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Autore: dearjoseph    13/06/2013    4 recensioni
Mentre l’acqua rossa scivolava giù per lo scarico del lavandino, l’uomo guardò la sua immagine riflessa sullo specchio di fronte a lui. Aveva la barba incolta, i capelli non erano più curati e il viso spaventato, ma non fu questo a preoccuparlo. Lui non si riconosceva più. Quelli non erano gli stessi occhi dell’uomo di appena due mesi prima. Perchè si, tutto era cominciato sessantuno giorni prima e tutto sarebbe ben presto finito.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buonsalve a tutti!
Mi intrometto qui all’inizio solo per chiarire un paio di cose.
Ci sono stati alcuni cambiamenti:

  • TITOLO:il titolo non è più “Can’t turn back now” ma è “Lightless”. Non chiedetemi perchè, ma il nuovo titolo mi ispira molto di più.
  • PERSONAGGI:ho deciso di cambiare la composizione dei personaggi, dato che alcuni saranno inventati. Sprero che la storia vi piaccia lo stesso.
Ora la smetto di annoiarvi. Buona lettura!
 
 



2. Tell me

Di solito la gente pensa che il lavoro del poliziotto sia qualcosa di estremamente eccitante. Basti immaginare le miriadi di inseguimenti, lotte, arresti, sparatorie con la quale quei coraggiosi uomini devono fare i conti. Per la gente del posto, i poliziotti sono gli eroi che salvavano la città di Charleston ogni santo giorno.
Joseph Harries non la pensava esattamente allo stesso modo. Faceva il poliziotto da un paio d’anni e di cose eccitanti ne aveva viste meno di quanto avesse immaginato nei tanti momenti in cui, da ragazzino, si proiettava in quel futuro tanto desiderato. Nell’ultimo mese, soprattutto, l’unica cosa che aveva fatto era stare seduto alla sua scrivania, gli occhi arrossati dal prolungato uso del computer, a fare ricerche, e ricerche, e ricerche. Qualche volta andava anche a prendere un caffè o a fare le fotocopie, giusto per sgranchirsi le gambe, ma il divertimento terminava lì. Il giovane si chiedeva in continuazione perchè ci mandassero sempre gli altri in missione; lui era giovane, molto giovane, mandarlo a lavorare fuori avrebbe dato beneficio a tutti. E allora perchè lo trattenevano lì?
Un paio di volte aveva avuto voglia di fare quella domanda al suo superiore, e con la stessa velocità con la quale si era alzato dalla sedia ci si risedeva, consapevole di conoscere già la risposta.
Era successo circa tre mesi prima. La sua squadra, dopo giorni di studio, aveva organizzato un piano quasi infallibile per catturare uno dei più conosciuti spacciatori del South Carolina, Richard Anderson. Tutto stava andando alla grande, finchè lui non aveva rovinato tutto trascurando completamente gli ordini provenienti dall’auricolare che era nel suo orecchio. Il comportamento sospetto di Joseph aveva subito messo all’allerta i tirapiedi di Anderson, e quest’ultimo era fuggito via senza pensarci due volte.
Ecco perchè era costretto a quella tortura, perchè non era stato disciplinato. Così anche ecco spiegato perchè le ricerche che gli venivano affidate fossero tutte collegate a Richard Anderson; del quale, dopo l’accaduto, si era completamente perso traccia.
Per rimediare a quel disastro e recuperare la fiducia dei superiori, Joseph aveva cominciato a lavorare oltre l’orario di lavoro, ottenendo anche ottimi risultati, ma con immancabili conseguenze sull’unione con la sua amata Savannah.
Di certo non poteva dirle perchè fosse così ossessionato da quell’uomo, non poteva dirlo a nessuno. Ma ora le cose stavano migliorando. In breve avrebbero preso Richard Anderson e tutto sarebbe finito. O almeno, così sperava.
Ogni tanto guardava il suo telefono, poi distoglieva lo sguardo da esso come se questo semplice gesto bastasse a distoglierlo anche dalla sua voglia di chiamare il volto che ormai era in primo piano tra le sue preoccupazioni. Poco dopo aver deciso di lasciar perdere, si ritrovò ad ascoltare la segreteria telefonica che invitava non molto gentilmente a lasciare un messaggio solo in caso di morte. Tralasciò quel dettaglio e con voce piena di preoccupazione disse: Ehi, Brad. Senti, lo so che abbiamo parlato ieri sera ma volevo solo essere sicuro che tu abbia capito davvero. Ti prego, ti ho detto la verità. Voglio solo aiutarti Bradley. Ciao.
Quando chiuse la chiamata si sentì quasi più leggero.
Era ormai tardo pomeriggio, il posto di lavoro andava man mano svuotandosi e già la metà dei suoi colleghi erano andati via, chi salutandolo, chi ignorandolo. Poteva sembrare una serata qualunque, una di quelle in cui l’uomo si tratteneva lì fino a rimanere solo con i colleghi che avevano il turno la notte, ma quel giorno non sarebbe successo. Doveva festeggiare il suo secondo anniversario di matrimonio con colei che considerava il dono più bello che il cielo potesse avergli fatto, per questo per una volta mise da parte i suoi pensieri e decise di dedicarsi a lei. Nonostante questo, quasi non si accorse del tempo che era trascorso davanti quel computer perchè, quando guardò di nuovo l’orario, lo schermo indicò chiaramente le 20.35.
“Merda” imprecò a bassa voce mentre raccoglieva in fretta il suo materiale, gettandolo letteralmente nella cartella di pelle marrone scuro. Salutò i colleghi rimasti senza fare particolare attenzione e si ritrovò in auto prima di accorgersene. La strada da fare non era così tanta, ma accelerò lo stesso, facendo affidamento al magico potere che un bel gioiello può avere su una donna.
Purtroppo per lui, Savannah non era il tipo di ragazza che rimaneva a bocca aperta davanti ai gioielli, neanche se si trattava di un diamante tanto bello quanto quello sulla collana che Joe le aveva comprato il giorno stesso, durante la pausa pranzo (e che gli era costata un occhio della testa).
Quando entrò in casa percepì subito un silenzio pesante, opprimente.
“Savannah?” chiamò la moglie, prima di lasciare tutto, giubotto e valigetta, sul divano del salotto, ma con ancora in mano il cofanetto contenente il suo regalo. La chiamò altre due o tre volte per poi dirigersi in cucina. Il tavolo era sistemato, c’era una tovaglia lavorata in pizzo e di un bianco candito che egli ricordava essere la tovaglia delle feste e delle occasioni speciali, o semplicemente quella che metteva quando c’erano ospiti. Era apparecchiata per due, c’erano i bicchieri di cristallo, l’antipasto servito nei piatti e altre pietanze ancora suo fornelli, che però erano stati spenti. Si guardò intorno e vide delle candele sparse per la stanza, un po’ consumate. Quel dettaglio gli fece stringere lo stomaco e così, quando Savannah entrò nella stanza con addosso il pigiama, egli si affrettò nelle sue scuse.
“Amore, mi dispiace, davvero. Non volevo fare tardi” disse, e la moglie annuì assente. Joseph corrugò le sopracciglia con fare confuso.Trentacinque minuti di ritardo il giorno dell’anniversario di nozze erano tanti, ma il comportamento di Savannah era piuttosto esagerato. Lei era quella matura, non poteva davvero essersela presa così tanto. A meno che... a meno che non ci fosse qualcos’altro sotto che Joseph ebbe immediatamente paura di scoprire.
“Ehi tesoro, cosa...” si avvicinò lentamente, le braccia protese verso di lei e la mano che ancora stringeva la scatoletta color corallo nonostante il cervello che l’avesse completamente dimenticata. Interruppe la frase sul nascere quando la ragazza alzò entrambe le mani in aria mostrandogli i palmi, facendogi capire che la sua presenza non era per niente gradita.
“Ora spiegami cos’è questa” Savannah pronunciò ogni parola, sillaba, lettera, con spaventosa lentezza e chiarezza e solo allora Joseph notò che una delle sue mani non era vuota. Quella bustina trasparente, piccola e piena di roba bianca stonava nelle graziose mani di Savannah, e Joe sentì quasi di perdere la voce. La ritrovò solo dopo qualche secondo, e con uno sforzo immane disse “Non è mia. Lo giuro”
La ragazza rise, sarcastica.
“Okay, allora di chi è? Mia?”
Joseph perse di nuovo la facoltà di parlare, e respirare. Si chiese perchè non si fosse sbarazzato prima di quella roba. Rimase molto tempo in silenzio, probabilmente, perchè Savannah scosse piano la testa e gli voltò le spalle convinta di aver avuto la sua risposta.
Il marito la rincorse fin nella stanza da letto e le prese il braccio con una forza sorprendentemente delicata prima di ricevere un’altra pugnalata al petto. Lascrime amare cominciarono a bruciare gli occhi del giovane, dopo aver visto che anche la moglie stava piangendo.
“Savannah” ripetè il suo nome, ma la donna si voltò dall’altra parte.
“Savannah, ti prego” la supplicò lui. Impose ancora il suo viso davanti agli occhi della giovane donna. La guardò profondamente, e in quel momento sperò quasi di poter essere trasparente così da poter dire tutto alla donna della sua vita, così da non dover più tenere il segreto per paura che lei potesse entrare in qualcosa tanto grande da poterla distruggere. Ma non poteva, non lo avrebbe mai permesso.
“Non posso dirti di chi è. Ma credimi quando ti dico che non è mia” disse allora, imprigionando gli occhi di lei nel suo sguardo sincero.
“Come faccio a crederti” rispose Savannah, mentre mille emozioni diverse le attraversavano la mente e il viso. Mentre mille ricordi, belli e brutti, ritornavano alla luce e mille particolari insignificanti diventavano assillanti e troppo rumorosi perchè li potesse sopportare.
“Era per questo che eri così fecile stamattina? Perchè avevi la tua bella scorta di cocaina, o ectasy, o qualunque merda sia questa?”
“No” negò subito il moro dinanzi a lei “No, l’ho detto. Non è mia. Non mi drogo”
“E allora perchè questa roba è a casa nostra? C’entra qualcosa il lavoro? Stai facendo una qualche missione nella quale devi fingerti un drogato o cosa? Dimmelo” parlò lei tutto d’un fiato, come a voler presto trovare una giustifazione all’orrenda scoperta che si era ritrovata a fare semplicemente aprendo qualche cassetto di troppo nell’armadio di lui.
Joe scosse la testa, per un attimo allettato del fatto che se lei avesse saputo sarebbe stato tutto più semplice. Ma meno Savannah sapeva, meglio era per tutti.
“Non... non posso dirtelo”
Savannah lo guardò con la delusione negli occhi “Negli ultimi mesi non ci sono altro che segreti tra noi. I segreti distruggono. Questo fanno. Non parlare ci distruggerà” disse infine, per poi coricarsi nel letto senza neppure un’altra parola.
Joseph posò il regalo sul comodino della moglie e corse in bagno, lavò i denti con estrema lentezza e il viso più del dovuto, giusto per schiarirsi le idee. Idee che continuavano comunque ad intricarsi e divorargli la mente. Quando si distese accanto alla moglie, che gli dava le spalle, sentì davvero il fallimento farsi spazio nel suo cuore. Tutto. Stava perdendo tutto.
“Mi dispiace Savannah” disse a bassa voce, nonostante non fosse sicuro che lei fosse sveglia. Lo disse per liberarsi delle sensazioni che lo opprimevano da mesi. Lo disse perchè gli dispiaceva davvero gettare al vento tutto questo. Lo disse perchè la amava.
“Cosa ci sta succedendo?” sentì la voce flebile della moglie provenire dalla sua sinistra e ebbe la conferma che lei aveva ascoltato. Forse stava aspettando proprio quello.
 “Per favore Joe, dimmi cosa sta succedendo” disse ancora, voltandosi a guardare il marito con gli occhi cioccolato ancora rossi per le lacrime versate. Il lui vedeva un uomo preoccupato, troppo debole per poter affrontare quella cosa da solo. Qualunque cosa essa fosse.
“Non parliamo più e non posso sopportarlo. Se c’è qualcosa che non va, devi dirmelo. Per favore, parlami”
Era la sua ultima supplica. “Parlami
Joseph prese il coraggio che gli mancava in un respiro profondo e poi si sedette con la schiena nuda contro la spalliera del letto.
“Va bene”
Non ce la faceva più. Non poteva proprio vedere il suo matrimonio, il suo mondo sgretolarsi nelle sue mani senza che lui riuscisse a fare nulla.
Perciò decise di raccontarle ogni cosa.
 
 
 
 
Ed eccomi di nuovo qui. Dopo mesi e mesi ho aggiornato e spero ci sia qualcuno che ancora segue questa storia. Mi fareste immensamente felice con una recensione, davvero. Ora che sono in vacanza avrò molto più tempo per scrivere, quindi non preoccupatevi, aggiornerò presto.
Lo so che nessuno starà leggendo più quiiindi non spreco altre parole.
Un bacio a tutte ♥
  
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