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Autore: ThinkANDwrite    01/09/2013    11 recensioni
Lydia, 18 anni, bagnina. Questo è il lavoro dei suoi sogni. Il lavoro che si è promessa di fare a sette anni quando successe un evento che la segnò per sempre.
Non avrebbe mai immaginato che facendo questo lavoro avrebbe potuto conoscere tante persone interessanti.
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Tratto dal prologo:
“Piacere, io sono Drew.” Disse allungando una mano e porgendomela. E subito dopo avergliela stretta aggiunse: “Allora Lydia, mi concedi l’onore di portarti a pranzo per sdebitarmi con te?”
“Non devi sdebitarti di niente, come ho già detto è il mio lavoro e poi non è stato tutto merito mio.” Risposi ancora un po’ imbarazzata per la proposta che mi aveva fatto. In realtà mi sarebbe piaciuto accettare.
“Scusami, ma insisto. Mi piacerebbe davvero conoscerti meglio.”
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Drew Chadwick, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lifeguard

.Prologo.

 

 

 

Ero di guardia sulla torretta 22. Il sole ad Huntington Beach batteva forte e il mare era particolarmente mosso e pericoloso questa mattina. La bandiera rossa sventolava in cima al palo, era un segnale d’allarme per i nuotatori meno esperti che non azzardavano a tuffarsi. Gli altri invece non si facevano più di tanti problemi, infatti l’oceano era moderatamente affollato da surfisti che non riuscivano a resistere a quelle bellissime ed alte onde che si frangevano sulla costa. In qualità di bagnina però sapevo perfettamente che anche i nuotatori professionisti avrebbero potuto avere dei problemi con la corrente di risacca presente oggi. Era una corrente particolarmente pericolosa, la quale se vieni risucchiato può trascinarti senza tregua verso il largo e a causa della sua elevata velocità rende difficile mettersi in salvo anche ai nuotatori più esperti.

Tenevo gli occhi ben aperti e scrutavo ogni singolo pezzo d’oceano davanti a me per vedere se qualcuno avesse bisogno d’aiuto. In giornate come queste i salvataggi erano all’ordine del giorno ed io e gli altri miei colleghi eravamo stati addestrati al meglio per ogni evenienza. Non ero sola alla torretta, con me c’erano due dei più bravi bagnini dall’intera città. Erano loro che mi avevano addestrato e che avevano riposto in me la loro fiducia concedendomi di affiancarli nel lavoro. Era una delle mie prime giornate da guardaspiaggia, in fondo avevo solamente 18 anni, ma amavo questo lavoro. Era sempre stato il mio desiderio.

Salvare le persone da una distesa quasi infinita d’acqua che a primo impatto può sembrare innocua, ma che può creare più danni di quanti si può immaginare. Questo era il mio sogno. Un sogno che coltivavo fin dall’età di sette anni quando l’episodio più brutto di tutta la mia vita accadde davanti ai miei occhi.

 

 

Ero andata in spiaggia con mio fratello maggiore Dylan che aveva 17 anni. Aveva promesso alla mamma che mi avrebbe tenuto d’occhio mentre giocavo sulla spiaggia. Lui però decise di andare a fare surf, visto che la giornata era particolarmente calda e aveva bisogno di rinfrescarsi, almeno così disse lui.

“Non ti allontanare, mi raccomando!” Mi ordinò Dylan prima di avviarsi tra le onde. E così feci, non mi allontanai. La spiaggia era pressoché deserta così mi misi a fare uno dei miei soliti castelli di sabbia ascoltando la musica dall’iPod preso in prestito a mio fratello.

Mi impegnavo sempre molto in quelle costruzioni, ma il risultato non era mai buono. Scocciata anche questa volta che il mio castello non fosse come lo desideravo decisi di togliermi le cuffiette e guardare mio fratello fare surf.

Alzai la testa e con una mano feci ombra sui miei piccoli occhi marroni per vedere meglio l’oceano. Ne scrutai ogni angolo, ma di mio fratello non c’era traccia. Inizia a girare in tondo per verificare se fosse già tornato in spiaggia, ma non c’era nemmeno lì. Inizia a preoccuparmi, insomma avevo sette anni e stare da sola in una spiaggia come quella non era molto sicuro. Ad un certo punto notai la tavola da surf di Dylan galleggiare in acqua portata sempre più a largo dalle onde. Ma lui dov’era?

Presa dal panico iniziai a correre verso la torretta dei guardaspiaggia. La più vicina a dove ero io era la numero 22. Urlai per farmi sentire da qualcuno, ma ci volle almeno un minuto prima che qualcuno mi degnasse di una risposta. Forse non prendevano tanto sul serio una bambina che urlava disperata credendo che fossero solo i soliti capricci.

“Ehi bambina, perché urli?” Mi chiese il guardaspiaggia sorridendomi. Era un uomo abbastanza vecchio, almeno così sembrava ai miei occhi di bambina.

“Mio fratello..” dissi. “Non lo trovo più. Era andato a fare surf, ma lì c’è solo la sua tavola.” Finii tra un singhiozzo e un altro indicando con il dito il punto in cui c’era la tavola di Dylan.

Il guardaspiaggia allarmò subito tutti i sui colleghi dando un messaggio vocale con una specie di radiolina anche a quelli più lontani. Subito due di loro si tuffarono in mare alla ricerca di mio fratello. Nel frattempo l’uomo mi chiese di descrivergli Dylan in modo da poter condurre anche una perlustrazione fuori dall’acqua.

Erano passati dieci minuti e io ero ancora in lacrime. Mio fratello non si trovava. Ormai i bagnini impiegati nella ricerca erano più di otto. Ad un certo punto vidi un guardaspiaggia fare un cenno con la mano ai colleghi, segno che aveva trovato qualcosa.

“Dylan!” Esclamai subito. L’uomo, che era rimasto con me tutto il tempo, mi abbracciò confortandomi mentre gli altri riportavano mio fratello a riva.

Iniziarono subito le manovre di primo soccorso, visto che Dylan era privo di sensi essendo stato troppo tempo sott’acqua. Un bagnino era incaricato di fargli la rianimazione cardiopolmonare mentre un altro cercava di espellere l’acqua dai suoi polmoni.

Io restai immobile ancora strinta nell’abbraccio di quell’uomo che mi diceva che sarebbe andato tutto bene e che i paramedici sarebbero arrivati da un momento all’altro.

Ma sapete una cosa? Si sbagliava. Dylan non si è più svegliato da quel giorno. Potete soltanto immaginarvi la sofferenza provata da me e dai miei genitori vedendomi tornare a casa con il guardaspiaggia che gli spiegò tutto l’accaduto. Da quel giorno ho promesso a me stessa che sarei diventata una bagnina. Ma una bagnina attenta e ben addestrata, non come quelli che erano di guardia quel giorno quando ero in spiaggia con Dylan. Perché loro non stavano svolgendo il loro lavoro, loro non stavano osservando l’oceano come invece avrebbero dovuto fare anche se la spiaggia era quasi deserta. Non spettava a me avvisare loro, dovevano intervenire da soli. Se quel giorno loro fossero stati attenti forse adesso io avrei ancora mio fratello con me.

 

 

Per questo prendevo così sul serio il mio lavoro. Ero felice che adesso il sistema di supervisione delle spiaggia si fosse evoluto e che su ogni torretta ci fosse un bagnino sempre attento con lo sguardo rivolto verso l’oceano come lo ero io oggi.

Non avrei mai potuto accettare di fare un errore come fecero gli altri con Dylan.

 

Liberai la mente da quei ricordi non appena vidi che qualcuno in mare aveva bisogno del mio aiuto. Non era il mio primo salvataggio, ma era il primo in una situazione pericolosa come questa.

Non aspettai nemmeno un secondo e presi subito il salvagente e mi buttai in acqua nuotando più velocemente possibile verso la persona in difficoltà. Non appena fui vicina al ragazzo glielo lanciai facendolo attaccare ad esso. Ripresi a nuotare velocemente cercando di contrastare la corrente per tornare a riva. Il ragazzo sembrava non riuscire a stare a galla, forse per la stanchezza. Ormai era un po’ che eravamo in acqua a nuotare contro la corrente.

Non appena mi accorsi che una moto d’acqua sempre dei guardaspiaggia si stava avvicinando a me per aiutarmi a soccorrere il ragazzo mi diressi verso di essa incoraggiandolo a resistere ancora un po’. Lo feci salire sulla moto d’acqua e poi salii anche io. La moto fece un giro più lungo lasciandoci dove la corrente di risacca non c’era. Scesi a riva e chiesi subito al ragazzo come stava.

“Beh, abbastanza bene” Rispose lui. “Sicuramente se non fossi arrivata tu adesso sarei morto. Quindi grazie” Continuò facendo un sorriso. Solo ora mi accorsi di quanto fosse bello quel ragazzo. Biondo, molto muscoloso con due occhi che facevano invidia all’oceano.

“Di niente, è il mio lavoro!” Risposi sorridendogli. “Eri da solo a fare surf?” Gli chiesi più per curiosità che per necessità.

“In realtà si, i miei amici mi hanno abbandonato all’ultimo minuto, ma le onde erano così belle che non ho potuto resistere. A proposito, la mia tavola dov’è?” Mi domandò lui.

“L’avranno sicuramente recuperata. Non ci resta che fare una camminata fino alla torretta 22 e poi potrai riprendertela.”

Iniziammo così a camminare verso quella meta sotto il sole caldo tipico della California.

“Come ti chiami?” Mi chiese lui una volta arrivati.

“Lydia. Tu come ti chiami invece?” Risposi io sorridendo.

“Piacere, io sono Drew.” Disse allungando una mano e porgendomela. E subito dopo avergliela stretta aggiunse: “Allora Lydia, mi concedi l’onore di portarti a pranzo per sdebitarmi con te?”

“Non devi sdebitarti di niente, come ho già detto è il mio lavoro e poi non è stato tutto merito mio.” Risposi ancora un po’ imbarazzata per la proposta che mi aveva fatto. In realtà mi sarebbe piaciuto accettare.

“Scusami, ma insisto. Mi piacerebbe davvero conoscerti meglio.” Esclamò facendo un sorriso. E io non potevo non dirgli di no, quindi accettai il suo invito.

Aspettai con ansia che il mio turno da bagnina finisse in modo da poter andare con Drew a pranzare. Nel frattempo lui fece un salto al pronto soccorso per accertarsi che quei pochi minuti in acqua non avessero causato danni.

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Ciao a tutti! Sono Alice. Questa è la prima FF che scrivo sugli Emblem3 quindi spero vi piaccia.

Questo è soltanto il prologo, ma spero di avervi incuriosito almeno un po’!

Mi farebbe davvero piacere se lasciaste una recensione perché vorrei capire se continuare la storia o no.

Se mi volete seguire su twitter sono @StylesItaly

 

Grazie mille, un bacio. xx

 

 

  
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