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Autore: Pandroso    21/09/2013    4 recensioni
IV CAPITOLO PUBBLICATO, ERA ORA! E NUOVA ILLUSTRAZIONE
Una convivenza forzata, un addestramento in corso e forse un’attrazione accidentale che non vuole nessuno. L’isola Kuraigana non è solo un luogo di morte; e Perona e Zoro non sono soltanto una coppia di disgraziati spediti sulla stessa macchia di terra.
Facciamo luce su due anni di buio.
Buona lettura.
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Drakul Mihawk, Perona, Roronoa Zoro
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Curami ̴  2. Non volevo fargli del male!

                  

“There was a little girl, who had a little curl
right in the middle of her forehead
and when she was good, she was very, very good

but when she was bad, she was...”

 

 
Perona non avvertiva più i propri battiti cardiaci: Zoro si era svegliato e la stava guardando come se ad avere torto in quella situazione così poco conveniente fosse lei e non lui.
Il braccio colpevole che l’aveva afferrata, unica prova a suo favore, non la stringeva più; lo spadaccino l’aveva mosso per andare a grattarsi la testa. 
Solo lei era rimasta equivoca: con una coscia che attraversava le gambe del pirata, un braccio cha pareva abbracciarlo e il seno sinistro schiacciato contro quel petto che lei stessa aveva fasciato ore prima.
«C-che stai facendo?» domandò Zoro con voce roca, deglutendo e asciugandosi con la mano il rivolo di saliva che stava per scendergli sul mento. Lo spadaccino sentiva di stare poco bene, un enorme mal di testa era iniziato in concomitanza al suo risveglio; il perché della presenza di Perona sul suo letto occupava ovviamente l’ultimo dei suoi problemi, anche se non gli era sfuggita la leggerezza del corpicino snello della ragazza. Ma passati tre minuti, in attesa di una risposta o reazione da parte di Perona, egli decise che il tempo a  disposizione per lei era scaduto. Con una mano le afferrò la spalla per spingerla delicatamente via dal suo corpo ferito.
Il gesto innocente si tramutò nello scatto di un interruttore; Perona reagì al contatto come se fosse stata investita da una scarica elettrica, «Whaaa!!! Non toccarmi!!! Toglimi subito quella manaccia di dosso!!!» gli gridò contro, schizzando lontano da lui e raggiungendo una distanza sufficiente per non essere acciuffata di nuovo.
Zoro, che di certo non adorava le sue urla, diventò anche lui isterico. Sentirsi accusato di colpe che non aveva lo mandava su di giri, inoltre l’imputazione era gravissima: lo degradava allo stesso livello del cuoco pervertito!
«Sei impazzita?! Eri tu quella sdraiata su di me! Se c’è qualcuno che deve lamentarsi quello sono io!» ribatté convinto delle proprie ragioni; nel frattempo si sedette sul bordo del letto, meglio aspettare ancora un po’ prima di alzarsi in piedi con il mal di testa che aveva.
Perona, invece, era talmente nervosa che, nel tentativo di cancellare ogni contatto avuto con lui, sistemava i propri vestiti con tale enfasi che pareva stropicciarli.
«Te la giri come ti pare, eh! Sei bravo ad allungare le mani sulle ragazze e a far finta di niente!».
Continuò lei, non aveva voglia di lasciare nulla in sospeso, era rimasta ferita nell’orgoglio e mai si era sentita così in imbarazzo.
Lo spadaccino a quell’affermazione sbarrò gli occhi  al limite della pazienza.
Cosa stava cercando di inventarsi quella tipa?
«Te lo ripeto un’ultima volta: eri tu che mi stavi addosso! Io ti ho semplicemente spostata, non ti ho toccata con nessun’altra intenzione… E mai mi sognerei di farlo!».
L’ultima parte della frase ebbe un pessimo effetto sulla ragazza, ella se ne sentì offesa ma senza capirne il motivo.
«Zitto! Se non ti fossi alzato e non fossi caduto a terra io non sarei stata costretta a riportarti a letto, e nonostante ti abbia aiutato… nemmeno mi ringrazi e cerchi di allungare le mani su di me dandomi pure la colpa! Tu sei una persona cattiva!».
Era partita, inutile tentare di fermarla, frignava peggio di una bambina; difficile comprendere le parole che buttava fuori a squarciagola. Zoro stesso constatò di essere impotente di fronte alla situazione che nel giro di poco tempo gli si era combinata sotto gli occhi, si sforzò solo di ricordare cosa fosse accaduto prima di svegliarsi e trovare su di sé questo strazio di ragazza. 
«Hai ragione – fece d’un tratto con cipiglio serio – è vero, mi sono alzato per andare in bagno ma al ritorno devo essere svenuto. Mi dispiace.»
«E queste sarebbero le tue scuse?!» chiese Perona, sconvolta da tanta nonchalance.
«Non mi sto scusando,  ho solo detto che mi dispiace. Mica te l’ho ordinato io di riportarmi a letto, quindi finiscila di lamentarti».
Alla ragazza cominciarono a prudere le mani, i suoi mini Hollow avevano tutta l’aria di essere una giusta punizione contro quella sfrontata mancanza di rispetto.
«Ma io devo prendermi cura di te, non hai il diritto di muoverti se non ci sono!».
Lo spadaccino stufo di averla ancora davanti agli occhi, in risposta, prima le sbadigliò in faccia poi non si risparmiò di rinnovare la sua scarsa galanteria: «D’accordo, visto che ti preme tanto la prossima volta mi accompagnerai in bagno e mi darai una mano con alcuni bottoni… che ne dici?» concluse mostrandole una delle sue peggiori smorfie beffarde.
«Dico che sei disgustoso, e odio te come odio quell’altro maleducato di Mihawk!».
Il pirata scoppiò in una fragorosa risata, in fondo la mocciosetta sapeva essere divertente a suo modo.
«Comunque non preoccuparti, ora mi sento meglio. Piuttosto, aiutami a togliere queste garze, mi danno prurito, non le sopporto più!».
C’era da impazzire, aveva cambiato argomento e pretendeva di essere aiutato subito dopo averla canzonata; ma Perona sapeva riprendersi in fretta.
«Fermo lì, non sei ancora guarito! E non toccare quelle bende, ci ho messo un secolo a fasciarti e non è ora di cambiarle!» disse perentoria. Ma Zoro faceva orecchie di mercante: si era alzato in piedi e sbracciava nel tentativo di sciogliersi la matassa di fasciature che sentiva soffocarlo; alcune era riuscito a strapparle via, gli penzolavano dalle braccia come lembi di pelle morta.
«Tranquilla, mi basta dormire, ormai mi sono ripreso. Voglio cominciare subito l’addestramento».
Fu un’affermazione azzardata, i capogiri non gli erano ancora passati, ma l’idea di confrontarsi con Occhi di Falco lo rendeva tanto impaziente da fargli sottovalutare le sue condizioni. Convinto di sé, si mosse per la stanza alla ricerca delle sue preziose katana. Non vedendole in nessun angolo; né nell’armadio né dietro la tenda né sotto il letto e né sopra o in qualsiasi altro mobile all’interno della camera; iniziò a sospettare che la mocciosa gliel’avesse fatta di nuovo.
Sì, ricordava limpidamente la prima volta che aveva aperto gli occhi dopo essere stato spedito sull’isola Kuraigana da Bartholomew Kuma: si era svegliato completamente imbalsamato ed accanto al suo capezzale aveva trovato quella lugubre ragazza, ma non le sue spade… Un’esperienza traumatizzante, e che fatica per farsele restituire!
Purtroppo non si sbagliava, la sentì fare lo strano versaccio.
«Horo-horo-horo… Alzati, levati le bende, fa come credi, tanto senza spade potrai combinare ben poco».
Lo spadaccino si girò di scatto verso di lei, «Ladra! Le hai rubate un’altra volta?!», era avvelenato.
«Stai calmo, non te le ho rubate, le ho soltanto prese in custodia».
Al pirata stava venendo davvero voglia di metterle le mani addosso, ma per strozzarla, cos’era ‘sta storia della custodia?!
«Se ancora credi che voglia attaccarti ti stai sbagliando! Te l’ho già detto, tu non sei il mio obbiettivo. Quindi rendimi le mie spade immediatamente!» le ordinò deciso.
Sfortunatamente per lui, alla ragazza fantasma cominciava a piacere quella situazione. Perona sentiva di averlo di nuovo in pugno, ormai era assodato: le sciabolacce erano il punto debole dello spadaccino.
«Ah ah, non è per questo che te le ho prese... ma puoi star sereno, le ho conservate come si deve in un posto oscuro che nessuno conosce. Sono al sicuro». Finì sorridendo macabramente come lei sapeva fare.
A Zoro non piacque nulla di quanto udito, «Senti, non mi interessa per quale bastardo motivo ti sei azzardata ancora una volta a mettere le mani sulle mie spade. Sono stanco dei tuoi giochetti, restituiscimele!» e così dicendo avanzò verso di lei, senza sapere cosa diavolo avrebbe potuto farle; tutto gli si poteva toccare ma non le spade.
Avvertita la minaccia, Perona liberò istintivamente un paio dei suoi Hollow esplosivi; Zoro non riuscì ad evitarli e… Boom!
Fumo, tosse, e insulti ringhiati provenienti dallo spadaccino, riempirono la stanza.
«Quando ti dico che sono al sicuro devi fidarti di me» rimarcò la ragazza.
«Mocciosa, perché me le hai prese?» chiese ancora Zoro, ma stavolta con un tono che rasentava il sussurro nervoso.
«Per ordine di Mihawk, ha detto che finché non ti sarai ripreso del tutto non devo restituirtele».
Intanto il fumo si era diradato e la ragazza poté vedere lo spadaccino sorreggersi al muro, appoggiandosi ad esso con una spalla. L’attacco era stato più devastante del previsto, come pensava non era affatto guarito ed era ancora troppo debole. Ma quando s’accorse che del sangue stava colando dalla fronte del ragazzo, imbrattandogli mezza faccia e peggiorando la sua espressione già truce di per sé, le venne un tuffo al cuore.
«E da quando ti piace prendere ordini da lui? » domandò Zoro, sforzandosi di non dare a vedere di provare dolore per il colpo appena subito.
La ragazza più lo guardava più si sentiva inghiottita dai sensi di colpa per ciò che aveva fatto, ma ebbe il coraggio di rispondere: «Mi ha ricattata».
Decisamente no, non era quello che voleva dirgli, le parole giuste, non adatte a lei ma giuste, erano “lo faccio per il tuo bene, perché tu sei uno stupido spadaccino”; tuttavia queste le rimasero annodate in fondo alla gola.
«Perfetto, siamo entrambi insetti nella sua rete, si sta divertendo… Dovrei andare da lui e spaccargli la faccia.» disse Zoro a denti stretti, poi si staccò dal muro per andare ad infilarsi le scarpe ed uscire dalla stanza. Aveva urgente bisogno di prendere una boccata d’aria, la sua testa minacciava di sputargli il cervello fuori dalle orecchie.
«Dove stai andando? Non vorrai-»
«Sta’ zitta! Non sono così stupido da attaccarlo, e per giunta senza spade… Sarà il mio maestro, devo rispettare le sue decisioni qualunque esse siano… anche se detesto farlo».
La ragazza rimase sorpresa di fronte a tanta lealtà e fermezza d’animo; comunque non poteva lasciarlo andare con mezza fronte squarciata, «Aspetta, lascia che ti curi il viso... stai perdendo sangue» tentò di fermarlo ma lui respinse via le sue mani con un gesto del braccio.
«Non è niente, non ne ho bisogno. Adesso togliti, devo uscire da qui prima che impazzisca sul serio».
Rassegnata, Perona lo lasciò andare guardandolo allontanarsi affaticato e claudicante; nello stesso istante, si domandò perché la facesse stare male non avere avuto il coraggio di chiedergli scusa per averlo ferito.

***

Capire l’ora del giorno osservando il cielo di Kuraigana era impegnativo ma non impossibile; di sicuro il sole era tramontato da un bel pezzo e mangiare non avrebbe guastato; ma a Zoro poco importava di che ore fossero… avrebbe vissuto lì per due anni, ne dovevano passare di giorni e di notti. Se ci pensava rabbrividiva, era da molto che non gli capitava di fermarsi in un luogo per così tanto tempo – l’ultima volta era stata proprio a Shimotsuki, il suo paese natale nel Mare Orientale, prima di partire e diventare per sbaglio un cacciatore di pirati – temeva che nel giro di un paio di mesi gli sarebbe venuta la fregola di andare via. Stava assumendo vere abitudini  piratesche, lo sentiva, era una metamorfosi alla quale non poteva sottrarsi.
E tra un pensiero e l’altro, e per lenire la rabbia che s’era preso per via delle sue spade ingiustamente sequestrate, camminava intorno al castello; cosciente che se si fosse allontanato troppo si sarebbe perso e sarebbe stata una seccatura ritrovare la strada per tornare indietro. Il senso dell’orientamento era l’unica cosa che non riusciva proprio a migliorare. E gli diceva male, intorno non aveva nulla che riuscisse a distrarlo. Così, annoiato, decise di sedersi su un tronco spezzato.
Era irritante ammetterlo, ma la ragazza fantasma aveva ragione: il suo fisico non era ancora al pieno della forma; se lo sentiva tutto intorpidito e dolorante, e non era nemmeno riuscito a schivare un banalissimo attacco. 
Ripensandoci si toccò il sangue che sentiva essersi appiccicato alla pelle, e passando le dita sopra la ferita che aveva sulla fronte la sentì bruciare. La mocciosetta l’aveva colpito in pieno.
«Complimenti ragazzina, hai fatto centro!» disse ad alta voce, lasciando poi cadere ogni pensiero per godersi il silenzio che lo circondava.


Perona non smetteva di mordicchiarsi le unghie e di camminare avanti e indietro come una sentinella.
Dopo aver rinunciato a lanciarsi all’inseguimento dello spadaccino, era tornata in salotto ma non riusciva lo stesso a darsi pace: doveva prendersi cura di Zoro, non aggravare le sue condizioni. Mihawk era stato chiaro. 
Non sapeva dire se l’agitazione che sentiva scuoterle le viscere dipendesse dalla reazione che avrebbe avuto il grande spadaccino, una volta saputo cos’era accaduto, o dal fatto di essere stata respinta dal proprio paziente. 
Scelse la prima, indubbiamente doveva essere la prima opzione.
«Horo-horo-horo… Cosa dirà? E soprattutto cosa mi farà? Io ho paura, Kumacy dove sei quando ho bisogno di te ?!»
«Chi dirà o farà cosa?»
La voce profonda che penetrò nella sala la spaventò terribilmente, facendole scappare un gridolino. Si girò verso il proprietario del tono tanto cupo e trovò il suo spauracchio appoggiato allo stipite dell’ingresso del salotto, stavolta senza bicchiere di vino in mano.
«Nessuno, io non ho fatto niente, anzi sono andata a controllare e ti assicuro che il tuo pupillo sta benissimo, posso dire che è quasi guarito! Horo-horo-horo».
La buttò lì, non pensando che sarebbe stato impossibile nascondere la fresca evidenza che capeggiava sul viso del pirata sonnambulo.
Tuttavia, Mihawk non la stava nemmeno ascoltando; era stato rapito da qualcosa che aveva visto fuori dalla finestra dopo essersi avvicinato ad essa.
«A proposito, ghost-girl, ti ringrazio».
La ragazza non credé a quelle parole: non erano quelle che si aspettava di ricevere e neppure le sembrò possibile averle udite lì, in quel posto pullulante di scortesi arroganti. Sentirsi ringraziata rasentava il miracolo.
«Finalmente ti sei deciso a riconoscere il mio impegno, accudire quel buzzurro non è facile sai!»
«No, ti stavo ringraziando per non aver ceduto»
«Certo che non ho ceduto, infatti io – ci fu un attimo di riflessione prima di rendersi conto di aver perso il filo del discorso – … Cosa vuoi dire?»
«Questo ragazzo spicca per testardaggine e presunzione, non è facile farlo desistere».
Desistere da cosa, dal metterle le mani addosso? Desistere per darle ragione? Oppure desistere a riavere le spade? Le venne un dubbio e non c’era da stare allegri: forse il corsaro già sapeva, e soprattutto poteva essere a conoscenza della sua negligenza e reazione eccessiva nei confronti di Zoro!
«Tu ci hai spiati?» domandò Perona, diretta e con voce tremula.
«Sì», si limitò a risponderle lo spadaccino.
«Allora sai… Giuro, non volevo fargli del male, non volevo!» cercò di rimediare all’irreparabile temendo di essere cacciata via.
«Non preoccuparti, sta bene, abbiamo a che fare con un osso duro, guarda tu stessa» disse Mihawk, invitandola  a sporgersi dalla finestra per dare uno sguardo fuori.
Sotto di loro, Zoro si sollevava ed abbassava a intervalli brevi e regolari grazie a un faticoso lavoro delle braccia, lasciandosi a pochi centimetri da terra ad ogni piegamento; era impegnato con una serie di flessioni.
«Non ci riesce a stare fermo!» esclamò irritata la ragazza, prevedendo di doverlo soccorrere a momenti.
«Già» accordò il corsaro, e poi aggiunse: «Posso fidarmi di averlo come allievo».
Sentendo quelle parole, Perona si voltò confusa verso di lui «Come? Perché dici questo, non avevi già accettato?»
«Sì, certo che ho accettato… » rispose Occhi di Falco, sorridendo di sghembo e toccandosi il pizzetto appuntito. Ma lasciò morire la frase a metà, non esaudendo completamente la domanda della ragazza che continuava a guardarlo senza capire.

 




                                                                                                                   “ It’s time for war!
It’s time for blood!
It’s time for tea! ”

 
˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜

Qui parla l’autrice: 
come ho già detto ad alcuni, avrei voluto aggiornare la storia ad una settimana precisa dalla prima pubblicazione, purtroppo non ho potuto, spero non vi siate arrabbiati. Ma ho le mie ragioni!
Mi sono messa a scarabocchiare una simpatica scenetta (con questa non vorrei spoilerarvi gli avvenimenti futuri, voi fate finta di nulla e non chiedetemi niente ^_^) da appiccicare a capo dei capitoli. E non so se ne farò altre, ce n’ho un mucchio in testa, per adesso vada per questa.
Passando ad altro, secondo capitolo e cominciamo a dare una certa forma alla storia. La sentenza però resta a voi.
Che dire, ve lo aspettavate Mihawk così enigmatico e manipolatore? Io sì. ^_^
A Zoro non potevo togliere la sua lealtà. Lui è uno tutto d’un pezzo, uno di parola, rispetterà ogni decisione del suo maestro.
Per quanto riguarda Perona, ho iniziato a farle venire dubbi  e ripensamenti su come comportarsi con il “simpaticissimo” muschietto. XD Lo so, non si sopportano all’unisono e pare impossibile farli avvicinare… Ma sta proprio qui il divertimento.  ^_^
La canzone che stavolta mi sono divertita a sezionare appartiene a Emilie Autumn  ̴ Time for tea.
Cliccate se volete ascoltarla.  E scusate se anche lei  è una Gothic Lolita come Perona! *__*
Vi ringrazio per la vostra attenzione.
Al prossimo capitolo. ^^

Pandroso

 

   
 
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