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Autore: BlackLily    14/07/2013    4 recensioni
C’è chi dice che far parte di un gruppo di ragazzi scapestrati sia un male, ma questo Harry lo sa bene. Non ricorda con esattezza quando abbia cominciato a frequentarli, ma ora è certo che tutto ciò che gli è capitato fin ora sia stato un bene, perché l’hanno condotto da lei.
Sapeva che sarebbe stato difficile starle accanto, ma nonostante lei avesse quel problema, nonostante lei non potesse camminare, Harry sapeva che in cuor suo non l’avrebbe mai abbandonata.
Di poche cose Harry era sicuro nella sua vita ed il suo ritorno in quella casa, da lei, era assolutamente una di loro.
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Non ci credo, l’hai fatto sul serio..» sussurrò il più piccolo con ammirazione.
In realtà non ci credeva neanche Harry. Si sentiva un verme.
Non si era mai spinto tanto oltre da violare l’abitazione di qualcuno, né tanto meno aveva rubato prima.
Ma una scommessa,purtroppo, era una scommessa.
«Non sei più un pivellino ormai» affermò Joshua sistemandosi il ciuffo biondo nel cappello.
Un pivellino.
Era così che funzionava per Joshua: se commettevi reati, più o meno gravi, eri accettato nel loro gruppo; se studiavi, se frequentavi una qualsiasi scuola, eri uno sfigato.
In teoria, Harry avrebbe dovuto far parte della seconda categoria, ma in realtà loro non sapevano che lui frequentasse l’università.
Loro non sapevano che ogni mattina, mentre loro dormivano beatamente nei loro comodi lettini, Harry si dedicava allo studio.
Loro non sapevano delle sue notti insonni spese sui libri.
Loro non sapevano nulla di lui, pensò Harry. Si limitavano a credere alle bugie che gli raccontava, si limitavano a credere che lui fosse come loro.
E forse un po’ lo era, ma gli costava parecchio ammetterlo.
In realtà Harry, da un po’ di tempo, non si riconosceva neanche più.
Non ricordava di essere così bravo a mentire, non ricordava di riuscire a darla a bere ai suoi compagni, ma soprattutto non ricordava quando avesse iniziato a mentire.
Non gli era mai piaciuto dire bugie, eppure ora si ritrovava sommerso dalle sue stesse frottole.
Certi giorni era difficile nascondere la sua identità da studente, e spesso aveva rischiato di farsi beccare, ma ogni volta che riusciva a tenersi ancora un po’ più stretto il suo segreto, ringraziava tutte le divinità esistenti.
Non era certo del motivo per cui ci tenesse così tanto ad essere uno di loro, ma una volta presa questa strada non si torna indietro.
«Questo lo prendo io!» esclamò Joshua tirandogli dalle mani il modellino dell’auto. Harry non replicò e lasciò che il biondo si godesse quel ‘trofeo’.
«Che coraggio che hai avuto ad entrare lì dentro» esclamò il più piccolo,Brandon, regalando al riccio una pacca sulla spalla. Aveva una strana adorazione per qualsiasi cosa lui facesse ed Harry non ha mai capito il perché. Uno dei motivi per cui Brandon era spesso snobbato dagli altri del gruppo è proprio questo: il suo essere così cordiale, educato ed, in un certo senso,ingenuo. Non è mai stato apprezzato come avrebbe dovuto, ed era uno spreco. Secondo Harry, Brandon era certamente il migliore di tutto quello strano gruppo. Anche se non lo dimostrava, Harry ci teneva tanto a lui, molto più di quanto ci tenesse agli altri.
«Allora, me lo racconti come ti sei intrufolato in quella casa?» chiese sventolandogli una mano davanti agli occhi per riscuoterlo dai suoi pensieri.
«Nulla di speciale, la porta era aperta» Harry tagliò corto con fin troppo poco entusiasmo; non era molto loquace quella giornata. La sua mente era rivolta ancora a quella ragazza così docile e apparentemente gentile. Non riusciva a dimenticare quegli occhi così magnetici e ammalianti.
Non l’aveva mai vista in città, uno sguardo del genere lo avrebbe certamente ricordato, ne tanto meno aveva mai visto la sua famiglia. 
Non gli risultava neanche che ultimamente si fosse trasferito qualcuno nell’isolato, quindi l’idea che fossero nuovi vicini era da escludere.
«Cos’hai oggi, Haz?» chiese Brandon pizzicandogli una guancia.
«Nulla» rispose il riccio cercando di apparire il più sincero possibile. Scosse la testa per liberarsi dalla presa del ragazzino e si allontanò leggermente infastidito.
«E’ ancora spaventato per essere entrato in quella casa, lascialo perdere» esclamò Joshua divertito provocando l’ilarità degli altri.
Harry non rispose, ma si limitò ad osservarlo in tutta la sua sfacciataggine, mentre camminava con le mani in tasca senza avere una meta precisa.
Non era una persona cattiva, non lo era affatto.
Era solo troppo attaccabrighe, scontroso, molto spesso maleducato –troppo spesso- ma in fondo era una brava persona, proprio come tutti gli altri del gruppo.
Tutti i loro strani comportamenti sono un modo per difendersi dagli altri in cui hanno totalmente perso la fiducia.
«Ci vediamo domani, ragazzi» salutò, Harry, prendendo la direzione opposta alla loro. Li lasciò probabilmente confusi e interdetti, ma in quel momento nulla era più importante che tornare a casa.


Succedeva sempre così quando Anne era ansiosa o preoccupata: andava avanti e indietro per la stanza e ciò ad Harry irritava non poco. Sapere che si stava preparando per uscire con il suo compagno, Robin,  faceva imbestialire Harry a tal punto da odiarlo, quasi.
«Smettila di preoccuparti!» esclamò il riccio in preda al nervosismo. Se c’era una cosa che odiava di sua madre, era il suo essere perennemente innamorata di qualcuno. Era sempre così volubile, capricciosa e possessiva che delle volte ad Harry capitava di domandarsi chi fosse il bambino tra lui e la donna.
«E’ in ritardo!» esclamò gettandosi sul divano «lui non è mai in ritardo» disse stringendosi nervosamente le mani.
«Arriverà, purtroppo» sussurrò il figlio beccandosi un occhiataccia da parte della madre. Pochi secondi dopo sentirono il rumore della ghiaia del vialetto, segno che Robin era appena arrivato. Anne si alzò velocemente afferrando la giacca di jeans, per ripararsi dal leggero venticello primaverile, e schioccò al figlio un bacio affettuoso sulla guancia.
Poi sparì dietro la porta, lasciando un tetro silenzio nella casa.
Harry si trascinò sul divano, stanco morto, chiuse gli occhi e provò a riposare, lasciando da parte tutti i suoi impegni, come lo studio.

Il suo sonno fu destato dallo squillare incessante del telefono di casa. Harry non seppe ben dire quanto riposò ma di certo non era abbastanza. Era ancora stanco e non aveva neanche cenato.
Il telefono cessò di squillare e al suo posto riecheggiò in un tutta la stanza quel solito e fastidioso bip.
«Ehi Harry» sussurrò quella voce «so che sei lì e che probabilmente non rispondi perché non vuoi parlarmi» disse tramite l’altoparlante.
Aveva ragione, Harry non voleva parlargli.
«Vorrei che ci incontrassimo uno di questi giorni, mi manca passare del tempo con te» continuò lui e non dava segni di volersi fermare.
«Sei il mio migliore amico, Harry» disse e con tutta la forza che aveva, Harry si alzò e si avvicinò al telefono.
«Non lascerò che una stupid-» staccò la chiamata, la sua voce era diventata troppo irritante. Era il suo migliore amico, pensò. Louis non si era creato problemi ad abbandonarlo, a lasciarlo da solo, e Harry non si sarebbe creato problemi ad ignorarlo e a lasciarlo da solo, si disse.
Prese la giacca di pelle e uscì di casa sbattendo la porta.
Aveva bisogno d’aria fresca, aveva bisogno del profumo degli alberi in fiore, aveva bisogno di sentire il freddo sulla sua pelle, e soltanto quando si fermò di colpo, si rese conto di quello di cui aveva realmente bisogno. Quasi inconsciamente si era ritrovato di fronte la finestra di quella casa, la finestra di quella ragazza.
Lei era per Harry una calamita, una cosa da cui era impossibile separarsi. Era seduta sulla sua sedia a rotelle, di fronte a quella finestra, ad ammirare il cielo stellato. La ragazza era come rapita da quei piccoli puntini lucenti, era incantata dalla bellezza sconfinata delle stelle e Harry era rapito da lei.
Abbassò lo sguardo e si accorse del ragazzo che la osservava dall’altro lato della strada. Una ragazza normale lo avrebbe scambiato per un maniaco ma lei no, lei gli sorrise.
Harry si avvicinò alla finestra, scavalcando il muretto che divideva la casa dalla strada.
Era vicino a quella ragazza, l’unica cosa che li separava era quel vetro che lei, come ogni ragazza di sana mente, non si apprestò ad aprire.
Inaspettatamente allungò il braccio fino ad appoggiare la sua candida mano sul vetro e Harry non poté che essere sorpreso.
Allungò la mano a sua volta e la poggiò all’altezza della sua.
Non sapeva bene cosa volesse significare quel gesto, non sapeva perché fosse così gentile con lui e non sapeva perché fosse così attratto da lei.
Poté notare quanto la sua mano fosse grande rispetto a quella della ragazza e quanto questo gli dicesse che aveva voglia di starle accanto e proteggerla. Non sapeva da che cosa, da chi e perché.
Era confuso e con la testa piena di domande a cui non sapeva dare una risposta.
Erano forse i sensi di colpa che lo assalivano?
Si guardò intorno rendendosi conto soltanto allora di quanto fosse tardi e di quanto fosse inopportuna la sua presenza in quel giardino. Se il padrone di casa lo avesse beccato lo avrebbe ucciso, non gli avrebbe di certo regalato timidi e dolci sorrisi come la sua, suppose il riccio, adorata figlia.
«Tornerò domani» sussurrò Harry sorridendole certo che lei avrebbe ricambiato.
La ragazza abbassò la mano, puntando i suoi occhi grigi in quelli di Harry provocandogli mille sensazioni.
Non sapeva che quegli occhi sarebbero stati la sua benedizione, non sapeva ancora tutto ciò a cosa lo avrebbe portato.
Di colpo, però, si ritrovò solo, con una mano su un vetro a fissare una tendina bianca e senza ricami. Era così preso dai suoi pensieri che non si accorse che la ragazza lo aveva lasciato solo, senza neanche salutarlo, senza neanche avergli regalato un sorriso.
Solo allora Harry si rese conto di quanto si sentisse vuoto e solo, come quella tendina senza i suoi ricami.
Una tenda, però, anche senza i suoi ricami è pur sempre una tendina. Le persone la comprano comunque, la usano lo stesso come arredamento, quindi, pensò Harry, in un modo o nell’altro era utile per qualcosa. Lui, però, senza i suoi compagni, quelli veri, senza l’amore che mancava da tempo e che necessitava più dell’acqua, non era se stesso, e ciò lo faceva sentire tremendamente inutile. 


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Lily's corner:
Eccomi, sono tornata con un altro capitolo! 
Ho un avviso da darvi: pubblicherò un capitolo a settimana, così da darmi il tempo di scriverne altri e non rimanere settimane e settimane senza! Questi primi capitoli saranno molto descrittivi, poichè introducono i personaggi e la loro personalità, in particolare Harry. Quindi se per voi è noioso avvisatemi, così farò qualche cambiamento e cercherò di renderla più piacevole!
Spero che questo capitolo vi piaccia, perché ci tengo molto a questa storia, non so se si è notato u.u (credo io l'abbia fatto notare abbastanza haha)
Poi.. volevo esprimermi su una questione accaduta poche ore fa.. la morte di Cory Monteith. Non seguivo tantissimo Glee, ma tutte le volte che lo vedevo era soltanto per lui, il mio adorato Finn! Infatti, quelle che tra di voi hanno letto la mia prima storia (Sound of Kiss), avrà notato un riferimento a lui e questo telefilm. Il mio cuore è straziato dal dolore ç-ç
Basta, vi ho rotto abbastanza le scatole, alla prossima settimana.. o forse prima, chissà! u.u
Baciiiii xx

   
 
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