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Autore: Hell McFire    02/08/2013    7 recensioni
Quella palestra era la sua casa, da quado Johannah e quel bastardo di Troy avevano divorziato si sentiva un orfano. Si, ormai non vedeva sua madre e le sue sorelle da due anni, e di quello che gli altri definivano suo padre, non ne voleva sapere.
Perché era per colpa sua e del suo vizio se la famiglia Tomlinson non aveva mai vissuto una vita felice, se non fosse stato per i debiti che aveva accumulato, non avrebbero nemmeno sfiorato Lottie, quella maledetta sera non avrebbe mai potuto dimenticarla. Quel povero angelo violentato davanti a lui, non avrebbe mai potuto dimenticare le corde che gli circondavano il corpo impedendogli di muoversi, di agire, di difendere una delle donne più importanti della sua vita, era stato costretto alla tortura di guardare quella scena rivoltante, mentre suo padre scappava chissà dove. Le lacrime di quella quattordicenne bionda, il sangue del suo sangue.
Louis avrebbe preferito la sua morte a quell’esperienza che avrebbe segnato Lottie per la vita.
Aveva deciso di andarsene di casa, dalla sua città, Doncaster, pensando di essere solo un peso, aveva deciso così, perché non avrebbe mai più avuto il coraggio di guardare sua sorella negli occhi.
Genere: Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 4.You belong to Me


      ''Lost and insecure... you found me, you found me 
Lying on the floor... surrounded, surrounded 
Why'd you have to wait?... Where were you? Where were you? 
Just a little late... you found me, you found me...''
(The Fray_You found me)

      


Janet era nella stanza di Helen, e stava leggendo le ultime notizie di gossip sul suo cellulare, quando sbarrò gli occhi.
-Bionda, che faccia!- commentò la rossa sedendosi accanto a lei sul letto.
-Devo dirti una cosa, ma non urlare- l’avviso guardandola, sembrava seria.
-Non dirmi che sei incinta!- optò preoccupata facendole alzare gli occhi al cielo.
-No idiota che non sei altro, sono vergine e lo sai bene- la rimproverò –comunque, Avril ha una tappa a Londra quest’estate- continuò.
La rossa metabolizzò bene la notizia appena ricevuta, per poi urlare come un’ossessa iniziando a saltare sul letto, la caviglia non le faceva male, anzi, sembrava più forte di prima. Janet rise.
-Avril Ramona Lavigne qui, a Londra, posso morire felice-asserì calmatasi Helen.
-Bellezza, mi ha mandato un messaggio Zayn, ci raggiunge tra poco- le disse la bionda.
-Ok- si limitò a rispondere Hell.


Louis era in palestra, notò Justin entrare e decise di chiedere una pausa a Stan, il suo allenatore, nonché suo grande amico, posò i guantoni, e bevve un sorso d’acqua dalla bottiglia che aveva messo sul ring.
-Ciao Lou- lo salutò il biondo.
-Justin- disse il moro a mo’ di saluto.
-Tomlinson sbrigati che ti raffreddi- lo chiamò Stan.

Quella palestra era la sua casa, da quado  Johannah e quel bastardo di Troy avevano divorziato si sentiva un orfano. Si, ormai non vedeva sua madre e le sue sorelle da due anni, e di quello che gli altri definivano suo padre, non ne voleva sapere.
Perché era per colpa sua e del suo vizio se la famiglia Tomlinson non aveva mai vissuto una vita felice, se non fosse stato per i debiti che aveva accumulato, non avrebbero nemmeno sfiorato Lottie, quella maledetta sera non avrebbe mai potuto dimenticarla. Quel povero angelo violentato davanti a lui, non avrebbe mai potuto dimenticare le corde che gli circondavano il corpo impedendogli di muoversi, di agire, di difendere una delle donne più importanti della sua vita, era stato costretto alla tortura di guardare quella scena rivoltante, mentre suo padre scappava chissà dove. Le lacrime di quella quattordicenne bionda, il sangue del suo sangue.
Louis avrebbe preferito la sua morte a quell’esperienza che avrebbe segnato Lottie per la vita.
Aveva deciso di andarsene di casa, dalla sua città, Doncaster, pensando di essere solo un peso, aveva deciso così, perché non avrebbe mai più avuto il coraggio di guardare sua sorella negli occhi.
 

-lasciala in pace, capito?!- urlò Louis spintonando Chaz.
-come ci si sente quando ti toccano qualcuno della  famiglia Tomlinson?- domandò prendendo Lottie per un braccio.
-mia sorella non ha niente di sbagliato a differenza di tuo fratello- sputò acido.
-qualcosa di sbagliato ce l’ha, porta il tuo cognome- lo corresse.
-lei non c’entra niente con la storia di Troy e John , uccidi me, ma non farle del male- disse.
-ma quanto ci tieni a questo bel bocconcino Louis?!- chiese sfiorando la guancia di Lottie.
-Non toccarla verme-.
-anche Troy ci teneva così tanto?- continuò Chaz.
-lui non è suo padre, suo padre è Mark, quello col sangue sporco qui sono io, non lei, quel Bastardo ha lasciato mia madre quando io avevo pochi mesi con la scusa che non se la sentiva  di fare il padre poi è  tornato e ci ha rovinato la vita, Troy Austin si è indebitato con i tuoi genitori, non Mark Tomlinson, se proprio devi prendertela con qualcuno, fallo con il figlio di quello sporco figlio di puttana, prenditela con me Somers- gli spiegò facendo un passo avanti.
Tutto, ma non sua sorella. Tutto, ma non la sua famiglia.
-infatti, quello che sarà torturato sei tu- asserì estraendo una pistola dal retro dei pantaloni, Louis iniziò a spaventarsi quando la puntò sulla tempia di Lottie.
-allora sparami- affermò allargando le braccia.
-No Louis, ti prego- parlò per la prima volta sua sorella mentre le lacrime le rigavano il viso. Vederla così male, a causa sua, gli spezzava il cuore.
-Ma che teneri- fece l’ironico il moro serrando la presa su Lottie ed indicando con la pistola il ragazzo con gli occhi del colore dell’oceano, spenti come non mai in quel momento.
-ora camminate davanti a me tutti e due e seguite le mie indicazioni- ordinò loro spingendo la bionda, che, prontamente venne stretta in un abbraccio da suo fratello maggiore.
-Camminate-.
Seguendo ciò che diceva Chaz, si trovarono in un capannone isolato, lurido, un letto ed un tavolo con due sedie erano gli unici arredamenti che c’erano, insieme a mucchietti di polvere che abbondavano.
Il moro prese Louis facendolo sedere sulla scranna impolverata, per poi legarlo con una corda che aveva portato dietro apposta, fece un nodo abbastanza stretto assicurandosi che il ragazzo non potesse scappare, girò poi la sedia in parallela al letto.
-Toglimi queste cose di dosso- protestò Louis dimenandosi, con scarsi risultati.
-sta zitto- gli intimò Chaz dandogli uno schiaffo in pieno viso, Lottie guardava tutto scioccata.
-e tu bel bocconcino, stenditi- continuò rivolgendole uno sguardo pieno di malizia.
-No- urlò Louis intuendo i piani di Somers, continuò a dimenarsi –Lottie non farlo!- insistette.
-beh, hai poca scelta: o questo, o una pallottola ficcata nella testa di cazzo di tuo fratello- la ricattò.
-Charlotte, non farlo, fai morire me, ma…- non fece in tempo a finire la frase che Chaz prese sua sorella e la batté violentemente sul letto.
Una lacrima rigò il viso di Louis  nel vedere la scena, la prima volta di sua sorella, che urlava, mente lui era legato ad una sedia, impotente, sperando che fosse tutto solo un incubo.



-Hey Lou, tutto bene?- gli domandò Stan notando che si era immobilizzato fissando un punto impreciso.
Il moro scosse la testa, non c’era bisogno di parlare, Stan sapeva a cosa pensava in quel momento.
 
-Allora ci vediamo domani a scuola Zayn, buonanotte!- Janet salutò il moro.
-Ciao biondina, dormi bene- restituì il saluto il ragazzo.
La ragazza si diresse verso casa sua, distante nemmeno mezzo isolato da quella del bel pakistano, mentre attraversava la strada per raggiungere il lato opposto del marciapiede i fari di una macchina l’accecarono, per fortuna il veicolo si fermò giusto in tempo, il suo cuore batteva all’impazzata, il guidatore scese, il suo profilo era illuminato dalla luce dei fari e dei lampioni: era Justin.
-Stai attento coglione!- lo rimproverò mollandogli un ceffone, Justin si portò una mano sulla guancia arrossata, era tornato abbastanza livido dall’allenamento, quindi quello schiaffo gli aveva fatto un bel po’ male. Era tutta colpa di Louis, lui e quei pugni, ci sapeva davvero fare, forse anche troppo, visto com’era ridotto.
Finito l’allenamento era andato  al solito locale e si era ubriacato.
Solo dopo qualche minuto di osservazione, il viso di Justin le parve chiaro, e notando il suo aspetto si preoccupò.
-Oddio! Scusa Justin- si affrettò a dire coprendo la bocca con entrambe le mani.
-Fa niente- si limitò invece il biondo massaggiando la parte lesa.
-dove abiti?- gli domandò la ragazza.
-a quattro isolati da qui- rispose.
-ma è lontanissimo… ti ospito io- la lingua si era mossa da sola, non voleva pronunciare quelle parole, ma qualcosa l’aveva spinta.
-No Janet, non devi preoccuparti, con la macchina sono si e no dieci minuti- insistette Justin, cercò di rientrare in macchina, ma dopo un passo dovette aggrapparsi al veicolo per non cadere, aveva bevuto una, due… aveva perso il conto delle birre che aveva consumato.
-Bieber, guardati, sei ubriaco fradicio, non puoi guidare in questo stato, e per di più sei ridotto una merda. Vieni da me. Punto. Fine della discussione- asserì con tono autoritario.
-e va bene- cedette il ragazzo.
-ma bravo, e ora dammi le chiavi- gli tese la mano ben aperta.
-a cosa ti servono?- le chiese inarcando un sopracciglio.
-a parcheggiare questa cosa- rispose indicando l’auto.
-tu non hai la patente, hai sedici anni- rise Justin facendo arrossire la ragazza davanti a sé.
Se ne era completamente dimenticata, ed ora era sicura che il biondo l’avrebbe presa in giro, ma con sua grande sorpresa non lo fece, posteggiò la macchina lì vicino, e quando la raggiunse insieme entrarono in casa Knowles raggiungendo la camera da letto di Janet.

Justin era in bagno, mentre la bionda gli preparava il letto, la fanciulla alzò lo sguardo guardando l’ora sulla sveglia: l’una e mezza.
Il ragazzo uscì dal bagno a torso nudo, si diresse verso Janet aggrappandosi al muro, ma barcollante com’era inciampò, prontamente la bionda lo sorresse mettendogli le mani sui fianchi entrando a contatto con la sua pelle calda.
-puoi stenderti qui- gli indicò il letto –buonanotte, se hai bisogno di qualcosa io sono nella stanza a destra- fece per andarsene.
-aspetta!- la fermò, Janet si girò molto lentamente.
-resta- quella di Justin le  suonò come una supplica.
Si avvicinò al letto sedendosi al vertice, per mantenere le distanze.
-Non mordo mica, puoi anche stenderti- la bionda ci pensò un po’ per poi stendersi accanto a lui dandogli le spalle, il ragazzo le cinse la vita attirandola di più a sé.
 
Louis passeggiava per i corridoi della scuola, come sempre d’altronde, ma stavolta aveva a suo seguito tutta la ‘gang’,  di Justin nemmeno l’ombra, non che li importasse, o almeno era ciò che faceva credere agli altri.
-Ragazzi, ho visto la rossa vado a… marchiare il mio territorio- lanciò uno sguardo complice a Liam che scosse la testa esasperato.
Il moro raggiunse Helen mettendole le mani sui fianchi, la ragazza si girò di colpo.
-ehi Morrison-
-che c’è Louis, non sono in vena oggi-sbuffò alzandosi le maniche del maglioncino fino ai gomiti.
-hai un bel culo- ammiccò il moro.
-non puoi fare il ragazzo normale una volta tanto?- domandò alzando gli occhi al cielo.
-io sono un ragazzo normalissimo!- protestò – ti faccio un complimento e tu mi attacchi anche?!-.
-stai dicendo che dovrei dirti grazie per avermi detto che ho un bel culo?- alzò il tono la rossa.
-perspicace!- constatò il ragazzo ironicamente.
-ma che bravo, hai aperto anche un dizionario, ora sono io a doverti fare i complimenti Louis- asserì incrociando le braccia sotto il seno.
-talento naturale, non mi servono stupidi libri- ghignò il bel moro appoggiandosi con una spalla al muro.
-io lo dico che non sei normale- insistette Hell.
-ascoltami bene, io sono così, e non cambierò di certo perché non ti piaccio. Resto chi sono, sempre e comunque. Punto- il suo tono era marcato a serio, non ammetteva repliche, e notandolo la ragazza non replicò.
 
-Styles! Come stai?- Hell gli corse incontro abbracciandolo.
-Bellezza, io sto benissimo, e tu che mi dici?- le domandò il  riccio sorridendole. In quelle poche settimane, Harry, Janet ed Helen avevano legato molto, le due ragazze gli avevano dato un’ottima accoglienza, facendolo sentire immediatamente a suo agio.
-Anche io- rispose.
-Ah hai visto Louis per caso?-.
-Mi ha detto Niall che è andato ad allenarsi o qualcosa del genere- asserì –il tuo amico è proprio fuori- aggiunse in seguito a qualche secondo di silenzio.
-Chi Horan?- domandò il riccio alzando un sopracciglio.
-No, Tomlinson- Harry rise di gusto.
-Ha un passato un po’ complesso, e in un certo senso è la causa per cui si comporta così, diciamo che è a tratti pericoloso-
A quelle parole la rossa deglutì, la faccia dell’amico era davvero seria, non stava scherzando, da quando lo conosceva aveva fatto quella faccia solo quando diceva una grande verità.
-Non ti ho spaventata spero- si assicurò Harry.
-macché! Non mi spavento per queste cose!- voleva fare la spavalda, ma l’affermazione del riccio le aveva messo ansia.
 


Louis le prese la mano, il battito cardiaco di Helen era aumentato notevolmente al susseguirsi di quel gesto, un brivido le percorse le viscere facendole venire la pelle d’oca, doveva essere  il freddo. Come no.
La trascinò con lui iniziando a camminare.
-Dove mi cazzo mi stai portando Tomlinson?- gridò, erano rimasti solo loro due nei corridoi, e come se non bastasse  Helen era in ritardo per la lezione di Geografia.
Si fermarono davanti al laboratorio musicale, che in tre anni di scuola la rossa non aveva mai notato. Lo guardò con una vena di preoccupazione che nascose. L’ansia la stava assalendo.

Lei.
Louis.
Da soli. C’era e come da preoccuparsi.


Il ragazzo aprì la porta con un gesto veloce, e tirò Helen dentro con sé. La testolina rossa della ragazza che lo fronteggiava, gli arrivava al mento, la sua altezza troneggiava su di lei.

Oh si! Uno a zero per me babe!

Aveva deciso che era arrivato il momento di marcareil proprio territorio, e sapeva perfettamente come. Chiuse col piede destro la porta dietro di lui, un ghigno era padrone delle sue labbra.
-Avrei voluto aspettare domani per darti questo regalino, ma pensandoci ho cambiato idea- asserì avvicinandosi di più.
-Perché Tomlinson, il tuo cervello di gallina è in grado di formulare pensieri?- domandò la ragazza ghignando per mascherare la sua ansia crescente.
-Oh, non sai quanti- sussurrò prima di posare le labbra sul punto in cui la mascella incontra il collo. Helen rabbrividì, un’accentuata pelle d’oca comparve sulla sua pelle questo fece si che Louis sorridesse soddisfatto. Non sapeva perché, ma non riusciva ad allontanarlo, capì le intenzioni del bel moro non appena lo sentì succhiare un lembo di pelle, artigliò la presa sul pezzo di stoffa che gli ricopriva il petto.
-L.. Louis- ansimò in estasi dalle sensazioni che le stava facendo provare.
Continuava a ripetersi che doveva respingerlo in qualche modo, ma il cervello in quel momento non era connesso con il corpo, i segnali tra le due entità erano criptati, se non completamente andati. Il ciuffo di Louis, anche quella mattina pettinato all’insù, le solleticava leggermente la tempia.
-Ricordati- disse d’un tratto interrompendo ciò che stava facendo, continuando però a sfiorare il punto in cui il sangue era ormai salito in superficie –che tu- vi soffiò sopra –Mi appartieni-concluse facendo incontrare i loro sguardi, il suo focoso, compiaciuto quello della ragazza carico di emozioni inspiegabilmente ingarbugliate e contrastanti.
Il moro  ammiccò per poi lasciarla sola nel laboratorio. Sapeva benissimo cosa le aveva fatto Louis, e di una cosa era sicura, doveva trovare il modo per coprire quel danno, doveva dirlo a Janet, ma prima si diresse in bagno, ormai il ritardo alla lezione di Geografia era irrecuperabile, arrivata, aprì la porta, assicuratasi che non fosse nessuno entrò scostandosi i capelli.

Un succhiotto.
Di Louis Tomlinson.


Bene, di male in peggio. Si  diresse in classe maledicendosi mentalmente per non avere avuto la forza di allontanarlo da sé.
-Signorina Morrison, ci delizia finalmente con la sua tanto attesa presenza!- l’accolse il professor Logan. Simpatico lui.
-Mi scusi, ma…- doveva inventarsi qualcosa –ho scordato il libro a casa, e stavo aspettando che…-.
-Va bene così, si sieda vicino a Knowles, le ha tenuto il posto- le ordinò gentilmente indicando la sua migliore amica, che la guardava come per chiedere spiegazioni, le si sedette affianco.
-Allora, cos’è successo? Come mai in ritardo?- le domandò subito Janet mettendosi una mano davanti alla bocca per non farsi notare dal professore, cosa impossibile, visto che per il suo udito, i cinquantacinque anni si facevano sentire.
-Gli appartengo-erano queste le uniche parole che le uscirono di bocca, avrebbe sicuramente spiegato il senso di quell’affermazione all’amica, ma non in quel momento.





Hi Everyooooone!
Amatemi, non ho fatto passare un mese o più!
Ed è la prima volta! *Baby say yeah yeah yeah!*
OK, passando al capitolo, so che è un po' banale il fatto che il nostro Tommo
abbia ''marchiato l territorio'' in quel modo, ma a me piace tanto,
poi... TADAAAAAAAAAAN!
Capiamo il perchè Louis si comporta da bastardo,
Vi ho messo un flashback, che sarà una parte importande della storia!

Una domanda, avete sentito BEST SONG EVER live?!?!?!!?
Se sono qui è solo un miracolo, c'è qualcuno là su che vuole farmi consumare
ancora qualche anno di vita lol. si ragazze, sono più rincoglionita del solito,
è la quarta volta che guardo il photoshoop di Teen Vogue!

Ah, ho iniziato una nuova fan fiction: Over Again.

Poi, vi consiglio queste che sono davvero stupende!

Nosy Neighbors

Strange Nosy Neighbors (il sequel della precedente)

Prima di dormire (sono tutte e tre di midnite_ amo quella ragazza, scrive da Dio)

Ed infine: Una foto che parla di noi... (di He is my dilemma)

vi lascio con queste foto, e vado, anche perchè questo ''Hi everyoneee!'' è già lunghissimo.

Mi lasciate un commentino?


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bastardo, mi vuole morta!

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Ehm... Parliamone.... La perfezione non esiste? 

con questa domanda vi lascio.
kisses Hell xx


 

  
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