Capitolo XVIII
Il barbone del cinema
Stava sempre sdraiato sull’entrata del cinema, circondato da giornali e
cartoni che gli nascondevano il volto.
Rimaneva lì giorno e notte, come un’ombra, imbacuccato in una pesante
giacca sia in inverno che in estate; e solo i capelli, uniti, sporchi,
arruffati e lunghi si notavano…facevano ricordare alla gente che era un essere
umano.
Il barbone del cinema, lo chiamavano i ragazzi.
Poveraccio, lo deridevano gli adulti.
L’anima del cinema, sognavano i bambini.
E mai nessuno si era fermato a parlargli. Solo qualche spicciolo
lanciato nel bicchiere di plastica o qualche panino avanzato…nient’altro.
Eppure quella sera Neville si fermò dall’altra parte della strada e lo
fissava con i suoi tristi occhi marroni. Il barbone si rinchiuse di più nel suo
capotto, facendogli notare che lui…non era degno della sua attenzione.
Paciock si spostò la frangetta dagli occhi, il capotto nero gli
arrivava a metà polpaccio e uno strano sorriso gli si dipinse sul volto magro e
pallido. Il barbone s’incurvò di più su se stesso tentando di diventare la
solita ombra e i suoi occhi osservavano dietro a una cascata di capelli i
movimenti dell’uomo.
Neville attraversò la strada.
Rimase in piedi a fissarlo. Gli occhi angosciati per il futuro…per la futura
guerra.
Il barbone non si mosse e abbassò lo sguardo.
“Hai intenzione di rimanere qui per tutta la vita?” Paciock nascose le
mani nelle tasche del capotto, “Hm” fu la risposta.
“Perché?” il barbone si strinse nelle spalle.
Perché quell’uomo voleva parlargli? Perché lo guardava?
“Ti ricordi di me?” la sua voce si era inclinata leggermente, “Ti
ricordi l’ultimo nostro incontro?” il barbone tirò sul col naso, si era
raffreddato… “Ti ho odiato quella volta…”
-Ero uscito, o meglio scappato dalla casa che Piton mi aveva regalato.
Diana era in pericolo e io non volevo averla sulla coscienza. Elise mi avrebbe
odiato se non avessi aiutato sua sorella.
E perciò scappai.
La ritrovai sotto la quercia. Dormiva.
Era rimasta lì per due giorni. Nessuno l’aveva presa con se…
La portai via. Il più lontano possibile da quel luogo…dal freddo.
La portai nel mio regno.
Nella mia casa.
La portai nella villa dei Paciock.
“Nonna…ti prego aiutala…” la implorai appena la vidi sulla soglia della
casa. Lei annuì e come se Cooper fosse stata sua figlia la curò, la lavò, la
vestì e le insegnò la teoria magica. E io passavo sempre più tempo con la dolce
Diana e mi divertivo…lei si divertiva…
Come se quello che ci era successo fosse stato cancellato dalla nostra
mente, ma non era così…E me ne innamorai. E lei s’innamorò.
“Allora, Neville?” nonna era impaziente, doveva telefonare ad alcuni
amici per poter creare l’incantesimo Fidelius. Io stringevo la mano pallida di Diana e lanciandole uno sguardo
divertito dichiarai di volerla sposare. E che l’avrei fatto subito, se non
fosse stato indegno non farlo sapere alla mia nobile famiglia.
Nonna sputacchiò il the che stava sorseggiando. “Non ho capito bene…”
balbettò, “Ci sposiamo!” la voce di Diana era allegra e dolce, e mi guardava
speranzosa.
Nonna non obbiettò.
E proprio la sera prima delle nozze; quando Diana nervosa stava
provando il vestito di mia madre per la centesima volta sotto lo sguardo
attento della nonna, e quando mio zio tentava di spiegarmi il significato della
vita con assurdi paragoni.
Io ero appoggiato con la fronte sul freddo vetro della finestra e il
mio sguardo vagava sul lungo vialetto della villa…
Fu allora che lo vidi.
La frangetta nera che gli ricadeva sugli occhi, impedendomi di leggervi
dentro…nascondendo la sua angoscia. Mi alzai pronto a gridare il suo nome, ma
con un semplice puff si smaterializzò.
E lo odiai.
Con quel gesto mi aveva salutato.
Aveva rinunciato a combattere.-
Il barbone si strinse ancora nelle spalle, incapace di capire chi gli
era di fronte e cosa volesse da lui. Prese nella scarna, sporca e ruvida mano
il bicchiere di plastica e scrollandolo davanti al proprio volto fecendo
tintinnare le poche monetine. Infondo non era lì per ascoltare.
Neville sbuffò.
“Hai perciò deciso di rimanere un barbone? Hai deciso di abbandonarci
tutti? Di mandarci al macello?” chiese spostandosi per l’ennesima volta la
frangetta. “Moriranno in molti, Ronald, Hermione, Piton, Silente…Dean…te lo
ricordi Dean? E Seamus?” il barbone alzò di scatto il volto facendo intravedere
i suoi smarriti occhi verdi e la cicatrice a forma di saetta sulla fronte.
“Perché non vieni con me Harry?” Neville allungò la mano sinistra,
attendendo quella del suo ex-compagno grinfondoro.
“Harry…” mormorò il barbone, come se fosse una parola che non conosceva;
sorrise “Era da tanto che non mi chiamavano così…” Paciock annuì sorridendo
allegro tendendo ancora più convinto la mano che subito fu presa dall’amico.
“Harry Potter è tornato” sussurrò Neville facendo nascere un altro piccolo e sincero sorriso sul volto scarno del barbone.