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Autore: Mary P_Stark    30/05/2013    3 recensioni
Brie e Duncan guidano il branco di Matlock, il Concilio di Anziani è stato destituito e un nuovo corso è iniziato. Assieme a questa nuova via, nuovi amici e vecchi nemici fanno il loro ingresso nella vita dei due licantropi e un'antica, mistica ombra sembra voler ghermire tra le sue spire Brie, che non sa, o non ricorda, chi possa volerla morta. SECONDO CAPITOLO DELLA TRILOGIA DELLA LUNA. (riferimenti alla storia presenti nel racconto precedente)
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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19.

 


 

Un treno in corsa lanciato contro di me, lo scoppio di una bomba sulla mia testa e una colata di argento puro, non avrebbero potuto farmi più male di quanto stessi patendo in quel momento.

Mantenere la lucidità era quasi impossibile e, non potendo usare i miei poteri a causa di gleipnir , ero costretta a subire le torture di Lot senza poter far nulla per difendermi.

Ma dovevo continuare a controllare ciò che ero, o Loki avrebbe vinto.

Lot, dal canto suo, si stava divertendo un mondo a infliggermi quelle torture, convinto com’era che, prima o poi, avrebbe visto il compimento della sua vendetta su Fenrir.

Era quasi ironico conoscere la verità, e sapere che tutti i suoi sforzi di farmi patire il male maggiore possibile, a fronte di danni mediocri al mio corpo, serviva a tutt’altro scopo.

Loki voleva che perdessi il controllo di me stessa prima di morire, perché i miei poteri esplodessero e dessero il via al suo sogno di conquista.

Una volta perso il pieno possesso delle mie facoltà, avrei scatenato una forza tale che solo la Madre avrebbe potuto fermare. E ciò non sarebbe successo, poiché la Madre non ha di questi compiti.

Non è suo dovere controllare questo genere di energie, ma coloro che le detengono. E Loki lo sapeva meglio di chiunque altro.

Perciò, con le poche forze che mi rimanevano, cercai di non cedere all’oscurità che stava cercando di divorarmi centimetro dopo centimetro, mentre Lot continuava a infliggermi sottili ferite in ogni parte del corpo con l’ausilio dei suoi artigli.

Avevo scoperto fin troppo presto che i licantropi e i berserkir sono diversi sotto molti aspetti.

Una cosa in cui siamo differenti, sono gli artigli.

Come le ferite da artiglio di licantropo, o da argento – che stentavano a rimarginarsi come una ferita normale, e lasciavano cicatrici indelebili – quelle procurate da un berserkr lasciavano tracce permanenti e non si richiudevano in breve tempo.

Ma, a differenziarci, le ferite dei berserkir bruciavano come l’inferno in Terra, come se il corpo fosse stato immerso nel magma incandescente. .

Questo contribuiva a farmi perdere la battaglia contro l’oscurità dilagante che percepivo dentro di me, sempre più ampia, sempre più incontrollabile.

Non ero sicura di quanto tempo fosse passato dall’inizio di quella tortura ma, di certo, non avrei potuto continuare ancora per molto a contenere il potere che era in me, e che serviva a Loki per il Ragnarök.

Le mie forze erano ormai allo stremo e, presto o tardi, avrei ceduto, riversando in quell’enorme stanza circolare tutte le mie energie, riempiendola come un calderone fumante, in attesa che esplodesse sul mondo come una bomba atomica.

Loki, nel frattempo, osservava tranquillo l’intera scena, in piedi alle spalle di Lot. .

Era fiero e sicuro della sua vittoria, trepidante nell’attesa che io perdessi la lotta e rilasciassi tutto il mio potere.

Ancora non cedi, figlio?

Sobbalzai di sorpresa, nel sentire quella voce nella mia testa.

Nonostante fossi impegnata a resistere alla sottile quanto tremenda tortura di Lot, in quel momento impegnato a ferirmi una coscia con i suoi artigli ricurvi, percepii distintamente quel messaggio mentale.

Non avevo previsto che Loki avrebbe fatto una simile mossa.

Non cedetti allora, non cederò adesso, replicò Fenrir. E neppure la mia protetta lo farà.

Fenrir poteva rispondere lucidamente poiché solo io avvertivo dolore, non lui.

Non commetterò nuovamente l’errore di permetterti di uccidere il tuo corpo. Cederai a me!

Ancora oggi non comprendi perché lo feci?!, ringhiò Fenrir, adirato.

“Non puoi pretendere che lo faccia… non è nella sua natura”, replicai a Fenrir, ormai allo stremo.

Vincerò io, figlio, e tu non potrai fare nulla per impedirmelo!

Detto ciò, scomparve dalla mia mente e, sfiorata una spalla di Lot con la mano, Loki dichiarò: “Ora è il mio turno. Il sangue per il rito è sufficiente, e credo che tu ti sia divertito abbastanza, con lei.”

Chiusi gli occhi per un momento, indifferente a Loki e a tutto ciò che mi circondava, desiderosa soltanto di mantenere il controllo su me stessa. Solo a quello dovevo pensare.

Lot lasciò il suo posto a Loki che, divertito probabilmente dal mio strenuo tentativo di non cedergli, sfiorò con le mani il mio viso, portandosi poi le dita zuppe di sangue alla bocca, dove le leccò.

Sorrise maggiormente, gli occhi da invasato che mi fissavano vogliosi, e mormorò: “Il tuo potere è inebriante. Mai avevo assaggiato sangue di strega, e ora capisco quanto potere avesse Avya, tramite Fenrir. Il loro legame l’aveva eletta tra le donne, rendendola migliore e più potente.”

Il suo viso si contorse all’improvviso un attimo dopo e, feroce, concluse: “Un onore che non avrebbe mai dovuto avere! Nessuna di voi avrebbe dovuto vedere la luce! Nessuna di voi avrebbe dovuto avere sangue divino nelle vene!”

Scossi il capo, indispettita dalla mia impossibilità di parlare e lui, lappandosi le labbra per suggere le ultime gocce del mio sangue rimaste sulla sua bocca, dichiarò soddisfatto: “A ogni modo, ora tutto si compirà come avrebbe dovuto compiersi millenni fa, nonostante i tuoi goffi tentativi per impedirlo, figlio.”

A quel punto, sorrise ghignante in direzione di Lot, sorprendendomi non poco, mentre il berserkr ci osservava con una muta domanda negli occhi, per la prima volta percorsi dal dubbio.

Lo sguardo di Loki spaziò oltre la figura imponente di Lot, abbracciando l’intera caverna di ghiaccio ialino e le figure dei berserkir disposte intorno al lago.

Ritti sui vertici delineati da sottili linee biancastre – che il dio dell’inganno aveva tracciato sul terreno scuro, mentre il mio rapitore si era occupato di me – attendevano fieri che tutto si compisse.

Il fatto che non conoscessero la realtà dei fatti, rendeva quella macabra messa inscena ancor più triste, ai miei occhi.

Che cosa rappresentassero le linee tracciate da Loki, non mi era dato sapere, ma ipotizzai avessero a che fare con il rituale per sprigionare l’energia di Fenrir attraverso il mio corpo mortale.

Non immaginai neppure per un istante che le sue mire fossero ben altre.

Estratto il pugnale dalla lama nera che portava appeso in vita – era forse ossidiana? –, Loki si avvicinò di un paio di passi a Lot e, sollevando le sopracciglia con aria mefistofelica, esclamò: “Sacrifica te stesso per la fine di tutto!”

Avvenne tutto in pochi secondi.

Nel tempo che io impiegai per rendermi conto di cosa stesse facendo Loki, lui accoltellò al torace Lot..

A occhi spalancati, e con l’aria smarrita di chi non comprende cosa stia avvenendo intorno a sé, il berserkr crollò a terra con un rantolo soffocato, e una domanda sulle labbra socchiuse.

Il suo corpo scivolò innaturalmente sulle rocce, mentre le grida dei berserkir si levarono come tuoni nella caverna.

Nessuno di loro, però, poté muovere un passo verso il proprio comandante.

La griglia in cui Loki li aveva posizionati li imbrigliava a terra, anche se non pensai neppure per un momento che servisse solo a tenerli lontani da lui.

Un attimo dopo aver ferito a morte Lot, Loki si portò il coltello alla bocca, succhiò avidamente il sangue del berserkr e, esultante, gridò: “Figli della Luna e della Terra, col vostro sangue liberate il Caos! Cadano i nove regni, il Bifröst che da Asgard ci divide e Yggdrasil che tutto protegge!”

Uno dopo l’altro, i vertici ove i berserkir erano stati sigillati da Loki con l’inganno, si illuminarono come dotati di vita propria, espandendo luce dorata fino alla volta circolare della grotta.

 Avvolti da quel fuoco divino, i corpi dei figli della Terra perirono, donando la loro vita per una causa che mai, nelle loro esistenze di seguaci della Madre, avrebbero voluto perseguire, se avessero conosciuto la verità.

Lì, circondata da quelle luci che mi ferivano gli occhi, stavo io, immobilizzata da gleipnir, spettatrice muta di quell’orrenda morte e del trionfo ormai vicino di Loki..

Il dio, ridendo sprezzante – e incurante delle urla di dolore dei berserkir – ammirò fiero ciò che aveva fatto, e che lo stava portando verso la meta finale, senza alcun ostacolo a fermarlo.

Fu a quel punto che mi accorsi di piangere.

Calde e livide lacrime scivolavano sulle mie gote, impregnando il bavaglio che mi rendeva impossibile gridare il mio orrore.

Tutto era finito. Niente restava a fermare l’ascesa di Loki.

Strinsi le palpebre come a voler fermare quel fiume salato e inarrestabile mentre Fenrir, dentro di me, urlava: Non cedere! Non cedere ora!

“I berserkir sono morti, io non ho più forze. Che altro rimane?” replicai, ormai vinta.

La speranza.

Sempre ridendo, Loki afferrò la spada che un tempo aveva sigillato e ucciso Fenrir e, levatala alta sopra la testa, mi fissò con aria vittoriosa. .

Mentre le luci continuavano a divorare i berserkir, riducendoli a poltiglia sanguinolenta – che andava ad alimentare il cerchio di potere che anch’io, col mio sangue, avevo contribuito a fortificare – gridò al mio indirizzo: “La vittoria è mia!”

“Addio, Duncan” sussurrai tra me.

Le luci dorate si rifletterono sulla lama della spada, lanciando lampi luminosi attorno a me, mentre essa calava ferale sul mio capo.

Non sopportai oltre. Chiusi gli occhi e sperai soltanto di non vedere l’inizio della fine del regno della Madre.

Ma il colpo non arrivò mai.

Al suo posto, un sibilo.

E un grido.

Sorpresa, tornai a spalancare gli occhi, incredula di essere ancora in grado di comporre pensieri coerenti.

Sbarrando le palpebre fino a farmi male, scrutai senza comprendere il viso sconvolto e stupefatto di Loki, immobile dinanzi a me e apparentemente incapace di portare a termine la sua vendetta.

A bocca socchiusa e con sguardo confuso, osservava la punta di freccia argentata che spuntava dal suo petto, all’altezza del cuore, senza comprendere da dove essa potesse essere giunta.

Fu come un fiume, onda di piena, un uragano al suo massimo fulgore.

Arrivò come pioggia, e dilavò.

Uno, tre, dieci, venti…

Trenta licantropi irruppero nella grotta con grida e ringhi, i corpi segnati da un’aspra lotta. .

Una seconda freccia, scagliata da Duncan dalla sponda più lontana del lago, andò a conficcarsi nella mano di Loki, che reggeva la spada che avrebbe dovuto decretare la mia fine.

Il grido di Loki si confuse con quello dei lupi che, aggirando le luci spettrali, si gettarono nel lago per raggiungermi, Duncan e Alec in testa al nutrito gruppo di licantropi inferociti che erano giunti per salvarmi.

Crollando su un ginocchio, il suo sguardo che gridava forte il desiderio di portare ugualmente a termine il rito per il Ragnarök, Loki mi fissò torvo, appoggiandosi alla spada. .

Con un ringhio, ansò: “Possono colpire il corpo ma ho ancora i miei poteri, per quanto essi non siano forti come i tuoi!”

Mi scossi con violenza per cercare di liberarmi, tentando con ogni stilla di energia residua di impedirgli di far loro del male, ma ogni mio tentativo fu inutile.

Quanto fu inutile quello di Loki.

Prima ancora che lui potesse concentrarsi per chiamare a sé le energie divine che risiedevano nel suo giovane corpo di lupo, una terza freccia trapassò il suo cranio, uccidendolo sul colpo.

Le luci sui fulcri di potere si spensero di colpo così come si erano accese e, d’improvviso, nell’enorme grotta scese il silenzio.

Le mie membra si rilassarono, mentre lo sguardo restò inchiodato al viso di Loki, frizzato nell’istante della morte, i suoi occhi colmi di furore, spalancati e increduli.

Nulla veniva dal suo corpo, né un alito di vita, né il battito del suo cuore..

Dell’anima, nessuna traccia.

Era dunque finita?

Voci sommesse si allargarono attorno a me, mentre il calore delle auree dei lupi mi circondavano come coperte di spesso velluto.

Accennando un sorriso nonostante il pesante bavaglio, scrutai grata tutti coloro che erano giunti lì per me e, per la prima volta da giorni, fui felice.

Duncan fu il primo ad avvicinarsi, subito seguito a ruota da Alec e Lance. .

Insieme, mi liberarono da gleipnir e dal bavaglio e io, crollando tra le braccia di Duncan, esausta e ai limiti dello svenimento, esalai: “Sei… venuto…”

“Non ti avrei mai lasciata qui a morire” sussurrò, avvolgendomi delicatamente tra le braccia, mentre Lance controllava sommariamente i miei parametri vitali.

Lo vidi levare lo sguardo per cercare il mio e, sorridendo, mormorò: “Ehi, principessa. Stavolta te la sei vista brutta.”

“Già” sussurrai con un gracidio mentre Beverly, giunta subito dopo di loro, si tolse la giacca a vento per farmela indossare.

Sussultai parecchie volte, mentre le maniche sfioravano la mia pelle tumefatta e piena di lividi e ferite, effetto collaterale della tortura infertami da Lot. .

Già sul punto di ringraziarla, aggrottai la fronte al pari degli altri, quando avvertii un suono che non avrei mai pensato di sentire.

Un rantolo.

Tutti ci voltammo per capire se, contrariamente a quanto avevamo pensato, Loki fosse sopravvissuto alle frecce di Duncan ma, a emettere quel suono strozzato e sottile, si rivelò essere Lot.

Sgranando gli occhi, mi scostai a fatica da Duncan e, avvicinandomi gatton gattoni a lui – non riuscivo a fare altro, distrutta com’ero – sussurrai: “Lot… mi senti?”

Subito, gli altri lupi ci attorniarono, un po’ per sincerarsi che non mi succedesse nulla, un po’ per comprendere cosa stesse succedendo.

Tossendo sangue, Lot aprì gli occhi, fissandomi con aria smarrita, la consapevolezza di aver commesso un errore dipinta a chiare lettere sul suo volto, ora pallido e smunto, segnato dalla morte ormai prossima.

Mi piegai in avanti per non costringerlo a utilizzare più forza del necessario per parlarmi e lui, deglutendo a fatica un paio di volte, mi fissò spiacente, dicendo a stento: “Non volevamo tutto questo. Non volevamo aiutarlo a distruggere, ma a salvare. Avevamo creduto alle sue parole. Pensavamo davvero si trattasse di Tyr.”

“Vi ha ingannati nel peggiore dei modi. Ci ha ingannati tutti” sussurrai per contro, sfiorandogli una guancia con la mano in una carezza che sapeva di perdono.

“Non eri tu il nemico. Non lo sei mai stato” ansò Lot, riferendosi a Fenrir. “Abbiamo mosso guerra solo per salvare … Wotan…”

“Che vuoi dire, Lot? Cosa!” chiesi con una certa veemenza.

“Mi … dispiace…” sussurrò infine il berserkr, prima di chiudere gli occhi.

Con lo sguardo e le mani corsi subito al suo petto, cercando senza trovarlo il battito del suo cuore. .

Sapevo che era una ricerca del tutto inutile, le orecchie mi dicevano chiaramente ciò che le dita non avrebbero mai trovato ma, ugualmente, tastai il suo petto finché Duncan non mi bloccò, mormorando: “E’ morto.”

Levai lo sguardo a scrutare il suo viso e replicai: “E noi siamo nei guai.”

***

Sdraiata comodamente su un divano, e ricoperta da due belle coperte di lana color giada, osservai con occhio insonnolito i miei salvatori, impegnati a brindare davanti al fuoco acceso in un camino .

Non ricordavo nulla del nostro ritorno alla civiltà, né di cosa fosse successo nella grotta dopo il mio svenimento. .

Sperai che l’avessero distrutta.

In quel momento, sentivo solo un dolore assurdo alla coscia destra e un pulsare leggero alle tempie, sintomo dello stress emotivo, e di tutte le energie che avevo perso per evitare che i miei poteri distruggessero tutto e tutti.

Sbattei un paio di volte le palpebre per schiarirmi la vista, prima che Beverly si accorgesse del mio risveglio e venisse a sedersi al mio fianco..

“Ehi, ben risvegliata, Brianna. Come ti senti, ora?”

Sulla fronte portava una pesante fasciatura, risultato dello scontro contro i berserkir, che avevano trovato fuori dalla grotta.

Tutti loro erano segnati dai loro ferali artigli, ma sembravano essere fieri di quelle cicatrici, quasi tronfi mentre se le mostravano vicendevolmente di fronte al fuoco.

Sorrisi divertita, dinanzi a tanta giocosa teatralità e, roca, asserii: “Intontita, ma va molto meglio”

Immediatamente, Beverly mi allungò una tazza fiorata, da cui proveniva un buonissimo profumo di the al miele di castagno. .

Bevendo avidamente, chiesi dopo un momento: “Come siete riusciti a trovarmi?”

Alec e Duncan, nel vedermi sveglia, si avvicinarono a loro volta, lasciando che gli altri continuassero a gozzovigliare vicino al fuoco. .

Sorridendomi entrambi, si sedettero a terra accanto al divano, lasciando che a parlare fosse Beverly.

“E’ successo tutto mentre ti portavano via, a quanto ci è dato sapere” mi spiegò Beverly, lanciando uno sguardo in direzione di Anthony, che sorrideva felice e spensierato assieme a Lance e agli altri lupi. “Ho avvertito una forte scossa al costato e, d’improvviso, ti ho vista immersa nel ghiaccio, oltre che ferita.”

Intervenendo, Duncan aggiunse: “Nel contempo, Elspeth mi ha telefonato, terrorizzata, dicendomi di averti vista a Longyearbyen. Disse di esserne sicura, di averti visto passare dinanzi alla statua che c’è in centro al paese, proprio di fronte al negozio di souvenir. Un minuto dopo, mi ha telefonato Alec dicendomi della visione di Beverly, così abbiamo dato per scontato che, primo, ti fosse successo qualcosa, secondo, ti stessero conducendo ben lontano da noi.”

La fretta nel volermi al suo cospetto, aveva impedito a Loki di celare i suoi piani come, in precedenza, aveva fatto così astutamente, permettendo così a Beverly ed Elspeth di avere visioni più chiare, almeno per una volta.

Ed ecco spiegata anche la strana premonizione che Elspeth aveva avuto a casa di Becca e Fred. .

Loki non aveva potuto escluderla completamente dai suoi piani, ma aveva reso incomprensibile ciò che la mia amica aveva visto nel futuro, rendendo tutto vano.

Ciò che mi aveva imprigionato nella mente di Elspeth era gleipnir ma, in quel momento, nessuno di noi aveva potuto comprendere la pericolosità di quella visione, non essendo a conoscenza del mio retaggio.

Loki è l’ingannatore, è colui che destabilizza l’ordine, la sua forza non sta nell’energia che può sprigionare, ma nel saper manovrare gli eventi perché il bene e il male siano in equilibrio.

 “Distruggere la Terra, avrebbe portato equilibrio?” chiesi, scettica.

Paradossalmente, sì. Pensa soltanto a tutto ciò che l’uomo sta compiendo contro la Madre Terra, come se dalle sue azioni non dipendesse il futuro di tutto. Il Crespuscolo degli dèi avrebbe ripulito la superficie terrestre dalle mani lorde di sangue degli umani.

“Ma avrebbe ucciso anche coloro che, invece, stanno cercando con tutti i mezzi di salvarla.”

Precisamente. Per questo ci siamo battuti. Per la speranza di coloro che ancora credono di poter cambiare questo mondo perso nell’oblio.

Sorrisi, osservando Duncan seduto a terra di fronte a me, l’aria ancora vagamente preoccupata, ma non certo come lo avevo visto al suo arrivo nella grotta.

In quel momento, mi era parso in tutto e per tutto un dio vendicatore, pronto a distruggere ogni cosa pur di salvarmi dall’annientamento.

“Avya, Hati e Sköll hanno vissuto più vite, vero?”

Sì. Su loro non gravava il taglio della spada del Fato come su me.

“Per questo, Loki è risorto. Sapeva che minacciare loro era il modo giusto per farti uscire allo scoperto.”

Esatto.

“In linea di massima, però, mi sembra che gli dèi non abbiano più interesse a muovere i loro passi su questo mondo.”

Non è il mondo che hanno creato, in cui hanno mosso i loro passi e vissuto le loro esistenze. Non trovano stimolante vivere tra gli umani, vincolati dai loro corpi di carne e sangue.

“Perché sono vincolati alla necessità di un corpo umano, per muoversi tra noi? In passato, non ne avevano bisogno perché avevano il proprio.”

Poiché le nostre essenze possedevano consistenza fisica solo grazie a voi. Quando gli dèi vennero soppiantati dall’unico Dio, essi persero la loro fisicità divenendo puro spirito, perciò si rifugiarono nell’abbraccio della Madre, ove tutto nasce e tutto ritorna.

“Quindi, esistono anche gli dèi greci, e pure loro sono scomparsi lasciando il posto agli dèi attuali?”

Esiste un dio per ogni creatura vivente e sì, anche loro hanno lasciato il mondo del reale per l’immaterialità dell’eterno che è la Madre. Alcuni decidono di assurgere a nuova vita, colti da curiosità, o da sete di dominio...

“…le guerre?”

Sì. Principalmente, sono gli dèi amanti del sangue e della distruzione, a risorgere. L’abbraccio della Madre può essere noioso, a lungo andare, per creature come loro.

“Quindi, se tanto mi da tanto, quando questo avviene, risorge a sua volta qualcuno per fermarlo” ipotizzai, sollevando un sopracciglio con evidente interesse.

Sì.

“Allora, il riferimento a Wotan potrebbe… potrebbe voler dire che lui è risorto per fermare Loki? O te?”

Non so risponderti. Percepii l’ascesa di Loki al mondo umano perché ancora risiedevo all’interno della Casa delle Anime, perciò decisi di seguirlo e risorgere ma, ora che ne sono fuori, non potrei mai accedere all’anima di Wotan. Non è tra i miei doni come lo era, invece, per Loki. Sono figlio di una gigantessa, perciò i miei poteri non sono puri come quelli di dèi come Wotan, o Tyr, o mio padre Loki. Io non appartengo al Sole come loro, ma alla Terra e alla Luna. Perciò, tu puoi usare i poteri della Terra anche senza l’intervento della Luna. E perciò non ho riconosciuto mio padre, in quel giovane.

“Quel che mi preoccupa, ora, è la reazione dei berserkir. Non vedendo tornare nessuno, sicuramente andranno alla grotta e troveranno Lot ucciso e molti dei loro compagni straziati dagli artigli dei licantropi. Temo ci sarà una rappresaglia. Proprio ciò che voleva Loki. Distruggere tutto il mondo che tu avevi contribuito a creare con Avya.”

Naturalmente, il mio scambio di battute era durato quanto un battito di ciglia.

Ormai mi stavo abituando a rimanere abbastanza cosciente per seguire le dinamiche attorno a me e, nel contempo, parlare con lui, ma sarebbe stato difficile imparare a farlo senza sprecare un mare di energie.

Energie che, in questo momento, non abbondavano di certo.

Lasciando perciò la nostra dialettica a un secondo momento ascoltai Alec che, ammiccando a Beverly, disse divertito: “Ha praticamente sfondato la porta del mio ufficio, per fare più in fretta. Credo che alcuni cardini abbiano ceduto, sai?”

“Me ne scuso profondamente, Fenrir, ma la fretta era d’obbligo” mormorò compunta Beverly, arrossendo leggermente.

Alec si limitò a scrollare le spalle e io, fissandolo dubbiosa, gli chiesi: “Non che mi spiaccia, visto il risultato, ma tu, perché sei qui?”

Il suo sguardo di ghiaccio si fece cupo, quasi portasse con sé un senso di colpa troppo profondo per essere messo a tacere in breve tempo.

Con un sospiro, ammise: “Diciamo che te lo dovevo.”

Feci tanto d’occhi, prima di esalare: “E perché, di grazia?”

“Perché hai mantenuto fede alla parola data, e hai benedetto le mie azioni. Diciamo che, visti i nostri precedenti, non me lo meritavo, no?” mi fece notare Alec, ironizzando sulla sua domanda retorica.

Duncan mi fissò curioso – non gli avevo mai detto del nostro quasi scontro alla riunione tra clan – e dichiarò serafico: “C’è qualcosa che mi sfugge, in questa conversazione, ma sorvolerò.”

Ammiccai al suo indirizzo e Alec, proseguendo, aggiunse: “Inoltre, a quanto pare, ti sono debitore anche per un’altra cosa. Quel tizio che ti ha fatto rapire, era uno dei nuovi lupi del mio branco. Avrei dovuto rendermi conto che qualcosa non andava, invece…”

“Anche io” assentì Beverly, spiacente.

“Non avreste potuto fare nulla. Dentro di lui risiedeva un dio, perciò nessuno di noi avrebbe potuto prevedere le sue mosse con largo anticipo” mi premurai di dire loro, sorprendendo tutti, ma non Duncan. “Tu sai, vero?” gli chiesi, poi.

“Anthony mi disse di parlare alla quercia, quando scoprimmo ciò che era successo, e lei mi spiegò ogni cosa.  Mi disse anche di coloro che risiedono dentro di noi” mi spiegò, stringendomi una mano e sorridendomi.

A quel punto fu Alec a mostrarsi confuso, e ci chiese: “E’ qualcosa che possiamo sapere anche noi?”

Fu così che spiegai loro di Fenrir e di Avya, delle loro anime e di come, grazie e a causa di ciò, Loki fosse riuscito a trovarmi e bloccarmi grazie a gleipnir.

Dissi loro dei suoi piani e del perché io fossi una wicca e una lupa così singolare.

Al fischio sommesso di Alec, seguì il commento di Beverly, che dichiarò ammirata: “Un binomio del genere non avrebbe potuto che generare un licantropo dai poteri unici.”

“Direi di sì” annuii.

“Di certo, curiosa la sei” commentò Alec, appoggiando le mani dietro di sé per stiracchiarsi un po’ la schiena.

Era evidente che, per trovarmi, dovevano aver tenuto dei ritmi serrati e, dopo il combattimento che li aveva visti protagonisti fuori dalla grotta, la stanchezza ormai cominciava a trapelare dai loro volti.

I licantropi erano forti, ma non indistruttibili.

“Suppongo non siate arrivati qui in nave” mi informai a quel punto, rivolgendomi a loro con aria curiosa.

Alec scosse il capo, facendo scrocchiare il collo intorpidito.

“Beverly sapeva che eri su una nave e che, quindi, avresti impiegato giorni prima di giungere qui, quindi ci siamo organizzati per trovare un charter che ci portasse alle Svalbard in tempo per far combaciare il nostro arrivo con il tuo. Una volta giunti qui, avremmo seguito il tuo odore.”

Sorrisi a Beverly, dicendo commossa: “Non oso immaginare quanto tu abbia dovuto chiedere a te stessa, per avere delle visioni abbastanza chiare per guidarli.”

“Sono sacrifici che ho pagato volentieri, visto il risultato.” Scrollò le spalle con noncuranza, un lieve rossore di imbarazzo dipinto sul viso.

Potevo vedere chiaramente anche i segni della stanchezza fisica, oltre che mentale, su quel volto così serio e bello.

Ero a conoscenza dell’obolo da pagare per un utilizzo forzato e continuativo del potere, e non avevo bisogno di parole da parte di Beverly per sapere quanto le fosse costato cercarmi tra i meandri dell’indefinito cosmo delle visioni.

Anche per questo, mi si spezzò il cuore al pensiero di dover chiedere altri sacrifici a tutti loro, ma sapevo che non avrei potuto tacere oltre.

Quel passo andava fatto.

“Ora possiamo tornare indietro con più calma, questo è sicuro” dichiarò a quel punto Alec, sospirando soddisfatto.

“Purtroppo no” lo contraddissi, sospirando pesantemente all’idea di ciò che stavo per aggiungere.

Tutti loro mi fissarono basiti e io, mordendomi un labbro, mi spiegai meglio.

“Non so se Loki deciderà di darci ancora fastidio, durante l’arco di questa nostra vita ma, di certo, quest’ennesima sconfitta gli avrà dato parecchio noia, e non credo me la farà passare liscia a lungo. Ma c’è un problema più immediato di Loki, al momento.”

“Che intendi dire?” mi chiese Duncan, aggrottando la fronte.

“I berserkir. Abbiamo ucciso la loro gente, in quella grotta, e loro sono convinti, tutt’ora adesso, che il male alberghi in me. Lot e gli altri pensavano che il giovane che li guidava fosse Tyr redivivo."

Li fissai spiacente, ma aggiunsi: "Quando i suoi verranno a sapere che sono tutti morti, i berserkir rimasti cercheranno vendetta. Inoltre, Lot ha detto una cosa strana, prima di morire.”

Rivolgendomi ad Alec e Duncan, domandai loro: “Ricordate?”

Duncan annuì ombroso, lo sguardo che mi percorse tutta, memore di ciò che gli abiti e la coperta nascondevano; le ferite che il berserkr mi aveva procurato.

Scuro in volto, mormorò: “Parlò di Wotan. Ma non ho capito molto di quanto ha detto.”

“Prima del vostro arrivo, mi è parso di capire che Wotan non fosse solo una divinità da celebrare. Ho il forte sospetto che anche lui sia nel corpo di un essere umano, e che loro temano per la sua incolumità. Mi sono presa parecchie botte, per aver solo accennato l’argomento” asserii torva, massaggiandomi lo stomaco al ricordo del colpo di Lot.

Duncan coprì la mia mano con la sua, sorridendomi benevolo mentre Alec imprecava vistosamente, tanto da attirare l’attenzione degli altri lupi.

Avvicinandosi a noi, domandarono quasi in coro: “Che succede?”

Spiegai loro succintamente ciò che sapevo – e cioè ben poco – e, quando ebbi terminato il racconto, Lance commentò indispettito: “Insomma, ne abbiamo eliminato uno per trovarcene cento contro?”

“Qualcosa del genere. Da quel che ho capito dai loro discorsi, ce l’hanno a morte con Fenrir, il primo Fenrir e, visto che Loki è stato tanto carino da dirgli che il suo spirito risiede in me, temo mi daranno la caccia finché non faranno di me uno scendiletto” dichiarai ombrosa, facendo una smorfia di disappunto.

“E se la storia di Wotan è vera, avranno un dio dalla loro parte” sbottò Alec, grattandosi nervosamente i capelli scuri.

“Fenrir ha conferito alle wiccan la forza di contrastare il potere dei licantropi ma, se Wotan è rinato nel corpo di un berserkir, non credo potrò fare molto. Non ho alcun potere su di loro, purtroppo. Almeno, non a livello psichico” spiegai loro, mordendomi un labbro per la frustrazione.

Li scrutai tutti, e aggiunsi: “Inoltre, non ho idea di quanto Wotan possa usare il suo potere attraverso un mortale. Loki era in grado di deviare le visioni e sapere sempre dove mi trovassi, grazie al suo legame con Fenrir, ma non so davvero cos’altro potesse fare, in quanto dio redivivo. Non sarà facile, … per niente.”

“Beh, puoi sempre decidere di scaricare loro addosso una montagna” celiò Alec, senza neppure crederci tanto.

“Potrei tentare” sospirai stancamente, prima di chiudere gli occhi.

Duncan mi sfiorò la fronte con un bacio e disse perentorio: “Ora riposa. Devi riprendere le forze. Solo in seguito penseremo a questo problema.”

“Ma dovremo pensarci. Non voglio che distruggano ogni centimetro d’Inghilterra solo per trovarmi” sussurrai, prima di assopirmi.

Ci penseremo dopo, e insieme. Ora dormi.

“E mentre io dormo, tu non pensare” brontolai, rivolta a Fenrir, pur sapendo che sogni e ricordi non dipendevano da lui. Ero io ad avere il controllo. Ormai l’avevo capito.

Loki, maestro degli inganni e dei sotterfugi, fratello del sommo Wotan, aveva giocato con le nostre vite, lasciando dietro di sé morte, sangue e presagio di sventura. Ma tutto ciò avrei potuto affrontarlo solo quando il mio corpo avesse recuperato un poco le forze, o sarei stata inutile e, peggio, pericolosa.

Perché ormai lo sapevo. Il pericolo che Kate aveva soltanto intravisto in me ora io lo conoscevo da vicino. Io non potevo permettermi di cedere.

O tutti ne avrebbero pagato il prezzo.

Ci penseremo dopo, e insieme.


  
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