Ok,
da dove comincio? Sono in ginocchio sui ceci a chiedere perdono per le
mie
malefatte e la mia pigrizia, il cielo, o Espero (ops,
spoiler...) mi fulminino...
Aspetta
un momento...niente urla, niente vasi tirati, niente
istinti omicidi nell’aria... feeuh,
grazie.. -.-
In
un modo o nell’altro questo benedetto capitolo 6 è
venuto
alla luce, l’idea c’era già, ho dovuto
fare delle pause tra un flashback e
l’altro ma una volta cominciato sono andata avanti abbastanza
rapida, il
problema è stato cominciare...-.-‘
Comunque,
ritroviamo uno dei personaggi che vi avevo
anticipato: Selene.
Ci
racconterà la sua vita e gran parte dei misteri che la
avvolgono, sono abbastanza soddisfatta di come è venuto il
capitolo, nel
complesso mi piace molto il taglio a flashback, quindi fatemi sapere
com’è,
altrimenti significa che non so proprio giudicare da sola
ciò che scrivo... non
è proprio il più lungo ma è abbastanza
sostanzioso, per farmi perdonare ^^,
siate clementi e come sempre,
buona
lettura!
6
Quella
notte
non riusciva a dormire, e sapeva il motivo, era sciocco cercare di
lottare
contro i propri pensieri, non avrebbe mai potuto prendere sonno: era il
momento.
Tredici
anni, erano passati tredici anni da quel giorno e ora
non si poteva più rimandare, il cerchio doveva chiudersi.
Sospirò,
si alzò con fatica dal suo giaciglio e si avviò
verso l’uscio di casa.
Sapeva
perché le stelle non l’avevano ancora chiamata a
sé
nonostante la veneranda età, aveva un conto in sospeso con
loro, un conto che
sarebbe stato saldato presto. Ma a quale prezzo?
“Ritornerai
da me un giorno, quando le stelle ti chiameranno”
“Quando
vorranno portarti via” disse.
Il
cuore della vecchia Selene era colmo d’angoscia e paura,
di pentimento e rimorso, di colpa. Sentimenti con cui aveva imparato a
convivere fin dalla sua giovinezza, ma che ora si rivelavano davvero
troppo
gravosi per un povero, vecchio cuore, affaticato da anni e anni di riti
terribili.
Come
aveva potuto farlo? Aveva promesso a sé stessa che una
volta lasciato il tìaso non avrebbe più invocato
il terribile nome di Espero,
che non avrebbe più sacrificato vite innocenti per la
bramosia di potere dei
mortali, eppure, diciotto anni fa l’aveva fatto. Di nuovo.
Qual’era
stata la prima volta? Era ancora viva Cleida, anzi
era stata proprio lei a condurla in quella spiaggia, a Lesbo, tanti
anni prima.
Cleida,
Selene non faceva altro che sentir ripetere questo
nome da mattina a sera, le fanciulle del tiaso
avevano una vera e propria venerazione per lei, del resto era la figlia
della
fondatrice del loro gruppo, eppure strane voci circolavano su quella
donna dai
capelli rossi.
Cleida
non era mai sola, almeno non in pubblico, e si
circondava di ragazze misteriose che non partecipavano alle
attività regolari
del tiaso come lei e le
altre. Avevano tutte gli
occhi chiarissimi, quasi argentei, e portavano al collo una
sottilissima
catenina, così fine da sembrare un filo, i cui anelli erano
di diversi tipi di
metallo, oro, argento, bronzo. Salvo che al seguito di Cleida, non
apparivano
mai in pubblico, secondo le chiacchiere era perché dormivano
di giorno e la
notte praticavano strani culti insieme alla donna. Selene non aveva mai
prestato troppo ascolto ai pettegolezzi, a suo avviso erano
semplicemente
ragazze un po’ particolari, così un giorno aveva
provato a conversare con loro
e aveva trovato piacevole la loro compagnia, i loro modi erano amabili,
e
discorrevano non eleganza di numerosi τόποι,
per quanto fossero particolarmente ferrate nel parlare di astronomia e
cercassero di riportare a quell’argomento ogni conversazione.
Non era certo un
disagio per Selene, anche lei amava molto quella scienza e non essendo
facile
trovare ragazze come lei, aveva colto l’occasione per parlare
un po’ della sua
passione. Durante tutto il dialogo, incentrato in particolar modo sulle
stelle
e sulla loro influenza sulla vita umana, Cleida non le aveva mai
staccato gli
occhi di dosso.
Quella
sera ricevette un messaggio da una di quelle ragazze.
Si sorprese subito di vedersela davanti mentre saliva le scale per
raggiungere
la sua stanza. Come mai era sola? Dov’erano le sue compagne e
Cleida? Prima che
potesse aprire bocca però, la ragazza le rivolse la parola:
“Salute,
Selene.
Mi
manda la nostra signora Cleida. È rimasta colpita dal tuo
spirito durante la conversazione di prima e desidera parlarti a
quattr’occhi,
sulla spiaggia fuori città, alla luce delle stelle.
Seguimi”.
Selene
ebbe l’impressione che la sua interlocutrice
avesse calcato la parola stelle e luce con un tono misteriosamente
malizioso,
complice. Tuttavia non poteva rifiutare un invito della sacerdotessa di
Afrodite e annuì con garbo:
“Se
la nostra amabile Cleida vuole parlarmi ciò non
può che
rendermi lieta. Indicami la via, non voglio farla attendere”
Le
due si incamminarono in silenzio, nell’aria ormai notturna
riecheggiavano solo il gracidare sommesso delle rane e il canto
ridondante dei
grilli, persino i loro passi erano ammantati di silenzio. Eppure la
mente di
Selene era agitata da dubbi e presentimenti infausti, la ragazza era da
sempre
abituata a fidarsi del suo istinto e questo le stava chiaramente
dicendo di non
andare, di fermarsi e tornare indietro, che non c’era nulla
di buono per lei
sulla spiaggia.
<<
Ma che mi prende? Non è la prima volta che esco di
notte in riva al mare, lo facciamo spesso per le cerimonie sacre.
Perché
stavolta dovrebbe essere diverso?
Che
vuol dire che Cleida è rimasta colpita dal mio spirito?
Intendeva il modo di comportarsi ... o proprio
l’anima? >>
Il
tragitto era breve ma senza la sua guida, la giovane
non sarebbe riuscita a distinguere nell’oscurità
la sagoma solitaria
della donna dai capelli rossi fra le insenature e le anse dei
lidi.
La
figura di Cleida si stanziava maestosa davanti a lei,
avvolta nel buio e in un pesante mantello blu scuro, i capelli al
vento, completamente
sciolti in tutta la loro lunghezza, e la sottilissima catena di tre
diversi
metalli le arrivava quasi ai piedi, luccicando alla luce della luna
come la
schiuma delle onde che si infrangevano placide sulla sabbia umida e
fredda.
Quando
si voltò, Selene vide che la ragazza era già
sparita,
certo, la donna dai capelli rossi aveva detto di volerle parlare
“a
quattr’occhi”...
Anche
stavolta non riuscì a fiatare per prima, stava
già
esordendo con un “eccomi” o qualcosa di simile, che
Cleida aprì bocca:
“Guarda
in alto” e alzò la testa per invitarla a fare
altrettanto
Selene
alzò la testa e i suoi occhi si illuminarono della
luce di migliaia di stelle di diversa grandezza e colore, uno
spettacolo che
l’aveva sempre lasciata a bocca aperta, e anche stavolta la
sensazione che
provò fu la stessa.
“Armonia”
rispose la giovane rivolgendo un sorriso al cielo
“E
poi?” la incoraggiò Cleida, anche lei gli occhi
fissi alle
stelle
“Perfezione,
felicità, luce...magia” continuò Selene
“Non
sai quanto tu abbia ragione”
La
ragazza abbassò un attimo lo sguardo per fissare la sua
interlocutrice, cosa aveva voluto dire con quella frase
appena
sussurrata?
“Riguardo...
cosa ?”
La
donna non aveva mai distolto gli occhi dalla volta celeste
“L’ultima
parola che hai detto...magia. Sì, non immagini
quanto tu abbia ragione.”
Forse
fu solo un’impressione di Selene, ma una stella aveva
brillato per un istante, Cleida sorrideva compiaciuta di quel segno
“Sai
quante persone avrebbero risposto come te alla mia
domanda? Poche, molto, molto poche. Avrebbero detto questo:
<< stelle
>> e forse dopo avrebbero aggiunto <<
luminose, belle, lontane...
>> tu no. Hai detto che vedi armonia. Anche in questo non
sai quanto hai
ragione. Le stelle sono armonia, le stelle danno armonia, a chi trova
il
coraggio di chiederla loro. Tu hai questo coraggio, Selene?”
La
donna ora abbassò gli occhi, il verde giada di lei
incontrò il chiarissimo acquamarina della ragazza, la
maggiore era seria, poté
notare una scintilla di speranza, di fiducia, un incitamento a parlare
col
cuore, nei suoi occhi, l’inquietante consapevolezza di sapere
già la risposta
della più piccola.
“Come
riluce la grande Espero stanotte”
Cleida
si rivolse a Selene con un sorriso complice
“Ti
senti pronta?”
“Sì”rispose
alla sacerdotessa.
La
ragazza, ormai diventata una giovane donna, prese la lunga
catenina che pendeva dal suo collo e la avvolse intorno alle mani
formando una
rete. Gli anelli preziosi scintillavano ai raggi di luna, ma
soprattutto ai
raggi della Stella della Sera, forgiati apposta per catturarne la
luminosa
immagine.
Un
uomo era in disparte, seguiva la cerimonia con sguardo
scettico eppure speranzoso. Sarà stato scettico per la
giovane età di Selene, o
per la mal fiducia nei confronti dei poteri delle stelle?
Selene
non se ne curò e pensò solo alla luce, una
fortissima
luce bianca seguita da un lampo rosso, sì, era
così che doveva andare, l’aveva
visto molte altre volte, aveva assistito molte altre volte al
sacrificio di anime
e più volte aveva ammirato splendere Espero e riversare sui
mortali la sua
forza, rispondere al loro richiamo, alla loro disperata richiesta di
aiuto.
<<
Ancora, esaudiscici ancora divina stella, astro
della sera. Dona armonia a chi è nel caos, luce a chi
è nell’ombra, felicità a
chi è afflitto, ricchezza agli indigenti >> ripetè
mentalmente
“Potere
a chi lo brama!” esclamò a voce alta e potente
fissando il cielo con sguardo penetrante.
Fu
come se i suoi occhi si fondessero con la luce della stella,
i cui minuscoli raggi si muovevano furiosamente, divenne abbagliante,
le mani
di Selene rilucevano, Cleida aveva fatto un passo indietro e osservava
con
sguardo fiducioso ma vigile, pronta ad intervenire nel caso la
più giovane non
si fosse dimostrata ancora all’altezza.
I
capelli mori, completamente sciolti, della giovane
donna ondeggiarono alle sue spalle, eppure non c’era vento e
lei era rimasta
immobile. D’improvviso la catenina prese a riflettere i raggi
di luce della stella
con più forza. Dalle sue mani si propagò per una
attimo un’aura rossa,
inquietante eppure affascinante.
Un
bagliore della durata di un istante illuminò il cielo come
fosse giorno, poi si udì un tonfo, nello stesso momento in
cui una scia rossa,
un guizzo rubino, attraversò il cielo.
Il
sangue dell’uomo si gelò nelle sue vene nel vedere
il
corpo impietrito della sua offerta riverso per terra. Senza vita.
Era
stato così che era cominciato tutto. A diciotto anni
aveva recitato la sua prima preghiera a Espero, dopo essere entrata
nella
“setta” a quattordici. In quattro anni aveva
assistito a ogni sorta di rito, di
invocazione alle stelle e in particolar modo all’Astro della
Sera. Lei e le
ragazza fungevano da intermediarie, sfruttavano il potere della loro συμπαθία
col
firmamento, manifestata nei loro occhi chiari e brillanti, per
realizzare i
desideri dei mortali, le loro ambizioni.
Le
avevano spiegato che era un grande regalo fatto loro da
Espero, che abbassandosi a guardare il mondo dei mortali si impietosiva
per le
loro sciagure e offriva loro un patto per porre fine alle disgrazie.
Patto.
Questa
parola era la chiave di ogni cosa. Di tutte gli
orribili sacrifici e voti fatti per la stella. Diciotto anni di potere,
non
ostacolato da nessun nemico o fattore esterno, in cambio di
un’anima, potere
assoluto e perpetuo in cambio dell’anima di due gemelle. E
lei lo aveva
permesso, aveva anzi aiutato tutto ciò, era la ragazza che
più di ogni
altra aveva un profondo legame col cielo e per questo Cleida
l’aveva indicata
come colei che avrebbe dovuto prendere il suo posto quando le stelle
avrebbero
chiamato anche lei. Per questo era stata educata, per questo era stata
cresciuta all’interno del gruppo a stretto contatto con la
donna dai capelli
rossi, la quale le aveva rivelato i suoi segreti e tutte le formule e
le
invocazioni adatte a ogni tipo di rito. Il primo, aveva ancora quindici
anni
quando diresse il primo rito, rivolto a una stella minore per un
mortale che
desiderava fortuna e gloria in battaglia. Espero era l’unica
stella a cui solo
Cleida osava rivolgersi, tutte le altre si inchinavano alla potenza
dell’astro
intimorite dalla sua luce, e facevano bene, perché il grande
potere di Espero
poteva essere trasformato per gli uomini solo da poche elette, e Cleida
era
l’unica fra loro a poterlo fare, l’unica
finché non arrivò lei, Selene.
Sospirò
di nuovo, ripensare a quei tristi avvenimenti le
riempiva la testa di immagini spaventose, tutti quei volti senza vita,
vuoti di
luce e di anima, sembravano invocare Espero anche loro, reclamando
vendetta. E
poi, fra tutti, un corpicino, una faccina piccola, di una bambina che
aveva molto
meno di un anno di età, dagli occhi di un viola acceso e
profondo, brillanti di
vita e intelligenza, che l’avevano guardata compassionevoli
diciotto anni
prima, << mi fai pena >> poteva leggere in
quelle iridi ancora a
distanza di tanto tempo ogni volta che l’immagine si
ripresentava alla sua
memoria. L’uomo che l’aveva portata alla donna
ormai già avanti negli anni,
sapeva molte cose su questo genere di rituali, aveva trovato
l’anima in grado
di garantirgli un potere immenso e forte, un potere che gli spettava
comunque,
di diritto, ma per cui non aveva il coraggio di lottare
“Donna”
la apostrofò un giovane uomo, il viso sprezzante e
fiero ma gli occhi corvini, rapaci. Non le ispirarono fiducia e
sicurezza.
“Cosa
desideri?” aveva risposto uscendo dalla sua capanna,
ormai si era ritirata in un paese lontano già da anni,
sperando di dimenticare
così il suo passato e allontanare i demoni che agitavano la
sua coscienza.
“Sto
cercando Selene, vecchia, sei tu?”
“Sì
giovane, cosa vuoi da me?”
“Ho
una richiesta da farti...”
Sul
tavolo della piccola cucina giaceva un fagotto, Lene
inorridì constatando il suo contenuto, scostato un lembo di
tessuto da uno
degli angoli dell’involto, una piccola manina si
affacciò e le strinse il dito.
“No,
non farai una cosa simile” esclamò quasi con tono
di
domanda
“Infatti
io non farò nulla, sarai tu che lo farai per me”
“Non
puoi chiedere tanto, è solo una bambina, ha
l’intera
vita davanti a sé..” la piccola emise un lieve
gemito
“Guardala
negli occhi, lei e sua sorella sono quelle che
cercavo da tempo, il loro potere sarà immenso” le
iridi di lui brillarono
pericolosamente di brama, un guizzo quasi assassino le
attraversò, infuocato.
Anche
Lene era meravigliata dal viola intenso degli occhi
della piccola, il colore sacro a Espero più di ogni altro
blu, eppure fece un
passo indietro scuotendo la testa
“Ragiona,
ciò che chiedi ti spetterebbe comunque, puoi
lottare per averlo, il tuo popolo ti seguirà, riuscirai nel
tuo intento anche
sen..” non fu interrotta dalle parole dell’uomo ma
dai suoi occhi taglienti,
ridotti a fessure, si rese conto che non era abituato a essere
contraddetto e
tantomeno corretto
“Ci
vorrebbe troppo tempo, mio figlio non deve crescere come
un miserabile, deve vivere nel luogo che gli spetta per nascita, deve
poter
trascorrere un’infanzia lieta e spensierata senza il ricordo
terribile di
guerre civili e campi di battaglia insanguinati di morte, io
lo faccio per lui!
Donna,
vecchia, te lo chiedo, no, te lo ordino per l’ultima
volta: intercedi per me, stringi per me il patto con la
stella!”
A
quel punto Selene si sentì sprofondare, avrebbe voluto
sacrificarsi lei e donare la sua anima alla stella che aveva servito
per tanti
anni, ma non poteva, non aveva mai avuto una sorella, tantomeno una
gemella, e
l’individuo che aveva davanti non si sarebbe accontentato di
qualche anno, lui
voleva un potere che durasse nel tempo, che potesse passare solido e
inattaccabile a suo figlio, e ai figli di lui, alla sua discendenza
negli anni
a venire. Sarebbe tornato dopo diciotto anni per portare a termine il
rito e
lei non avrebbe potuto fare a meno di sacrificare con orrore
un’altra vita.
Le
terribili parole del rito più potente che poteva officiare
risuonarono nella mente dell’anziana donna, parole il cui
vero significato era
nascosto agli occhi di tutti se non a quelli di poche elette:
Ѐσπερε
πάντα
φέρης
όσαφαίνολις
εσκέδασ’Αύος,
Espero
tu riporti tutto ciò che la luminosa alba ha
disperso,
φέρης
όιν, φέρης
αίγα, φέρης
απύ μάτερι
παίδα.
riporti
la pecora, riporti la capra, porti
via la fanciulla dalla madre.
un
ricordo sbiadito solo all’apparenza, presto sarebbe giunto
il momento in cui sarebbe stato necessario ripeterlo. Ma con quale
coraggio?
Con quale forza avrebbe potuto uccidere colei che amava di
più al mondo? Doveva
trovare un’altra soluzione, non aveva intenzione di rivangare
il passato, ormai
Espero era solo un ricordo e lei voleva che continuasse ad esserlo.
Poteva
sperare che la ragazza non fosse stata trovata in
questi diciotto anni da quell’orribile uomo, in questo caso
altre dodici anime
avrebbero dovuto lasciare questo mondo, e Selene ne aveva
già viste partire
nove, dopotutto per lei era un prezzo che poteva essere pagato per
salvare
l’unica anima che le interessava ancora, sperava con tutto il
cuore che la
decima, l’undicesima e soprattutto la dodicesima stella
guizzante comparissero
a squarciare l’immobilità del cielo notturno prima
di vedersi davanti la
giovane dagli occhi viola, condannata già alla nascita per
colpa sua.
In
quel caso disperato avrebbe dovuto fare ricorso a tutta la
sua forza d’animo per implorare la stella di prendere
un’altra anima, altre
dieci, cento, anche la sua, pur di risparmiarla, tutto dipendeva dalla
forza
d’animo della ragazza, dal suo legame col cielo. Avrebbe
sopportato un contatto
con la stella della sera? Era abbastanza forte per riuscirci? Si era
adoperata
cinque anni perché ciò fosse possibile, ma negli
ultimi tredici era stata
costretta a lasciarla, poteva solo pregare che avesse continuato a
coltivare il
suo amore per il firmamento, il suo legame naturale con gli astri, in
tutto
questo tempo. Era fiduciosa nelle capacità della ragazza per
fortuna, la
conosceva bene, meglio di quanto lei potesse credere.
Il
momento in cui si sarebbero riviste si avvicinava,
nostalgia ammantò i pensieri di nonna Lene,
sospirò ripensando a tanti anni
prima, a una bambina allegra e mai sazia di sentirla parlare,
intelligente e
forte, ostinata e fiera, dai capelli indomabili e gli occhi ametista
“Chissà
come sei adesso, giovane donna.
Mia piccola Nakia”.
Note:
Dunque,
buona estate a tutti, pensare che ho iniziato questa
storia due mesi fa e non l’ho ancora finita... scusate ç.ç,
ma sta prendendo una piega particolare credo, che ne dite, vi piace? R&R please (anche solo per
accusare l’autrice di stare scrivendo una marea di
assurdità e metterci pure un
sacco di tempo...)
BtW,
cominciamo con le note:
Cleida
è
la figlia di Saffo, viene nominata in diversi frammenti in cui la madre
ne
elogia la bellezza e altre qualità, l’ho descritta
come sacerdotessa di
Afrodite e “direttrice” del tiaso
perché ho pensato
che avrebbe potuto ereditare le funzioni della poetessa, che nel mio
mondo,
come già detto di buchi bianchi e piramidi, non è
estranea ai riti di Espero,
tanto che le poesie le ha scritte lei! Poi vedrete...
Τόποι:
vuol dire argomenti ma anche temi veri e propri, avete mai
sentito l’espressione “è un topos
letterario?” i due innamorati che lottano per
stare insieme ad esempio sono un clichè,
un topos
letterario
Συμπαθία:
non sono riuscita a trovare un equivalente italiano adeguato
così ho lasciato
il termine greco, è un po’ diverso da simpatia,
vuol dire proprio soffrire
insieme, provare gli stessi sentimenti, essere in sintonia, ecco, forse
questa
era la parola che più ci si avvicinava per la sfumatura che
volevo dare.
Credo
si capisca bene chi sono tutti i personaggi che
appaiono nel capitolo:la neonata, l’uomo, la ragazza... li
ritroveremo anche
nel prossimo, che spero non debba farvi attendere tanto come questo,
dopotutto
il sette è un numero fortunato no? Speriamo sia anche pieno
di buona volontà e
me la trasmetta... sono troppo pigra... -.-‘
Vi
imploro ancora una volta, ma senza sacrificare anime a
Espero XD, R&R,
read
and review, fatemi
sapere le vostre impressioni, un
grazie e un grosso bacio a il giardino dei misteri che continua a
recensire,
sei dolcissima ^^, e se vi piace il filone storico passate da lei che
oltre ad
essere una brava scrittrice di romantico ha iniziato
un’affascinante storia
nell’antica Roma.
Al
prossimo capitolo (niente date che tanto so che non le
rispetterei...) ^^