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Autore: PeaceS    01/06/2013    11 recensioni
Da un Malfoy ci si deve aspettare tutto, anche che ti renda la vita un inferno per noia. Specie per noia. I Malfoy annoiati, di solito, erano più pericolosi di un Potter arrabbiato. Ma Lily avrebbe dovuto saperlo… le migliori storie iniziano alle tre di notte e in quel momento, la lancetta più piccola, si posò proprio sul tre.
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Perché, se Scorpius Malfoy decide di renderti la vita un inferno e tu te ne innamori perdutamente, mentre la tua migliore amica è nelle mani di un certo Zabini - famoso per essere un porco - e cerca di conquistare un Nott di tua conoscenza anche se - alla fin fine - quel certo Zabini non è molto felice, non puoi fare altro che chiederti perché la vita ha deciso di renderti le cose così difficili.
Insomma, tutto quello, però, avrebbe dovuto aspettarselo: era o non era una Potter?
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lily Luna Potter, Nuovo personaggio, Scorpius Malfoy, Un po' tutti | Coppie: Lily/Scorpius
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Le migliori storie iniziano alle tre del mattino e questo Lily Potter l’ha appurato nel corso degli anni: al suo primo anno, angosciata per essere stata smistata nella casa del Diavolo, aveva vagato per Hogwarts senza una meta, per ritrovarsi alle tre del mattino nei pressi delle torri più alte, dove risiedevano i Grifondoro – e di conseguenza la sua famiglia – e lì, fuori dal ritratto della Signora Grassa, dopo aver tardato per essersi allontanata un attimo dal gruppo ed essersi persa – senza parola d’ordine –  c’era Joanne Smith che, dopo quella notte, era diventata la sua migliore e unica amica.
Al suo terzo anno, alle tre di notte di quello che sembrava un venerdì qualunque, aveva trovato un biglietto nel mantello della sua divisa dove Michael Thomas le chiedeva un appuntamento per Hogsmeade il giorno dopo: aveva avuto una cotta per lui per tre anni e non ci aveva messo molto per mandargli un biglietto di risposta dove accettava con entusiasmo. Averlo mollato un anno dopo perché la lingua di un'altra ficcata nella sua gola non rientrava nelle opzioni di “gruppo di studio” che immaginava lei, era tutt’altra storia.
Comunque, le migliori storie, aveva concluso Lily, iniziavano alle tre di notte, ma – quella volta – ebbe qualche dubbio: dopo aver schiantato suo cugino Hugo ed essersi beccata una punizione che comprendeva “pulire”, “Gazza” e “senza magia” nella stessa frase, si era ritrovata stanca morta, sudaticcia e con un diavolo per capello – letteralmente – a vagare alle tre di notte per le mura di Hogwarts alla ricerca del corridoio giusto per arrivare nei sotterranei. Maledette scale a cui piace cambiare, le avrebbe ridotte in inutile pietra prima o poi.
Finiva sempre così, con la Mcgranitt: arrivava sempre quando qualcuno era stramazzato al suolo ma mai che fosse presente quando la insultavano pesantemente. Si difendeva, semplicemente, dagli attacchi verbali… con la magia, certo, ma era solo un piccolo dettaglio.
Tutti la disprezzavano - come se poi lei facesse i salti di gioia – per non aver contestato la scelta del Cappello Parlante, come aveva fatto Al, e aver lasciato che venisse smistata nella casa “nemica”, così soprannominata da Fred.
Insomma: la sua famiglia la odiava perché era una traditrice Serpeverde e i Serpeverde la odiavano perché era una Potter e quindi – di conseguenza – una Grifondoro di sangue.
Al suo primo anno i suoi cugini avevano cercato di ignorare la questione e cercare di rimanere in buoni rapporti con lei nonostante non fosse di casa, ma poi qualcuno aveva messo la pulce nelle loro orecchie e tutto era crollato: era troppo per il loro ego avere una pecora nera in famiglia e finiva sempre con una discussione che, poi, sfociava in veri e propri duelli. Cercavano scuse per incolparla di qualsiasi cosa e riuscivano persino ad avere il coraggio di darle la colpa persino se pioveva; sarebbe bastato dire che ce l’avevano con lei e basta, senza inventarsi scuse su scuse per metterla in cattiva luce: oramai la sua reputazione era già andata a puttane.
La maggior parte degli studenti la consideravano il diavolo: un Malfoy poteva considerarsi normale tra le serpi, ma una Potter dalla parte del nemico era il vero e proprio male. Chissà, forse molti di loro temevano che si impersonasse in Voldemort oppure che diventasse il nuovo capo dei Mangiamorte. Sì, come no, sarebbe stato più facile vedere Dalton Zabini rasarsi a zero che un suo possibile cambiamento di partito.
Molti la evitavano, i primini cercavano di capire come mai la figlia del grande Harry Potter fosse una stronza cronica e una Serpe viscida e cinica, senza sapere che Lily Potter viveva per inerzia e non per rendere la vita un inferno ai Grifondoro o in particolare alla sua famiglia.
Che fosse acida era appurato, ma semplicemente dava le giuste risposte alle provocazioni; respirava perché era un lavoro che non richiedeva sforzo e il suo corpo lo faceva in automatico o – secondo Joanne – sarebbe morta da un pezzo; camminava perché era obbligatorio per girare in quel maledetto castello immenso e studiava perché sarebbe stata diseredata se a casa sarebbe arrivata un'altra pagella con qualche “Troll” sparso per le varie materie. Il resto era assoluta noia.
Non macchinava vendette per sabotare la perfezione della famiglia PotterWeasley, era troppo pigra per farlo e aspettava che il karma li fottesse al suo posto, visto che sembrava che quello fosse il loro obiettivo, non il suo.
Ritornando comunque alla storia delle tre di mattina, quella volta non era successo nulla di eclatante… tranne per la gatta di Gazza che dopo averle quasi causato un infarto per la sua apparizione le aveva rimasto uno sfregio sulla gamba lungo quasi quanto il professor Vitious.
Quando – grazie a Merlino – intravide la luce verdognola che distingueva i sotterranei da tutto il resto, sospirò, rilassandosi e ignorando gli insulti dei quadri che sobbalzavano di scatto quando intravedevano la luce della sua bacchetta.
Erano le tre di notte e non era successo nulla di eccezionale, finché non superò il ritratto delle tre Marie – streghe dell’ottocento raffigurate durante la loro processione – e si bloccò di scatto, perché dei… gemiti rimbombarono nell’aria circostante, quasi producendo un raccapricciante eco contro le pareti di pietra grezza.
« Merlino, ti prego, dimmi che non è quel che penso io » bisbigliò Lily, sfilandosi le ballerine di vernice, procedendo a piedi nudi e cercando di fare meno rumore possibile. Ma, purtroppo, fu impossibile evitare di essere vista e battersi in una situazione imbarazzante come quella.
I capelli di Malfoy quasi brillavano alla luce delle lanterne: come filigrana d’oro accarezzava i suoi zigomi sporgenti, mentre le labbra sottili erano impegnate su quelle di una ragazza che – probabilmente – non era nemmeno del loro dormitorio. Aveva le gambe, prive di calze, che strusciavano contro quelle di lui, ancora minute della divisa scolastica.
“Grazie, Merlino, tu sì che mi sei sempre d’aiuto” pensò sarcastica, mentre la ragazza staccava la bocca da quella di Malfoy e si lasciava andare in un risolino.
« Oh, Scorpius » mormorò in estasi, allargando le gambe e allacciandole alla sua vita, lasciando che lui – allora – la schiacciasse con più prepotenza al muro.
Lily pregò di diventare invisibile e quasi come se davvero lo fosse, camminò indifferente, mettendo le mani dietro la schiena e cercando di ignorare i mugugni della coppia: al quadro mancava solamente che fischiettasse, poi poteva considerarsi sinceramente il ritratto della tranquillità. Stava quasi per superarli, con sua somma gioia, quando la ragazza cacciò un urletto spaventato nel vederla comparire dal nulla.
Merda.
Scorpius si girò di scatto, fulminandola con uno sguardo e ispezionandola da capo a piedi come se fosse un animale e non una persona che passeggiava tranquillamente alle tre di notte per i sotterranei. Mai una volta che le andasse bene! « Potter, che diavolo ci fai qui? » sibilò, staccandosi di scatto dalla ragazza e fissandola con rabbia.
« Torno nei dormitori dopo aver scontato l’ennesima punizione, Malfoy e – purtroppo – mi sono imbattuta in uno spettacolo che avrei preferito di gran lunga evitare. Ora, se volete scusarmi, vado a vomitare e cercare di accecarmi oppure obliviarmi per dimenticare la terribile vista di voi che… Merlino, che schifo » disse Lily, mentre Scorpius se la ghignava bellamente a braccia incrociate.
« Sorpresa, Potty, i bambini non li porta la cicogna! » disse divertito e Lily si sarebbe pure ficcata due dita in gola se vomitare di proposito non le facesse senso.
« Io spero che tu non ne sforni uno troppo presto, Malfoy o sai che trauma avere un padre troglodita come te » sbuffò, ignorando la ragazza che Scorpius stava limonando fino a pochi secondi prima e che – dalle occhiate che stava lanciando ad entrambi – cominciava ad irritarsi seriamente.
« Almeno io non ho scoperto per caso che la mia ragazza invece di studiare se la faceva proprio con il ragazzo che la Mcgranitt gli aveva assegnato per ripetere le materie in cui era rimasta indietro » le ricordò bastardemente, facendole assottigliare lo sguardo.
« Oh, però mi sento molto fortunata, Malfoy: su di me non girano mica voci che ce l’ho lungo quanto il mio pollice! » disse Lily, sbattendo civettuola le ciglia scure e facendo sbiancare il ragazzo notevolmente.
Soddisfatta si rimise le scarpe ai piedi, incamminandosi verso il ritratto che l’avrebbe condotta all’interno del dormitorio. « Buonanotte! » finì in bellezza, facendo l’occhiolino a Malfoy e – per sfregio – mandandogli un bacio volante.
Lo sentì ringhiare in lontananza e sorrise estasiata, trattenendosi appena dal saltellare come un fringuello per la vittoria personale che si era presa.
Ma, se solo si fosse girata un ultima volta e avesse visto il lampo che era guizzato negli occhi grigi del ragazzo, si sarebbe messa sicuramente in guardia e avrebbe tenuto gli occhi aperti.
Perché da un Malfoy ci si deve aspettare tutto, anche che ti renda la vita un inferno per noia. Specie per noia. I Malfoy annoiati, di solito, erano più pericolosi di un Potter arrabbiato.
Ma Lily avrebbe dovuto saperlo… le migliori storie iniziano alle tre di notte e in quel momento, la lancetta più piccola, si posò proprio sul tre.
 

***

 
 
« Sessant… »
« Cinquantanove, maledizione, cinquantanove! » Joanne Smith sbatté con violenza la forchetta sul tavolo, assottigliando gli occhi neri e fissando minacciosa Aaron Jordan, che si bloccò – sorpreso e interdetto – sotto il suo sguardo accusatorio. « Eh? » domandò, sbattendo incredulo le ciglia e guardandola come se fosse improvvisamente impazzita. Fred Weasley, di fianco al ragazzo di colore, alzò gli occhi al cielo: Aaron stava solamente parlando del punteggio che i Chudley Cannons avevano effettuato nella loro ultima partita, quasi dimenticando che in presenza della Smith il numero “sessanta” era proibito.
« Sono cinquantanove, Jordan, non sessanta, maledizione! Sono uscita dal cerchio dell’obesità giovanile sette mesi fa e sono cinquantanove chili, d’accordo? » sibilò stizzita, afferrando la forchetta e brandendola come un badile, spargendo cibo ovunque nel raggio di un metro.
« Fatti rinchiudere, Smith, tu sei pazza! » disse Aaron, guardandola disgustato.
« Il giorno in cui mi rinchiuderanno per qualcosa, Jordan, non sarà sicuramente al San Mungo nel reparto di igiene mentale, ma ad Azkaban per omicidio colposo » sibilò, sorridendo soddisfatta nel vederlo afferrare il piatto della colazione e spostarsi di qualche posto.
Ora va meglio” pensò, versandosi del succo di zucca nel bicchiere e fischiettando come se tre secondi prima non avesse minacciato un suo compagno di casa di morte particolarmente cruenta.
La giornata non poteva iniziare meglio, a dire il vero: il sole splendeva e anche se si ritrovavano a metà ottobre non faceva così tanto freddo da dover camminare con cinque chili di lana addosso; quel giorno non aveva pozioni e non poteva essere più che felice di quello: non avrebbe visto parecchie facce di… merluzzo.
« Sempre molto allegra, eh? » bisbigliò Roxanne Weasley a due posti di distanza da lei verso Rose, sua cugina, nel vedere entrare Lily con la sua solita faccia funerea. In realtà quello non era segno che fosse triste o arrabbiata: quella era l’espressione naturale della Potter. Sorrise verso l’amica e la salutò con entusiasmo, ricevendo un piccolo cenno in risposta.
Tutto nella norma, diciamo.
« È così, Rox, lo sai » rispose Rose, che sembrava l’unica con un po’ di sale in zucca. Con una smorfia si tolse un pezzo di frittata dai ricci rossi, guardando Joanne di traverso.
« Ops » bisbigliò, trattenendo a stento una risata: prima, nella foga dell’agitare la forchetta, non si era accorta che la sua colazione stava volando a destra e manca.
Comunque c’era una questione da risolvere: una questione con se stessa, in realtà, che per troppo tempo era rimasta in sospeso; la sua insicurezza la stava uccidendo e aveva deciso che basta, tutti l’avrebbero smessa di deriderla per il suo peso. Ora non era più una ragazzina obesa e potevano più prenderla in giro fino a farle fare il digiuno per giorni interi. Aveva smesso di piangere per loro e solo una persona era in grado di aiutarla: Dalton Zabini – totalmente ignaro di essere osservato con un sorrisetto cattivo – stava bevendo il suo caffè nero abilmente corretto, chiedendosi cosa ci fosse di meglio della camicia aderente di Crysantha Nott, intenta a ripassare all’ultimo minuto la lezione del giorno prima di Incantesimi.
« Che sia benedetta la progenie dei Grengrass » sospirò Dalton, beandosi della terza abbondante dell’amica.
« Che centra mia madre? » sbottò Scorpius al suo fianco che – anche se rimbambito per le due ore di sonno che era riuscito a fare – era ancora in grado di sentire bene.
« Brava donna, peccato solo che abbia partorito uno stronzo del genere » sospirò Dalton, guardandosi soddisfatto le unghia perfettamente curate e in ordine.
Scorpius ringhiò e Thomas Nott, appena arrivato, alzò gli occhi al cielo: ma tranquillità da quelle parti mai, eh? « La tua, invece, mi sorprende che ancora non si sia suicidata per aver partorito una checca isterica e disamorata come te  » rispose Scorpius, svegliandosi improvvisamente nel vedere Lily Potter sedersi a qualche posto di distanza da loro.
« Ehi, Potty, sei per caso caduta dal letto, stamattina? » disse, alzando appena un po’ la voce per farsi sentire. Le reazioni furono diverse: Crysantha chiuse di scatto gli appunti che stava ripassando, fissando Scorpius come se fosse appena impazzito; Dalton si limitò ad alzare un sopracciglio scuro e continuare a sorseggiare il suo caffè, estremamente interessato dalla svolta che aveva preso quella mattina, mentre Tom lo ignorò, servendosi della colazione ed eludendo il motivo per cui – ora – i Grifondoro avessero rizzato le orecchie.
« No, ho solo sonno… ma tu non sei da meno, Malfoy, visto che hai ancora il segno del cuscino sulla faccia! » rispose Lily, mentre Dalton storceva la bocca nell’imitazione di un sorriso.
« Almeno io non ho la faccia di una che ha un palo di ferro ficcato perennemente su per il… » iniziò, venendo interrotto da un occhiata scandalizzata di Crysantha. « Contegno, Malfoy, contegno. Le donne non le conquisti mica facendo notare loro che hanno il canale anale più largo del… » sbuffò Dalton, venendo anche lui interrotto da un verso disgustato della Nott.
« Voi, con quella bocca, baciate vostra madre? Siete indecenti, per le mutande consunte di Merlino! » sibilò la ragazza, ravviandosi i capelli castani dietro l’orecchio e fulminandoli con gli occhi blu cobalto.
« Disse la “bestemmiatrice” » sbuffò Scorpius, riferendosi ai richiami divini dell’amica quando era particolarmente arrabbiata. Crysantha gli mollò un calcio da sotto il tavolo e non fu piacevole il colpo, visto che le sue scarpine avevano la punta di metallo.
« Che Morgana ti fulmini, donna! » sbraitò Malfoy, mentre la ragazza sorrideva soddisfatta di avergli – per il momento – inflitto del dolore fisico. Poteva quasi considerarsi sadico il divertimento che provava nel vedere le guance di Malfoy imporporarsi per la rabbia.
« La prossima volta impari » sibilò Crys, mentre Dalton – accigliato – vedeva un allocco della scuola atterrare proprio sulla sua colazione.
« Grazie, pennuto. Non avevo una fame da lupi, certo, ma da qui a non mangiare niente ce ne voleva » sbuffò Dalton, cacciandolo in malo modo e masticando una bestemmia nel venire beccato sul dito. « Che ti venisse un infarto volando da un tavolo all’altro, uccello della malora! » urlò, succhiandosi il dito per il dolore allucinante. La lettera non aveva un mittente e, guardandosi attorno con circospezione, si chiese chi fosse: doveva per forza essere uno studente visto che aveva usato un gufo della scuola… studente che, molto probabilmente, non voleva essere riconosciuto.
Aprì la lettera e sul tavolo scivolò un biglietto: scritto con una calligrafia tondeggiante c’erano scritte poche parole. “Alle tre, questa notte, nei pressi delle Tre Marie. Devo proporti un affare alquanto… interessante. In buona fede, J.S”  
Alle tre di notte? Ma J.S sapeva che lui aveva bisogno del suo sonno ristoratore – che prevedeva minimo sette ore – per apparire fresco come una rosa il giorno dopo? Aggrottò le sopracciglia e cercò di collegare quelle iniziali a qualcuno… ma niente. Gli stava promettendo un affare ed era troppo curioso per non presentarsi all’incontro.
« Chi è? » domandò Thomas, guardandolo sorridere in modo subdolo.
« Una delle tante spasimanti » rispose, facendo in mille pezzi il foglietto e riprendendo a sorseggiare il caffè.
No, forse lui non lo sapeva che le storie migliori iniziano alle tre di notte.
   
 
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