuscire più a comandare la sua mano? Che evidentemente disegnava su quel foglio A4 comandata dall’indomabile cuore? Sarà stata la poesia a distrarla, oppure la figura del punk impressa nella sua mente? Cominciò ad avere paura, terrore verso la sua incolumità, troppo fragile per poter ragionare razionalmente su ogni cosa in cui centrasse quel ragazzo dagli occhi di ghiaccio. O forse, stavolta era l’amore che stava bussando proprio alla porta del suo cuoricino, rimasto limpido ed impenetrabile come un diamante per troppo tempo? Deglutì rumorosamente, nel momento in cui avvertì il muscolo involontario del suo corpo accelerare improvvisamente i battiti. Come mai tutto ad un tratto diventò così vulnerabile ai sentimenti, lei che era una roccia? Abbassò le mani dal suo viso, notando che tremavano visibilmente.
Neanche la sua cara amica “ragione” poteva darle una risposta razionale a questi avvenimenti, e nessuno poteva farlo, se non proprio il suo cuore, che finalmente aveva permesso ad un sentimento come l’amore di poter portare un po’ di luce in quell’animo così cupo e triste.
Non arrivò mai a pensare, fino a quel momento che, proprio lei, potesse essere travolta da un sentimento così forte, che non risparmiava nessuno…neanche i più duri.
Adesso tutto cominciava a farsi sempre più chiaro..
Erano oramai le 13:29 e tutti gli studenti aspettavano con ansia che quel maledetto minuto passasse, per poi sentire il piacevole suono della campanella, la stessa che paradossalmente tutti odiavano all’entrata dell’edificio.
Una volta passati quei sessanta secondi, i ragazzi si catapultarono impazienti verso l’uscita della scuola, incuranti degli spintoni che regalavano ai loro coetanei, purché uscissero da quell’inferno.
Anche la nostra protagonista, che normalmente non mostrava segni significativi di voler uscire all’istante dall’istituto, stavolta più che mai era desiderosa di catapultarsi all’esterno di quelle mura che la agglomeravano in gruppi che non facevano altro che detestarla, così accelerò il passo, mischiandosi con la “mandria” di alunni.
Si ritrovò finalmente fuori: non ne poteva più di stare lì dentro, la facevano stressare troppo e per ogni minima cosa. Scese velocemente i cinque gradini che collegavano l’ingresso del sicuro liceo con il pericoloso mondo esterno, tenendo stretta a sé la borsa.
Solo dopo alcuni passi si rese conto che dal cielo cadevano gocce che la picchiettavano violentemente il capo e il resto del corpo. Sbuffò: di solito adorava la pioggia, usciva a posta nei giorni piovosi, ma stavolta non riusciva proprio a sopportare quelle gocce d’acqua che cadevano pesantemente sui suoi indumenti: sembrava che anche loro avessero intenzione di infastidirla.
“Ah..stupida pioggia…” disse tra sé a sé Gwen mentre con dei piccoli saltelli tornava indietro, e arrivando sotto al tettuccio della scuola estrasse l’ombrello color viola che la madre le regalò qualche settimana fa.
Dopo aver fatto vari tentativi per aprirlo, capì il meccanismo così tanto laborioso ai suoi occhi, per poi uscire e poter finalmente tornare a casa. Era arrivata al marciapiede, e stava per attraversare, quando ad un tratto sentì delle grandi mani prenderle le braccia, facendola fermare.
“Ciao dolcezza mia! Mamma mia quanto sei svelta nella camminata..vai di fretta?” come al solito a parlare fu il suo caro punk, che nel frattempo si mise sotto l’ombrello stringendosi a lei, essendo abbastanza piccolo l’oggetto per coprire due persone. “ D-Duncan! Mi fai sempre prendere un colpo! Comunque sì, non sono in vena di parlare..scusami.” disse Gwen visibilmente cupa, tanto da far preoccupare Duncan che, al contrario di ciò che constatava, voleva infastidirla un po’. Così la raccolse avvolgendo un braccio intorno alle spalle esili della ragazza, che si sorprese molto, ma non oppose resistenza. “Cos’è successo?” le domandò sussurrando lui, diventando serio. Gwen nel frattempo appoggiò il suo capo sul petto di Duncan, e si sentì improvvisamente meglio avvertendo il calore di lui sul suo corpo, così alzò il viso per guardarlo meglio e come si aspettava incrociò quegli occhi che tanto adorava e che tanta sicurezza le donavano. “Niente..le solite cose. Voglio tornare a casa.”  Disse lei, come se lo stesse supplicando. Duncan le sorrise in segno di risposta, passando la mano, che prima aveva sul fianco di lei, dietro il suo capo, accarezzandolo dolcemente. “Va bene, ma scordati che ci vai a piedi.” Affermò lui facendole l’occhiolino. Nel sentire quelle parole la gotica rimase perplessa, e guardò il ragazzo con fare interrogativo. “Ma non passano circolari a quest’ora..” disse lei ingenuamente, ma lui rise sonoramente, rendendosi conto ogni giorno di quanto la ragazza fosse semplice e pura come l’acqua. “Lo so, ma io mi riferivo al mio veicolo.” Le rispose con aria superiore. Gwen improvvisamente si rese conto della risposta senza senso che gli aveva dato poco prima, e non poté far a meno che ridere della sua figuraccia, arrossendo.
“Oh no..Duncan ti ringrazio ma…” lui improvvisamente le tappò la bocca con l’indice, incitandola a non dire altra parola. “Niente ma. Tu vieni con me.” E sorridendole la condusse verso il parcheggio.
Una volta arrivati, a Gwen le cominciò a battere fortemente il cuore, rendendosi conto che il veicolo che si aspettava non fosse quello che si mostrava ai suoi occhi. “Ti presento la mia Furia, è fantastica!” le disse Duncan indicandole la moto tutto soddisfatto. A quelle parole Gwen storse la bocca, notando con quanto amore aveva pronunciato la parola ‘mia’.”  “Cos’è? La tua fidanzata?” le chiese lei per prenderlo in giro. Sentendosi punzecchiato Duncan, che stava prendendo due caschi, uno per lei e l’altro per lui, la guardò male per poi prenderle il mento facendola avvicinare al suo viso. “Non dirmi che sei gelosa della mia bella moto?” le chiese lui con un pizzico di malizia. “I-io? Per niente proprio. Solo che mi sembra davvero da pazzi considerare una moto come la propria ragazza.” Cercò di dire lei tra l’imbarazzo che si mostrò sul suo viso, oltre che sul suo sguardo. “Chi ti dice che io non possa avere due ragazze? Una ‘meccanica’ e l’altra ‘reale’? Ovviamente le amerei in maniera diversa.” Rispose lui in tono sempre più arrogante.
“A questo punto ne tradisci una. Ti consiglio di fare un po’ di ordine nel tuo cuore. Una delle due si potrebbe offendere.”  Continuò lei a tenergli testa, oramai vicinissimi l’uno al viso dell’altra. Duncan sorrise, spostando la mano ora sulla guancia destra di lei, guardandola negli occhi. “ Tranquilla, ho già chiaro il mio bersaglio da tempo. E’ solo questione di secondi.”  Disse lui, oramai accecato dalla voglia di baciarla. Lei, che si sentì le gote sempre più infuocate, si lasciò andare all’invito indiretto di lui, incrociando la sua mano sinistra con quella di Duncan che avevo sul suo viso. Erano in procinto per unire le loro labbra, quando all’improvviso un fulmine, vicino alla loro zona, si scagliò nel cielo nero, facendo un baccano così violento da far tremare i due ragazzi. Gwen saltò letteralmente tra le braccia di lui, che nel frattempo la strinse forte per la paura. “T-ti prego portami a casa...” Chiese lei intimorita più che mai. “Sì andiamo…” disse lui per poi farla salire sulla moto e partire veloce.




* Poesia di Jacques Prévet
** Nome puramente inventato dall'autrice







--Angolino dell'autrice riapparsa....--
Ciao a tutti voi!! :D
Inizio subito col chiedervi scusa, per l'immenso ritardo con cui ho aggiornato... :'(
Oramai manca un mese alla fine della scuola, spero di poter essere più puntuale durante le vacanze estive! *-*
Bene, rieccomi qui con un capitolo altrettanto lunghissimo ^-^" Eh non ce la faccio: incomincio a scrivere e non mi fermo xD
Adesso le fans DxG mi uccideranno....D:
Lo so lo so, nemmeno stavolta li ho fatti baciare! >:D
Cattiva? Naaaah...vi voglio tenere sulle spine! u.u
No scherzo...voglio solo far arrivare il momento giusto, che è quasi alle porte ;)
Okay, meglio che mi dileguo così vi lascio in pace. :3
Grazie a tutti voi che avete letto il capitolo! :'3
Alla prossima

Dalhia_Gwen

  
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