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Autore: lady hawke    19/08/2013    5 recensioni
Tutti noi siamo abituati a considerare i Durin, chi più chi meno, prodi guerrieri, nani adulti e barbuti, creature dalla scarsa altezza ma dallo sconfinato orgoglio. Eppure anche loro sono stati piccoli, bambini e quasi imberbi. Ed è a queste piccole creature che sono dedicate queste storie.
Genere: Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dìs, Fili, Kili, Thorin Scudodiquercia
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note: seconda flash scritta per questa raccolta. Il tema di oggi è, per vie un po' traverse, a dirla tutta, un Thorin bambino. Questa storia è stata ispirata ad una adorabile fanart che trovai su Tumblr, e di cui non ho recuperato ancora la fonte, e mi scuso, in cui si vedeva un piccolissimo e carinissimo piccolo Thorin tra le braccia del nonno Thror, mentre provava la corona che un giorno sarebbe a lui stata destinata. Buona lettura!

Un buon re

Quando Norla si attardava ad osservare il figlio, lo faceva sempre con la coda dell’occhio, mentre fingeva di cucire. Lo guardava tornare stravolto dalla forgia su cui aveva lavorato tutto il giorno, sempre più stanco, e sempre più vecchio. Certo non era questa la vita a cui lui era stato destinato.
Norla lo osservava sempre con la coda dell’occhio, pronta a fare qualcosa, o a dire qualcosa, nel caso il figlio ne avesse avuto il bisogno. Con la mente, tornava però sempre ai giorni lontani di Erebor. Prima del drago, e prima della fuga. A Norla piaceva ricordarsi di Thorin bambino, sempre silenzioso e un po’ serio, ma infinitamente più sereno.
Le tornava in mente la prima volta che suo nonno l’aveva preso in braccio, seduto sul trono. Ricordava la gioia di suo figlio, che non doveva avere più di dodici anni, ricordava i suoi occhi, blu come i suoi, brillare di gioia mentre Thror gli raccontava le gesta della sua famiglia, spiegandogli come lui, il primogenito di suo padre Thrain, avrebbe guidato la nuova generazione di nani.
Ricordava la risata del piccolo Thorin mentre si lamentava della corona del nonno, così grande e pesante, ignaro del fatto che il destino gli avrebbe messo sulle spalle pesi ben più impegnativi. Ricordava tutto questo, rammaricandosi di non essere stata capace di far altro che indurirsi, per essere la roccia di suo figlio contro Smaug, contro i lutti, contro il destino.
“Sarò un buon re, mamma?” le aveva chiesto una volta.
“Sarai il migliore di tutti.” Aveva risposto lei, baciandogli una guancia. L’aveva pensato allora, con l’ingenuità di una madre affezionata, e si era ritrovata a pensarlo sul serio anni dopo, nell’esilio. Thorin era nato per essere un grande re, non per essere un fabbro, o un esule.
“Qualcosa ti turba, madre?”
Norla alzò gli occhi dal suo lavoro di cucito, guardando gli occhi di suo figlio, infinitamente più profondi e tristi. Avrebbe voluto che fosse di nuovo piccolo, avrebbe voluto prenderlo in braccio e sentirlo ridere. Da quanti anni lei e Thorin non ridevano per davvero? Avrebbe fatto tutto questo, per l’unico figlio maschio rimastole, ma Thorin era diventato grande, e aveva dentro di sé troppe cose perché l’abbraccio di una madre potesse esserle d’aiuto.
“Mi chiedevo solo se potessi fare qualcosa per te. Sembri stanco.”
“Non devi preoccuparti per questo.”
Thorin non faceva che ripeterglielo, ma Norla non avrebbe voluto fare altro che rivederlo bambino, piccolo e felice, quasi senza barba e con occhi blu grandi e sorridenti. Gli avrebbe detto che sarebbe stato un buon re più spesso, e con più convinzione, se questo avesse potuto tenere lontano il drago. L’avrebbe protetto meglio dal mondo, dalle ossessioni di suo nonno, e dai sogni di vanagloria di suo padre. Nel Thorin davanti a lei non c’era ormai più nulla del bambino dolce che era stato, e per questo a volte si odiava. Ma non le restava altro da fare che osservarlo, pronta a fargli da scudo ogni volta che ne avesse avuto bisogno.

  
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