qualcosa, credo che siano biscotti. James,il biondo,
ha in mano il sacchetto e continua a ficcarsi
in bocca la colazione che gli viene tolta da Jawaad
facendo così nascere una sorta di girotondo intorno al
tavolo con i due che si rincorrono con i biscotti.
Quando ero piccola, facevo lo stesso con mia sorella
Elly: litigavamo per chi aveva le bambole più belle o
per chi possedeva il maggior numero di orsacchiotti e
quasi sempre finiva con l’arrivo di nostra madre
Emily che ci divideva. E’ arrivato l’altro James e gli
strappa di mano il pacchetto di biscotti: non so come
faccia ma quel ragazzo riesce sempre a portare pace
nel gruppo.
La porta della gabbia scricchiola: entra l’uomo.
-Soph, oggi colazione insieme.
Non l’avevamo mai fatto prima d’ora, ne mai Lui si
era fatto vedere in faccia. Mi prende per il braccio e
mi porta nel suo appartamento. La luce che proviene
dalle finestre aperte schiarisce la faccia dell’uomo: si
scopre un viso scavato, con una lunga barba che
sembra non essere tagliata da mesi, e due occhi neri. Sono spaventata,ma non per il suo aspetto, sono
terrorizzata da Lui, dalla sua persona. Mi siedo al
tavolo, ci guardiamo fissi,senza dire una parola. Lui
prende il giornale e inizia a sfogliarlo mentre io sono
ancora immobile, con lo sguardo vitreo puntato su di
lui. Con un cenno della mano mi spinge a prendere
qualcosa, ma io distolgo lo sguardo negando la sua
attenzione.
-Prendi un biscotto Soph, sono buoni, ti piaceranno.
-No, non ho fame.
- Vorrei che lo prendessi, mi farebbe molto piacere.
-No grazie.
-Un biscotto solo, uno solo, Soph.
-Ho detto di no.
-E io ti ho detto di sì. PRENDILO ORA.
Ha alzato la voce,sta urlando. Ho paura di lui, gli
occhi mi si inumidiscono , ma non posso, devo restare forte,non devo fargli capire che ho paura di lui. Il mio
pensiero correi ai ragazzi che poco prima stavano
giocando proprio con dei biscotti. Prendo il
pacchetto che contiene quello che il mio
rapitore mi stava offrendo e inizio a girare in tondo al
tavolo, correndo, proprio come prima avevo visto.
Non so cosa sto facendo, non so neanche perché.
L’ho fatto d’istinto e devo ammettere che non è stata
proprio una grande idea. L’uomo
mi urla qualcosa, ma non riesco a capire niente. Tutto
intorno a me è offuscato e nelle orecchie sento il
dolce suono delle risate di mia sorella. Sento un
dolore fitto alla testa,come se qualcuno mi avesse
colpito con un pesante bastone e l’unica cosa che
ricordo, prima di cadere svenuta, sono le piastrelle
dell’appartamento, sulle quali si appoggia la mia
faccia.