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Autore: Welle    03/05/2013    1 recensioni
Londra. Città bellissima e piena di vita. Una città in cui magia e mistero si fondono assieme creando una nube che cela terra e cielo. La nostra storia inizia qui, in una città come le altre, con una ragazza come tante... O almeno, questo è quello che saremmo portati a pensare.
Genere: Sovrannaturale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ella trascorse tutta la notte girandosi continuamente da una parte all'altra del letto. I suoi occhi guardavano il soffitto. La mente vagava tra mille dubbi e pensieri a cui non sapeva trovare una risposta e sapeva che non sarebbe stato affatto facile. Questa storia di essere Persefone le stava corrodendo lo stomaco. L'idea di poter fare qualsiasi cosa volesse da un lato la faceva sentire libera e potente, ma dall'altro una strana paura ormai l'aveva assalita. Quella sera, infatti, prima di coricarsi aveva navigato in rete cercando di avere più informazioni sulla mitologia greca. Certamente ne era rimasta affascinata, ma al tempo stesso scoprire la malvagità di alcune divinità -tra cui Crono- le aveva messo non poca agnoscia. Aveva ormai rinunciato a trovare una spiegazione logica, ma non per questo avrebbe permesso che tutte le scivolasse addosso passivamente. Non si sarebbe lasciata andare, mai. Chiuse gli occhi un istante e quando li riaprì il sole era sorto. Non era stata la sveglia a farla alzare. Le palpebre le pesavano molto date le pochissime ore di sonno. Si preparò in silenzio e, notando che erano appena le sei del mattino, decise di andare a farsi un giro.

Il suo quartiere era sempre stato un posto tranquillo e silenzioso, ma vederlo a quelle ore del mattino lo rendeva quasi inquietante. Non era la prima volta che percorreva quelle stradine senza una meta. Le piaceva la sensazione di poter dare libero sfogo alla sua mente, senza che qualcuno la incontrasse e capisse dal suo sguardo che qualcosa non andava. Giunse al piccolo parco di Villa McBryan. I McBryan erano i conti del quartiere che avevano da sempre messo a disposizione le loro proprietà: la possibilità di visitare il giardino della loro casa ne era un esempio. Si sedette su una panchina e senza troppi interrogativi raccolse una margherita. La mise sul palmo della mano destra e con l'altra inizià ad accarezzarne i sottili petali bianchi. Questi immediatamente iniziarono a cambiare colore. Divennero arancioni. Neanche il tempo di sorridere soddisfatta, che questi diventarono viola. Poi azzurri, rossi e rosa. Il vestito di quel fiore non era più un unico colore, bensì un oceano di sfumature che si fondevano assieme.

D'un tratto, poi, la borsa di Ella prese a muoversi, come se fosse stata colpita da qualcosa. La aprì e notò che il libro nero si stava agitando, come se volesse comunicarle qualcosa. Lo tirò fuori e questo si aprì sulla seconda pagina. I simboli avevano iniziato ad illuminarsi. L'ultima volta che era successo lo spirito di Persefone l'aveva riconosciuta e, a meno che quel libretto soffrisse di amnesia, stavolta stava cercando qualcun altro. Si alzò dalla panchina e mise il libro a terra. Questo, come sospinto da una corrente, iniziò a volare. Ella iniziò a seguirlo e ben presto si ritrovò a correre. Si rese conto di dove si stesse dirigendo solo quando iniziò a scorgere l'imponente cancello bianco che separava l'abitazione dal parco aperto ai visitatori. Il libro allora si fermò a terra, come se d'un tratto quell'euforia che l'aveva animato l'avesse abbandonato. La giovane lo raccolse e lo mise in borsa. Guardò in direzione della villa. Evidentemente qualcuno in quella casa aveva a che fare con quella faccenda. Senza troppe esitazioni tornò a casa per fare colazione e decise che avrebbe raccontato tutto al signor Smith. Sicuramente lui avrebbe avuto la risposta.

 

***

« Ovviamente il libro ha individuato un'altra persona»

Queste furono le parole del signor Smith al sentire ciò che era successo.

« Ma questo “spirito”, diciamo, è dei buoni?»

Chiese poi Ella mentre accarezzava Bernoccolo.

« Certo che sì. Se il tuo libro l'ha trovato, vuol dire che sta dalla nostra parte. Il libro di Persefone, quindi il tuo, ha il compito di risvegliare solo gli “spiriti” -disse lui come per farle il verso- che combatteranno Crono. Il libro di Ade quelli che combatteranno al suo fianco.»

L'idea di poter incontrare qualcuno nella sua stessa situazione l'alleggeriva non poco. Avrebbe finalmente potuto confidare le proprie paure a qualcuno in grado di capirla.

«A proposito di Ade» - intervenì Ella- « Come facciamo a sapere se Ade ha aperto il libro?»

« Siete collegati voi due. Entrambi siete la chiave per dare inizio alla profezia e per chiudere questa faccenda una volta per tutte. Se tu hai trovato la Profezia, allora anche lui c'è riuscito.»

Il signor Smith parve non voler aggiungere altro.

A quanto pare anche quel giorno sarebbero stati chiusi. L'idea dell'uomo era quella di concentrarsi al massimo sui poteri della giovane dea affinché potesse essere avvantaggiata nella ricerca degli altri spiriti. La mattinata trascorse noiosamente, con Ella alle prese con quel felino a cui si stava pian piano affezionando. Aveva ormai scoperto quali erano i suoi croccantini preferiti, aveva capito che l'uomo-talpa gli stava antipatico -ma questo non glielo avrebbe mai rivelato- e aveva per di più scoperto dove abitasse prima di spostarsi nella biblioteca. Era un gatto interessante, dopo tutto, però la qualità degli argomenti iniziava a calare dopo un quarto d'ora di lettura nel pensiero.

« Anche oggi finiamo a pranzo?»

Azzardò Ella sorridente, cercando di tirare fuori la parte più convincente di se stessa.

« Certo che no»

La risposta del suo capo arrivò veloce e dolorosa come un calcio in faccia. Non aveva molta voglia di psicoanalizzare quell'animale per tutto il pomeriggio. Fortunatamente, però, l'allenamento pomeridiano prendeva in considerazione l'aspetto pratico. Che Ella fosse un asso nel far cambiare i petali ai fiori, questo era indiscusso. Il potere di Persefone, però, andava oltre. Un sorriso compiaciuto sul volto della ragazza espresse la sua voglia di imparare sempre più.

« Prova a far crescere questa pianta. Non aver paura di esagerare»

Le indicazioni del maestro furono chiare e concise. Posizionò sul tavolo un vaso. Conteneva solo terra. A quanto pareva doveva esserci un seme seppellito da qualche parte. Tese la mano destra e strizzò gli occhi. Il viso cominciava a diventare sempre più colorito. Una risatina stridula la fece voltare scocciata.

« Scusami Ella, ma non devi farti mica venire le emorroidi. Deve essere qualcosa di naturale».

Tornò a focalizzarsi sul vaso e chiuse gli occhi. Provò ad entrare in sintonia con quel piccolo seme, proprio come aveva imparato a fare con Bernoccolo. Sentiva come il battito di un cuoricino. Una sorta di connessione si creò fra lei e la pianta, che iniziò a fendere la terra sempre più fino a raggiungere la superificie. Quando aprì gli occhi notò che il frutto del suo lavoro non era nient'altro che un piccolo germoglio, però le andava bene così.

Le prove che le toccarono poi riguardavano la manipolazione dell'acqua. Doveva provare a creare dei vortici in una bacinella, ma l'unica cosa che riuscì a fare fu una bolla che scoppiò non appena si staccò dalla superficie dell'acqua.

L'orologio andava avanti ed Ella si sentiva sempre più stanca. Il signor Smith, infatti, la congedò prima del previsto poiché usando i propri poteri per così tanto tempo le sue energie ne avevano risentito. Uscita dalla biblioteca comprò un trancio di pizza e fece ritorno a Villa McBryan. Il suo mentore le aveva detto che non poteva aiutarla in alcun modo nella rilevazione delle altre divinità, dal momento che il libro rispondeva solo a lei. Decisa, arrivò davanti al cancello bianco e suonò. Attese alcuni istanti e una voce maschile rispose.

«Sì?»

Si trovò praticamente spiazzata, poiché non aveva pensato cosa dire nell'eventualità che qualcuno le avrebbe risposto. Rimase in silenzio qualche istante mordendosi le labbra carnose. La sua mente stava elaborando qualcosa di sensato da dire quando la voce riparlò.

« C'è qualcuno?»

«Sì!»

Si limitò a dire.

«Sono Ella Noore, studio sociologia all'Università. Sto facendo un sondaggio, ha qualche minuto da perdere?»

Non era una scusa niente male, in fondo. Guardare tutti quei film horror in cui dei forestieri si intrufolano in casa della propria vittima non era servito solo a farla spaventare a morte.

«Un attimo»

La voce scomparve. Ella intanto frugò nuovamente nella borsa ed aprì alla seconda pagina. I simboli erano ancora luminosi.

« Il conte McBryan l'aspetta»

Un rumore fece capire che il citofono era stato riagganciato e da lontano, la ragazza poté notare la figura di un giovane che avanzava. Aveva i capelli biondi, occhi verdi come le foglie degli alberi e una pelle olivastra da togliere il fiato. Non appena fu più vicino Ella poté notare quanto fosse davvero affascinante. Il ragazzo aprì il cancello premendo un pulsante sullo stesso ed Ella entrò. Porse la mano e si presentò.

«Piacere, Ella Noore»

«Piacere, Oliver»

La voce era diversa da quella del citofono. Come aveva ipotizzato, la famiglia McBryan poteva permettersi addirittura dei maggiordomi.

«Scusi l'intrusione, ma sto conducendo questo sondaggio e sarebbe stato un peccato non poter intervistare anche lei»

«Ti prego, dammi del “tu”! Avrò anche appena compiuto trent'anni, ma mi sento ancora giovane»

La risata profonda e secca di Oliver coprì il rumore che proveniva dalla borsa di Ella. Il libro ormai era posseduto da chissà quale demone. Si agitava troppo violentemente.

I due entrarono in casa e si accomodarono in quello che doveva essere il soggiorno. Alle pareti erano appesi grandi quadri che ricordavano paesaggi visitati in tempi ormai lontani. Per terra un enorme tappeto persiano rosso che riscaldava l'ambiente e dei divani dal tessuto color panna riempivano la stanza.

« Sono tutto tuo, Ella!»

Un sorriso imbarazzato le solcò il viso. Non aveva la minima idea di come procedere. Effettivamente fin da piccola non era mai stata un asso nel pianificare le cose. Di solito era Bonnie che dava l'idea e lei che la metteva in atto. Lei era il braccio che scendeva in azione, non la mente che organizzava il tutto.

«Sì ecco...»

Aprì la borsa e tentò di tirare fuori la sua piccola agenda dove era solita scrivere gli appuntamenti dall'estetista o dal parrucchiere. I movimenti irrequieti del libro rendevano alquanto difficile la manovra.

«Ci sono quasi...»

Infilò anche l'altra mano dentro per tenere fermo quel dannato mostro di carta e riuscì a poggiare sul tavolino dinnanzi a lei l'agenda e una penna.

« Iniziamo con i dati anagrafici...»

Azzardò lei aprendo l'agenda e cercando di essere la più professionale possibile.

« Vediamo... Oliver McBryan, nato a Londra nel 1983.»

«Molto bene...»

Rispose lei. Non si accorse di aver recitato quella frase come Edna Mode de “Gli Incredibili”. Guardò di nuovo la borsa. Continuava a sobbalzare.

«Cosa c'è li dentro?»

Chiese lui curioso.

«Il mio cellulare... Sai, ho messo una vibrazione molto potente»

Oliver inarcò un sopracciglio, scettico. D'altronde non era affar suo e decise di lasciar stare, per dedicarsi al meglio alle domande della ragazza. Ella, invece, sapeva che più tirava alla lunga quella situazione più sarebbe diventato difficile. Così, senza pensarci due volte, prese il libro nero e lo posò sul tavolo, aprendolo.

«Cos'è?»

Non ci fu bisogno di rispondere. Ciò che era successo con Ella, ora stava accadendo con Oliver. Le parole si staccarono dalla pagine e al posto della parola “Persefone”, adesso c'era un altro nome: Ermes.

  
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