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Autore: ljbrary    31/05/2013    6 recensioni
Lui era un ragazzo importante, era Harry Styles. Il ragazzo più popolare della scuola, forse dell’intera città. Apparteneva ad una famiglia importante, era ricco.
E invece lei era una ragazza immigrata da poco dal Marocco, leggermente in sovrappeso, tanto povera da non potersi permettere nemmeno dei vestiti decenti, insicura, che camminava sempre a testa bassa.
Erano l’opposto.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Loving her was brown.

 

A Francesca, la mia migliore amica. Grazie di tutto, amore mio. 


Capitolo 1 – Y-yes.






No che non ci sarebbe riuscito.
Non l’avrebbe dimenticata.
Gli risultava impossibile.
Fanculo.
Era appena passata a qualche metro da lui diretta in classe, come sempre con lo sguardo puntato verso il basso e le mani nelle tasche della felpa. La seguì con lo sguardo mentre camminava.
“Harry?”.
Non rispose. Era troppo impegnato ad ammirare Rachel.
“Harry?!”.
Di nuovo.
“Cazzo vuoi, Louis?”.
“Mi spieghi dove cazzo sei con la testa?”, sbraitò.
Harry sbuffò. “Cosa mi hai detto prima?”.
Louis non era a conoscenza della strana cotta di Harry, e secondo quest’ultimo era meglio così. Nonostante lui e Louis si conoscessero dai tempi dell’asilo, Harry aveva leggermente paura di quale sarebbe stata la reazione dell’amico quando avrebbe scoperto che andava appresso ad una poveraccia marocchina.
“Ti ho detto che abbiamo gli allenamenti di basket oggi pomeriggio, spero non te ne sia dimenticato”, rispose Louis.
Porca puttana. Louis sperava male.
“Ehm.. si, certo.. Alle 16, giusto?”.
“Alle 14.30, Harry!”.
“Ah, si, giusto..”, farfugliò. Poi, notando che erano gli unici due studenti rimasti nei corridoi, disse: “Su, andiamo in classe!”.
 
“Styles, Tomlinson, siete in ritardo!”, esclamò quella testa di cazzo della professoressa di chimica.
“Lo sappiamo!”. Non era riuscito a trattenersi.
“Già, Styles, lo sapete. E sapete anche che vi beccherete una nota per questo?”.
“Me ne sbatto il cazzo delle sue note, vecchia decrepita!”. Ok, adesso aveva esagerato.
“Styles, dal preside, immediatamente!”, urlò la prof. indicando la porta col braccio destro. Mentre usciva, Harry riuscì ad incontrare lo sguardo timido di Rachel che sedeva all’ultimo banco.
 
“Entra in ritardo, insulta pesantemente una professoressa volontariamente..”, stava confabulando il preside.
Harry rimase impassibile.
“Che cosa dovrei fare con lei, signorino Styles?”.
“Non saprei”.
“Non saprei..”, gli fece eco il preside sbuffando. “Questo è tutto quello che riesce a dire?”.
“Sì”.
Ci furono alcuni istanti di silenzio.
“Bene, ho deciso”, sentenziò l’uomo. “In punizione dopo scuola fino alle 16.30 con la professoressa Pascal”.  
Cazzo.
No.
Porca puttana.
Si sarebbe perso gli allenamenti di basket.
“No!”, urlò Harry alzandosi di scatto dalla sedia.
Il preside ridacchiò. Harry gli avrebbe volentieri sbattuto la testa contro il muro. “Sapevo che avrei ottenuto questa reazione. Mi dispiace, Styles, ma rinuncerà agli allenamenti di basket oggi, e continuerà ad essere così se non inizierà a comportarsi bene”.
Harry uscì senza proferire parola.
Louis si sarebbe incazzato a morte con lui.
Anzi, peggio, l’avrebbe ucciso.
Harry sapeva quanto ci tenesse al gioco del basket.
 
“Mi prendi per il culo, cazzo?”. Aveva appena comunicato a Louis della sua punizione. Lo sguardo di Harry gli bastò per capire che diceva sul serio.
Louis sbuffò. Era davvero teso. 
“Harry, lo sai che dobbiamo a tutti i costi vincere contro gli Amandes? La partita è tra due settimane. L’anno scorso quei pezzi di merda ci hanno stracciato 65-14, ti ricordi?”, sbraitò.
“Si, mi ricordo”.
“Bene, allora farai meglio a non farti mettere più in punizione!”. E con questo si diresse verso la mensa.
Harry lo seguì. “Si, però calmati, sembri mia madre”.
L’amico lo ignorò.
Harry sorpassò Louis accelerando il passo. Spinse la porta della mensa per entrare, e si accorse che era andata a sbattere contro qualcosa. Subito dopo sentì un gemito di dolore e il rumore di un vassoio di plastica che si schiantava contro il pavimento. Era pronto a ridere dello sfigato che giaceva a terra, sporco di yogurt, quando si rese conto che lo sfigato era Rachel. 
Perse un battito.
Louis cercava di trattenersi dal rotolare a terra dalle risate.
Lo avrebbe preso con piacere a calci in culo.
Non sapeva cosa fare.
Doveva aiutare Rachel o assecondare Louis?
Senza pensarci ancora, tese la mano a Rachel. Lei sembrò pensarci su per qualche istante, infine la afferrò, ed Harry aiutò la ragazza a rialzarsi.
“Tutto bene?”, le chiese.
“S-si”.
“Sicura?”.
“S-si”.
“Scusami per averti fatto cadere. Non l’ho fatto di proposito”.
“Non preoccuparti”, lo rassicurò.
Harry aveva notato che teneva lo sguardo puntato verso il basso mentre parlava. Non era una novità, eppure non capiva perché avesse tanta paura del mondo, addirittura provando timore nell’incrociare lo sguardo di qualcuno.
Harry stava per allungare una mano verso di lei, in modo da alzarle il mento con un dito, quando Louis gli strattonò un braccio e lo portò verso un tavolo, lontano da Rachel.
“Ma che ti prende?”, gli domandò, in un tono misto tra l’irritato e l’incredulo.
“Che intendi dire?”.
“Quello che hai appena fatto”.
“Cioè?”.
Louis lo guardò sconcertato. “Hai aiutato una poveraccia di colore”.
Harry alzò un sopracciglio. “E allora?”.
“Tu sei popolare, lei no”.
“E quindi?”.
“E quindi fatti una dormita. Oggi sei fin troppo strano”.
 
 

***

 
Rachel si trovava in classe e, invece di ascoltare la spiegazione delle professoressa, stava ripensando all’episodio avuto luogo più o meno mezz’ora prima.
Forse lo aveva immaginato.
Forse quello era un sogno.
Tra qualche minuto si sarebbe sicuramente svegliata.
Eppure sembrava così reale. Harry Styles, il ragazzo più popolare della scuola, l’aveva aiutata e le aveva rivolto la parola. Non capiva il perché. Avrebbe potuto fare come il suo amico e ridere di lei, invece non l’aveva fatto, era stato gentile.
“Wood, vuoi ripetere tu quello che stavo spiegando?”. I suoi pensieri furono interrotti dalla voce penetrante della professoressa.
Oh, merda.
Non aveva ascoltato un cazzo.
Che cosa doveva dire?
“Ehm…”.
Con la coda dell’occhio notò Harry che scarabocchiava qualcosa su un foglietto. Rivolse di nuovo le sue attenzioni alla prof. E poi Harry si alzò e si diresse verso di lei. Prima che potesse chiedersi che cosa doveva fare, lo vide scivolare e cadere sul pavimento.
Nessuno rise.
Sapevano che sarebbero finiti nei guai se avessero deriso Harry Styles.
Il ragazzo gemeva mentre si manteneva il piede.
Rachel notò che aveva ancora in mano il pezzo di carta su cui aveva scritto qualcosa e, proprio un attimo dopo, lui glielo lanciò sul banco. Lei lo aprì in fretta. Esso diceva: “Portami in infermeria. Fidati di me”. Si alzò un po’ titubante dalla sedia e, mentre cercava di rimettere Harry in piedi, disse: “Meglio se lo porto in infermeria. Deve essersi fatto male”.
La prof. non disse nulla, quindi la ragazza fece quello che Harry le aveva detto. Impacciata, lo sollevò dal pavimento e appoggiò il suo braccio destro sulle sue spalle, in modo da trasportarlo fino alla loro meta.
Appena furono lontani dalla classe, lui tolse il suo braccio da sopra la spalla di Rachel, e lei notò che riusciva benissimo a tenersi in piedi, a differenza di quanto aveva fatto credere.
“Ti ho salvata”, sorrise.
Adesso capiva.
Lui aveva notato la sua difficoltà nel rispondere alla domanda che le era stata posta, quindi aveva creato un diversivo per non fare in modo che le fosse messa una nota.
Che.. dolce.
Non aveva nemmeno il coraggio di dirgli grazie, quindi abbassò lo sguardo e si allontanò.
 

***

 
Non si era certo aspettato che lei gli buttasse le braccia al collo, ma almeno poteva dirgli grazie. Non riusciva proprio a capire perché fosse tanto timida. Non doveva aver paura della gente, soprattutto di lui. Harry credeva di essere davvero innamorato di lei. E ancora non capiva come fosse successo o a cosa lo avrebbe portato.
 
“Bella messa in scena”, commentò Louis quando la campanella fu suonata ed ebbe segnato la fine di quella giornata.
“Quale messa in scena?”.
“Quella di oggi. Quando hai fatto finta di cadere”.
“Non ho fatto finta di cadere”. Perché l’amico lo capiva così bene?
“Harry, sono il tuo migliore amico, ti conosco fin troppo bene”.
Harry sospirò, e lui capì di aver ragione.
“Ma mi spieghi perché l’hai fatto?”, gli chiese.
“Ho visto che quella ragazza era in difficoltà e volevo aiutarla, e poi mi annoiavo”, cercò di spiegare.
“Lo sai che è la stessa ragazza che hai aiutato oggi in mensa?”.
“Ah, si? Non me ne ero nemmeno reso conto”.
Louis non gli credeva neanche un po’.
“Ora però devo andare”.
“Dove?”.
“In punizione, ricordi?”.
“Ah, si giusto”, sbuffò Louis. “Io vado agli allenamenti di basket”.
“Ok. Ciao”, lo salutò Harry, dandogli una pacca amichevole sulla spalla.
 
Entrò nella classe della professoressa Pascal per la punizione. Forse avrebbe dormito un po’. Era quello che gli serviva dopo quella strana giornata.
Scrutò per un attimo i ragazzi che avrebbero passato quelle due ore e mezza con lui. Il suo sguardo cadde su una ragazza bionda che gli sorrideva dal terzo banco.
No.
Scarlett no.
Due ore e mezza con lei proprio no.
Si sedette il più lontano possibile da lei.
Era la sua ex ragazza. Era bella, non c’era da discutere su questo, ma era estremamente possessiva e irritante. E lo tormentava. Nonostante si fossero lasciati mesi fa.
Stava per appoggiare la testa al banco per schiacciare il pisolino che aveva pensato di fare, quando la vide avvicinarsi.
Che due palle.
“Ehi”, lo salutò sorridente, sedendosi sulla sedia davanti a lui.
La guardò male. Ma cazzo voleva?
“Non vedi che sto cercando di dormire?”, le disse in tono brusco.
Lei, decisamente offesa, si alzò e, senza dire una parola, tornò al suo posto al terzo banco.
Sperando di essersela tolta finalmente dai piedi, appoggiò la testa sul banco e si addormentò nel giro di dieci minuti.
 
“Styles!”. Si svegliò di soprassalto. Mise a fuoco la figura che si trovava dinanzi a lui e si accorse che era la professoressa Pascal.
“Si, professoressa?”.
“La punizione è finita”, lo informò. In tutta risposta, lui si alzò e, senza dire nulla, uscì dalla classe per ritornare a casa. Il pisolino era stato tremendo. Il banco era scomodissimo. Gli faceva male terribilmente il collo. La volta successiva che fosse finito in punizione, si sarebbe portato un cuscino.
Attraversò i corridoi. Erano deserti.
Aprì il portone della scuola ed uscì, assaporando per un attimo l’aria pungente di novembre. Poi salì sulla sua moto e sfrecciò tra le auto, con il vento che gli scompigliava i capelli, immaginando già quale scusa inventarsi per avere una vera e propria conversazione con Rachel il giorno dopo.




















sarah is here, yupp. 
Ecco il primo capitolo. Devo ammettere che mi piace HAHAHAHAH.
spero che lo caghiate cc
E' la prima FF che mi convince davvero, lol.

baci, sarah. <3

  
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