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Autore: MinorityVicious    12/06/2013    0 recensioni
« Non ti ho dimenticato, Itachi. Tu, invece, l'hai fatto... »
[Prima Classificata al contest 'Dolci Insoliti' indetto da La Procrastinatrice + Vincitrice del premio speciale 'Re e Reginetta di Primavera' per la miglior caratterizzazione della coppia]
Genere: Malinconico, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Itachi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto prima serie, Naruto Shippuuden
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Capitolo 2.




Passarono gli anni, e come un prato in piena Primavera, anche Hinata fiorì.
Non era più la kunoichi debole e indifesa di un tempo, oh no.
Era maturata, sia nel carattere che nella forza, anche se conservava ancora quei piccoli spicchi di timidezza che l’avevano sempre caratterizzata.
Erano come un segno di riconoscimento, ormai, che aveva imparato ad apprezzare.
Non si vergognava più di se stessa, della sua vulnerabilità.
Hinata aveva smesso di avere paura.
Aveva urlato per anni, e nessuno l’aveva mai sentita.
Ma il cambiamento che tanto aveva atteso, quello che avrebbe fatto ricredere il suo clan e le persone che la circondavano, era finalmente arrivato.
Camminava per il parco, a passo lento e con in mano il suo gelato alla fragola, come a volersi godere ogni singolo punto di quel villaggio che, ormai, conosceva come le sue tasche.
Senza rendersene conto, si ritrovò davanti a quella panchina.
La stessa panchina che, dieci anni prima, era stata testimone di quell’incontro.
Si avvicinò, e l’accarezzò con le dita.
Nonostante gli anni, non aveva perso quello spiraglio di luminosità che aveva attirato i suoi occhi da bambina.
Si sedette e sorrise, come se quel semplice gesto l’avesse rispedita indietro nel tempo.
Lei, di appena otto anni, che non arrivava nemmeno a toccare il terreno con i piedi.
Eccola lì, ora, ormai donna, con i capelli d’ebano lunghi fino a metà schiena, un fisico longilineo e un viso aggraziato.
Solo gli occhi non erano mutati, del suo aspetto.
Erano ancora grandi come quand’era bambina, pieni d’amore e ingenuità.
Ma non c’era più solo quello, nei suoi occhi.
C’era anche determinazione, grinta, forza d’animo.
Tutte cose che, una volta, avrebbe solo immaginato di poter ottenere.
Sembrava ieri che, con lo sguardo pieno di curiosità, osservava il ragazzo al suo fianco sorriderle.
Solo in quel momento capiva cos’aveva provato allora.
Una piccola cotta. Una cosa innocente e del tutto normale.
Una cotta che, però, si portava dietro da dieci anni.
Quante volte aveva cercato quel sorriso, nelle persone che la circondavano.
Quante volte aveva desiderato poter rivedere i suoi occhi, in quelli degli altri.
Niente da fare.
Era come una pietra preziosa e rarissima, oltre che unica.
E quella stessa pietra, che tanto le aveva fatto battere il cuore, non c’era più.
La notizia della sua morte le era arrivata come una doccia d’acqua gelida. Come la stessa acqua gelida che aveva sentito sulla sua pelle quel giorno.
Itachi era morto.
Era morto per suo fratello.
La speranza di poterlo rivedere si dissolse come neve al sole, e nulla le rimase da fare se non piangere.
Piangere una persona che non vedeva da anni.

‘Non mi sono dimenticata di te, Itachi. Tu, invece, l’hai fatto...’

My beating heart belongs to you
I walked for miles 'til I found you
I'm here to honor you

Il sole batteva forte, quel giorno.
Si asciugò la fronte sudata e chiuse gli occhi, restando così per un intero minuto.
Il vento portava con sé l’odore dei pini.
L’odore dei pini e il rumore di passi.
Quei passi.
Gli stessi di colui che, anni prima, le sembrava camminasse su una nuvola.
Riaprì gli occhi.
Non poteva essere vero. Non poteva essere lui.
Non parlò. Non un singolo suono fuoriuscì dalle sue labbra.
Si sedette di fianco a lei, restando in silenzio.

<< Itachi! Itachi! Sei proprio tu?! >>

Fece lei.
Nonostante il trasporto che aveva usato in quella frase, sentiva le lacrime pungerle gli occhi.
Non poteva sbagliarsi. Era proprio lui.
Quegli occhi, quei capelli, quelle labbra.
Erano passati anni dall’ultima volta che l’aveva visto, eppure l’avrebbe riconosciuto tra mille.
Itachi Uchiha. Il ninja morto.
Il ninja che ora le ridonava quel sorriso.
Il sorriso che tanto aveva cercato, ma che mai aveva trovato.
Si incantò come una bambina davanti ad un negozio di giocattoli.
Le labbra socchiuse e mute, gli occhi ludici e le guance rosse.
Tremava, ma non di freddo.
Quanto tempo aveva atteso quel momento?
Per quanti anni si era illusa di poterlo rivedere, nonostante non le avesse promesso nulla?
Per quanti anni aveva desiderato di poter risentire la sua voce, mentre gli diceva che no, non si era dimenticato di lei?
Aveva continuato a sperare, invano, di poter esaudire quel suo piccolo desiderio.
Ora era lì, a pochi centimetri.
Sentiva il cuore battere forte, quasi volesse uscirle dal petto.
Itachi ricambiò lo sguardo, senza smettere di sorridere.

<< Vedo che non hai perso le tue abitudini... >>

Hinata non sapeva a cosa si riferisse, finché lui non le alzò il polso destro.
Come tanti anni fa, anche quella volta aveva lasciato sciogliere il gelato.
Rivoli di fragola appiccicosi le scorrevano tra le dita, e come in una sorta di déjà vu, si ritrovò a cercare ancora un fazzoletto.
Forse anche quella volta Itachi l’avrebbe battuta sul tempo, tirandone fuori uno e pulendole la mano.
In effetti fu proprio quello che fece, ma non usò un fazzoletto.
Hinata divenne più rossa di un pomodoro, mentre sentiva la lingua morbida di Itachi tra le sue dita.
Gli occhi di rugiada si spalancarono dallo stupore, ma non fece nulla per scansare la mano.
Non quella volta.
Rimase immobile come una statua di cera, mentre osservava gli occhi felini di Itachi coperti dalle ciglia lunghe e scure.
Se prima il cuore di Hinata batteva all’impazzata, in quel momento quasi le doleva per quanto era agitato.
Itachi passò la lingua su tutte le dita, ripulendole, mentre con la mano destra le teneva delicatamente il polso.
Hinata non parlava.
Decise di godersi quell’attimo che sapeva d’infinito, e che non voleva finisse mai.
Ma come tutte le cose belle, anche quello finì, e Itachi raddrizzò nuovamente la schiena.
Hinata rimase quasi delusa da quel distacco così repentino, ma ne approfittò per ritrovare un respiro regolare.
Sentiva le guance bollenti, e distolse timidamente lo sguardo.
Avrebbe voluto fargli un milione di domande, che l’avevano accompagnata fin dal giorno in cui l’aveva visto andarsene, ma non sapeva da dove iniziare.
Un altro lungo attimo di silenzio, spezzato appena dal cinguettio degli uccellini.
Itachi era così vicino a lei, che le sarebbe bastato allungare di poco il braccio per poterlo toccare.
Ma le sembrava una cosa così eterea, così proibita.
Un sospiro, basso e pacato.

<< Devo andare. >>

Disse lui con malcelata aria mesta, alzandosi.
Ancora una volta, come tanti anni prima, Hinata lo avrebbe visto allontanarsi.
Sparire tra la folla, farsi sempre più lontano, fino a non vederlo più.
Era questo ciò che voleva?
Ripetere lo stesso sbaglio di allora?
Lasciarlo andare via, senza fare nulla per fermarlo?
No, non era ciò che desiderava.
Lei voleva che Itachi rimanesse, che si fermasse e tornasse indietro.
Voleva vederlo ancora accanto a lei, sulla panchina che anni prima li aveva divisi, e che per un fortuito caso del destino, in quel momento, li aveva riuniti.
Quasi non si accorse neanche del gelato che cadeva a terra, del suo corpo che faceva leva sulle ginocchia per issarsi, dei piedi che andavano per conto loro, delle braccia che si protendevano e delle mani che si chiudevano a pugno sulla tunica scura di Itachi.
No, non si accorse di nulla. Semplicemente il suo corpo si mosse per istinto, facendola ritrovare con il viso appoggiato sulla schiena di Itachi, e con le braccia strette attorno al suo corpo.
Per anni aveva desiderato quel momento, e non le importava se fosse una visione o meno.
Sì, Itachi era morto.
Sì, forse si sarebbe dissolto tra le sue dita, come in una sorta di allucinazione.
Ma era lì, ora, con lei.
Riusciva a sentire il suo odore, il suo calore, e non desiderava altro.
Ignorò le guance che, mano a mano, diventavano sempre più infuocate, e si concentrò sul respiro di Itachi.

<< Non mi sono dimenticato di te, Hinata. >>

Socchiuse le labbra, e gli occhi già precedentemente lucidi, si inumidirono ancora di più.
Stavolta, però, non riuscì a fermare le lacrime.
Cominciarono a scorrere copiosamente lungo il suo viso, ma non erano lacrime di tristezza.
Erano lacrime di gioia.
Gioia per aver ritrovato Itachi.
Gioia per aver capito che non si era dimenticato di lei.
Gioia, e forse anche un po’ d’amore.
Hinata sentì le mani di Itachi sulle sue, e quasi per istinto, strinse ancora di più la sua tunica.
Restarono così per lunghi minuti, in silenzio, come a voler godere al massimo di quell’attimo così sacro.
Hinata guardò la figura di Itachi, messo di spalle, sentendo uno strano moto di amarezza nello stomaco.

<< Non... andartene... >>

Itachi non rispose.
Restò nella stessa posizione di prima, con lo sguardo fiero perso all’orizzonte.
La punta d’orgoglio degli Uchiha, il vanto del suo clan, colui che sacrificò il suo onore e la sua vita per il fratello, mosse appena la bocca, ma lasciò morire le parole sulle labbra.

<< Non posso... >>

<< Itachi... >> prese tutto il coraggio accumulato in anni e anni di allenamento, sfidando la figura regale dell’Uchiha. << Io... io ti... >>

Ma prima che potesse finire di parlare, il suo mondo si fece buio.
Vide Itachi sparire in una specie di vortice scuro, e si sentì come scaraventare a terra.
Urlò il suo nome a squarciagola e allungò un braccio per raggiungerlo, ma non un suono uscì dalla sua bocca.
Tremò, con ancora le lacrime che le pungevano gli occhi.
No, non poteva finire così.
Quello era un incubo.

<< HINATA! >>

Nel momento stesso in cui sentì qualcuno pronunciare il suo nome, spalancò gli occhi di scatto.
Si guardò intorno, non riconoscendo subito il luogo in cui si trovava.

<< Hinata! Come ti senti? >>

La diretta interessata si voltò a sinistra, incontrando lo sguardo preoccupato di Sakura.
Che ci faceva lì? E come era finita sdraiata su un letto?

<< S-Sakura... cos’è successo? >>

Sakura tirò un sospiro di sollievo.

<< Insolazione. Ti ho trovata accanto ad una panchina, sdraiata a terra. Scottavi ed eri molto sudata. Mi hai fatto prendere una paura! >>

Quelle parole ferirono Hinata più di quanto potesse immaginarsi.

Insolazione.
Illusione.
Allucinazione.

Puntò gli occhi chiari sul soffitto, mordendosi il labbro per non cedere alle emozioni.
Non aveva rivisto Itachi.
Aveva sognato ogni cosa.
Deglutì, mettendosi un braccio sugli occhi.

<< Vado a prenderti un bicchiere d’acqua. Hai bisogno di idratare il corpo per bene! >>

Detto questo, Sakura si allontanò, ma Hinata non la sentì nemmeno.

<< È stato tutto... un sogno... >>

Sussurrò, lasciando che le lacrime le bagnassero il braccio.
Solo un’illusione. Ecco cos’era stato Itachi.
Una splendida, bramata illusione.
Hinata sentì il cuore andare in frantumi.
Per quell’inganno che la sua stessa mente le aveva giocato.
Per quel terribile senso di frustrazione.
Per quel ‘ti amo’ che, ormai, non avrebbe mai più potuto esprimere.


If I lose everything in the fire
Did I ever make it through?



Fine.

Spero che la mia fiction vi sia piaciuta! :)
Un bacione!

Rage&Love
   
 
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