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Autore: Beliel    05/03/2008    1 recensioni
E anche se nessuno ti rivedrà mai più, rimane il pensiero di vederli, di accarezzarli, di salutarli per quell’ultima volta, prima che il sole nero scenda a prenderti, prima che la tua anima si trasformi in vita, prima che il mondo sia lontano e solo il ghiaccio sia raggiungibile. E sopraggiunge la morte.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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111

Vlad

-E così ragazzi, quella che vedete raffigurata qui è la trinità del nostro credo. Al centro in alto vi è Altar, che rappresenta la saggezza, la temperanza e la costanza che vi è in ognuno di noi. Sulla sinistra vi è Daemon, che rappresenta il coraggio del guerriero, la forza e la volontà. Alla destra invece vi è Lucrezia, lei è la madre della natura, colei che si uccise per salvare tutti noi”, descrisse la professoressa di religione, guidando gli alunni dentro il tempio.

Vlad trovava tutto questo noioso e inutile, lui era ateo, non aveva mai creduto in nessun Dio. Era un ragazzo di 17 anni, alto 1 metro e 80 e atletico, capelli scuri lunghi e occhi del medesimo colore, lo sguardo sveglio. Frequentava il penultimo anno della sua scuola in Italia,era di media bravura,ma non s’impegnava tanto. Era di origine russa.

-Ragazzi dobbiamo ora tornare il classe che avete la lezione di filosofia tra 20 minuti- disse la prof, ma Vlad a stento la udì, assorto nei suoi pensieri s’incamminò con il resto della classe.

Finita la lezione, tornò a casa e, dopo pranzo, ascoltò un po’ di musica. Mentre ondeggiava il capo su una canzone dei Cannibal Corpse, ad un tratto la canzone cambiò improvvisamente, Vlad la conosceva a memoria e pensò ad una interferenza.

Una voce profonda, confusa recitò queste parole: ““e anche se nessuno ti rivedrà mai più, rimane il pensiero di vederli, di accarezzarli, di salutarli per quell’ultima volta, prima che il sole nero scenda a prenderti, prima che la tua anima si trasformi in vita, prima che il mondo sia lontano e solo il ghiaccio sia raggiungibile. E sopraggiunge la morte”.

Vlad non capì il senso di quelle parole e aprì il lettore musicale per vedere che fine aveva fatto “Hammer Smashed Face”, ma quello che trovò lì era “Hammer Smashed Faced” ferma a 1 minuto e 11 secondi.

Vlad la fece ripartire e non pensò più a quelle parole, fino a quando spense la luce per dormire.A quel punto qualcosa gliele fece ricordare…

Tiril

Faceva freddo in Norvegia, specialmente in quella parte dell’anno, ma a Tiril non importava, era distesa sul suo letto e piangeva, la faccia rivolta verso il cuscino.

Il suo ragazzo l’aveva lasciata, improvvisamente, senza neanche un perché, e lei era corsa in lacrime via, via da quel posto che tanto aveva amato, ma che ora odiava.

Non poteva fare a meno di pensare a lui, così simile a lei per aspetto e per carattere.

Tiril era una ragazza di 17 anni, alta circa 1 metro e 75, magra e con i capelli biondi e lisci che le ricadevano fino alle spalle e gli occhi verdi smeraldo. A detta dei suoi amici era una ragazza molto carina. Ma questo non importava adesso, adesso che lui non era più con lei, adesso che ogni parte di lui le sembrava distante, irraggiungibile, come le stelle.

Ripensando ai bei momenti passati con lui, le lacrime e i singhiozzi si fecero più forti. Erano le 9 di sera e Tiril chiuse le finestre della sua stanza per dormire e riposarsi un po’, almeno ci avrebbe provato.

Trovò il sonno facilmente e il suo ultimo pensiero fu quello di sperare di fare un bel sogno, e non un incubo. Al suo risveglio, non ricordava niente di quello che aveva sognato, ricordava solo una frase che era riecheggiata nelle sue orecchie mentre dormiva: “e anche se nessuno ti rivedrà mai più, rimane il pensiero di vederli, di accarezzarli, di salutarli per quell’ultima volta, prima che il sole nero scenda a prenderti, prima che la tua anima si trasformi in vita, prima che il mondo sia lontano e solo il ghiaccio sia raggiungibile. E sopraggiunge la morte”.

Non ci fece troppo caso, convinta che, come succede sempre, i sogni finiscono per dimenticarsi facilmente, ma si sbagliava.

Guardando l’orologio si rese conto che si era fermato, ora indicava le ore 1:11. Visto che sua madre l’aveva chiamata, dovevano essere invece già le 8.

Halldor

Aveva la palla e mancavano 5 secondi alla fine della partita, erano sotto di un punto, il canestro era ancora lontano, Halldor era a metà campo. Avanzò palleggiando e si guardò intorno, alla sua destra vi era un compagno libero, fece per passare la palla ma l’arbitro fischiò.

Tutti lì nella palestra si chiesero cosa fosse successo, finché l’arbitro non indicò il timer, che doveva avere avuto un problema. Secondo esso ora mancava 1 minuto e 11 secondi alla fine della partita.

Mentre i tecnici riparavano il guasto, gli allenatori di entrambe le squadre chiamarono a raccolta i giocatori. –Halldor tu verrai sostituito- sentì dire all’allenatore.

-Cosa??- esclamò Halldor, -non..- - ho già deciso così Halldor, non voglio altre discussioni- gli disse l’allenatore severamente.

Halldor uscì dalla palestra infuriato, con gli occhi di tutti puntati su di lui. Era un ragazzo islandese di 18 anni, alto 1 metro e 85, i capelli biondo ceneri e gli occhi azzurri con riflessi viola. Aveva un fisico possente, muscoloso, il più forte del suo anno, il più forte negli sport. Perché l’allenatore lo aveva sostituito? Questo si chiese mentre fuori camminava avanti e indietro, nervoso e infreddolito.

Mentre stava per tornare dentro e vedere com’era finita la partita, fu attratto da un cofanetto, sotto un gradino, che non aveva visto mentre usciva poco prima.

Prese in mano il cofanetto: era ordinario e tutto nero, lo aprì con uno scatto e dentro trovò una pergamena. Srotolò essa e lesse queste parole:” “e anche se nessuno ti rivedrà mai più, rimane il pensiero di vederli, di accarezzarli, di salutarli per quell’ultima volta, prima che il sole nero scenda a prenderti, prima che la tua anima si trasformi in vita, prima che il mondo sia lontano e solo il ghiaccio sia raggiungibile. E sopraggiunge la morte”.

Riposò il cofanetto e mise la pergamena nella tasca sinistra. Rientrò nella palestra: avevano perso.

Alexanne

Ballare la faceva sentire viva, la gente attorno a se, la musica, il calore, l’alcool che va alla testa, questo era quello che amava. Alexanne, una dolce ragazza francese, di media statura, capelli castani e occhi di un profondo nero. Una ragazza carina, minuta e graziosa.

Si fermò per riprendere fiato, era passato tanto tempo da quando aveva iniziato a ballare ed era tutta sudata. I capelli ricci che solitamente le ricadevano un po’ sotto la nuca ora erano tutti scombinati e le davano l’aria di una barbona.

Niente da fare, le sue amiche non erano ancora arrivate! Decise di uscire fuori e di chiamarle, per vedere che fine avevano fatto. Una volta che fu fuori e prese il cellulare, gli suonò immediatamente mentre lo teneva tra le mani.

Il numero che chiamava era un’improbabile 111; incuriosita Alexanne rispose, una voce metallica parlò, una voce che non conosceva: “e anche se nessuno ti rivedrà mai più, rimane il pensiero di vederli, di accarezzarli, di salutarli per quell’ultima volta, prima che il sole nero scenda a prenderti, prima che la tua anima si trasformi in vita, prima che il mondo sia lontano e solo il ghiaccio sia raggiungibile. E sopraggiunge la morte”. La chiamata s’interruppe e Alexanne pensò ad uno scherzo. Rientrò dentro, si era già scordata per qual motivo era uscita fuori.

  
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