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Autore: Pandroso    11/09/2013    3 recensioni
IV CAPITOLO PUBBLICATO, ERA ORA! E NUOVA ILLUSTRAZIONE
Una convivenza forzata, un addestramento in corso e forse un’attrazione accidentale che non vuole nessuno. L’isola Kuraigana non è solo un luogo di morte; e Perona e Zoro non sono soltanto una coppia di disgraziati spediti sulla stessa macchia di terra.
Facciamo luce su due anni di buio.
Buona lettura.
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Drakul Mihawk, Perona, Roronoa Zoro
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Curami ̴  1.  Dorme, fortunatamente.

 

“Forse io parlo forte e leggo il libro della morte,
forse qualcuno mi ha insegnato la paura,
forse è l’amore, forse è l’amore.
Forse mi vesto poco e lascio libere le gambe,
forse qualcuno vuol vedere nel mio cuore,
forse è l’amore, forse è l’amore.

                                                                                          

 
Sull’isola Kuraigana il cielo era rossastro e graffiato da nubi nere; non c’erano stelle da ammirare né occhi che potessero o volessero goderne lo splendore.
L’antico regno di Shikkearu era caduto sotto i colpi di una devastante guerra che aveva bagnato di sangue la terra e impregnato l’aria di fumo e odore di morte. Nulla era scampato alla barbarie compiuta dagli uomini, ogni cosa era andata distrutta.
L’ambiente stesso sembrava voler tentare di dimenticare al più presto l’accaduto, ricoprendo le rovine di brulicante vegetazione ed obliterando tutto con una lieve coltre di bruma.
Solo un vetusto castello era scampato alle battaglie, ostinato a non cedere al trascorrere del tempo e alle intemperie, era l’unica e l’ultima traccia che testimoniava l’esistenza di un regno che era stato.
Da alcuni anni, però, il vecchio e signorile maniero era diventato dimora di uno tra i pirati più pericolosi che solcavano i mari; precisamente dello spadaccino migliore al mondo: Drakul Mihawk detto Occhi di Falco; e improvviso punto d’accoglienza per altre due persone molto meno note ma non altrettanto meno pericolose.

 
***

 

Perona era arrabbiata, annoiata e parzialmente infelice se paragonava i giorni passati in compagnia di Gekko Moria con quelli che stava trascorrendo al ritmo di una clessidra otturata  in quel castello umido, atro e dall’aspetto minaccioso… come piaceva a lei. 
Era stata silurata senza troppi complimenti in un posto che sì, le si confaceva… ma era anche stata privata di devoti servitori, di orsetti graziosi da strapazzare e di cioccolata calda.
A tal disgrazia s’erano aggiunti bizzarri arrivi: il primo, inviato nel medesimo modo in cui era stata catapultata lei, era lo spadaccino della ciurma di Cappello di Paglia; il secondo, arrivato di sua spontanea volontà, era anch’egli uno spadaccino ma crudele, dispotico e privo di humour. Un tedio infinito. 
Inoltre, entrambi davano segni di insofferenza nei suoi confronti; al punto da indurla a pensare che qualsiasi uomo con spada alla mano ce l’avesse con lei.
Anche se non poteva dirsi più sola, la sua era davvero una condizione frustrante.
E così, rabbiosa verso il destino avverso che le era stato riservato, se ne stava stravaccata su una poltroncina situata nel salotto del castello; con la testa appoggiata alla mano destra, lo sguardo fisso al pavimento e un dito indice che giocherellava con qualche ciocca dei suoi capelli rosa.
«It isn’t very good in the dark dark wood… », cantare la rilassava e si stava impegnando a dare alla filastrocca l’intonazione perfetta per una nenia funebre, «In the middle of the night, when… there isn’t any light» però durò poco.
«Ah basta! Basta! Sono stufa di vivere in questo posto con persone inutili! Nessuno che si preoccupi per me, nessuno che mi porti la merenda e niente giocattoli! Solo quei brutti musi imbronciati… Ma perché?!», urlò così forte che  i suoi capricci riecheggiarono tra le mura del castello, tanto da far scomodare il padrone di casa. Il quale comparve immediatamente.
«Ragazza fantasma, non t’avevo detto di badare a qualcuno?» Mihawk si presentò nel salotto con aria seccata e un bicchiere di vino rosso pieno per metà, che egli faceva lentamente roteare con la mano.
Perona lo scrutò indispettita «… E io ti ho detto che non prendo ordini da te!», gli rispose abbozzando una mezza linguaccia. Lo spadaccino sorrise, avere una bimba capricciosa e un ragazzino presuntuoso in quella che era divenuta la sua casa, si stava rivelando un inaspettato diversivo… a volte spassoso.
«Sì, ricordo, ma anche tu dovresti ricordare i nostri patti: se vuoi rimanere qui, devi dare una mano».
Abbattuta. Non ci fu altro da aggiungere, la vide gonfiare le guance stizzita e incrociare le braccia.
«L’ho lasciato al caldo sotto le coperte, fasciato come un fagotto… contento?»
«Bene, allora torna a vedere come sta, se le sue condizioni peggiorassero e prendesse un’infezione avresti più lavoro da fare, non credi?».
Occhi di Falco terminò il rimprovero distendendo lievemente le labbra con la soddisfazione della vittoria, poi se ne tornò nella stanza adiacente al salotto per dedicarsi meglio al suo vino.
«Questo si chiama ricatto!» gli gridò contro la ragazza, ma ormai lui se n’era andato.
«Uffa! Tornerei volentieri a Thriller Bark, però lì non c’è più nessuno ad attendermi e forse Moria-sama è morto… horo-horo-horo».
Uggiosa e arresa, s’alzò per raggiungere la camera dove era stato sistemato Zoro. Inevitabilmente pensò a lui, al giorno che era arrivato, alle terribili ferite che aveva e che, in un primo momento, l’avevano fatta esultare allietandole un pizzico della sua vendetta ma che,  dopo averle osservate, l’avevano anche inorridita stimolando la sua coscienza ad aiutare un moribondo; che di certo sarebbe morto senza il suo intervento.  
E ricordava chiaramente anche cosa le era successo: salvarlo l’aveva fatta sentire insolitamente bene; una strana sensazione che tuttora non riusciva a nascondere e spiegare nemmeno a se stessa.
Perona era una peste di ragazza, egoista e graziosamente sadica; tuttavia… 

Raggiunto il corridoio che la portava da Roronoa, s’avviò verso l’ultima stanza e già da lontano i suoi nervi cominciarono a contrarsi: la porta che lei aveva lasciato chiusa non lo era più, stava aperta per metà.
Varcata la soglia, e immersasi nell’oscurità tagliata solo dalla flebile luce proveniente dalle candele del corridoio, vide, anzi, non riuscì a vedere nessuna sagoma di ragazzo antipatico adagiata sul letto.
Il drappo scuro che copriva la finestra non faceva trapassare nemmeno un filo di luce – e questa sarebbe stata  comunque leggera, poiché il cielo di Kuraigana era plumbeo giallognolo di giorno e rosso cupo di notte, e dava sempre poco spazio alla luna e al sole – così avanzò alla cieca, cercando di raggiungere il letto per tastarlo alla ricerca di qualcosa che magari non era riuscita a distinguere. Nel farlo inciampò, cadendo rovinosamente a terra.
«Ahi, che male!».
Si alzò subito in piedi; aveva incespicato i suoi passi su qualcosa che al buio appariva solo come un’ombra dalla forma indefinibile e dallo strano odore;  particolare, questo, che le ombre non potevano avere.
Corse a prendere una candela dal corridoio e, rientrando nella camera, illuminò la causa dell’inglorioso capitombolo che le aveva indolenzito il sedere.
Era lui: sdraiato su un fianco e con il braccio destro sopra la testa; dormiente all’apparenza.
«Bravo, devi esserti alzato da solo senza chiedere aiuto… ed ora eccoti qui. Meriteresti di essere lasciato a marcire sul pavimento».
Ma la ragazza in fondo aveva buon cuore, o forse era il ricatto di Mihawk a fare maggiore leva su di lei; tant’è che, poggiata la candela sul comodino accanto al letto, si chinò per raccogliere lo spadaccino dal pavimento. Pesava da morire; subito le tornò in mente la faticaccia che aveva fatto per portarlo al castello, «Questa me la paghi, e pure l’altra, e tutte quelle che verranno!».
Compiuta la missione impegnativa, arrivando al bordo del letto ed allo stremo delle forze, per issarlo su, se lo fece cadere accidentalmente addosso e iniziò a squittire quasi fosse stata assalita da uno sciame di insetti.
Veloce si dileguò da sotto il corpo dello spadaccino; e mentre stava per alzarsi allo scopo di raggiungere una distanza di sicurezza, un braccio fasciato come quello di una mummia l’afferrò per riportarla giù.
La sua coroncina con la croce nera cadde rotolando sul pavimento.

Immobile, terrorizzata, e ora incapace di fiatare, valutò la situazione: il suo corpo era perfettamente sopra quello dello spadaccino; riusciva a percepire tante cose sotto di lei, come ad esempio il petto di Zoro che si abbassava ed alzava lentamente ad ogni respiro – a differenza del proprio che era pressappoco statico, non riusciva più ad inalare ossigeno – il calore del suo corpo, da farle sembrare di essere distesa su carboni ardenti, e voluminosità di muscoli bene allenati un po’ ovunque. E c’erano anche il braccio che l’aveva  acchiappata, e che ora le stringeva le spalle, e il respiro di Zoro che le sfiorava la frangetta e una parte di fronte scoperta.
Tremando come se stesse sforzandosi di reagire ad una forza che la teneva bloccata, alzò il viso per vedere se  fosse sveglio e se le avesse fatto un brutto scherzo; pronta, se così fosse stato, a cavargli gli occhi con le unghie.
Zoro dormiva, teneva le palpebre serrate e, lei avrebbe volentieri evitato di farci caso, aveva un po’ di saliva pronta a colare dall’angolo della bocca.
Nessuna marachella, lo spadaccino aveva reagito inconsciamente muovendosi nel sonno.
La ragazza si strusciò lentamente su di  lui per liberarsi dall’abbraccio sonnambulo, stando attenta a non svegliarlo; nel mentre, si diede  un’occhiata e s’accorse delle proprie condizioni: la gonnellina rossa merlata era salita a scoprire l’ultima fettina di coscia e qualcosa che stava più su.
In altre circostanze non le sarebbe importato nulla, ma in quel momento venne pervasa da una fiammata di vergogna.
Con la mano passò veloce a tirarsela giù, poi, attenta, riportò lo sguardo sul viso di Zoro e credé di morire.
Lo spadaccino aveva aperto gli occhi: le palpebre pesanti li riducevano a due fessure sottili, ma il bagliore della candela riusciva lo stesso ad illuminargli le iridi, che lanciavano piccoli lampi di verde. Con la tipica faccia da assonnato, lo spadaccino aveva un’espressione in bilico tra la curiosità e lo scazzo.




“Forse ho preso un cane che non è del tutto buono,
forse domani mi tormenta e lo perdono,
forse è l’amore, forse è l’amore.”

 

˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜
Qui parla l’autrice:
innanzitutto vi ringrazio anche solo per aver dato un’occhiata a questo inizio, però  mi piacerebbe leggere le vostre impressioni.
So che la coppia Perona/Zoro non piace a molti (personalmente preferisco Tashigi, è l’unica donna con la quale lo spadaccino ha un legame “diverso”, pure se è solo per via della somiglianza con Kuina… No, c’è di più! C’è una lotta di ideali contrapposti, niente di meglio per unire due persone! ^^) ma i due anni trascorsi insieme, loro due con Mihawk, mi hanno fatta fantasticare. E va bene che Zoro si stava allenando però è stata Perona a prendersi cura di lui, sempre, fino ad accompagnarlo al luogo dell’incontro con il resto dei nakama. Insolito per una egoista come lei, non credete?  
Comunque, mi sforzerò di mantenere l’IC, sennò sforiamo e non c’è più gusto, e  tenterò di rendere plausibile un possibile accostamento dei due, perché ammettiamolo: lo spadaccino tutto pare fuorché interessato alla gnocca. -_-
Ecco perché non diniego lo yaoi quando c’è lui. Zoro ti piace il picchio, confessalo! ^^
Le righe iniziali le ho scritte cercando di riassumere i pezzetti e i bocconi con i quali viene descritta l’isola nel manga, voglio essere fedele quando posso.
La piccola filastrocca che ho fatto cantare a Perona, appertiene a un vecchissimo personaggio: Golliwog. Trovata in una delle storie per bambini di un altro vecchissimo personaggio: Noddy.
Quel versetto credo abbia terrorizzato generazioni di bimbi inglesi… ma a noi che importa.
Le strofe che aprono e chiudono il capitolo, invece, sono alcuni versi di un brano dei Sick Tamburo “Forse è l’amore” e se volete potete ascoltarlo qui.
Attendo vostre recensioni. =)

Pandroso.

EDIT del 21/09/13: ho aggiunto l’immagine a capo del capitolo. Un mio disegnino. ^_^

   
 
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