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Autore: Peter The Sloth    17/05/2013    0 recensioni
Alla morte di Ivan IV Il Terribile, Zar di Russia, le acque della Storia iniziano a farsi meno limpide: si apre il periodo dei Torbidi, una delle fasi più oscure per la Russia.
Vatslav, giovane figlio di una famiglia di ricchi mercanti di pellicce residenti a Perm, nella Moscovia orientale, entra nella maggiore età proprio in questi anni.
Tra intrighi di palazzo, una carestia che mette in ginocchio tutta la Russia, guerre ed un viaggio verso la salvezza, la fuga dal grande ingranaggio della Storia da parte del giovane mercante si rivelerà ben più arduo della vita all'interno dell'ingranaggio stesso.
Genere: Avventura, Guerra, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Epoca moderna (1492/1789), Periodo Zarista
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Torbidi.

16 agosto 1601.

 
Ho visto Mosca.
Ho visto l’orrore.
Ho visto gente mangiare erbacce a non più di cinquecento metri dal Cremlino.
Ho visto un bambino morto in una buca scavata con le sue stesse mani. Probabilmente cercava lombrichi da servire come portata principale del suo pasto.
Ho visto un giovane provare a masticare una moneta. Non esiste più il valore di un pezzo d’oro. Non è commesitibile. D’altronde, fornai aperti dove ci fosse pane ce n’erano? Magari quel ragazzo era il garzone di un mugnaio.
Ho visto una donna, nuda. Era ancora viva, mentre due uomini a turno la azzannavano. Ma la fame le toglieva la forza di chiedere aiuto: figuriamoci per reagire.
Ho visto tante cose.
Ho visto la fame.
Ho visto la morte.
Ho visto il destino dello Zar di Russia.
Abbiamo appoggiato l’uomo giusto?
Miron non è con noi. Lui non può formulare i miei pensieri, ora. Devo pensare da solo.

E’ così difficile, maledettamente difficile pensare da solo.
 

17 agosto 1601.
 
Cammino verso il Cremlino. Ho rifiutato la carrozza. Mi aspetterà direttamente vicino alla reggia. Lì mi renderò presentabile. Mi sono messo, infatti, le cose meno nobili che avevo. Ho preso un sacco con gli avanzi della cena di ieri e di ieri l’altro e me lo sono portato dietro.
Nessuno, con mia sorpresa, mi è saltato addosso. I boiari sono molto rispettati, qui: io non sono un boiaro, ma posso ben sembrare tale. O per lo meno il pargolo di un boiaro.
Un ragazzo, ancora imberbe, mi guarda con uno sguardo famelico. Un po’ titubante, decido che sarà lui a distribuire gli avanzi. Lo chiamo a me e m’accorgo che mi guarda con occhi d’ammirazione più che famelici. Confermo, ben più sollevato, la mia decisione di consegnargli il cibo. Mi posso fidare.
Finalmente gli parlo.
-Compagno, vado errato per il Cremlino se percorro questa strada?
-No, senza fallo alcuno, vostra Signoria.
-Vostra Signoria! E che linguaggio è mai questo? Ti sembro per caso un nobile?
-Beh, un uomo così ben vestito non può che essere…
-No, no-, lo interrompo, -sono solo un mercante di pellicce e sono vecchio al massimo cinque anni più di te.
-Mi scuso.
-Non ti preoccupare. Grazie dell’informazione.-, gli dico. Faccio per andare, ma dopo essermi fermato e dopo alcuni ben studiati sguardi intorno a me, torno indietro e gli dico: -Dimmi, compagno, da quant’è che Mosca è in questa situazione?
-Poco, signore. Due mesi al massimo. Ci siamo resi conto del disastro tardi.
-Ma…-, provo ad intervenire.
-Ma la fame è iniziata prima, lo so. Prima, però, solo i più sventurati erano in ginocchio e morivano. La mia famiglia è benestante. O meglio, era benestante. Mio padre era un uomo libero. Era un falegname di successo: io il suo garzone.
-Ed è successo così, di colpo?-, dico con aria scettica e con un tono sarcastico. Lo prendo sottobraccio e gli dico, con fare paterno: -Compagno, cose del genere succedono gradualmente, io studio la storia e so per certo che i Rurik non si sono insediati di botto…
-Gordunov sì.
Il ragazzo mi ha lasciato a bocca aperta. Ha interrotto la mia recita con due parole. Il ragazzo mi piace sempre di più.
-Com’è che ti chiami, compagno?-, chiedo con un mezzo sorriso.
-Andreij, signore.
-Senti, Andreij, se mi chiami ancora una volta signore mi sento in dovere di avvisarti che, anche se non sono un boiaro, so usare anch’io bene la spada-, dico con un’aria vagamente spiritoso.
-Non volevo…-, prova a scusarsi lui. Non ha colto l’ironia. E’ prudente. Una qualità.
-Non ti preoccupare. Ora sapresti accompagnarmi? Te ne sarei grato. E ti ricompenserei lautamente.
I suoi occhi si illuminano. Il bagliore di un secondo.
-Non posso, signore. Non posso lasciare i miei fratelli da soli con mia madre.
-Oh, sì che puoi. Di’ loro che lo fai per cibo.
La scintilla famelica ritorna ancor più vigorosamente potente nei suoi occhi.
-Signore mio, non so come…
Sguaino la daga. Lui salta indietro di due metri buoni e atterra di schiena.
-Visto che so usare la daga?-, gli dico. Il ragazzo scoppia a ridere. La paura è scomparsa; è già scomparsa. Un’altra qualità. Ha un animo così pieno d’energia che mi sento costretto a ridere anch’io.
-Chiamami Vatslav, compagno. Vatslav L’vovic Rachmrninov.
-Andreij VladimirovicNagy.
Ci guardiamo con sguardi vagamente compiaciuti. Dico: -Beh, dopo di te, Andreij.
Mentre ci avviamo verso il Cremlino, Andreij si fa strada tra gli elemosinanti promettendo, da parte mia, cibo a destra e a manca.
In un momento di quiete, rompe il silenzio.
-E dimmi, compagno Vatslav, perché mai vai al Cremlino?
-Ho un appuntamento con la persona più sventurata di Russia-, rispondo.
-Ah sì?-, dice divertito Andreij, - e chi mai sarebbe questo sventurato che vive al Cremlino?
Con una naturalezza ben studiata, guardo avanti e gli rispondo: -Un certo Boris Gordunov.
Si ferma a guardarmi, basito. Mi fermo un secondo e gli faccio segno di proseguire a camminare. Mi segue.
  
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