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Autore: saitou catcher    14/09/2013    4 recensioni
In un mondo dominato dagli unici individui in grado di usare la magia, la giovane Deine sconta la sua condanna ai lavori forzati, in una vita ormai priva di ogni speranza di libertà. Almeno fino a quando l'incontro con un giovane ribelle sconvolgerà la sua vita, portando alla luce la sua voglia di lottare...
Primo capitolo di una trilogia, spero vi piaccia!
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La Saga del Cristallo'
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Di solito, i nuovi operai arrivavano alla Cava verso l'ora di pranzo, l'unico pasto concesso ai forzati. Quasi nessuno li notava. Arrivavano, venivano introdotti nella mensa e, dopo il pasto, in breve tempo erano già stati destinati ai vari compiti. Non ci voleva molto prima che perdessero qualunque accenno di personalità e si confondessero con le centinaia di altri operai lì presenti.

Così, quando, quel giorno, fece il suo ingresso nella mensa, Deine non prestò particolarmente attenzione ai circa cinquanta individui in piedi in fondo alla mensa. I sorveglianti avevano già provveduto a far indossare loro le casacche color crema stabilite dal regolamento, e sulle loro braccia era già stato tatuato il numero di riconoscimento in cifre azzurrine. Non fosse stato per il fatto che molti di loro avevano ancora i capelli, li si sarebbe potuti scambiare per detenuti qualunque.

Del resto, a Deine non interessava particolarmente conoscere i suoi compagni di sventura. I primi giorni che era lì aveva provato a farsi degli amici, ma l'amicizia era qualcosa che era facile a morire, nella Cava. I pochi con cui aveva intrecciato un rapporto, o erano morti, oppure erano stati trasferiti. Col passare del tempo, Deine aveva perso interesse e voglia. Stare da soli, del resto, rendeva la vita più facile, in quel posto.

Stranamente, il caso volle che, quel giorno, una parte dei “nuovi” venisse messa allo stesso tavolo a cui mangiava lei.

Deine non se ne accorse nemmeno. In piedi di fronte al tavolo- ai forzati non era concesso di sedersi- si mise a trangugiare frettolosamente la minestra che aveva davanti, senza quasi sentirne il sapore.

-Ehi, ma sei sorda?

Il tocco di una mano sulla spalla attirò improvvisamente la sua attenzione. Deine alzò la testa, sorpresa, e fissò la persona che le aveva parlato.

Un ragazzo. Dimostrava circa diciotto anni, alto, snello, ma con una muscolatura insolitamente vigorosa, la carnagione quasi ambrata che faceva risaltare ancora di più gli occhi di un azzurro intensissimo, ombreggiati da ciglia insolitamente lunghe. I capelli gli ricadevano fino alle spalle in un'arruffata zazzera nera di cui qualche ciuffo ricadeva sugli occhi.

Deine lo fissò senza capire. -Scusa?

-Ho detto, ma sei sorda?

-Perché, hai detto qualcosa?- reagì la ragazza, infastidita.

Il ragazzo alzò gli occhi al cielo. -Evidentemente, altrimenti non ti chiederei se mi hai sentito.

Deine cominciava ad infastidirsi. Non riusciva a capire cosa mai potesse volere quel ragazzo sconosciuto da una come lei. Già quel mattino, alla Batteria, il sorvegliante era stato più odioso del solito, e si era accanito particolarmente su di lei. Almeno mentre mangiava, voleva essere lasciata in pace.

-E cosa avresti detto di così importante?- la risposta le uscì dalle labbra in un ringhio.

Il giovane inarcò un sopracciglio. -Ti ho solo chiesto come ti chiami. Sei solita rispondere così a chi cerca di attaccare bottone?

-No, perché nessuno cerca di “attaccare bottone”- sibilò Deine. -E sei pregato di non farlo neppure tu.

-Oh, scusami- il ragazzo alzò le mani. -Non oserò mai più disturbare le tue meditazioni.

Deine gli afferrò un polso e lo costrinse ad abbassare il braccio. -Qui non stiamo giocando- gli sibilò in faccia. -Se ti beccano a fare pezzi del genere, ti frustano. Lo capisci, questo?

-Io non sto giocando- il ragazzo si liberò dalla sua presa con la massima facilità. -Volevo solo fare conversazioni, tutto qui.

Fu allora che Deine lo notò. Gli occhi azzurri del ragazzo non erano come quelli degli altri galeotti che aveva visto arrivare alla Cava. Non era, il suo, uno sguardo vuoto privo di qualunque speranza, tristemente rassegnato al suo destino. Era vivo, vibrante, acceso da una determinazione che cancellava qualsiasi traccia di paura. Non era un disperato. Era un combattente.

Quelli così muiono presto, pensò Deine con tristezza. Perché erano quelli che arrivavano convinti di poter mantenere un minimo di speranza e di umanità, convinti di poter superare indenni quell'inferno. Ma la Cava era un abisso da cui non c'era ritorno, e la speranza e la determinazione erano sempre le prime cose a morire, fagocitate dai ritmi mortali di quel posto assurdo.

Per questo Deine distolse lo sguardo. Preferiva non pensare all'orrore a cui quel ragazzo sarebbe andato incontro, ed era più facile senza guardarlo negli occhi.

Rimasero entrambi in silenzio fino alla fine del pasto, quando i sorveglianti vennero per dividerli nuovamente in gruppi. Deine vide il ragazzo alzarsi, e e dirigersi verso Basser. Sorrise tristemente. Dunque, era stato destinato alle miniere. E nelle profondità della Montagna, con Basser, ogni speranza di mantenere l'umanità era perduta.

Mentre si avviava, il ragazzo volse la testa per guardarla da sopra la spalla, e i loro occhi s'incrociarono, e Deine non riuscì a distogliere lo sguardo, anche se avrebbe voluto.

Le labbra di lui si mossero appena, ma la sua voce risuonò insolitamente chiara sopra il frastuono confuso dei sorveglianti.

-Comunque, il mio nome è Daywine.

 

Alla fine della giornata, stanco e distrutto, Daywine si gettò sulla sua branda nel dormitorio, con la ferrea convinzione che, il mattino dopo, non sarebbe più riuscito ad alzarsi.

Sapva che alla Cava si lavorava duramente, ma non aveva mai immaginato nulla di simile a quello a cui aveva appena assistito. Dodici ore al buio, sotto metri e metri di roccia, picconando ininterrottamente la parete di pietra per estrarre il Cristallo. Dopo un po' di tempo che era lì, gli era quasi sembrato che la galleria avesse cominciato a chiudersi su di lui come una trappola di roccia, mentre l'odore di chiuso prendeva alla gola e i muscoli cominciavano a protestare per la fatica. E, in mezzo a tutto questo, tra la polvere che si alzava e la luce delle lanterne che feriva gli occhi, si aggirava Basser, la frusta in mano, gli occhi ferini che percorrevano la galleria, e dove lui passava, la frusta si alzava nell'aria e si abbatteva sulle spalle del primo poveraccio che gli capitava sottomano. Era veramente l'inferno in terra, come Daywine aveva spesso sentito dire, e non era per nulla divertente scoprire sulla propria pelle che tutte le voci che aveva sentito su quel posto erano vere.

Del resto, sapevi a cosa saresti venuto incontro, quando hai ucciso quel soldato, pensò, mentre si sistemava sulla branda, cercando di ignorare i muscoli che protestavano.

E invece no, non lo sapeva, maledizione. Tutto l'addestramento che aveva sostenuto, tutti i campi di battaglia che aveva calcato, non erano e non sarebbero mai stati sufficienti a prepararlo a ciò a cui aveva appena assistito.

Oh, e piantala di fare la mammoletta!, si disse, infastidito. Cambiò di nuovo posizione reprimendo un gemito. Fece per passarsi una mano tra i capelli, un gesto che gli era abituale, ma le sue dita incontrarono solo pelle liscia: i capelli gli erano stati tagliati prima di scendere alla miniera. Quella era veramente una cosa a cui non si sarebbe mai bituato. Se l'avessero saputo, Ethan e Derrick si sarebbero fatti grasse risate, e questo pensiero bastò ad allontanargli la mano dal capo.

Fu allora che il gruppo di donne che lavorava alla Batteria fece il suo ingresso nel dormitorio, trascinandosi stancamente verso i giacigli.

Daywine la vide subito. Non sapeva perché l'aveva notata, quel pomeriggio alla mensa.

A prima vista, non era niente di speciale, faceva quasi paura e ribrezzo. Magra fino all'inverosimile, il volto scavato, le spalle curve. I capelli erano stati rasati da poco, ma le ciglia e le sopacciglia dorate ne lasciavano intuire il colore originale. Erano stati gli occhi a colpirli: dietro l'iride grigia, apparentemente vuota, aveva visto bruciare una rabbia e un desiderio di vendetta simile al suo, e la cosa l'aveva colpito. Le parole brusche che lei gli aveva rivolto avevano confermato ulteriormente questi'mpressione, e persino adesso, mentre la vedeva camminare verso la sua branda, Daywine non riusciva a scacciare quella sensazione.

Stranamente, il giaciglio della ragazza era esattamente accanto al suo. Deine la vide fermarsi e guardarlo, sorpresa. Le sorrise, le fece un cenno di saluto con la mano, e la sopresa si tramutò in irritazione. Rapidamente, la ragazza si stese sul suo giaciglio e gli volse la schiena, raggomitolandosi in posizione fetale, quasi volesse nascondersi.

Per un attimo, Daywine valutò l'idea di rivolgerle di nuovo la parola, poi pensò che, in fondo, non valeva la pena di beccarsi un'altra serie di rispostacce.

Fu solo quando le luci si furono spente, che la voce di lei gli arrivò in un sussurro:-Io mi chiamo Deine.

 

 

Buon pomeriggio a tutti!

Allora, questo capitolo è stato un'ammazzata: l'ho iniziato e finito ieri sera alle undici, mentre ascoltavo a macchinetta canzoni d'amore della Disney e Laura Pausini (il motivo di quest'ultima scelta mi è del tutto ignoto, visto che normalmente sono a malapena consapevole dell'esistenza di una cantante chiamata Laura Pausini). Se ogni capitolo lo porto a termine così, mi sa che qui ci lascerò il cervello.

Ringrazio in anticipo tutti colore che avranno la pazienza di recensire e quelli che leggeranno solamente.

Un'ultima cosa: per la lettura di questo capitolo consiglio l'ultima canzone che ho sentito, “Drink To The Health Of The Dorsai”. Non c'entra nulla con la storia, ma è ballabile e tiene svegli.

Un bacio a tutti,

Saitou

 

 

 

 

 

  
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