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Autore: lalla    31/07/2013    1 recensioni
Mi sono ispirata a una delle più belle leggende cristiane. In un bosco nei pressi di Gubbio una Bestia che la gente chiama mostro e un Uomo che la gente chiama matto si incontrano e...
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Bambini e matti, si sa, da che il mondo è mondo con le bestie ci si pigliano. Appresso a quello, quante volte ci stava il codazzo dei cani senza padrone, bestie rognose con le costole di fuori, rifinite dalla fame, e lui ci divideva il pane ricevuto in elemosina, con loro, e ci faceva discorsi complicati, manco si trattasse di cristiani. Il solito buon uomo raccontò alle comari del mercato d’averlo visto abbracciare il cane di Serafino il pecoraio, quello bianco, col collare irto di punte e la criniera da leone, che al gregge non lasciava avvicinare bestie né uomini. Il Matto lo abbracciava e ci parlava, e  lui gli frugava dentro gli occhi, ascoltando a orecchie tese i suoi sproloqui. Fosse l’uomo fedele alla volontà di Dio come tu lo sei al tuo padrone, fratello canePrendesse l’umanità esempio da te… Al buon uomo per poco non era sceso un accidente, sentendogli proferire  il nome dell’Altissimo sul sudicio muso di un cane, ma quello era tocco, lo sapevano tutti, e il Signore ha  misericordia di quelli dolci di sale, altrimenti l’inferno sarebbe pieno come un uovo di gallina. Il Signore sì, ma non certo qualche anima timorata che, prima o poi, gli avrebbe fatto assaggiare il gusto delle legnate sul groppone e allora l’avrebbe capita, finalmente, che era peccato nominare il nome di Dio sul ceffo  lercio di un cagnaccio immondo.

 

Quello che lo seguiva trotterellando era l’ennesimo della serie, sfamato per modo di dire  dal tozzo di pan secco che il Matto aveva avuto in elemosina e diviso con lui, una briciola a me, una a te. Un vecchio randagio pulcioso, le orecchie dritte, il muso imbiancato dagli anni, il segno delle costole ben evidente sotto la pelliccia arruffata. In città si mormorava  che  il Matto intendesse incontrarsi faccia a faccia con la Bestia della Pietralunga. E farsi ammazzare come una  capra, borbottò segnandosi una vecchia: “Pater noster…Libera nos a malo…”  Teneteli per qualcun altro, i vostri pateravegloria, nonna. Scommetterei una caraffa di quello buono che il Matto è tale solo per non pagar dazio, e sarebbe capace di gabellar per lupo il cagnaccio che gli è andato appresso strada facendo. E noialtri a crederci e a scomodare il Padreterno dietro le stramberie di quel pitocco. Ma se non oggi sarà domani o magari domani l’altro, incontrerà davvero qualcuno che gli spaccherà il groppone a legnate e se la ricorderà per un pezzo, la lezione, datemi retta…”

 

Beata ignoranza. Sarebbe scoppiato in una sonora risata sui grugni scrofolosi di quella bassa gente gonfia di presunzione e d’insipienza. Avrebbe spiegato loro tutto quello che sapeva, non senza togliersi il gusto di umiliarli come meritavano.  Non avesse avuto il freddo della febbre addosso e una disperata voglia di scaldarsi l’anima e le budella col vino dello Zoppo, che tanfava d’uva marcia ma l’ansia sapeva bene come ammazzarla. Suo padre, prima che il maledetto Ubaldeschi lo togliesse dal mondo, era stato un valente cacciatore. Un valente cacciatore che non avrebbe avuto motivo di vergognarsi di lui, mira eccellente e coraggio temerario, talis pater talis filius. Cervi. Daini. Cinghiali. Orsi. Mai però dardo della sua balestra avrebbe colpito l’animale di cui portava il nome: il lupo,  del quale conosceva bene lo sguardo d’ambra, il muso aguzzo, il passo leggero, la musica inquietante della voce. Attaccato all’ombra del Matto, non c’è un vile cane di strada, gentaglia. Guardatelo attentamente, o voi che non ne avete mai veduto uno e immaginate un mostro grosso quanto un cavallo, capace di pietrificare con lo sguardo e d’appestare col fiato prima di uccidervi e divorarvi. Attaccato all’ombra del Matto c’è un lupo. C’è la Bestia della Pietralunga, proprio lei. Guardate come trascina la zampa: all’osteria dello Zoppo, ho sentito Cecco il legnaiolo vantarsi d’avergli scagliato contro la sua roncola e d’averlo colpito…

 

Lo osservò attentamente attraversare la piazza: piccoli passi veloci, capo chino , spalle curve che contraddicevano i suoi venticinque anni conferendogli, alla distanza, qualcosa del vecchio. E la bestia continuava a seguirlo, contraddicendo anch’essa la propria natura diffidente ed elusiva, attaccata alla sua ombra come un cane stupido e fedele. Di solito si collocava nel bel mezzo della piazza e, senza mutare l’attitudine curva della sua gracile schiena, cominciava a sproloquiare. La gente gli si faceva intorno e lo ascoltava. Probabilmente erano pochi coloro che credevano davvero in quel che  il Matto pontificava con una voce flebile che gli somigliava; i più  stavano ad ascoltarlo solo per dileggio. Anche se c’era ben poco da dileggiare in un accattone vestito di stracci capace di convincere un lupo a seguirlo fin dentro le mura di una città.

 

Lupo Buonfante decise che ne aveva avuto abbastanza, eppure non riusciva  a scollarsi da quel recesso semibuio dal quale poteva guardare senza essere visto. E più nolente che volente, finì con l’apprestarsi  ad ascoltare le parole dello straccione ai cui piedi, come un vecchio cane stanco, la belva si era assopita, dopo aver mosso piano la punta della coda. Il carisma e le qualità oratorie non dovevano mancargli se, con gran scorno del parentado, alcuni giovani di ottima famiglia avevano abbandonato panno e broccato per infilarsi in un sacco di bigello e  andargli appresso lodando Dio e rinunciando gioiosamente al potere, all’amore e alle ricchezze.

 

Buon popolo di questa città… Guardate, accucciato ai miei piedi come un docile cane,  fratello Lupo creatura di Dio che tanto temete! Uomini formati a immagine dell’Altissimo, che non esitate a profanare voi stessi con la superbia, l’invidia, la calunnia, l’odio, la violenza, l’impurità e le fornicazioni, dovreste temere non il lupo, bensì  il peccato e l’inferno! Ma sappiate, buona gente, che la misericordia del Signore è infinita e se, con cuore sincero, vi pentirete del male fatto, ogni colpa vi sarà rimessa e nulla potrete temere, men che meno la morte corporale, che  anzi vi  scardinerà le porte del Paradiso…

 

Sì, ne aveva avuto abbastanza, dell’accattone con le sue chiacchiere farneticanti e del vecchio lupo pulcioso. Il vino rancido dello Zoppo era lì a pochi passi, pronto ad annegare nell’ottundimento tutta l’inquietudine che lo divorava.  Si calò il cappuccio sulla fronte, mosse alcuni passi. Il cielo grigio minacciava pioggia, in lontananza addirittura tuonava, se non si fosse affrettato  a raggiungere la bettola non si sarebbe risparmiato una passata d’acqua gelida, foriera magari di qualche  bella infreddatura. Che peraltro  il Matto, gracile e grosso la metà di lui, sembrava non temere, intento a baloccarsi con la Bestia della Pietralunga che lo assecondava  come un cucciolo giocoso.

 

Basta adesso. Ma basta per davvero. E invece niente, come se una forza misteriosa tenesse i suoi piedi ancorati al suolo, nonostante avesse iniziato a piovere e i lampi si rincorressero tra le nuvole. Poi tuonò. Forte. Il lupo alzò il muso al cielo, ululò. In fondo, non era molto diverso dai cani, che spesso dei tuoni hanno il terrore.

 

Ogni vita ha un senso.

 

Forse sono impazzito, o forse no, la voce che ho sentito è solo il vento, un tuono, un maledetto scherzo della mia immaginazione…

 

Ogni vita ha un senso, lo hai insegnato ai tuoi simili e la forza del tuo dire resterà nei tempi che verranno, quando io e te non saremo più nemmeno ossa…

 

Un brivido. E un altro. No, non poteva essere vero. Era la voce del vento, quella, il rombare minaccioso del tuono, forse solo l’ululato di quella bestiaccia.  L’ululato, eh già, se non quello che cosa?

 

Ogni… vita… ha un senso.

 

Gli sembrò addirittura di vederlo abbassare la testa al cospetto del Matto, come per salutarlo, prima di decidere che era tempo di tornare a casa, tra le forre della Pietralunga. Lo vide quindi spiccare un balzo e, in pochi passi appena, scomparire nell’orizzonte grigio di nuvole. Lupo Buonfante rabbrividì  dentro il mantello foderato di logora pelliccia.

   
 
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