Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Water_wolf    11/08/2013    8 recensioni
[STORIA IN FASE DI RISCRITTURA]
Sintesi della mia vita: sfida mortale.
Dopo aver attraversato un fr-- portale magico anticonformista, la lista di persone che mi vogliono morta si sta allungando parecchio.
Perché? Perché sono l'Ereditaria del Segno del Sagittario, e non solo. Oppure perché ho sfiga.
***
Lo colpii prima con un calcio, poi lo affrontai con il cuscino. [...] Pride si sbilanciò e mi cadde sopra. Mi ritrovai schiacciata sul fondo del divano, con un solo misero cuscino a dividermi dalle labbra di Pride. [...] -Quella mossa era spudoratamente sleale- mormorò, ansimando un poco.
***
-No, è una sfida lanciata secondo le regole di Marte e fatta in suo nome e quello di Giove, non c'è modo di annullarla se non vincendola.
-O perdendola- aggiunsi io.
***
–Ma non è un sogno, vero? Sono finita nel Paese delle Meraviglie del ventunesimo secolo, giusto? Con cavalli parlanti, spade magiche e gatti stregati?
-Veramente i gatti stregati non ce li abbiamo- precisai. –Per il resto, sì, hai centrato più o meno il bersaglio.
***
Tante coppie shippose e peripezie alla 'Rick Riordan' (non che io sia minimamente brava come lui, che è un colosso çwç)
Genere: Azione, Comico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Sagittarius

Sagittarius – Nel Segno del Fuoco



http://th01.deviantart.net/fs6/300W/i/2005/080/0/4/Sagittarius_by_Steel_Eyes.jpg

 

1.  Minaccio un rottweiler con un arco

La Brighton non organizzava spesso attività fuori orario, come gite a scopi educativi e corsi per una migliore socializzazione. In fondo, altro non era che una sottospecie di riformatorio-orfanotrofio vicino New York.
Quasi nessuno avrebbe voluto prestare servizio qui, con tutti questi delinquenti e orfanelli dagli occhi tristi. Manco fossimo un canile diviso tra pitbull e doberman rabbiosi e beagle e yorkshire impauriti.
Se dovessi decidere da che parte stare, non esiterei a dire orfanotrofio. Avrei vissuto nella speranza che dei genitori normali mi adottassero perché facevo loro gli occhi dolci e, nel caso non fossero mai arrivati per me, a diciotto anni sarei stata comunque sguinzagliata, libera di vagare per il mondo.
Invece, per mia sfortuna, mi trovavo dall’altra parte: nel riformatorio femminile. Solo che non mi sentivo per niente un rottweiler  pronto a combattere per una braciola di maiale. Ero più che altro un mastino che desiderava essere lasciato in pace a rosicchiare il suo osso consunto.
La regola era questa: tu non ti avvicini a me, io non ti spacco il muso. Solo che non tutti la rispettavano, e quella minoranza era in grado di distruggermi. Perciò, i veri rottweiler riuscivano sempre a fregare il mastino, provandoci pure gusto.
Ma oggi era una giornata speciale: un’anima caritatevole e gli angeli a suo seguito avevano deciso di portare un po’ di pace a noi spiriti dannati. Osservai la direttrice Johnson elargire una gloriosa storia all’istituto Brighton, spiegando come fosse difficile trattare con ragazze adolescenti con seri problemi comportamentali.
Potevo capire perché Hayley Becker fosse qui, non avevo dubbi sul suo stato mentale precario. Ma io?
Io ero una dolce orfanella che era scappata a undici anni dall’orfanotrofio della Brighton per vedere la Grande Mela. Sì, be’, avevo rubato una macchina con il bagagliaio pieno di coca e qualche spinello conficcato tra i sedili, l’avevo fatta schiantare contro un idrante rischiando la vita di alcuni ragazzi su uno scuolabus, per poi darmela a gambe e nascondermi in un negozio di vestiti stile hawaiano che, alla fine, era saltato in aria per via di una volante di polizia e un conducente orbo.
Ma questi erano solo dettagli. Mica me l’ero procurata io la cocaina, era già nell’auto! Il giudice, però, non se l’era bevuta ed eccomi qui: riformatorio femminile Brighton. Dai beagle ai pitbull.
L’anima pia – un istruttore sulla quarantina di tiro con l’arco - ascoltava la Johnson sì e no, mentre scrutava le nostre celle e i suoi detenuti dall’altra parte delle sbarre. E, per quanto odi tutti quelli che giudicano questo posto alla prima occhiata, l’idea di fare qualcosa di diverso dal solito mi esaltava a tal punto che rimasi incollata alle piccole e tozze sbarre della finestrella della porta anche minuti dopo il passaggio degli istruttori.
La mia compagna di stanza non ci badava, intenta com’era a contare le macchie di umido sulla parete. Mi riscossi solo quando mi chiamò: - Victoria.
Sobbalzai, smettendo di scrutare fuori. Peace era distesa sul letto a castello di sopra, si era girata verso di me e sorrideva tra i baffi. Letteralmente. I suoi genitori dovevano avere un certo senso dell’umorismo a chiamare la loro figlia così.
Insomma, peace significa ‘pace’ in inglese, e certo non si adattava alla figura enorme e corpulenta di una sedicenne in riformatorio. In tutti i tre anni che condividevo in quella stanza con lei non l’avevo mai vista radersi quei baffetti ridicoli, ne provare a potare le siepi rossicce e sudice che crescevano sotto le sue ascelle.
Io almeno curavo la mia igiene personale. Peace no, e sembrava non farci caso. Ma era buona dentro, mi trattava come una persona civile e non come lo spazzolino del water.
-Sì?- feci, mascherando al meglio la sorpresa. –Stai facendo di nuovo gli occhi dolci a degli estranei- mi rimbeccò. Lanciai uno sguardo disperato al soffitto. –Abitudini da orfanotrofio- mi difesi. –Non riesco a dimenticarle.
-Be’, dovresti farlo. Sei ridicola. Hayley Becker non vedrà l’ora di pestarti.
-Grazie mille per l’incoraggiamento.
Rettifico: mi trattava come una persona civile che viveva nelle fogne e parlava ai coccodrilli annegati nei wc. Prima che Peace potesse dire qualcos’altro, gli auto parlanti lanciarono l’annuncio gracchiante « Attività speciale di questo venerdì. L’istruttore Tompson e i suoi assistenti vi insegneranno la nobile arte del tiro con l’arco. Scendete in palestra. Tra quindici minuti appello. Chi non si presenterà in orario verrà punito. Buona giornata. »
Mi chiedevo come mai quella racchia che stava a comando delle comunicazioni dovesse parlare con frasi brevi e concise, come se stesse stendendo la lista della spesa. “Orario docce modificato. Le ragazze vi avranno accesso alle sette e mezzo. Non un minuto più tardi. Ricordatevelo. Altrimenti, sarete punite” eccetera eccetera.
Quel giorno, però, non ci feci troppo caso. Mi infilai in fretta la mia felpa grigia con zip e cappuccio – l’unica che avessi – e mi legai i capelli in una coda alta. Controllai il mio aspetto allo specchio. Altra abitudine da orfanotrofio: sembrare carini e coccolosi. Chi prenderebbe mai una ragazzina con la faccia incazzosa come la mia?
Dovevo aumentare le speranze di una vita fuori dalla Brighton, dovevo muovere la coda a elica pur di farmi notare. Ma dal riformatorio, con una fedina come la mia, non ci esci facilmente; ero già stata fortunata a non finire nel carcere minorile.
Così, anche se i capelli neri spruzzanti di ciocche rosso fuoco qua e là mi donavano un’aria pacata ma al contempo vivace, non ci sarebbe stato nessuno a notarli. Tranne Hayley che, di sicuro, avrebbe trovato il modo di tormentarmi persino oggi.
Lucy, la guardiana del nostro piano, aprì tutte le porte di ogni cella-stanza, ordinandoci di non agitarci e di metterci in fila ordinatamente. Dovevamo far fare una bella figura alla Brighton, ci ricordava, non come l’ultima volta, quando una ragazza aveva dato fuoco all’attrezzatura da softball di un istruttore. Ammetto che la situazione era davvero divertente.
Non aver potuto usare le docce per… be’… ehm…. Meglio per voi non saperlo, era stato un giusto prezzo da pagare per la scenetta esilarante di un tizio che strillava come una donnicciola imprecando contro di noi per la sua amata sacca zeppa di mazze, palline e guantoni di classe.
Attraversai i corridoi grigi e deprimenti pressata tra una ragazza e l’altra, cercando Hayley Becker con lo sguardo. Sperai con tutto il cuore che fosse rimasta indietro rispetto a me, non avevo la minima voglia di una zuffa mattutina quando non ero nemmeno arrivata in palestra.
Scesi le scale con una mano attaccata al corrimano, gli occhi che saettavano dal cartello PALESTRA alle detenute che stavano dietro di me. Un’altra guardiana ci fece entrare a due a due nella palestra, sussurrandoci all’orecchio avvertimenti e ammonizioni.
-Vedi di non creare i soliti problemi con Becker, Williams. Non ti piacerebbe saltare quest’attività, vero?- sibilò, il suo fiato caldo nel mio orecchio. 
Annuii e passai avanti. Certo, perché ero io a importunare Hayley, ero io quella che la stuzzicava per attirare l’attenzione per cinque minuti. Se foste stati morsi da un cane, quale direste?
Di sicuro non un chihuahua. Ma tutti si sono convinti che io sia la doberman rabbiosa e Hayley la chihuahua con un tutù rosa. E mi chiedo: allora-perché-diavolo-è-finita-qui-se-è-una-stella-caduta-dal-cielo!? Il genere di cose che mi manda in bestia.
In palestra ci disponemmo in fila, le mani unite dietro la schiena, mento alto, petto in fuori e pancia dentro. La Johnson era un’amante del rigore militare e aveva deciso di applicarlo anche qui. Già, una bellezza.
L’istruttore Tompson sembrava leggermente impaurito da noi, ma sorrideva e nascondeva gli occhi verdi semi-terrorizzati dietro riccioli sale e pepe. Fecero l’appello con rigore marziale. Poi, venne il turno dell’istruttore Tompson.
-Bene, bene- si schiarì la voce- qualcuno ha già provato a tirare con l’arco?
Gli risposero i grilli.
Le spalle gli si incurvarono. –Vorrà dire imparerete tutte qualcosa di nuovo. Siete contente?
Avrei giurato di vedere un balla di fieno rotolare ai suoi piedi. Tompson si rassegnò, prese un arco per le scolaresche da una sacca e ci spiegò le sue capacità, come fosse facile tagliarsi braccia e dita come fossero prosciutto… sfilò una freccia dalla borsa e disse di stare bene attenti alle code – sembravano essere attratte dagli occhi, a quanto diceva.
-Mi raccomando, prima di iniziare a tirare, non e ribadisco non puntate le compagne. E’ pur sempre un’arma, capito?
-A bello, chiudi er becco e facce tira’, se no te metto er pepe ar culo!
Un coro di risate si levò dalle ragazze, e non potei non partecipare sghignazzando come una beota. L’artefice del dialetto italiano? Ilaria Conti, madre e padre trasferitisi a New York anni prima, dentro per traffico di stupefacenti, arrivata alla Brighton qualche mese fa dal carcere minorile.
–Conti!- ringhiò la direttrice Johnson –Con me! E in quanto a voi – ci scrutò con i suoi occhi da civetta- osate fare un passo falso e vi aspetterà la punizione più brutta della vostra vita- minacciò.
L’istruttore Tompson deglutì, rosso come un peperone. Nonostante la scenetta patetica, gli assistenti ci divisero in sette file e ci spiegarono come tirare. Finii nel gruppo seguito da Tompson, dietro di me: Hayley Becker.
-Buongiorno, barboncino, pronta a essere trafitta?
Mi voltai, scontrandomi con la stangona. Spaghetti rossi taglio punk, maglietta arancione troppo corta, pantaloni neri a cavallo basso. Agli occhi, di un verde sorprendente, un eyeliner dello stesso colore ottenuto con lo spaccio illecito.
–Lo vedremo, cocca- ribattei, girandomi verso Tompson, cui sorrisi amorevole. Attesi trepidante d’eccitazione che le due detenute davanti a me compissero la loro serie da cinque frecce ciascuna. Poi venne il mio turno.
-Tu sei…?- la voce gli tremò.
Mi sforzai di sorridere. –Victoria Williams, non mordo, signore. – Puntai il pollice dietro – Ma questa qui sì. Ha fatto l’antirabbica per caso?
Tompson mi scoccò uno sguardo supplicante. Scrollai le spalle.
–Non ha fatto l’antirabbica… vabbè, stia attento a non farsi addentar…
Hayley mi mollò un calcio negli stinchi.
–Oookay, tiriamo- conclusi.
Tompson si prodigò a mostrarmi posizione, assetto di tiro e indicò più volte il centro del paglione che dovevo colpire, come se volesse essere sicuro che non avrei usato lui come bersaglio. Mi infilai le protezioni e mi misi in posizione.
Presi l’arco con una mano e con l’altra incoccai la freccia. Lo alzai, portando le dita che tendevano la corda dietro l’angolo della bocca. Non dovetti quasi prendere la mira. Fu come essere investiti da una raffica di vento freddo ed essere riscaldati dal fuoco subito dopo. C’era energia al posto del sangue, nelle vene. Scoccai, e l’elettricità mi percorse con un brivido lungo la spina dorsale.
La freccia tagliò l’aria in due e si conficcò nel centro del paglione.
-Machefigata!- esultai senza staccare le parole.
Tompson mi regalò un timido sorriso. –Su, su, potrebbe essere solo la fortuna del principiante. Hai ancora quattro frecce da tirare, Williams.
-Questo lo dice lei!- replicai, e gli rubai l’asticella che aveva in mano.
I quattro tiri successivi furono degni di Robin Hood:  nessuno si allontanava dall’area rossa. Le spalle dell’istruttore si incurvarono all’impossibile, mentre la mascella gli cadeva.
–Crede ancora che sia solo fortuna?
Fu capace solo di scuotere la testa e balbettare “t-talen-t-to nat-turale”. Non nascondo il fatto che mi sentii un dio in quel momento. Tirare con l’arco era assolutamente… fantastico.
Ero piena di energia, carica, pronta ad affrontare cento Hayley Becker in un giorno. Recuperai le frecce dal paglione, mentre la rossa saggiava la corda dell’arco. Nel suo caso: un’arma micidiale nelle mani di un ciclope.
-Le frecce, barboncino- ordinò.
Gliele porsi. –Ti auguro buona fortuna, Hayley. Spero che il tuo culo non sia così grosso da oscurare il bersaglio.
Col senno di poi, non l’avrei fatto. La vidi gonfiarsi come una mongolfiera e diventare rossa come un pomodoro fino all’attaccatura dei capelli – quelli erano rossi già di per sé.
-Sei morta- sibilò, e quella minaccia mi sembrò più che plausibile.
Incoccò una freccia. Tompson fece per fermarla, ma lei mimò un morso nella sua direzione e ringhiò, lugubre –Smamma!
L’istruttore si ritirò con la coda fra le gambe, sconfitto e umiliato. Le altre ragazze si fermarono, osservando la scena con appassionato interesse. Dalla cricca di Hayley si levarono dei mormorii di morte. « Rissa, rissa, rissa. »
-Posso almeno mettermi in pari?- gemetti.
Gli occhi di Becker fiammeggiarono. –Provaci  e ti spacco il cranio in due come una mela! Come quel tipo lì… Guillaume Hotel… Argh, non importa!
Perfetto, la mia giovane vita stava per finire. La prima freccia mi sfiorò l’orecchio, ma riuscii a evitarla scansandomi a sinistra appena in tempo.
Strappai di mano a una detenuta l’arco che teneva, incoccai a una velocità impressionante la freccia e puntai contro Hayley Becker. Ma come ci riuscivo?
Non ebbi il tempo di rispondere, perché la rossa lanciò un urlo inviperito. La tenni sotto tiro, accogliendo con gratitudine l’ondata di coraggio e energia che mi dava stringere l’arco tra le dita.
-Allora, barboncino, che ne dici di un restyling? Vanno di moda i buchi nello stomaco.
Qualcuno ridacchiò, ma la maggior parte era paralizzata dal timore di essere appena diventata un bersaglio vivente.
-Allora, Hayley, che ne dici di un nuovo taglio? Il militare ti donerebbe di sicuro.
-Provaci- mi stuzzicò, sicura che non avrei avuto il coraggio di completare la mia minaccia.
–Va bene- concordai, sciolsi i muscoli del collo e scoccai la freccia.
Per una frazione di secondo mi chiesi se non l’avessi uccisa, se non avessi sbagliato mira… Naah, ero un talento naturale.
La freccia le volò sopra la testa, portandosi dietro una ciocca di capelli dal centro della nuca, lasciando visibile una vasta striscia di pelle tra i ciuffi rossi.
-Ecco un perfetto moicano!- ironizzai. –Perché non ti unisci alle schiere del comandante Johnson, pelle rossa?
Hayley Becker era prossima alle lacrime, il labbro inferiore le tremava. Non potei non gioire intimamente.
–E ora, prova a fare la bulla un’altra volta e aggiusterò la mira: proprio tra gli occhi.
Dietro di me, la direttrice Johnson tuonò: -VICTORIA WILLIAMS, mi segua immediatamente! E molli giù quell’arco, per piacere!

 


Il mio momento di gloria era finito, così come le mie speranze di scontare la mia pena regolarmente e uscire dalla Brighton in un paio d’anni. Mi trovavo nella mia seconda stanza: l’ufficio della direttrice Johnson.
C’ero stata tante di quelle volte, per colpa di Hayley, che ormai avevo perso il conto. Era un ambiente spazioso che dava sul giardino dell’istituto, con un’unica grande finestra e una sola porticina dalla parte opposta.
Alcuni quadri raffiguranti la savana erano appesi alle pareti. Immaginavo che le piacessero tanto i branchi di zebre in fuga perché s’illudeva d’essere lei a incutere loro paura, non le leonesse poco più dietro.
In quanto a me, stavo seduta su una seggiola, scrutata dall’alto dalla direttrice. Aveva posizionato la sua scrivania nei toni militari – a me sembrava una vasca da bagno di metallo rovesciata – in modo che chi si trovava al mio posto si sentisse sotto esame.
E ci era riuscita benissimo.
Mi inchiodò con lo sguardo con i suoi occhietti azzurri, passandosi una mano sui capelli biondissimi e unti, stretti in una coda.  
-Quello che hai fatto è molto, molto grave, Williams.- esordì. -Hai minacciato una compagna come Hayley Becker con un arco, dopo averla anche ferita.
-Ma… - ribattei.
Volevo dirle che non ero stata io a iniziare la lite, che Hayley aveva tentato di uccidermi e che la mia era pura legittima difesa, ma la direttrice non mi ascoltò.
Fece un gesto stizzito con la mano, come a scacciare le mie obiezioni.
-Niente ma, Williams. Io punisco quello che vedo. E ho visto che lei stava puntando un arco priva di buone intenzioni contro Becker, mentre la minacciava di morte. Considerando i vostri trascorsi burrascosi, direi che…
Si interruppe, lanciò uno sguardo alla porta e impallidì. Si sentì un grande boato rimbombare per il corridoio, poi un ruggito felino e qualcosa abbatté l’entrata dell’ufficio.
Lui, lei o la cosa si scrollò dalla criniera irsuta dei pezzetti di calcestruzzo, ci fissò con degli occhioni castani e parve sorridere. Mosse un passo verso di noi, ringhiando in direzione della Johnson.
Era enorme, ed era un leone.
Un… LEONE?!

 

 

This Web Page Created with PageBreeze Free HTML Editor

***

Angolino dell'autrice
Sono una persona ignobile, che incomincia a scrivere un'altra storia senza nemmeno aggiornare le altre. Ma l'ispirazione ha regole tutte sue...
Comunque, ecco il primo capitolo di Sagittarius - Nel Segno del Fuoco!
Diciamo che è un mix tra urban fantasy, epica e astrologia. Cercherò di reinventare i dati sui segni zodiacali al meglio tramite carattere e aspetto fisico. Chiarimenti al prossimo capitolo!^^
Il rating alto è per via di parole poco carine *spero di non aver sbagliato il dialetto romano* e qualchee scena... ehm... tra il comico e il mortale.
Sarà forse la cosa più pazza che scriverò, quindi, attenti alla salvaguardia del vostro cervello c:
Sarei grata di ricevere una recensione, ringrazio in anticipo chi lo farà!
Besos :*

Water_wolf

  
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Water_wolf