Curami
̴
2.
Non volevo fargli del male!
“There was a little girl, who
had a little curl
right in the middle of her forehead
and when she was good, she was very, very good
but when she was bad, she
was...”
Perona non avvertiva più i propri battiti cardiaci: Zoro si
era svegliato e la
stava guardando come se ad avere torto in quella situazione
così poco
conveniente fosse lei e non lui.
Il braccio colpevole che l’aveva afferrata, unica prova a suo
favore, non la
stringeva più; lo spadaccino l’aveva mosso per
andare a grattarsi la
testa.
Solo lei era rimasta equivoca: con una coscia che attraversava le gambe
del
pirata, un braccio cha pareva abbracciarlo e il seno sinistro
schiacciato
contro quel petto che lei stessa aveva fasciato ore prima.
«C-che stai facendo?» domandò Zoro con
voce roca, deglutendo e asciugandosi con
la mano il rivolo di saliva che stava per scendergli sul mento. Lo
spadaccino
sentiva di stare poco bene, un enorme mal di testa era iniziato in
concomitanza
al suo risveglio; il perché della presenza di Perona sul suo
letto occupava
ovviamente l’ultimo dei suoi problemi, anche se non gli era
sfuggita la
leggerezza del corpicino snello della ragazza. Ma passati tre minuti,
in attesa
di una risposta o reazione da parte di Perona, egli decise che il tempo
a
disposizione per lei era scaduto. Con una mano le afferrò la
spalla per
spingerla delicatamente via dal suo corpo ferito.
Il gesto innocente si tramutò nello scatto di un
interruttore; Perona reagì al
contatto come se fosse stata investita da una scarica elettrica,
«Whaaa!!! Non
toccarmi!!! Toglimi subito quella manaccia di dosso!!!» gli
gridò contro,
schizzando lontano da lui e raggiungendo una distanza sufficiente per
non
essere acciuffata di nuovo.
Zoro, che di certo non adorava le sue urla, diventò anche
lui isterico.
Sentirsi accusato di colpe che non aveva lo mandava su di giri, inoltre
l’imputazione era gravissima: lo degradava allo stesso
livello del cuoco
pervertito!
«Sei impazzita?! Eri tu quella sdraiata su di me! Se
c’è qualcuno che deve
lamentarsi quello sono io!» ribatté convinto delle
proprie ragioni; nel
frattempo si sedette sul bordo del letto, meglio aspettare
ancora un po’
prima di alzarsi in piedi con il mal di testa che aveva.
Perona, invece, era talmente nervosa che, nel tentativo di cancellare
ogni
contatto avuto con lui, sistemava i propri vestiti con tale enfasi che
pareva
stropicciarli.
«Te la giri come ti pare, eh! Sei bravo ad allungare le mani
sulle ragazze e a
far finta di niente!».
Continuò lei, non aveva voglia di lasciare nulla in sospeso,
era rimasta ferita
nell’orgoglio e mai si era sentita così in
imbarazzo.
Lo spadaccino a quell’affermazione sbarrò gli
occhi al limite della
pazienza.
Cosa stava cercando di inventarsi quella tipa?
«Te lo ripeto un’ultima volta: eri tu che mi stavi
addosso! Io ti ho
semplicemente spostata, non ti ho toccata con nessun’altra
intenzione… E mai mi
sognerei di farlo!».
L’ultima parte della frase ebbe un pessimo effetto sulla
ragazza, ella se
ne sentì offesa ma senza capirne il motivo.
«Zitto! Se non ti fossi alzato e non fossi caduto a terra io
non sarei stata
costretta a riportarti a letto, e nonostante ti abbia
aiutato… nemmeno mi
ringrazi e cerchi di allungare le mani su di me dandomi pure la colpa!
Tu sei
una persona cattiva!».
Era partita, inutile tentare di fermarla, frignava peggio di una
bambina;
difficile comprendere le parole che buttava fuori a squarciagola. Zoro
stesso
constatò di essere impotente di fronte alla situazione che
nel giro di poco
tempo gli si era combinata sotto gli occhi, si sforzò solo
di ricordare cosa
fosse accaduto prima di svegliarsi e trovare su di sé questo
strazio di
ragazza.
«Hai ragione – fece d’un tratto con
cipiglio serio – è vero, mi sono alzato per
andare in bagno ma al ritorno devo essere svenuto. Mi
dispiace.»
«E queste sarebbero le tue scuse?!» chiese Perona,
sconvolta da tanta
nonchalance.
«Non mi sto scusando, ho solo detto che mi
dispiace. Mica te l’ho
ordinato io di riportarmi a letto, quindi finiscila di
lamentarti».
Alla ragazza cominciarono a prudere le mani, i suoi mini Hollow avevano
tutta
l’aria di essere una giusta punizione contro quella sfrontata
mancanza di
rispetto.
«Ma io devo prendermi cura di te, non hai il diritto di
muoverti se non ci sono!».
Lo spadaccino stufo di averla ancora davanti agli occhi, in risposta,
prima le
sbadigliò in faccia poi non si risparmiò di
rinnovare la sua scarsa galanteria:
«D’accordo, visto che ti preme tanto la prossima
volta mi accompagnerai in
bagno e mi darai una mano con alcuni bottoni… che ne
dici?» concluse
mostrandole una delle sue peggiori smorfie beffarde.
«Dico che sei disgustoso, e odio te come odio
quell’altro maleducato di
Mihawk!».
Il pirata scoppiò in una fragorosa risata, in fondo la
mocciosetta sapeva
essere divertente a suo modo.
«Comunque non preoccuparti, ora mi sento meglio. Piuttosto,
aiutami a togliere
queste garze, mi danno prurito, non le sopporto
più!».
C’era da impazzire, aveva cambiato argomento e pretendeva di
essere aiutato
subito dopo averla canzonata; ma Perona sapeva riprendersi in fretta.
«Fermo lì, non sei ancora guarito! E non toccare
quelle bende, ci ho messo un
secolo a fasciarti e non è ora di cambiarle!»
disse perentoria. Ma Zoro faceva
orecchie di mercante: si era alzato in piedi e sbracciava nel tentativo
di
sciogliersi la matassa di fasciature che sentiva soffocarlo; alcune era
riuscito a strapparle via, gli penzolavano dalle braccia come lembi di
pelle
morta.
«Tranquilla, mi basta dormire, ormai mi sono ripreso. Voglio
cominciare subito
l’addestramento».
Fu un’affermazione azzardata, i capogiri non gli erano ancora
passati, ma
l’idea di confrontarsi con Occhi di Falco lo rendeva tanto
impaziente da fargli
sottovalutare le sue condizioni. Convinto di sé, si mosse
per la stanza alla
ricerca delle sue preziose katana. Non vedendole in nessun angolo;
né
nell’armadio né dietro la tenda né
sotto il letto e né sopra o in qualsiasi
altro mobile all’interno della camera; iniziò a
sospettare che la mocciosa
gliel’avesse fatta di nuovo.
Sì, ricordava limpidamente la prima volta che aveva aperto
gli occhi dopo
essere stato spedito sull’isola Kuraigana da Bartholomew
Kuma: si era svegliato
completamente imbalsamato ed accanto al suo capezzale aveva trovato
quella
lugubre ragazza, ma non le sue spade…
Un’esperienza traumatizzante, e che
fatica per farsele restituire!
Purtroppo non si sbagliava, la sentì fare lo strano
versaccio.
«Horo-horo-horo… Alzati, levati le bende, fa come
credi, tanto senza spade
potrai combinare ben poco».
Lo spadaccino si girò di scatto verso di lei,
«Ladra! Le hai rubate un’altra
volta?!», era avvelenato.
«Stai calmo, non te le ho rubate, le ho soltanto prese in
custodia».
Al pirata stava venendo davvero voglia di metterle le mani addosso, ma
per
strozzarla, cos’era ‘sta storia della custodia?!
«Se ancora credi che voglia attaccarti ti stai sbagliando! Te
l’ho già detto,
tu non sei il mio obbiettivo. Quindi rendimi le mie spade
immediatamente!» le
ordinò deciso.
Sfortunatamente per lui, alla ragazza fantasma cominciava a piacere
quella
situazione. Perona sentiva di averlo di nuovo in pugno, ormai era
assodato: le
sciabolacce erano il punto debole dello spadaccino.
«Ah ah, non è per questo che te le ho
prese... ma puoi star sereno, le ho
conservate come si deve in un posto oscuro che nessuno conosce. Sono al
sicuro». Finì sorridendo macabramente come lei
sapeva fare.
A Zoro non piacque nulla di quanto udito, «Senti, non mi
interessa per quale
bastardo motivo ti sei azzardata ancora una volta a mettere le mani
sulle mie
spade. Sono stanco dei tuoi giochetti, restituiscimele!» e
così dicendo avanzò
verso di lei, senza sapere cosa diavolo avrebbe potuto farle; tutto gli
si
poteva toccare ma non le spade.
Avvertita la minaccia, Perona liberò istintivamente un paio
dei suoi Hollow
esplosivi; Zoro non riuscì ad evitarli
e… Boom!
Fumo, tosse, e insulti ringhiati provenienti dallo spadaccino,
riempirono la
stanza.
«Quando ti dico che sono al sicuro devi fidarti di
me» rimarcò la ragazza.
«Mocciosa, perché me le hai prese?»
chiese ancora Zoro, ma stavolta con un tono
che rasentava il sussurro nervoso.
«Per ordine di Mihawk, ha detto che finché non ti
sarai ripreso del tutto non
devo restituirtele».
Intanto il fumo si era diradato e la ragazza poté vedere lo
spadaccino
sorreggersi al muro, appoggiandosi ad esso con una spalla.
L’attacco era stato
più devastante del previsto, come pensava non era affatto
guarito ed era ancora
troppo debole. Ma quando s’accorse che del sangue stava
colando dalla fronte
del ragazzo, imbrattandogli mezza faccia e peggiorando la sua
espressione già
truce di per sé, le venne un tuffo al cuore.
«E da quando ti piace prendere ordini da lui?
» domandò Zoro, sforzandosi
di non dare a vedere di provare dolore per il colpo appena subito.
La ragazza più lo guardava più si sentiva
inghiottita dai sensi di colpa per
ciò che aveva fatto, ma ebbe il coraggio di rispondere:
«Mi ha ricattata».
Decisamente no, non era quello che voleva dirgli, le parole giuste, non
adatte
a lei ma giuste, erano “lo faccio per il tuo bene,
perché tu sei uno stupido
spadaccino”; tuttavia queste le rimasero annodate
in fondo alla gola.
«Perfetto, siamo entrambi insetti nella sua rete, si sta
divertendo… Dovrei
andare da lui e spaccargli la faccia.» disse Zoro a denti
stretti, poi si
staccò dal muro per andare ad infilarsi le scarpe ed uscire
dalla stanza. Aveva
urgente bisogno di prendere una boccata d’aria, la sua testa
minacciava di
sputargli il cervello fuori dalle orecchie.
«Dove stai andando? Non vorrai-»
«Sta’ zitta! Non sono così stupido da
attaccarlo, e per giunta senza spade…
Sarà il mio maestro, devo rispettare le sue decisioni
qualunque esse siano…
anche se detesto farlo».
La ragazza rimase sorpresa di fronte a tanta lealtà e
fermezza d’animo;
comunque non poteva lasciarlo andare con mezza fronte squarciata,
«Aspetta,
lascia che ti curi il viso... stai perdendo sangue»
tentò di fermarlo ma lui
respinse via le sue mani con un gesto del braccio.
«Non è niente, non ne ho bisogno. Adesso togliti,
devo uscire da qui prima che
impazzisca sul serio».
Rassegnata, Perona lo lasciò andare guardandolo allontanarsi
affaticato e
claudicante; nello stesso istante, si domandò
perché la facesse stare male non
avere avuto il coraggio di chiedergli scusa per averlo ferito.
***
Capire
l’ora
del giorno osservando il cielo di Kuraigana era impegnativo ma non
impossibile;
di sicuro il sole era tramontato da un bel pezzo e mangiare non avrebbe
guastato; ma a Zoro poco importava di che ore fossero…
avrebbe vissuto lì per
due anni, ne dovevano passare di giorni e di notti. Se ci pensava
rabbrividiva,
era da molto che non gli capitava di fermarsi in un luogo per
così tanto tempo
– l’ultima volta era stata proprio a Shimotsuki, il
suo paese natale nel Mare
Orientale, prima di partire e diventare per sbaglio un cacciatore di
pirati –
temeva che nel giro di un paio di mesi gli sarebbe venuta la fregola di
andare
via. Stava assumendo vere abitudini piratesche, lo sentiva,
era una
metamorfosi alla quale non poteva sottrarsi.
E tra un pensiero e l’altro, e per lenire la rabbia che
s’era preso per
via delle sue spade ingiustamente sequestrate, camminava
intorno al
castello; cosciente che se si fosse allontanato troppo si sarebbe perso
e
sarebbe stata una seccatura ritrovare la strada per tornare indietro.
Il senso
dell’orientamento era l’unica cosa che non riusciva
proprio a migliorare. E gli
diceva male, intorno non aveva nulla che riuscisse a distrarlo.
Così, annoiato,
decise di sedersi su un tronco spezzato.
Era irritante ammetterlo, ma la ragazza fantasma aveva ragione: il suo
fisico
non era ancora al pieno della forma; se lo sentiva tutto intorpidito e
dolorante, e non era nemmeno riuscito a schivare un banalissimo
attacco.
Ripensandoci si toccò il sangue che sentiva essersi
appiccicato alla pelle, e
passando le dita sopra la ferita che aveva sulla fronte la
sentì bruciare. La
mocciosetta l’aveva colpito in pieno.
«Complimenti ragazzina, hai fatto centro!» disse ad
alta voce, lasciando poi
cadere ogni pensiero per godersi il silenzio che lo circondava.
Perona non smetteva di mordicchiarsi le unghie e di camminare avanti e
indietro
come una sentinella.
Dopo aver rinunciato a lanciarsi all’inseguimento dello
spadaccino, era tornata
in salotto ma non riusciva lo stesso a darsi pace: doveva
prendersi cura
di Zoro, non aggravare le sue condizioni. Mihawk era stato
chiaro.
Non sapeva dire se l’agitazione che sentiva scuoterle le
viscere dipendesse
dalla reazione che avrebbe avuto il grande spadaccino, una volta saputo
cos’era
accaduto, o dal fatto di essere stata respinta dal proprio
paziente.
Scelse la prima, indubbiamente doveva essere la prima opzione.
«Horo-horo-horo… Cosa dirà? E
soprattutto cosa mi farà? Io ho paura, Kumacy
dove sei quando ho bisogno di te ?!»
«Chi dirà o farà cosa?»
La voce profonda che penetrò nella sala la
spaventò terribilmente, facendole
scappare un gridolino. Si girò verso il proprietario del
tono tanto cupo e
trovò il suo spauracchio appoggiato allo stipite
dell’ingresso del salotto,
stavolta senza bicchiere di vino in mano.
«Nessuno, io non ho fatto niente, anzi sono andata a
controllare e ti assicuro
che il tuo pupillo sta benissimo, posso dire che è quasi
guarito!
Horo-horo-horo».
La buttò lì, non pensando che sarebbe stato
impossibile nascondere la fresca
evidenza che capeggiava sul viso del pirata sonnambulo.
Tuttavia, Mihawk non la stava nemmeno ascoltando; era stato rapito da
qualcosa
che aveva visto fuori dalla finestra dopo essersi avvicinato ad essa.
«A proposito, ghost-girl, ti ringrazio».
La ragazza non credé a quelle parole: non erano quelle che
si aspettava di
ricevere e neppure le sembrò possibile averle udite
lì, in quel posto
pullulante di scortesi arroganti. Sentirsi ringraziata rasentava il
miracolo.
«Finalmente ti sei deciso a riconoscere il mio impegno,
accudire quel buzzurro
non è facile sai!»
«No, ti stavo ringraziando per non aver ceduto»
«Certo che non ho ceduto, infatti io – ci fu un
attimo di riflessione prima di
rendersi conto di aver perso il filo del discorso –
… Cosa vuoi dire?»
«Questo ragazzo spicca per testardaggine e presunzione, non
è facile farlo
desistere».
Desistere da cosa, dal metterle le mani addosso? Desistere per darle
ragione?
Oppure desistere a riavere le spade? Le venne un dubbio e non
c’era da stare
allegri: forse il corsaro già sapeva, e soprattutto poteva
essere a conoscenza
della sua negligenza e reazione eccessiva nei confronti di Zoro!
«Tu ci hai spiati?» domandò Perona,
diretta e con voce tremula.
«Sì», si limitò a risponderle
lo spadaccino.
«Allora sai… Giuro, non volevo fargli del male,
non volevo!» cercò di rimediare
all’irreparabile temendo di essere cacciata via.
«Non preoccuparti, sta bene, abbiamo a che fare con un osso
duro, guarda tu
stessa» disse Mihawk, invitandola a sporgersi dalla
finestra per dare uno
sguardo fuori.
Sotto di loro, Zoro si sollevava ed abbassava a intervalli
brevi e
regolari grazie a un faticoso lavoro delle
braccia, lasciandosi a pochi
centimetri da terra ad ogni piegamento; era impegnato con una serie di
flessioni.
«Non ci riesce a stare fermo!» esclamò
irritata la ragazza, prevedendo di
doverlo soccorrere a momenti.
«Già» accordò il corsaro, e
poi aggiunse: «Posso fidarmi di averlo come
allievo».
Sentendo quelle parole, Perona si voltò confusa verso di lui
«Come? Perché dici
questo, non avevi già accettato?»
«Sì, certo che ho accettato…
» rispose Occhi di Falco, sorridendo di sghembo e
toccandosi il pizzetto appuntito. Ma lasciò morire la frase
a metà, non
esaudendo completamente la domanda della ragazza che continuava a
guardarlo
senza capire.
“ It’s time for war!
It’s time for blood!
It’s time for tea! ”
˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜
Qui
parla
l’autrice:
come ho già detto ad alcuni, avrei voluto aggiornare la
storia ad una settimana
precisa dalla prima pubblicazione, purtroppo non ho potuto, spero non
vi siate
arrabbiati. Ma ho le mie ragioni!
Mi sono messa a scarabocchiare una simpatica scenetta (con questa non
vorrei
spoilerarvi gli avvenimenti futuri, voi fate finta di nulla e non
chiedetemi
niente ^_^) da appiccicare a capo dei capitoli. E non so se ne
farò altre, ce
n’ho un mucchio in testa, per adesso vada per questa.
Passando ad altro, secondo capitolo e cominciamo a dare una certa forma
alla
storia. La sentenza però resta a voi.
Che dire, ve lo aspettavate Mihawk così enigmatico e
manipolatore? Io sì. ^_^
A Zoro non potevo togliere la sua lealtà. Lui è
uno tutto d’un pezzo, uno di
parola, rispetterà ogni decisione del suo maestro.
Per quanto riguarda Perona, ho iniziato a farle venire dubbi
e
ripensamenti su come comportarsi con il
“simpaticissimo” muschietto. XD Lo so,
non si sopportano all’unisono e pare impossibile
farli avvicinare… Ma sta
proprio qui il divertimento. ^_^
La canzone che stavolta mi sono divertita a sezionare appartiene a
Emilie
Autumn ̴ Time for tea.
Cliccate se volete ascoltarla.
E
scusate se anche lei è una Gothic Lolita come
Perona! *__*
Vi ringrazio per la vostra attenzione.
Al prossimo capitolo. ^^
Pandroso