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Autore: Apricot    10/07/2013    0 recensioni
Arrivarono all'incrocio delle due stradine dove si era fermate il giorno precedente, però questa volta svoltarono a destra.
-Ma guarda che a destra non c'è niente! Perché veniamo qui?-
-Non c'è niente? A destra c'è il mondo intero, ricordatelo bene!-
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le giornate a Doolin passavano lentamente. Più lentamente di quel che ci si aspettasse.

Ethel si trovava spesso a guardare fuori dalla finestra. Poggiava la testa contro il muro e lasciava che il suo sguardo si perdesse nel vuoto.

Fissava le macchine passare e pensava.

Pensava a tutto e a niente. Non pensava a nulla di particolarmente importante e a nulla di particolarmente inutile. Pensava e basta.

Lasciava che le immagini e le voci nella sua testa scorressero via, leggere.

Di tanto in tanto si soffermava a fissare i passanti domandandosi che genere di vita svolgessero e perché si trovassero in quel posto.

Si divertiva ad immaginarsi le vite dei pochi anziani che di tanto in tanto attraversavano quella stradina.

Non aveva più chiamato Hanna.

Non voleva fingere di interessarsi a lei. Nella sua nuova vita non c'era spazio per lei.

Nella sua nuova vita non ci sarebbe più stato spazio per nessuno come lei.

 

Prese il giaccone di sua sorella perché era più caldo del suo.

Se lo infilò e scese le scale.

Per voltare pagina non bastava un taglio di capelli differente, doveva rinnovare completamente il suo stile di vita.

Cominciò dalle passione che non aveva potuto sviluppare quando viveva a Dublino.

Avrebbe voluto fare una lista di tutto ciò che amava fare, ma non c'era tempo.

Quando hai delle belle idee non c'è mai abbastanza tempo.

Corse lungo il marciapiede sotto casa sua ed imboccò la scorciatoia che le aveva mostrato Sam.

In meno di 15 minuti arrivò nel centro di Doolin.

Ethel era abituata a ben altri centri città, ma anche quello di Doolin le piaceva.

Infondo alla piazza, proprio accanto all'unico mini supermercato presente, c'era una biblioteca.

Ethel vi entrò ansimando ancora per la corsa.

Stava cercando un libro, ma non un libro qualsiasi, un libro che la ispirasse. Non le era mai capitato di entrare in una biblioteca senza avere una minima idea di quale libro prendere.

Provò una strana sensazione di ansia ed eccitazione allo stessa tempo, quel genere di sensazione che si prova quando si è alla ricerca di qualcosa, non si sa di cosa, ma si sa di per certo che bisogna trovarla.

 

La biblioteca era infinitamente piccola, ma Ethel si era abituata ai posti piccoli da quando si era trasferita.

Si avvicinò alla prima libreria che incontrò.

Era di legno, quel legno chiaro un po' scadente che si trova ovunque, e con cinque scaffali. Cominciò a cercare tra i libri e tirò fuori quelli con la copertina più bella.

Quand'era piccola Sam le diceva che non bisogna giudicare un libro dalla copertina.

Lei non la pensava così, lei riteneva la copertina una parte fondamentale del libro.

La copertina doveva rappresentare il libro, dunque doveva essere bella quanto le parole scritte all'interno delle pagine. Solo un idiota avrebbe scritto un bellissimo libro per poi ricoprirlo con una copertina brutta.

Aveva provato a spiegare questo concetto a Sam, ma lei e aveva risposto che era una persona superficiale.

Ethel non si riteneva una persona superficiale, affatto, credeva soltanto che l'apparenza fosse una parte importante, perché spesso mostriamo chi siamo, o comunque chi vorremmo essere.

 

Cambiò scaffale, non c'era nulla che attirasse la sua attenzione nel ripiano più alto.

Niente.

Niente.

Non riusciva a trovare niente.

Si spostò nel secondo corridoio per esaminare altre due librerie.

Nessun libro l'attirava davvero, nessun libro le faceva venir voglia di leggere, e alcuni libri le facevano addirittura venir voglia di andarsene. Nulla che facesse al caso suo.

La sala era quasi completamente vuota. Solo un ragazzo era seduto su di una poltroncina blu scuro vellutata vicino alla finestra più grande presente.

Ethel si girò a guardarlo.

Ciò che desiderava si trovava fra le sue mani.

Il libro che voleva era il suo.

Era grande, con la copertina azzurra e il titolo scritto in nero.

Non riusciva a leggere cosa ci fosse scritto, ma lo desiderava.

Sentì quasi un'attrazione per quell'oggetto. Sapeva di volerlo,e se non avrebbe potuto prenderlo non ne avrebbe preso nessun altro.

Non le importava cosa c'era scritto. Voleva quello.

Le piaceva la forma, il colore, lo spessore. Era quel genere di libro che si tira fuori dallo scaffale perché si è attratti dal suo aspetto.

Si avvicinò lentamente poggiando i piedi perfettamente uno davanti all'altro; sapeva tenersi in equilibrio molto bene.

Fece esattamente dodici passi e si fermò dietro la poltrona su cui il ragazzo stava sfogliando velocemente le pagine.

Ethel strizzò gli occhi per mettere a fuoco le scritte e leggere qualcosa, ma non riusciva a vedere niente, sia perché non vedeva bene da lontano, sia perché i capelli castani del ragazzo coprivano la visuale.

Riuscì a leggere il titolo del terzo capitolo: 'Il soggetto'.

Ethel pregò con tutte le sue forze che non si trattasse di un libro di grammatica.

-Cos'è?-
Il ragazzo non si voltò neanche per sapere chi fosse a parlargli; si limitò a guardare con la coda dell'occhio.

-Cos'è cosa?-

- Il libro che stai leggendo.-

-É un libro. -

-Di cosa parla? -

-Perché ti interessa? -

-Perché lo vorrei leggere. -

-Ma non sai neanche di cosa si tratta, come puoi volerlo leggere? -

-Mi piace la copertina. -

-Mai giudicare un libro dalla copertina. -

-Io ritengo la copertina molto importante.-

Il ragazzo si girò puntando i suoi occhi nocciola sul giaccone eccessivamente largo che portava la ragazza. La squadrò dalla testa ai piedi, soffermandosi più a lungo sugli stivaletti neri e sporchi. Ethel distolse lo sguardo dal libro per spostarlo sul ragazzo. Lo riconobbe subito. Era il ragazzo che aveva incontrato davanti alla scuola, quello seduto sul muretto. Da quel giorno non lo aveva più rivisto davanti scuola; in più aveva imparato ad arrivare prima per prendersi il posto sul muretto. Sulla panchina rossa non ci si era più seduta.

 

-É un libro di fotografia.-

-Intendi uno di quegli album con le foto degli animali e dei paesaggi?-


-No, vedi per caso delle immagini? Ci sono solo scritte.-


-E allora che razza di libro sulla fotografia è?-


-É una specie di manuale, ti insegna come fare le fotografie.-


-Ah, e tu non potresti darmelo questo libro?-


-Lo sto leggendo io.-


-Lo so, però a me serve.-


-Ti serve per cosa?-

Se Ethel avesse davvero voluto prendere quel libro avrebbe dovuto avere una motivo plausibile per volerlo.

Esaminò tutte le motivazione che avrebbero potuto spingerla a volere quel libro.

Decise di dire la verità, perché se non altro, fra tutti i possibili motivi per i quali una persona vorrebbe un libro di cui non conosce neanche l'argomento, la verità era quello che avrebbe saputo spiegare meglio.

 

-Mi serve perché devo riscoprire la mia passione.-


-La tua cosa?-


-Passione.-


-Ti piace la fotografia?-


-No. Mi piace leggere.-


-Sei in una biblioteca, ci sono milioni di libri qua dentro, perché tu vuoi proprio il mio?-


-Te l'ho detto, mi piace la copertina.-

-Il ragazzo si voltò di nuovo verso il suo libro e riprese a leggere.


-Scordatelo.-


-Lo leggerai tutto?-


-Si, tre volte.-


-E quando finirai?-


-Fra un anno.-


-Sono seria.-


-Anche io.-


-Davvero vorrei quel libro, quindi se non ti dispiace appena ti stanchi potresti dirmelo così...-


-No.-

 

Ethel aveva tutto il pomeriggio a disposizione.

Si sedette sulla poltroncina azzurra di fronte a quella del ragazzo e cominciò ad osservarlo.

Più che osservarlo lo fissò pregando che si muovesse a leggere.

Di tanto in tanto allungava il collo e posava lo sguardo sulle pagine, ma le scritte erano troppo piccole. Riuscì a vedere un'immagine: uno schema di una macchina fotografica con varie frecce, numeri e spiegazioni a lato.

Il ragazzo si era accorto della presenza di Ethel e del suo continuare a fissarlo.

Cercò di resistere il più possibile.

Non voleva dargliela vinta. Era diventata una specie di gara; il primo a cedere avrebbe perso.

Ethel incrociò le gambe e questa volta, con espressione seria, cominciò a tamburellare le dita sul bracciolo.

Il ragazzo non si mosse di una virgola, sentiva lo sguardo della ragazza addosso, ma non avrebbe ceduto.

 

Un'ora.

Due ore.

Tre ore.

 

-Tieniti sto maledetto libro!-

Il ragazzo alzò lo sguardo e le porse il libro con aria scocciata.

L'aria altrettanto scocciata di Ethel si trasformò in soddisfazione.

Ora aveva il libro che stava cercando.

-Grazie.-


-Spero tu sia contenta adesso.-


-Si, lo sono.-


-Ciao.-

Il ragazzo si alzò e si diresse verso la porta di vetro in fondo al corridoio.

Ethel si alzò esaminando la copertina del libro. Azzurra e spessa con il titolo nero in rilievo, come piaceva a lei. Portò il libro al suo naso per verificare che profumasse di carta. Se non avesse profumato non lo avrebbe preso e quindi avrebbe sprecato un intero pomeriggio.

Fortunatamente le pagine profumavano.

Ethel utilizzò la tessera di sua sorella per prenderlo in prestito, dopo di che uscì .

 

Fuori aveva iniziato a piovere, se ne era accorta mentre stava aspettando seduta.

Si rifugiò per cinque minuti sotto il balcone del palazzo accanto.

Le era saltata alla mente l'idea di chiamare Sam per farsi venire a prendere, ma non voleva disturbarla. Inoltre a quell'ora lavorava ancora.

Di pullman che portassero almeno nelle vicinanze di casa sua alle sei del pomeriggio non ce n'erano, di taxi neanche l'ombra.

Ethel una volta aveva visto un film in cui una donna correva per la strada sotto la pioggia gridando. Aveva trovato quella scena particolarmente bella.

Nascose il libro sotto il giaccone in modo che non si bagnasse e lo tenne fermo con un braccio.

Correre sotto la pioggia era impossibile, o almeno con gli stivali che indossava. Si limitò a camminare.

Le gocce le cadevano sul viso con una violenza tale da farle male. La pioggia era diventata grandine.

 

Non poteva più continuare a camminare sotto quella tempesta per quanto cinematografico fosse. Sentiva il vento freddo penetrarle nelle costole, e questo non è mai un buon segno.

Si avvicinò al bordo della via e si rifugiò sotto il tendone del dehor di un bar.

Tirò un bel respiro profondo e strinse il libro ancora più a sé.

Si strizzò i capelli e si appoggiò alla vetrata del bar chiuso.

Sentì una mano posarsi sulla sua spalla fredda e fradicia.

- Hey. Allora perché volevi quel libro?-

Era il ragazzo della biblioteca, anche lui completamente bagnato e infreddolito.

Ethel non lo vide molto bene in faccia, perché portava i capelli sopra la fronte, e bagnati coprivano anche gli occhi.

Notò però le sue labbra; era viola dal freddo e di tanto in tanto tremolavano.


-Lo voglio leggere-


-Guarda che non è poi così interessante.-


-Si lo so, però è il libro che volevo. Ne stavo cercando uno che mi ispirasse, e questo mi ispira.-


-Perché ti ispira?-

Ethel pensò che quel ragazzo avesse dei seri problemi di memoria.


-Per la copertina!-


-Solo per quello?-


-Si!-


-Te sei strana.-


-Grazie.-


-Non era un complimento.-


-Per me lo era.-

Quella conversazione stava cominciando ad irritarla.

-Come ti chiami?-


-Ethel-


-Ma di dove sei?-


-Come fai a sapere che non sono di qui?-


-Qui si conoscono tutti, e poi hai un accento diverso.-


-Di Dublino.-

 

Il ragazzo si sistemò a qualche metro da lei per ripararsi ed accese una sigaretta.

Ethel lo guardò mentre tutto quel fumo gli usciva dalla bocca. Voleva parlargli, tanto per fare bella figura, tanto per non rimanere imbambolata ad aspettare.

-Che marca fumi?-


-Scusami?-


-Che marca di sigarette fumi?-


-Sigarette? Questa non è una sigaretta.-

Ethel rimase zitta ed immobile. Non sapeva cosa rispondere e tanto meno le interessava farlo.

Dopo tre minuti il ragazzo si voltò ed andò via.

  
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