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Autore: Stateira    21/12/2007    12 recensioni
Le notti di Harry sono improvvisamente agitate da strani sogni. Ma qual è il loro significato? Chi è il misterioso personaggio in cerca di aiuto?
Genere: Romantico, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hermione Granger, Nuovo personaggio, Ron Weasley | Coppie: Draco/Harry
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Cap 3: scopriamo il nome di Marzio, ma niente di più

La stessa pianura sconfinata, e, questa volta, la macchia di alberi più vicina, a pochi passi da lui. Il sole era irrealmente abbacinante, come se il cielo non fosse stato fatto d’aria, e non fosse stato in grado di filtrare la sua luce. Faceva sempre caldo, ed era sempre tutto perfettamente immobile.

 

Harry non perse nemmeno più tempo a stupirsi: le cose erano andate come lui aveva sperato, perciò si incamminò verso i bei faggi rigogliosi che costituivano la sola isola del paesaggio con passo deciso, e con tutta l’intenzione di sfruttare fino in fondo l’opportunità. Fra le foglie cadute degli alberi avrebbe potuto trovare delle tracce, indizi di qualsiasi tipo che potessero aiutarlo a vederci un po’ più chiaro in tutta quella faccenda.

 

Se quello era un sogno, e se quindi tutto ciò che vedeva era irreale, e creato dalla sua mente, non doveva far altro che desiderare di capire che cosa stesse succedendo. Animato da questa elementare considerazione, si mise ad aguzzare la vista fra i cumuli di fogliame colorato che giacevano a terra, e che si animavano e reagivano come fossero state vive, ad ogni suo passo.

All’improvviso, molte altre foglie cominciarono a cadere dalle cime degli alberi, formando una vera e propria pioggia di petali dorati e rossicci. Harry si dimenticò per un momento del resto. Era uno spettacolo bellissimo, perché ogni foglia che gli cadeva addosso era una carezza, e gli dava l’impressione che ognuna di esse stesse raccontando storie bellissime.

 

Si lasciò andare a quella pace avvolgente e silenziosissima. Si sedette a terra, poi si distese, sorridendo come uno sciocco. Allargò le braccia e le gambe, e si lasciò sprofondare nel tappeto morbido di foglie; sotto la sua schiena avvertiva la presenza del terreno friabile, e di una quantità di sassi, pezzi di legna, rami, e lo colse la netta impressione che ognuno di essi avesse un significato importante per lui.

 

Affondò la mano, e pescò qualcosa, un lembo di stoffa bianco, molto stropicciato. Se lo portò davanti agli occhi tenendoselo sospeso sul volto, e all’improvvisò inorridì.

 

Il brandello lungo di tessuto, lungo e stretto, e irregolare, forse una fascia improvvisata, era macchiato in più punti di sangue.

 

- Salute. - 

 

Harry sobbalzò e scattò su di soprassalto. Si rimise in ginocchio, e poi in piedi, sollevò lo sguardo e lui era lì, come se niente fosse.

 

Identico a lui, davvero identico, persino nel modo di sorridere. Era alto come lui, portava i capelli corti come lui; la sola cosa che gli mancava erano gli occhiali. E la cicatrice.

 

- Papà. – soffiò, lasciando scivolare via la mano dalla tasca del mantello che conteneva la sua bacchetta magica che, questa volta, lo aveva seguito nel sogno.

 

Il giovane uomo fece una strana espressione, a metà fra il divertito e il rassegnato, e avanzò verso di lui facendo crepitare le foglie sotto ai suoi piedi.

 

Harry gli si precipitò incontro non appena lo vide muoversi. – Perché non mi hai mai parlato fino ad ora? – gli riversò addosso come una cascata impazzita. – Perché hai continuato a sfuggirmi? E perché hai bisogno di… -

 

- Mi dispiace. – lo interruppe lui, con voce gentile. – Ma io non sono tuo padre. - 

 

Harry inghiottì le sue ultime domande, aprì la bocca per dire qualcosa, ma la richiuse subito.

 

- Ma… ma come. -

- Mi dispiace davvero. – si scusò il ragazzo, con genuina sincerità.

 

Le sue parole semplici lo avevano lasciato lì così, frastornato, ad ascoltare il rombo del suo sangue che pulsava nelle orecchie.

Il castello di carte che lui e i suoi amici si erano impegnati a costruire era crollato ancora prima di essere completo. Harry avvertì una bruciante sensazione di delusione, perché nonostante tutto l’idea di avere la possibilità di rivedere suo padre nei suoi sogni gli era parsa fin dall’inizio come uno splendido regalo. Si vedeva già a correre in suo aiuto, qualsiasi fosse il motivo, e chissà che magari non sarebbe riuscito a riabbracciare anche la mamma, in un modo o nell’altro, o per lo meno a guadagnarsi la garanzia che quel loro piccolo angolo notturno sarebbe rimasto per sempre un’isola protetta.

Era difficile ammetterlo ora, dopo aver fatto tanto per dissimularlo, ma Harry era stato entusiasta dei suoi sogni, fin da subito, e come il peggiore dei poppanti aveva visto suo padre in quella figura perché aveva voluto vederlo, con tutte le sue forze.

 

- E’ perché ci assomigliamo, vero? – cercò di riprendere la conversazione l’altro, apparendo un filino imbarazzato.

 

Harry si rese allora conto di un piccolo, assurdo dettaglio: quel tipo gli somigliava davvero come una goccia d’acqua, perché aveva persino gli occhi verdi, proprio come lui. Occhi verdi che lui sapeva benissimo non poter essere di suo padre.

 

- Ma allora chi sei? -

 

Il ragazzo sembrò enormemente sollevato dalla domanda di Harry. Gli fece un sorriso grande, e persino un piccolo gesto di inchino con la testa.

 

- Mi chiamo Marzio Fabio Saverio. E tu? Puoi dirmi come ti chiami? -

- Harry. -

- Harry e basta? -

Harry aggrottò la fronte, un tantino confuso. – Beh, come altro dovrei chiamarmi? Harry James Potter, ecco. -

- Oh. – fece l’altro, con un certo rispetto. – E come vuoi che ti chiami? James? -

- James? Perché mai dovresti chiamarmi James, scusa ? Io mi chiamo Harry! -

Lo strano ragazzo diede un sorrisone francamente eccessivo. – Beh, allora se davvero mi permetti di chiamarti Harry, tu potrai chiamarmi Marzio. –

- Perché, come altro avrei dovuto… oh, senti, lasciamo perdere. Marzio ed Harry andranno benissimo, o qui finiremo con il buttare via una nottata per decidere i nomi. –

 

Il vento tirò un sospiro fra loro, portando alle loro narici l’odore delle foglie fresche da poco cadute, sapido e piacevole.

 

Harry incrociò le mani al petto con cipiglio serio. – Ho molte domande da farti. – esordì.

- Sì, immagino che sia comprensibile. -

 

– Tanto per cominciare: come diavolo fai ad essere identico a me? -

 

Marzio si strinse nelle spalle, sornione, e mentre Harry si prendeva un po’ di tempo per osservarlo, si rese conto che ciò che aveva appena detto non era del tutto esatto: Marzio era sì tale e quale a lui, ma era vestito in modo completamente diverso dal suo: portava delle scarpe strane, che sembravano fatte di cuoio, e indossava una tunica chiarissima, di quelle che Harry era certo di aver visto addosso a delle statue antiche, in qualche museo. Sopra portava un mantello, e quel dettaglio era l’unica cosa che Harry aveva sempre notato di lui.

 

- Chi sei, e perché compari nei miei sogni? -

L’espressione dell’altro si rabbuiò all’improvviso. – Perché ho disperatamente bisogno del tuo aiuto. -

– E perché ti serve il mio aiuto? -

- Perché sei l’unico che può farlo. -

- E perché proprio io? -

- Perché tu sei uguale a me. -

 

Harry ebbe l’impressione che la testa stesse per esplodergli. - … E allora? – gemette.

- E’ una storia lunga, Harry, davvero molto lunga. -

- Hey, non puoi pensare di cavartela così a buon mercato. Se davvero vuoi che ti aiuti il minimo che tu possa fare è spiegarmi la situazione, no? Ad esempio, perché ci hai messo così tanto a dirmi il tuo nome? Te l’ho chiesto un milione di volte, ma tu non mi hai mai risposto. -

- Perché era troppo presto. – rispose Marzio con semplicità.

- Troppo presto? -

- Già. -

- E questo che cosa significa, scusa? -

 

Marzio socchiuse la bocca, e gettò la testa all’indietro, perdendosi fra le nuvolette fumose che decoravano il cielo.

- Significa che ora tu devi svegliarti. -

- Hey, hey, aspetta. -

 

Marzio gli concesse un sorriso mite. – Ci rivedremo presto, Harry. – mormorò.

 

Un attimo dopo, Harry si risvegliò nel suo letto.

 

*          *          *

 

Né Seamus, né Dean, né Neville, e nemmeno Ron notarono nulla di strano in Harry, la mattina seguente. E Harry ne fu sollevato, perché si era impegnato con tutte le sue forze per non dare nell’occhio.

Visto lo strano evolversi della situazione, aveva deciso che la cosa più saggia da fare era cercare di tirare in mezzo il minor numero possibile di persone in quella faccenda; con Ron avrebbe parlato più tardi, assieme ad Hermione. Ma gli altri dovevano continuare a credere che fosse tutto risolto, e che l’incidente di due notti prima non fosse stato altro che un banale incubo. Un po’ gli dispiaceva di lasciare fuori dai giochi proprio tre fra le persone che gli erano state al fianco con più coraggio soltanto l’estate prima, durante la breve ma tremenda lotta contro i Mangiamorte. Ma era stata proprio la guerra ad insegnargli che coinvolgere significa mettere in pericolo, e su questi suoi nuovi sogni gravavano ancora troppi punti interrogativi.

Poteva essere tutta una trappola ordita da chissà chi, come poteva benissimo trattarsi del pazzesco frutto della sua fantasia.

Dentro di sé, Harry era costretto a lottare contro l’infantile desiderio di rimettersi a letto, chiudere gli occhi e cercare di incontrare di nuovo questo Marzio per tempestarlo di domande; ma la fretta non lo avrebbe portato a niente di buono.

 

Riassunse nella testa le cose più importanti che aveva sentito, quelle da non dimenticare assolutamente di riferire agli altri, e si impose di sorridere delle circostanza, ricacciando in fondo al cuore l’amarezza e la malinconia per il sentimento infantile che lo aveva accompagnato fino a poco prima, così duramente deluso.

 

*          *          *

 

Harry radunò Hermione e Ron nella Sala Comune di Grifondoro, durante la pausa subito dopo il pranzo. Aveva accennato loro qualcosa già durante la lezione di Incantesimi, ma Vitious aveva scelto proprio quel giorno per insegnare alla classe un incantesimo nuovo di zecca, e per di più particolarmente laborioso, ragione più che valida per decidere di rimandare ogni ulteriore discussione a più tardi.

 

- E così, non è tuo padre. – ragionò Hermione. – A sentire te, sembra che venga fuori dritto da un libro di storia. -

- E’ il suo abbigliamento che mi ha lasciato di stucco. Hai presente quelle statue greche e romane? Come quelle che ci sono al British Museum? -

- Che cos’è il British Museum? -

 

Il povero Ron venne zittito da un’occhiataccia congiunta degli altri due, e si chiuse a tartaruga fra le spalle.

- Discriminato perché sono un mago. – protestò flebilmente fra sé. – E dire che fino a quest’estate quelli perseguitati erano i Babbani. -

 

- Da come me l’hai descritto sembrerebbe più un Romano che un Greco. E anche il nome mi suonava latino, come hai detto che si chiama, scusa? -

- Non lo so. – borbottò Harry. - Si chiama Marzio… Fabio… Severo, Saverio Fabio, non ho capito un accidente. -

Hermione strinse le mani sui fianchi, e Ron, seduto di fianco a lei, ebbe un vago tremito di paura che gli fecero scordare in un baleno tutte le sue spinose questioni discriminatorie.

– Come sarebbe a dire che non lo sai, Harry? – lo riprese. – Per un uomo dell’antica Roma è fondamentale distinguere i propri nomi! -

- E perché, scusa? Di primo nome fa Marzio, che diamine vuoi che me ne importi degli altri nomi? -

Hermione alzò gli occhi al cielo. – Gli altri nomi, Harry. – cominciò con petulanza. – Sono importantissimi, per sapere chi sia questo tizio. Il primo nome è quello riservato alla cerchia familiare, o alle persone intime. Il secondo è quello della sua famiglia, un po’ come il nostro cognome, e il terzo è quello che conta, quello con cui tutti lo chiamano. –

- … Oh. – fece Harry. – Ecco perché era così stupito di potermi chiamare per nome. -

- Cielo, Harry, che confusione gli avrai fatto fare, poverino. -

- Poverino lui?!? – Harry non lesinò per niente sulla lunghezza del broncio. – E io, allora? Marzio di qua, Fabio di là, che si decida una buona volta! E poi al diavolo, mi spieghi cosa ci fa un Romano nella mia testa? -

- E che cosa vuoi che ne sappia io! -

- Ragazzi, io non ci ho capito un bel niente. – intervenne candidamente Ron. – Ma non mi pare il caso di stare qui a perdere tempo con discorsi del genere. Abbiamo il suo nome, no? E allora perché non cerchiamo qualche notizia? -

 

Hermione gli concesse un’occhiata sinceramente stupita ed ammirata che lo offese un po’.

 

- Hai ragione. – constatò. – Non ci resta che sperare che in biblioteca ci sia qualche risposta. -

 

 

 

 

 

ANGOLINO!

 

Annuncio, T Jill si è impegnata formalmente a passare tutte le pagine incriminate ai lettori minorenni, in caso di rating rosso, quindi gentili signori della polizia, le retate dovete farle a casa sua! Muahahaha!

 

Dai, scherzi a parte, grazie di cuore per tutte le recensioni, sono contentissima che la storia vi interessi! Rispondo un po’ ai vostri commenti, ovviamente per quello che posso dire. Vi ricordo che, per i disguidi occorsi al sito, le eventuali recensioni scritte il 17/02 sono andate perdute, perciò, se non trovate qui il vostro nome, è per questo motivo. Mi spiace,  cercherò di rispondervi la prossima volta!

 

Lake: grazie mille! Non ti posso dire niente, però hai ragione, mai nascondere nulla a Hermione!

Ginny W: grazie! Eh sì, Draco è sempre Draco…

The Fly: mia cara, non posso dire nulla di nulla, ma stai tranquilla che ogni cosa ha il suo perché!

Koorime: sì sì, mantieniti salda per gli esami! Tanto questo capitolo non ha risolto granché, ci vorrà ancora un po’ per avere tutto chiaro.

Chiara: sono contentissima che tu veda i tre simili a quelli originali, in effetti cerco di evitare, nel limite del possibile, di andare OOC, e in questa storia non ce ne sarà bisogno.

Dark: povera, mi è impazzita totalmente! >///<

Herm83: aiuto, come hai fatto a leggere tutto in una settimana? Sei un genio!

Smemorella: doppia recensione, rispostone unico! Aiuto, aiuto, non mi maltrattare! Ç__ç certo che con l’immagine dell’amputazione mi hai proprio fatto passare la voglia di tagliare pezzi, poi finirei con il sentirmi in colpa come fossi una macellaia! Il tuo riassunto non fa una piega, ma non mi strapperai una parola, no no! E non mettetevi in combutta fra di voi!

Tsubychan: grazie, come sono contenta!

T Jill: Ah, la nostra paladina di Star Trek… guarda che ti sei impegnata formalmente! Waaa, i temi di prima media, che nostalgia. Me ne ricordo uno fantastico sui Promessi Sposi in cui mi accanivo con tutta l’anima contro Lucia, con l’argomentazione schietta “più sfigata così non è fisiologicamente possibile”.

Puciu: hihi, nessuna risposta, ma grazie dei complimenti! Sì, in effetti mi cimento raramente con il mistero, un pochino in Haunters, ma qui le cose sono molto diverse e più complicate.

Little Star: la saggezza di Ron è insuperabile. Per il resto tesorino, sono zittissima!

Lady: oh, ma che bello, grazie mille! Non immagini come anche io mi stia gustando la stesura!

  
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