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Autore: Hikari93    30/04/2013    6 recensioni
«Calibro 9, un colpo alla tempia.» Una voce ovattata, grave, il rumore di un sorso profondo accompagnato dalla sensazione di qualcosa di puntinato e gelido a lato della testa. «Praticamente è un miracolo che tu non sia morto nell'immediato.»
[...]
«Dove… dove sono?» riuscì solo a mugolare.
«Benvenuto alla Retrobottega, in bilico tra la vita e la morte.»
[SasuNaruSasu - HashiMada ♥]
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hashirama Senju, Madara Uchiha, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Retrobottega

 
 


02. Capitolo Secondo
–  Un gioco di porte e di stanze –

 
 






 

«Non ci posso credere, non ci posso credere.» Naruto percorreva la stanza avanti e indietro, nervoso, le braccia incrociate al petto e la camminata goffa, con ginocchia sollevate quanto più possibile, che lo rendeva simile a un soldatino incapace di tenere il passo. «E quel Madara tenta pure di fare il simpatico, poi. E’ ovvio che non voglio rimanere un secondo di più, qui!» E nel dirlo puntò il dito contro Sasuke, l’unico rimasto nel suo stesso posto ad ascoltarne le lamentele. «E poi la Retrobottega non ha stile, ed è pure sbagliato come nome» sbottò. «Non sono un genio a scuola, ma non ci vuole chissà chi per capire che retrobottega è un nome maschile!»
Sopportalo qualche minuto, gli passerà presto, gli aveva suggerito Madara.
Invece non sembrava un atteggiamento momentaneo.
«E’ stato Madara a volerla chiamare così» gli concesse, sperando di spostare la sua attenzione e così di potersi sbarazzare delle sue prediche. «Non voleva che si confondesse coi normali retrobottega. E’ un’idiozia, in pratica.»
«Quell’uomo ha dei seri disturbi mentali» commentò il ragazzo, ricominciando ad agitarsi. «E con lui anche tutto questo posto è anormale. Voglio tornarmene a casa.»
«Ascoltami un attimo e cuciti le labbra.» La bocca di Naruto assunse la forma di un ovale perfetto, mentre il dito, prima oscillante freneticamente, si bloccò a mezz’aria. «Anche se non ti va, devi necessariamente rimanere qui, non hai troppe scelte» continuò Sasuke, a silenzio ottenuto. «E Madara… che tu lo sopporti o meno è irrilevante. Fattelo piacere che co… mi stai ascoltando, almeno?»
«Eh? Sì, sì, ti sto ascoltando» annuì l’altro. «O almeno ti ho seguito fino a quando hai parlato delle scelte, quella roba lì.» Espose un’espressione perplessa che a Sasuke non piacque; come se stesse ragionando per raggiungere la soluzione al suo cruccio. «Dici che non ho possibilità di uscirne, ma Madara ha parlato diversamente» gli fece notare, sbilanciandosi in avanti, a un soffio dal naso.
Sasuke si ritrasse.
«Tanto non è pensabile che tu ci riesca» soffiò. «Quindi, è come se non ci fossero alternative. Siediti e vedi di combinare pochi casini. A lungo andare ti ci abituerai.»
«Sasuke.» E non lo stava interrogando. Ghignò. «Tu hai tutta l’aria di sapere come si esce da qua» constatò, sornione.
«Me ne sarei già andato, se avessi potuto, non credi?»
Naruto non si lasciò convincere dalla sua espressione sicura, captando chiaramente la menzogna nel suo tono di voce. Certamente, la maschera che aveva indossato Sasuke per ingannarlo non rasentava la perfezione; dedusse che il suo interlocutore dovesse essere un tipo alquanto onesto, oppure – e chissà per quale ragione si sentiva di dar credito maggiormente a tale ipotesi –, semplicemente preferiva la schiettezza ai giri di parole.
«Non credo» rispose quindi Naruto, sicuro. «Penso piuttosto che non voglia o non possa dirmelo. Ah, sì, ora ricordo!» Lo afferrò per le spalle, scuotendolo con fin troppo entusiasmo. «Madara ha detto che nessuno, oltre lui, può rivelare questa cosa, no? Bene, se il problema è questo, ti basta farmelo capire.» Naruto era su di giri, gli brillavano gli occhi dalla contentezza. «Sarà semplice! Hai mai giocato al gioco del mimo? Sarà qualcosa di simile! E poi io sono piuttosto bravo in questo gioco! Dai, comincia!»
Sasuke se lo scrollò di dosso con un gesto seccato, aggiustandosi subito dopo il colletto della camicia che indossava, un po’ sgualcita dalla frenesia dell’altro ragazzo.
«Puoi scordartelo.»
«Ma…»
Non gli venne data possibilità di replica, poiché Sasuke fu lesto a uscire e a sbattersi la porta alle spalle, cruento.
«Bah… sono tutti strani in questo posto.»
 
 

*

 
 
Madara reclinò il capo contro il palmo della mano, negli occhi riflessa la luce degli schermi mostranti ogni anfratto della Retrobottega. Tamburellò con le dita sulla guancia.
«Ci sta mettendo più tempo del dovuto per farsene una ragione» commentò. «Non mi piacciono i testoni. Fanno eccessiva confusione per un nonnulla, infantilmente, fin quando non riescono a ottenere quello che vogliono – anche quando questo non è completamente possibile. Eppure lo avevo avvisato di non ingegnarsi troppo.»
«Probabilmente abbiamo sbagliato qualcosa nelle presentazioni» replicò Hashirama, buttandola sul ridere. «Magari non ha apprezzato il tuo ghigno malefico… in effetti c’è da lavorare. Non che sia troppo minaccioso…»
«Piantala di dire sciocchezze, possibilmente.»
«E tu?» gli domandò ancora Hashirama, mentre addentava un pezzetto di cioccolata alle nocciole. «Hai intenzione di tenerlo sottocchio per tutto il tempo? Suvvia, lascialo in pace.»
«Ti ho già detto di piantarla di dire sciocchezze, Hashirama.»
«Ehi, mi hai chiamato per nome!» esultò. «E’ da ricordare.»
Madara alzò gli occhi al soffitto, preferendo soprassedere.
 
 
 
Naruto avrebbe cominciato ad aprire tutte le porte perfettamente identiche. Non sapendo da dove iniziare, si sarebbe limitato a uscire dalla camera dove Sasuke l’aveva lasciato e ad abbassare una a una tutte le maniglie, prima da un lato e poi dall’altro, sperando di non dimenticarsene nessuna.
Una soluzione c’era, su questo avrebbe potuto scommetterci; inoltre, lo stesso Madara, prima, e Sasuke, poi, glielo avevano confermato. Dunque, bastava cercare, anche fino allo sfinimento.
Tanto qui non ho nulla da fare, se non aspettare, pensò. E se la soluzione non mi viene fornita con le buone, me la trovo io!
La buona volontà di Naruto pulsava vivida – almeno quella – in ogni parte di sé, al pari del desiderio di libertà e di rivedere i suoi genitori. Si costrinse a non pensare al fatto di star per morire nella vita reale, né alla sofferenza di suo padre e sua madre.
Sarebbe finita presto.
Il buonumore non scemò all’apertura della prima delle infinite porte, anche se l’interno lo lasciò talmente perplesso da obbligarlo a non muovere nemmeno un passo: di fronte, si allargava un’immensa distesa verde intenso, che pareva non aver mai fine. Allungando lo sguardo, Naruto poteva scorgere, senza difficoltà, un gruppo di montagne dalla cima anche innevata e, colpito anche da una brezza non così tiepida, si chiese istintivamente dove si trovasse e se quella fosse ancora la Retrobottega o invece, a fortuna, ne avesse già trovato l’uscita.
Prima di imbarcarsi in avanti – rischiando, se si fosse inoltrato, persino di perdersi, dato che mancavano punti di riferimento accettabili –, preferì constatare che quella fosse davvero la porta giusta, e l’unico modo che gli sovvenne per farlo fu di spalancarne un’altra e vedere cosa questa riservasse per lui.
Scelse quella di fronte, con sicurezza; si ritrovò in mezzo alla strada deserta di una normalissima città. L’ampiezza misurava dimensioni notevoli, ma non c’erano persone ad abitarla. Anche stavolta si spinse con gli occhi più in lontananza, nella speranza di incrociare qualche indizio fondamentale che l’avrebbe aiutato a capire se quella fosse o meno la porta giusta da imboccare, la via per la libertà.
«Dannazione.» Non ci riponeva troppa fiducia. «Ma dove diamine devo andare?»
Sentiva il nervosismo attraversarlo dalla testa ai piedi. Probabilmente, quando gli avevano assicurato che non avrebbe potuto trovare una via di fuga, volevano intendere proprio questo, che dovesse cercare la porta giusta tra le – Naruto si affacciò al corridoio, percorrendolo a vista fin quanto gli era possibile – centomila presenti.
L’importante è che c’è. Il doveè secondario, tentò di rassicurarsi.
Tuttavia non ce la faceva a sentirsi al settimo cielo per quella nuova constatazione. In fondo, poteva anche darsi che avrebbe dovuto comprendere da sé quale, tra le tante, fosse quella corretta. Magari gli presentavano degli ambienti così comuni solo per confondergli le idee, ma, in realtà, quello giusto esibiva un particolare che, colto, gli avrebbe assicurato la vittoria su quel labirinto di ingressi.
E se non lo capissi?  
L’osservazione accurata non rappresentava il suo punto di forza, anzi. Si riteneva un tipo alquanto distratto, che, pur facendo di tutto per notare i dettagli, non riusciva a staccarsi da una visione d’insieme. Senza considerare che il tempo gli era nemico e che, quindi, pur volendo, non avrebbe potuto mettersi a scrutare ogni minimo angolo.
Resisti, si disse.
Se il suo corpo avesse ceduto, sarebbe stato condannato a una vita eterna lì dentro. Allo stesso modo, se non fosse riuscito a trovare la soluzione al suo problema, il destino non gli avrebbe risposto in maniera diversa.
Resisti, dai.
«Le apro tutte, eh! Dovessi anche mandare in rovina questo postaccio!» urlò all’aria, supponendo che qualcuno – che fosse Madara o Sasuke – lo stesse ascoltando. «E me ne andrò di qua.» Lo ricordò più a se stesso, ricominciando la sua colossale impresa.
 
 
 
«Allora, come va?»
Naruto si bloccò di scattò, sobbalzando alla voce di Madara alle sue spalle. Aggrottò le sopracciglia, mise su un’espressione nervosa.
«Ci riuscirò.»
«Ti ho chiesto come procede, non se ce la farai o meno. Su questo, in ogni caso, avrei i miei forti dubbi.»
Naruto gli diede le spalle, mordendosi la lingua per non rispondergli. Si apprestò ad aprire un’altra porta, mentre, con sempre maggiore intensità, si insinuava in testa la convinzione di star sbagliando mossa. Anche il fatto che Madara non si dimostrasse minimamente preoccupato lo metteva in tensione: poteva voler dire che non era quello il metodo giusto.
O forse lo fa apposta per farmelo pensare.
Inutile chiederglielo, anche se non sembrava intenzionato a staccarsi da lì, restandosene a braccia conserte. Mosse un passo quando Naruto proseguì.
«Sei venuto a darmi una mano, per caso?» gli sbottò contro, d’improvviso. «Se fosse così, potresti dedicarti alle porte dell’altra parte del muro, invece che seguirmi. Sarebbe più utile.»
Madara finse di pensarci, risultando intenzionalmente poco credibile.
«Sarebbe più utile, dici?» gli domandò, retorico. «Perdonami, se non riesco a condividere il tuo punto di vista. E, considerando chi è che comanda qui… mi sapresti dire chi di noi due sta attuando il comportamento migliore?»
E bla bla bla…
Naruto balzò all’indietro quando, all’ennesima porta aperta, si trovò contro un camion che gli correva contro a velocità indicibile, come succedeva in alcuni cartoon. Lì per lì non ebbe il tempo di ricordarsi che, a quanto aveva capito, lì dentro non poteva morire. Non che qualcuno glielo avesse assicurato, ma Madara aveva parlato di eternità, quindi…
«Ma che scherzi sono, questi?» sbottò Naruto. «Stava per prendermi un infarto!»
«Mh, sarebbe stato possibile, se il cuore ti stesse funzionando.»
«E smettila di ricordarmelo in continuazione, ho capito!» urlò, puntandogli un dito accusatore contro.
«Quindi? Ti è bastato o vuoi continuare?»
«Non pensare che mi arrenda, non succederà.»
«Come ti pare, allora» commentò Madara, mesto. «Coraggio, allora, apri la prossima» gli suggerì.
Naruto divenne nervoso.
«E’ un trabocchetto?»
«La Retrobottega è tutta un trabocchetto, moccioso. Per questo ti suggerirei di smetterla… ma a quanto pare non sei un tipo che accetta i consigli degli altri.»
«Non i tuoi.»
All’ennesimo, nuovo ambiente in cui Naruto fu catapultato, si affacciò anche Madara, con calma, trattenendo un sorrisetto poco rassicurante, come se, anche prima di scorgerlo, sapesse cosa ci avrebbe trovato.  
«Perché ridi?»
«Taci, non hai il diritto di fare domande» fu la sua risposta disinteressata.
La sua attenzione, infatti, era volte completamente alla gigantesca imbarcazione in legno, curata nei mini dettagli, galleggiante su un mare piatto e ancorata contemporaneamente al porto. Naruto non se ne intendeva di navi e ambienti marittimi, tuttavia le vele in alto, numerose ed enormi, facevano apparire la costruzione come una sorta di nave, se non da guerra, non certo per viaggi di piacere. Evitò comunque di domandarlo a Madara, pensando che, tra i tanti paesaggi visti, quello era il primo che raffigurasse il mare.
E forse se Madara fa così… potrebbe significare che è questa la porta esatta, pensò, entusiasta.
Consapevole che, se avesse perso l’occasione in quel momento, difficilmente se lo sarebbe ritrovato dinnanzi, avanzò un passo per immergersi completamente in quel posto.
Madara non lo fermò, e a Naruto neanche importò.
Compì pochi passi sulla superficie che immediatamente venne sbalzato all’indietro, finendo rovinosamente a terra. A spingerlo, una forza misteriosa della quale a Naruto sfuggiva l’entità.
«Ma cosa è successo?» domandò.
«Sei stato respinto, non te ne accorgi da solo?»
Respinto? «Cosa diamine vuoi dire?»
«Ah, adesso non ti disturba più la mia presenza, eh?» sogghignò, inclinando la testa per osservarlo dall’alto della sua altezza con più effetto. A Naruto diede fastidio quel suo atteggiamento, ma aspettò in silenzio che gli fornisse le informazioni che gli aveva chiesto. Madara dovette intuire, perché non aggiunse altro, in merito: «Le stanze della Retrobottega sono stanze speciali. Non puoi violarle con la tua presenza.»
«In che senso speciali?» Ma dove cavolo era finito? «Hanno… hanno una loro vita
«Una loro coscienza, qualcosa di simile.»
Naruto ci rifletté, pensoso. Anche le stanze erano vive? Che poi, quindi, le stanze erano vive e le persone morte? O meglio, non proprio morte, ma comunque non vive… non ci stava capendo più nulla.
«E perché non mi – mimò le virgolette con le dita – accettano
«Accetteresti un estraneo nella tua coscienza?»
«Dovrei… parlare con loro?» Si sentì ridicolo da solo per la domanda fatta e, nel frattempo, si immaginò mentre tentava, senza successo, di pregare un uscio affinché si aprisse al suo cospetto e lo facesse girovagare al suo interno.
«La fantasia non ti manca» osservò Madara; poi sospirò. «Ah, non volevo parlartene. Avrei preferito continuare a vederti sbraitare all’infinito contro tutte le porte della Retrobottega – ghignò – ma in fondo mi sono stufato. A lungo andare ci si annoia.»
Tempo di sbattere le palpebre – e di udire le dita di Madara che scoccavano – che Naruto si ritrovò in un’altra stanza; questa, stavolta, non aveva nulla di inconsueto dalle diverse quattro mura a cui era abituato. A parte che fosse particolarmente lugubre, oscura e perfettamente arredata in legno all’apparenza pregiato. Alla scrivania prese posto Madara, che lo invitò, con un gesto della mano, ad accomodarsi di fronte a lui, anche se Naruto non accettò. Di lato, invece, c’erano Senju e Sasuke. Naruto si domandò se quei tre fossero gli unici, insieme a lui, ad abitare la Retrobottega.
«Non pensavo che ti fossi deciso davvero ad allietare le sue pene» ridacchiò Senju. «La tua bontà aumenta di secondo in secondo, Madara.»
«Piuttosto, non ci sarebbe mai arrivato da solo. E non aveva molto tempo.»
«In che senso?» si agitò subito Naruto. «E’ già ora?» Sto già morendo?   
«Non è quello che pensi» replicò Madara. «Ma ci sarà tempo per tutto, poi. Abbiamo un’eternità davanti. E no, per favore» drammatizzò, bloccando sul nascere la reazione di Naruto con un’alzata di mano, «non ripetermi per l’ennesima volta che te ne andrai presto, ho afferrato il concetto. Non ti interessava sapere delle porte?» Naruto annuì, e Madara fu incentivato a continuare. «Le porte della Retrobottega non sono delle normali porte – figuriamoci, la normalità non è di casa, qui.»
Lo noto, avrebbe voluto dirgli Naruto, ma per una volta riuscì a tener chiusa la bocca, con sua estrema sorpresa.
«E, da porte particolari, contengono stanze particolari. Devi sapere che la Retrobottega ha un meccanismo che regge sulla presenza di anime che, come nel tuo caso, non sono capaci di sopravvivere in un corpo danneggiato enormemente e prossimo alla morte. Come se si staccassero da esso, per farla breve. All’inizio, questo avviene parzialmente – e quindi ti trovi tra noi, col cuore che ancora ti batte nel tuo mondo – mentre, se non riesci a uscire di qui, la separazione sarà totale, portandoti alla morte sulla Terra e alla permanenza infinita da noi. Ma fin qui immagino ti fosse abbastanza chiaro.»
«Chiaro.»
«E quindi» riprese Madara, «cosa mai potrebbero rappresentare quelle porte? Non ti sforzare, te lo dico io. Sai già che hanno delle coscienze proprie, ma, differentemente da quello che potresti pensare, tali coscienze non appartengono propriamente alle stanze, quanto alle persone. Ogni stanza, quindi, rappresenta un individuo. Nello specifico, una determinata coscienza. Nuove stanze si formano ogni volta che qualcuno mette piede alla Retrobottega, e per tutti gli altri è impossibile entrarvici. Come hai potuto constatare, molte stanze sono simili tra di loro, mentre altre sono totalmente diverse. Alcune estremamente vuote, in altri ritrovi oggetti.»
«E questo com’è possibile?»
«Ci stavo arrivando.» Naruto s’imbronciò al suo tono nervoso e da padrone, ma lasciò perdere, in quanto fremeva dalla voglia di sapere. «La conformazione della stanza dipende principalmente da ciò che l’individuo pensa» chiarì. «In molti, focalizzandosi sull’esperienza che li ha portati al coma, raffigurano soprattutto quella, ed è per questo che ti sei imbattuto perlopiù in strade. Gli incidenti stradali aumentano a dismisura per colpa dell’idiozia della gente. In ogni caso, ovviamente ci sono delle eccezioni: non tutte le menti si fossilizzano sul giorno dell’incidente; quelle più forti sono in grado di… modificare la loro stanza come preferiscono.»
«Quindi c’è anche la mia da qualche parte?» domandò Naruto, interessato. «E, se la trovo, potrò uscire da qui? Si può andare via solo tramite la propria porta, giusto?» chiese, speranzoso.
«Ovviamente no.» Madara si divertì a leggere la speranza sul suo volto che si dissolveva tutta a un colpo. «Non ti avrei detto nulla, se questa informazione avesse potuto aiutarti anche solo minimamente. E che non ti salti in mente di accusarmi di fingere. Nessuno dei due ci guadagnerebbe nulla.»
«Uffa, maledizione» borbottò l’altro tra i denti, cascando giù per la collera. Si sedette a terra, le gambe incrociate e la testa bassa. «Pensavo di averci visto giusto.»
«Ne sono profondamente spiaciuto
Sì, come no.
«Toglimi almeno una curiosità» mormorò. «La tua stanza della coscienza è questa?»
«Oh, no. La stessa Retrobottega rappresenta la stanza della mia coscienza» sogghignò Madara. «E tutto quello che vedi assume le sembianze che io voglio. Que-»
«Anche se io insisto nel dire che la tua stanza è quella bianca, Madara. Vuota, per una testa vuota come la tua» s’inserì Hashirama, scemando la tensione – e beccandosi un’occhiataccia furente; inoltre, Madara aveva stretto tra le dita il calamaio sulla scrivania, apparentemente pronto a lanciarglielo contro, spappolandoglielo. Hashirama intuì di doversene stare in silenzio, anche se non smise di sorridergli. Sasuke, invece, sembrava concentrato, perso tra i sue pensieri.
«C’è altro che vuoi sapere?» domandò Madara, rivolgendosi a Naruto.
«Approfittane, non lo troverai più così disponibile» gli suggerì Senju, fingendo di abbassare la voce per non farsi sentire.
«Hashirama, taci.»
Naruto non riuscì neanche a focalizzarsi sul fatto che Madara avesse chiamato Senju con un altro nome che non aveva afferrato al cento per cento. Si sentiva leggermente avvilito: credeva di esserci arrivato, e invece non poteva esserci più lontano. E non aveva alcun indizio, e poi nessuno sembrava intenzionato a parlargliene. Senza contare che non c’era alcun’altra persona, oltre loro, a cui avrebbe potuto domandare. Si chiese che fine avessero fatto tutti gli altri, i proprietari delle infinite stanze: trovava surreale che, con tutti gli incidenti quotidiani, soltanto lui si trovasse – sulla Terra, ovviamente – in una situazione clinica simile.
«C’è una cosa che voglio sapere» disse, interrompendo i bisbigli tra Madara e Hashirama, persi in un botta e risposta tutto loro. «Dove sono tutti gli altri? Non ci credo che voi siete gli unici.»
Pensò anche a che relazione dovesse esserci tra quei tre: Sasuke e Madara si assomigliavano anche, mentre Hashirama… magari solo le anime forti resistevano come corpo, ma gli pareva comunque difficile che fosse per questo.
«Finalmente un’osservazione accurata» si complimentò Madara. «Non devi preoccupartene. Presto non sarai più da solo. Se preferisci chiamarlo così, comincia il livello due.»  

 
 
 
























 
 
 
 
 

Salve a tutti! *----------*
Avendo finito l’altra storia a cui lavoravo, ho potuto riprendere Retrobottega. ♥
Abbiamo svelato pure il femminile che, di fatto, era una cretinata. XD
Comunque, devo dire che mi piace la piega che sta prendendo questa storia. Mi spiace che, per ora, non sembri una SasuNaru, quanto una Naruto centric + Madara XD, però E’ una SasuNaru. Più che altro, erano necessarie delle spiegazioni, e questo ho fatto. UwU
Sono contenta di come sta venendo il racconto e specialmente dell’originalità che, secondo me, gli sto dando. Solitamente, credo di peccare spesso da questo punto di vista, e spero che con Retrobottega non accada.
L’ho notato mentre scrivevo: chi conosce Yugioh! avrà potuto notare un parallelo tra le stanze di Retrobottega e le “stanze dell’anima” ù---ù” Non era intenzionale – sembra assurdo, lo so –, però, dato che me ne sono accorta, ho preferito puntualizzarlo (forse vuol dire che inconsciamente penso sempre anche a Yugioh!, oltre che a Naruto XD).
E che altro… spero che sia tutto chiaro. UwU
Ovviamente, la soluzione per uscire di qui c’è, ma sarà difficile capire qual è. Il primo tentativo è andato a vuoto. *povero Naruto*
Ah, e la stanza con la nave… di quella riparleremo più avanti. :)
 
Grazie per aver letto, e grazie a chi vorrà lasciare un commento. :)
 
P.S. Non so come me la sto cavando con l’IC, ma adoro rendere Madara così. =ççç=






   
 
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