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Autore: flautista_pearl    11/09/2013    2 recensioni
22 giugno 2017 è una data che difficilmente una ragazza di Due Foglie si scorderà. Questa ragazza infatti sarà protagonista di una guerra che era già stata programmata dal fato. Lei riuscirà con le sue energie e con il sostegno dei suoi più cari amici a vincere? Ma prima di tutto, si dovrà recare nella prestigiosa Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts dove imparerà a difendersi e dove scoprirà i misteri più profondi di se stessa e dei mondi.
All was well. O quasi?
Dal capitolo 2:
Lei sfoderò la bacchetta. Pensai subito che da un momento all’altro sarebbe comparso un Mangiamorte, di conseguenza mi aggrappai forte al suo braccio sinistro – stavo quasi per soffocare Piplup tra le braccia – ma invece mia madre fece una cosa alquanto insolita: picchiettò tre volte la punta della bacchetta sul muro di mattoncini davanti a noi. Dopo qualche secondo i mattoncini si mossero formando un arco e permettendo la vista straordinaria di una grande via gremita di gente, di maghi.
«Ecco, Lucinda. Questa è Diagon Alley».
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lucinda, Un po' tutti
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
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Binario 9 e ¾
 
Harry Potter.
Sinceramente, chi l’avrebbe mai immaginato che il grandissimo e assai illustre Harry Potter ‒ colui che sconfisse Tu-Sai-Chi, il Prescelto, il Salvatore, insomma Harry James Potter ‒ si sarebbe iscritto al mio, insulso suvvia, club?
Lo vidi in linea e non pensai minimamente che potesse cominciare una chat tra me e il suddetto Potter. A dire la verità non sapevo che il Prescelto si dilettasse a iscriversi a forum creati su internet e a chattare. Non capita comunque ogni giorno di vedere il Salvatore del Mondo magico cercare d’instaurare una conversazione con una quasi adolescente pseudo-famosa per aver visto la morte del proprio padre in faccia con almeno una dozzina di Mangiamorte a un palmo dal naso.
 
Savior ‒ Ehi ciao!
Mother’s Eyes (fu il primo nick che mi venne in mente) ‒ Salve signor Potter. Mi scusi, ma come ha fatto a iscriversi al forum?
 
Giusto per essere un po’ schietti e arrivare dritti al punto. Sembrai distaccata e un tantino curiosa nel contempo: stavo sempre e comunque mandando messaggi a un trentenne che sconfisse uno dei più grandi maghi oscuri.
 
Savior ‒ L’aveva scoperto mio figlio Al navigando su internet.
 
E fu così che il Salvatore del Mondo magico mi parlò dei suoi figli James Sirius, Albus Severus e della piccola Lily Luna. Albus o Al come lo chiamava lui era pure del mio stesso anno e come aveva spiegato fu lui a trovare il club su internet, ma non si iscrisse perché aveva gli occhi di suo padre, gli somigliava molto diceva: occhi verdi, capelli corvini e una corporatura minuta.
Non avevo mai conversato così a lungo con un adulto che non fosse mia madre o il Professor Rowan. Era stato in un certo senso liberatorio parlare di me, della mia ‒ assai discutibile ‒ popolarità e dei miei genitori.
Di solito non parlo con tutti di me e specialmente dei miei genitori, ma il signor Potter si rivelò  davvero disponibile e comprensivo. Non parlavo di me nemmeno con Kenny, Barry e Leona. Sarei  apparsa troppo come una bambina bisognosa di attenzioni di fronte ai ragazzi. E poi onestamente, apparire ancor di più solitaria, chiusa e da psicanalisi credo non avrebbe fatto bene a nessuno; oltretutto Leona è Babbana, quindi era quasi impossibile parlare quando stavamo tutti insieme.
Avevo sì appena conosciuto il Prescelto con cui avevo discusso di argomenti prettamente personali, ma è stato come se lo avessi conosciuto da sempre, per un momento mi sembrò di parlare con me stessa. Una delle cose su cui sono sicura (alquanto bizzarro dato che sono la prima ad essere insicura su questo mondo) è il saper ascoltare. So ascoltare, anche se l’argomento della conversazione non mi interessa minimamente. Ascolto, recepisco il pensiero altrui e poi ne formulo uno mio. Mi piace ascoltare le persone, credo di non avere un motivo preciso sul perché, ma mi fa sentire me stessa. Io ascoltavo il signor Potter e lui ascoltava me. Ci fu quasi un rapporto di fiducia o forse era già radicato da quando ci eravamo presentati.
Salutai cortesemente il signor Potter verso le otto e mezza, svegliai prima Piplup che si era appisolato sul letto e liberai Regina dalla gabbia lasciandola volare intorno al giardino, andai infine giù a cenare.
A tavola io e mia madre eravamo entrambe silenziose come al solito (e Piplup stava cercando di non collassare sulla ciotola di cibo per Pokémon). Non perché ci detestavamo o altro ‒ che poi non è che ci detestiamo, è che il nostro è un modo alquanto diverso di amare: lei troppo protettiva e io troppo desiderosa di libertà e di una vita sociale stabile, sia chiaro, ma che per amore rinuncio per farla stare bene ‒ ma perché non c’era assolutamente niente su cui discutere. Entrambe sapevamo benissimo che alla sottoscritta Lucinda Winslow non piacevano i suoi «Domani vado al Ministero della Magia a parlare col ministro. Stai a attenta a casa». Ed entrambe sapevamo senz’ombra di dubbio che alla madre non piacevano i miei «Sono riuscita a suonare la prima parte di Syrinx di Debussy» o «Sai che la prima fenice comparsa nel Mondo Interno è il Pokémon Leggendario Ho-Oh?» oppure semplicemente «Ho conosciuto il signor Potter su internet».
Forse l’ultima l’avrebbe interessata pure, ma sta di fatto che il silenzio incombeva, rotto forse dal rumore delle posate e dal ticchettio dell’orologio.
Sparecchiai e lasciai mia madre a lavare i piatti, presi Piplup in braccio ormai collassato sulla ciotola e salii in camera, lo misi sotto le coperte e mi sdraiai accanto a lui sul letto.
Sentii qualcosa d’impresso sulla mia guancia destra che toccai un paio di volte. Aprii gli occhi con un po’ di fatica stropicciandoli. La luce della stanza era spenta e l’orologio a forma di Starly sul comodino segnavano le tre e trentasei. Mi sedetti sul bordo del letto ma crollai immediatamente sul fianco senza forze.
Una settimana e io sarò ad Hogwarts.
Una settimana e lascerò Due Foglie.
Una settimana e sarò libera.
Una settimana e sarà aperta la caccia ai Mangiamorte.
Rabbrividii al solo pensiero e mi raggomitolai sotto le coperte.
I Mangiamorte. E dire che Voldemort era stato sconfitto. E allora mi chiedo perché? Perché colpire la mia famiglia, mio padre, mia madre, me? Perché colpire quando è tutto finito?
Non riuscii a darmi ‒ a trovarmi ‒ una risposta ché la stanchezza e l’angoscia mi pervasero, lasciandomi cadere in sonno. Eppure i sogni per quanto irreali possano essere sono un modo per sfuggire alla realtà, a volte ingiusta e a volte severa.
 
Li passai tranquillamente gli ultimi giorni qui a Due Foglie, gli ultimi giorni prima della mia pseudo-libertà. Mi mancherà la biblioteca, la scrivania, soprattutto la sala degli strumenti. Gli archi, i fiati (sia i legni che gli ottoni), il piccolo mandolino nella sua custodia e il pianoforte di papà erano tutti in quella stanza. Il mio flauto d’argento nella sua custodia ricoperta di lana stava sempre sulla mia scrivania accanto al metronomo. Invece il violino di mia madre penso che stia in camera sua. Non c’ero mai entrata là, giusto qualche occhiata fugace da dietro la porta.
Ricordo ancora le mani di mio padre che premevano i tasti e mia madre al suo fianco col suo violino, si esibivano nella sala degli strumenti facendomi assistere a qualche mini-concerto. Era stato papà a farmi avvicinare alla musica: mi metteva seduta sulle sue gambe, prendendo poi le mie minuscole manine e facendole poi scorrere sui tasti. Non sono una vera e propria pianista, ma diciamo che me la cavavo abbastanza bene. Avrei voluto fare un brano per flauto con l’accompagnamento del pianoforte di papà. Ma i Mangiamorte giustamente me lo impedirono.
Avrei voluto chiedere al signor Potter a proposito della caccia ai seguaci di Tu-Sai-Chi in quei giorni che mi rimasero, ma non fu mai in linea. Sembrava quasi mi evitasse. Ma sta di fatto che l’ultima volta che mi ero connessa lui non c’era.
 
Il 30 agosto mamma ed io, insieme a Piplup, baule e Regina, prendemmo il primo vascello del pomeriggio da Canalipoli diretto ad Austropoli, per poi raggiungere Sciroccopoli con la corriera. Mamma ritenne saggio non abusare del mio fisico ‒ e diciamo anche della mia magia ancora in fase di controllo, Merlino! C’ho messo secoli per manifestare la magia ‒ per smaterializzarci.
Arrivammo così il pomeriggio del giorno dopo nel Mondo Esterno. Andammo subito al Paiolo Magico e mamma prenotò una stanza a due.
La camera si affacciava sulla via acciottolata di Diagon Alley. Si vedeva spiccare l’imponente figura marmorea della banca su tutte le botteghe del viale. La stanza era la numero 21. C’erano mobili di quercia lucidissimi, a due lati opposti troneggiavano due letti a baldacchino e uno specchio era appeso vicino alla porta.
Mamma, ovviamente, mi proibì categoricamente di lasciare il Paiolo, perfino di fare una passeggiata per i negozi.
Non la vidi poi per tutto il giorno, perciò ne approfittai per impararmi tutta Syrinx di Debussy; Piplup era steso a pancia in giù sul letto a fissarmi insieme a Regina appollaiata sopra l’armadio e si facevano cullare dalla musica. Fu particolarmente difficile, era sì per flauto solo, perciò un brano molto libero (con pause e semibrevi lunghe a piacimento), ma le troppe alterazioni mi stavano uccidendo. Così finii per ripassare i brani già fatti fino all’ora di cena, quando mamma mi fece chiamare per mangiare. La sala era molto affollata: molti studenti erano al Paiolo per l’inizio della scuola, ma non vidi né Barry né Kenny. Tuttavia di sfuggita notai il ragazzo del gelato, ma solamente per pochi secondi dato che era scomparso tra la folla. Abbozzai un piccolo sorriso che sparì quasi subito quando mia madre mi fece notare che avevo la forchetta sospesa a mezz’aria.
Piplup se la rideva in silenzio, ma lo squadrai di sottecchi.
 
Mi ero svegliata veramente tardi la mattina seguente. Non avevo chiuso occhio per circa sei ore per l’agitazione, forse neanche per quella, ma per mamma.
Alle undici meno dieci circa stavo superando la barriera che separava i binari nove e dieci. Inspirai un paio di volte prima di attraversarlo, avevo Piplup aggrappato alla mia spalla e il carrello saldato al mie mani. E poi presi l’ultima boccata d’aria, mi guardai intorno un paio di volte per assicurarmi che non ci fossero Babbani a guardarmi intorno (all’entrata alcuni mi guardavano storto e contemporaneamente fulminavano la mia civetta) e corsi verso il muro con gli occhi chiusi. Poi li aprii e la locomotiva a vapore era lì, davanti a me, di uno scarlatto acceso, che sbuffava anelli di fumo. L’autunno quest’anno a Londra si era fatto sentire prima e la banchina era avvolta da una densa  foschia. Era gremita di maghi, un bel po’ a dire la verità ché mi sentii a disagio. Non amo essere circondata da troppa gente, forse perché ho passato la mia vita a non circondarmi di molte persone o forse anche perché non ho avuto molte occasioni di legare.
Erano quasi le undici e il treno stava per partire. Salutai mia madre con un strettissimo abbraccio; non ci parlammo, anche perché le parole in quel momento non servivano, avrebbero guastato quell’atmosfera magica che si era creata, carica sia di ansia sia d’amore. Mi diede un piccolo bacio fugace in fronte e mi aiutò a caricare i baule insieme a Piplup che poi si limitò a portare la gabbia di Regina a bordo. Lanciai un’occhiata a mia madre a constatai la sua preoccupazione. Le rivolsi un enorme sorriso e le dissi di non preoccupassi. Lei fece una faccia corrucciata ma poi sul suo viso si dipinse un grande sorriso, uno dei rari sorrisi di mamma, uno dei più sinceri.
Balzai a bordo prima che il treno partisse e chiusi lo sportello. Si udì un fischio, il treno sbuffò e partì. Salutai mia madre dal finestrino della porta finché il treno non imbucò la prima curva. Mamma aveva un’espressione così seria che faceva trasparire la sua inquietudine, quasi palpabile. Asciugai la lacrima che non riuscii a trattenere e mi misi con Piplup alla ricerca di uno scompartimento. Ne passammo in rassegna cinque ma erano tutti occupati da studenti. Ce n’erano tanti anche nel corridoio, infatti venni spintonata un paio di volte, una delle quali la botta fu decisamente forte che caddi a terra.
«Merlino, che botta!», mormorai.
Mi massaggiai la schiena perché avevo urtato contro il baule che cadde anch’esso fragorosamente.
«Piplup! Pi-Piplup!», strepitò il Pokémon accanto a me contro la persona che mi fece crollare.
«Piplup, basta!», gli ordinai. Guardai in faccia la persona di fronte a me e involontariamente rifiutai la mano che mi porse.
«Perché?», mi domandò Ash Ketchum, tra il perplesso e l’offeso.
Mi chiedi pure perché?
Mi limitai a scrutarlo torva e lo superai trovando poi uno scompartimento vuoto. Mi ci infilai immediatamente, chiudendo poi la porta, isolandomi così  dalla confusione di fuori. Misi il baule sul portabagagli in alto con il supporto del Bollaraggio di Piplup e mi sedetti sul sedile di pelle estremamente confortevole. Regina in gabbia affianco a me dormicchiava sotto l’ala. Guardai il paesaggio fuori dal finestrino: il cielo era coperto di nuvole ma non troppo e agli scorci di Londra babbana si sostituirono ben presto la campagna, immensi campi dedicati ai cereali e al pascolo. Piplup si era addormentato sulle mie gambe ma fu presto svegliato dallo sbattere della porta: Kenny e Barry entrarono nello scompartimento senza fare troppi complimenti.
«Ti abbiamo cercata per tutto il treno. Per un momento abbiamo temuto che ti fossi infiltrata nella carrozza dei prefetti!», mi rimproverò Barry sistemando il proprio baule e poi quello di Kenny.
«Be’, almeno adesso mi avete trovata», risposi sottovoce.
«Leggi», fece Barry schietto.
Mi lanciò il giornale, la Gazzetta del Profeta.
In prima pagina c’era un’enorme fotografia in cui potevo distinguere mia madre e il signor Potter.
 
Caccia ai Mangiamorte aperta
Si sono riuniti tutti gli Auror al Ministero della Magia per prendere ciascuno le informazioni sui Mangiamorte in fuga. Gli Auror si muoveranno a squadre. Secondo alcune fonti alcuni fuggiaschi sono all’estero, probabilmente sotto falsa identità, se non oltreoceano. Il Ministero è cauto sul divulgare alcune notizie.
 
Aprii la bocca un paio di volte non sapendo trovare le parole adeguate.
«Cosa?!», feci infine perplessa con un tono di voce abbastanza alto da far sussultare Regina che stava riposando.
«Quello che mi son detto io», disse Barry. «Anche se non è certo, perché all’estero?».
«Non ci sono i controlli? Si saprebbe se un mago, oltretutto Mangiamorte si fosse imbarcato per l’estero o anche smaterializzato, no?», domandai.
«Non tieni conto delle Passaporte illegali», aggiunse Kenny piatto.
«Ma ci dev’essere un modo, non credete? Mia madre deve andare anche all’estero?».
«Ehi, calma! Non è sicuro che vada fuori la Gran Bretagna», cercò di rincuorarmi Barry.
«Tu non hai una madre Auror, non hai una famiglia distrutta, non sei mai stato rinchiuso in casa per anni affinché non morissi», le parole mi morirono in gola. Tentai di trattenere le lacrime ma inutilmente, anzi, scesero senza sosta.
Entrambi ammutolirono, non sapendo come controbattere, forse perché Piplup si era messo a scrutarli torvo. Credo fosse pronto a lanciare uno dei suoi miglior Bollaraggio se uno dei due fosse stato in procinto di fare una mossa sbagliata.
Intanto fuori la confusione era diminuita e nel nostro scompartimento si sentivano ogni tanto lo scoppio di qualche carta ‒ che fece coinvolgere Piplup nella partita a SparaSchioccoBumBum tra Kenny e Barry ‒ e le pagine di giornale. Ben presto finii il quotidiano, così dovetti chiedere ai ragazzi di prendermi il baule. Fu più difficile del previsto, ci impiegammo dei minuti veramente sudati per tirarlo giù perché Kenny mollava la presa. Presi dal baule il libro che mi serviva e lo richiusi. Barry mi guardò male: «No! Non te lo metto a posto! Non ci pensare minimamente!», sbraitò.
Gli feci una delle facce più innocenti che sapevo fare dando energia alla mia vena d’attrice, tanto innocente che alla fine prese il baule e lo mise, sbuffando sonoramente, a posto. Sorrisi compiaciuta e aprii il libro al punto in cui ero arrivata: Volatili. Ma prima che potessi cominciare il capitolo sentii dei colpetti battere il vetro della porta. Alzai lo sguardo e un’anziana signora con una divisa da cameriera mi sorrise. Kenny aprì la porta e chiese a noi se avessimo fame: Barry rispose che non aveva soldi, io invece una certa fame l’avevo così uscii dallo scompartimento e chiesi alla signora cosa ci fosse. Lei si apprestò subito a rispondere: il carrello era stracolmo di dolciumi di ogni tipo, Zuccotti di zucca, Gelatine Tuttigusti+1, Api Frizzole, Gomme Bolle Bollenti, Cioccorane, Mou, Cioccalderotti, Cioccoli, Calderotti, Bacchette magiche alla liquerizia.
Domandai a Barry e a Kenny se volevano qualcosa ma risposero entrambi che avevano il panino da casa; così decisi di comprare un po’ di tutto, presi il sacchetto con le monetine e le contai.
«Tre Bolle Bollenti, per favore», chiese una voce familiare dietro la signora. Alzai lo sguardo dal sacchetto di monetine e incontrai due occhi azzurri, il ragazzo del gelato.
«Niente lacrime oggi, eh?», fece lui ammiccando. «Tieni!», mi lanciò una delle Bolle Bollenti che aveva appena comprato e sparì dietro la signora.
«Allora signorina, cosa vuole?».
Stavo osservando il pacchetto di gomme come se fosse oro, ma fortunatamente la signora del carrello mi riportò alla realtà. Mi scrollai, diedi un’occhiata fugace al sacchetto e risposi: «Un po’ di tutto, grazie».
Pagai e posai la refurtiva sul sedile, li spostai facendomi un po’ di spazio per sedermi. Offrii più di metà bottino ai ragazzi che cominciarono a ingozzarsi come Piplup che aveva già finito tre scatole di Api Frizzole e ora stava levitando per lo scompartimento da più di cinque minuti. Cominciai con una Cioccorana aprendo la scatola di carta. La rana (ormai avevo imparato un po’ di animali col libro) di cioccolato fece un balzo e si buttò sul finestrino, verso la libertà.
«Devi afferrarlo», bofonchiò Barry con la bocca piena. «Fanno un solo salto. Carpe diem!».
Sì, certo. Cogli l’attimo.
Però in compenso guadagnai una figurina, quella di Harry Potter. La girai e lessi la descrizione:
 
Harry James Potter, Auror. Ritenuto uno degli Auror più forti del terzo millennio. Noto soprattutto per aver sconfitto nel 2 maggio 1998 a soli diciassette anni il mago oscuro più potente dell’epoca, Lord Voldemort, per aver vinto il Torneo Tremaghi e per aver ucciso il mostro nella Camera dei Segreti. Ama il Quiddtch ed è stato uno dei più giovani cercatori da un secolo.
 
La figurina ritraeva un uomo sulla trentina, quasi quarantina, dal viso sottile con i capelli corvini e due occhi di un verde molto intenso. Per un momento pensai che Harry Potter mi stesse rivolgendo un piccolo sorriso, ma poi la sua figura sparì.
 
Il paesaggio fuori cambiò: ai grandi campi si sostituirono fitti boschi e montagne e il cielo si fece più scuro.
Il sole stava tramontando e molti studenti nel corridoio giravano già con la divisa. Perciò con l’aiuto di Kenny ‒ Barry si rifiutò categoricamente ‒ e Piplup tirammo giù il mio baule. Presi la divisa e proposi ai ragazzi che sarei andata in bagno a cambiarmi e che loro potevano mettersela nello scompartimento nel frattempo ‒ con le tendine tirate ovviamente, il nudismo a undici anni non era il caso.
Così uscii alla ricerca di un bagno. Ci misi cinque minuti per trovarne uno, la quantità di studenti nei corridoi era aumentata ed era difficile sgusciare fuori. Poi finalmente trovai il bagno che (giustamente) era occupato. Mi appollaiai alla parete davanti alla porta con in braccio la divisa ad attendere.
«Domi ci mette secoli a sistemarsi in bagno», disse una ragazza che si era accostata a me, dai capelli rosso fuoco, leggermente ondulati, il viso era tempestato di lentiggini e aveva due occhi vispi color miele. E aveva già la divisa.
Mi limitai ad annuire in silenzio, sperando che questa Domi finisse presto.
«Se vuoi puoi cambiarti nel mio scompartimento, posso far uscire James e Al per qualche minuto», propose.
«Oh, be’ grazie… aspetta un momento. Hai detto James e Al? I due Potter?».
«Proprio loro due. Perché?», sorrise, mostrando le due fossette che si erano formate sulle guance.
«Una settimana fa conversai con loro padre», risposi divertita.
Lei mi fece strada verso il suo scompartimento che non era molto distante.
«Comunque io sono Rose, Rose Weasley», fece con un tono di voce più alto per sovrastare il vociare nei corridoi.
«Io invece sono…».
«Sì. So chi sei», mi interruppe. «Credo tutti sappiano chi tu sia. La figlia di Olga Winslow non passa di certo inosservata», aggiunse ammiccando.
Quando arrivammo, Rose fece uscire i due Potter, in divisa pure loro. Ci misero un po’ per uscire: la partita di scacchi fra loro stava entrando nel vivo per poi sfociare nello scacco matto vincente di Albus. Mi ritrovai perciò sola, tirai le tendine e nel modo più veloce per potei mi sfilai la maglietta e i pantaloni. Con altrettanta velocità mi infilai la divisa per poi uscire dopo non più di due minuti.
«Miseriaccia, ci hai messo pochissimo!», si meravigliò Rose. «Adesso è meglio che ti sbrighi che stiamo per arrivare».
Non me lo feci ripetere due volte: corsi il più in fretta possibile da Kenny e Barry urtando contro una cinquina di studenti. I ragazzi erano già pronti nelle loro divise e i loro bauli a terra; io invece ancora dovevo mettere a posto gli abiti e il mio libro nel mio. Ma fummo di una velocità incredibile. Kenny, Barry ed io (col supporto del Bollaraggio di Piplup) posammo il mio baule sul sedile.
Il treno stava pian piano decelerando e quando si fu definitivamente fermato io ero pronta con Piplup sulla spalla, la gabbia di Regina nella mano sinistra e il baule nella destra.
La quantità degli studenti nei corridoi era enorme, tant’è che pensai che fossimo gli ultimi a uscire, c’erano come minimo duecento studenti o forse anche di più.
Ero completamente buio pesto quando eravamo scesi e non vedevamo un palmo dal naso. Ma un uomo enorme alto sì e no tre metri, con una folta barba reggeva una piccola lanterna, piccola tanto da illuminarlo.
«Primo anno! Primo anno! Quelli del primo tutti qua!», gridava in continuazione.
 
 
 
 
 
Angolo autrice (a cui mancano 4 kanji per il test di giapponese):
Allora… che dire? Salve!
Sì insomma, è dal 23 giugno 2012 che non aggiorno la fanfic e oggi a mezzanotte mi metto a pubblicare il quarto capitolo. :’D
Si ringrazia la cara e vecchia babbana della mia Miki per il betaggio (non ha efp, se volete sapere)
E tantissimi auguri ad Andrea! Ecco il tuo regalo di compleanno, spero ti piaccia :3
E mi dispiace che abbiate aspettato così tanto per questo aggiornamento, sono mortificata çwç
Però tanto adesso potrete enjoyare, fangirleggiare, volteggiare e recensire. E vi invito a chiedermi l'amicizia su fb :3
 
Saluti a tutti i babbani, pueri e puellae che cominciano l’11 la scuola (o l’hanno già cominciata)
dalla vostra (pigra e tanto stanca) flautista_pearl :3
 
P.S. Se volete saperlo il brano Syrinx io non lo so proprio fare, come già detto nella ff troppe alterazioni. So fare giusto le prime tre battute. E se volete sentirlo ci sono alcuni video su youtube, vi consiglio di ascoltarlo se vi piace il flauto.
   
 
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