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Autore: Artemide12    08/10/2013    4 recensioni
Sono passati venticinque anni da quando alieni e MewMew combattevano sulla Terra.
Ora su Arret – il pianeta alieno riportato alla vita grazie all'acqua-cristallo – dominano forze oscure che hanno interrotto qualsiasi contatto con il resto dell'Universo e costringono l'intera popolazione a vivere nell'ombra, schiava dei suoi padroni.
Nel disperato tentativo di ribaltare le sorti del pianeta, i cugini Ikisatashi e gli altri Connect fuggono e atterrano sulla lontana e ormai dimenticata Terra.
Ma quanto può essere sicuro un pianeta lontano anni luce se nasconde il proprio passato?
Genere: Avventura, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Destinazione: Terra

 

«C'è un modo per sfuggire a tutto questo?» chiese amaramente la donna umana guardando l'uomo alieno negli occhi. Si scostò distrattamente i lunghi capelli dalla faccia.

Doveva esserci un modo, dopo tutto quello che avevano passato, loro e tutti gli altri, non poteva essere quello il loro futuro.

No. Non poteva.

«C'è, ma non è certo alla porta di tutti.» rispose lui, guardandola negli occhi.

«Ciò che non è alla portata degli altri è sicuramente alla tua portata.» affermò con decisione la donna ricambiando il suo sguardo.

«Non sono onnipotente, non posso impedire che certe cose accadono.»

«Ma puoi impedire che ci raggiungano.»

«Non so se posso farlo.»

«So che puoi farlo.»

Lui non rispose. Lei gli prese la mano e gliela strinse.

«Mi fido di te.»

 

Lo spazio era così freddo e buio...

Aprilynne rabbrividì, poi tornò a guardare lo spazio oltre il vetro. Le luci delle stelle lontane erano così fioche che le pupille dilatate ormai erano rotonde invece che affusolate come quelle di un felino.

Sembrava tutto così lontano...

Arret, il passato, la Fratellanza, il futuro, persino il presente sembrava irraggiungibile.

Disfece la coda di cavallo e lasciò che i lunghi capelli verdi le ricadessero sulle spalle e sulla schiena per cercare di riscaldare il collo infreddolito.

Si concesse un attimo di riposo e osservò il fratello, seduto alla sua sinistra.

Catron era piuttosto particolare per essere un arrettiano, ma, in fondo, chi di loro poteva definirsi “normale”? Aveva i capelli ramati arruffati sulla testa e gli occhi dello stesso colore.

Era un po' più alto di Aprilynne e questo le dava fastidio, visto che era lei la maggiore.

Per il resto erano molto simili, il naso piccolo e dritto, la carnagione pallida, le labbra leggermente piene, il fisico esile ma forte, le orecchie appuntite, ma piuttosto piccole.

Tutti i Connect le avevano così, nessuno sapeva bene perché. Loro c'erano nati, ma gli altri erano stati creati così.

«Aprilynne, sta' attenta, ci sono delle onde radio che tentano di intercettarci.» la avvertì Raylene, seduta a sinistra di Catron.

Aprilynne tornò a fissare lo schermo olografico davanti a sé e a muovere le dita sulla tastiera metallica piena di pulsanti indistinguibili che si illuminavano anche se solo sfiorati.

Alzò uno scudo di occultamento e tirò un sospiro di sollievo.

Catron e Raylene sbuffarono vedendo il campo di asteroidi proprio davanti a loro.

Raylene era la migliore amica di Aprilynne, sempre pronta a farle da confidente e a darle consigli preziosi. Era anche un piccolo genio. Dopo la scomparsa dei genitori si era occupata del laboratorio genetico praticamente da sola.

Portava i lunghissimi capelli lilla raccolti dietro la testa e tenuti da una penna nera. I piccoli occhi blu scuro si muovevano rapidi da uno schermo olografico all'altro.

Quasi a farsi beffe di certi pregiudizi sulle persone particolarmente intelligenti, lei era anche bellissima. Nessun ragazzo riusciva a staccarle gli occhi di dosso.

Lei a volte sembrava non accorgersene, ma indossava sempre vestiti che ne risaltavano le forme sinuose e la grazia.

Anche ora le gambe lunghe e perfette erano fasciate in collant neri che, per quanto pesanti, dovevano farle sentire molto freddo visto che continuava a tirare giù la gonna del vestito viola scuro. Per fortuna gli stivali neri le arrivavano fin sotto il ginocchio e le riscaldavano piedi e polpacci.

D'altronde, però, nessuno di loro era preparato ad un simile viaggio.

«Ho bisogno di una pausa.» dichiarò Catron. Lui pilotava da quando erano partiti.

«Prendo io il tuo posto.» disse subito Aprilynne alzandosi «Raylene, puoi occuparti tu degli scudi di protezione oltre che alla stabilizzazione dell'astronave?» aggiunse poi.

L'amica annuì e la verde fece scorrere un grosso schermo olografico fino alla postazione di sinistra, poi si mise ai comandi.

Catron arrivò alla porta della sala comandi, toccò la superficie del metallo, e quella si reinserì nel muro per lasciarlo passare. Si richiuse alle sue spalle.

I brevi e stretti corridoi non erano illuminati, così come molte stanze, perché le loro riserve di energie erano limitate e dovevano farsele bastare.

Anche se questo voleva dire meno luce e meno riscaldamento, tutti preferivano arrivare a destinazione infreddoliti che stare al caldo e poi ritrovarsi fermi nello spazio senza possibilità di avanzare.

Catron entrò in una stanza piena di poltroncine e divani, tutti dotati di cinture di sicurezza. Le pareti erano state rivestite di specchi che riflettevano la luce e illuminavano l'ambiente.

Quasi tutti i ragazzi si erano radunati al centro della stanza e discutevano animatamente.

Catron raggiunse i cinque che se ne stavano in disparte.

Kathleen, che – ovviamente – non portava le cinture, lo abbracciò appena lo vide.

«Dai, Kat, sono stato nella sala comandi, non su Arret!»

«Lo so, ma ho avuto lo stesso paura! Potevano prenderci, scoprirci. E ci sono tutti quegli asteroidi, come fate a pilotare quel coso?»

«Questo “coso”, come lo chiami tu, ci sta salvando la vita.»

Kathleen assunse un'espressione offesa «Ecco lo vedi? Il viaggio ti ha stressato, sei già nervoso.»

Catron alzò gli occhi al cielo. «Ok, questo coso è inutile, troppo chiuso e troppo perfetto per quelli come noi, contenta?»

«Sì!» esultò Kathleen soddisfatta, schioccandogli poi un bacio a fior di labbra.

Si sedettero su un divano.

Kathleen aveva due anni in meno di lui ed era vivacissima. Non stava ferma un minuto.

Aveva i capelli corti e perennemente spettinati e grandi occhi, entrambi di colore arancio, anche se i primi tendevano un po' più al biondo e i secondi al marrone.

Le sue orecchie erano particolarmente rotonde, con tatto di lobi staccati. Solo la forma un po' appuntita le faceva assomigliare a quelle dei compagni.

Era alta e slanciata, ma tendeva a stare sempre un po' gobba.

Aveva due fratellini più piccoli, di sei e sette anni, che la seguivano ovunque andasse.

Pit, il più grande, aveva capelli e occhi gialli – anche se le iridi non erano dorate come quelle di Aprilynne – mentre Opter li aveva entrambi color cioccolato.

Al piccolo gruppo si aggiungevano Silver e Psiche, fratello maggiore e sorella minore di Raylene.

Ed eccoli, gli unici otto elementi – Raylene e Aprilynne comprese – a non essere stati creati in laboratorio dal padre di Silver.

Purtroppo solamente altri dieci Connect si erano salvati, tutti gli altri erano stati catturati o più semplicemente uccisi. Senza contare tutti gli embrioni in laboratorio che avevano dovuto abbandonare.

I sei rimasero in silenzio per un po'. Persino Kathleen e i fratellini tacquero.

Ogni minuto che passava li allontanava sembra di più dal loro pianeta natale.

Silver sonnecchiava sulla sua poltrona destandosi solo di tanto in tanto per qualche movimento brusco o per spostarsi una ciocca ribelle di capelli blu che gli ricadeva sul viso.

Psiche giocherellava con dei boccoli della sua immensa criniera lunghi ricci magenta e non faceva che spostare gli occhi fucsia da un volto all'altro mente ascoltava musica negli auricolari. Il sorriso enigmatico stampato in volto.

Gli unici a parlare erano gli altri Connect al centro della stanza.

Per loro era diverso.

Il loro genitori non erano stati catturati dal governo o spariti nel nulla; loro non avevano genitori, se non file nel computer contenenti lunghi codici.

Loro non stavano lasciando la casa dove erano cresciuti, se non il laboratorio.

E quello da cui stavano scappando non era il loro pianeta natale, per loro era solo il florido mondo di creazione.

«Ma per cena saremo a casa?» chiese ingenuamente Opter.

«No.» gli rispose Pit che aveva già fatto quella domanda alla sorella maggiore.

«E perché?» insistette il bimbo bruno.

«Perché a casa ci sono i cattivi.» disse Kathleen «Gli uomini neri ci cercano e noi non dobbiamo farci trovare!»

«Giochiamo a nascondino?»

«Sì, Opter, giochiamo a nascondino.» acconsentì Kathleen, anche se con scarso entusiasmo.

«Sono bravo a nascondermi, non mi trova mai nessuno!» dichiarò il bimbo, orgoglioso.

«Secondo me è più come guardie-e-ladri.» commentò Pit. «Sì, ma noi chi siamo, le guardie o i ladri?»

«Noi siamo i ladri che scappano!» rispose Catron cercando di apparire scherzoso. «E non ci prenderanno, puoi scommetterci!»

«Ma sono loro quelli vestiti di nero!» protestò Pit.

«Si sono mascherati!» fece Kathleen afferrando il più grande dei fratellini e facendogli il solletico. «Così si possono confondere con il buio e quando meno te lo aspetti... arrivano e ti portano via.»

Pit non riuscì a replicare. Si stava sbellicando dalle risate a tal punto che gli erano spuntate la coda e le orecchie pelose.

Un brusco sbandamento interruppe i fratelli.

Da dei trasmettitori acustici arrivò la voce di Aprilynne.

«Ok ragazzi, siamo entrati in un campo di asteroidi. – Sì Catron, sono grossi. – Siete pregati, in realtà obbligati, di mettervi le cinture e stringerle bene. Anche tu Kathleen. Silver, leva gli auricolari a tua sorella, se non finisce che inviamo le sue canzoni invece che un SOS e poi vieni qui perché ci serve un terzo pilota, perché qui finisce che a Raylene scoppia la testa. Godetevi le montagne russe e se vi sentite male... beh non lo so, cercate di stare bene.»

Silver non se lo fece ripetere due volte e si precipitò nella sala comandi. Adorava pilotare, anche se non l'avrebbe ammesso facilmente.

Appena raggiunse Raylene e l'amica, però, si rese conto che non gli sarebbero toccati i comandi.

Gli dispiaceva, ma non protestò. Tra i tre, Aprilynne era sicuramente la più adatta ad attraversare un campo di asteroidi. Aveva buoni riflessi ed un istinto eccezionale, anche se peccava in altri campi.

«Dove siamo?» chiese il ragazzo «Non era previsto che incontrassimo un campo di asteroidi»

«Lo so!» soffiò Aprilynne.

«C'era un caccia-stellare che cercava di intromettersi nel nostro sistema.» gli spiegò la sorella «Siamo riuscite a depistarlo, ma per non farci seguire ci siamo dovute avvicinare a quel pianeta.» indicò con un cenno della testa lo scenario fuori dal vetro.

«Depistarlo?» s'incuriosì Silver prendendo posto alla destra di Aprilynne che faticava ad evitare i grossi massi che rischiavano di colpirli.

«È stato un colpo di fortuna in realtà.» continuò la viola muovendo freneticamente le dita sul pannello di controllo.

«Si sono inseriti nel cellulare di tua sorella e si sono sentiti tre minuti buoni di canzoni.» tagliò corto Aprilynne virando bruscamente a destra e poi inclinando l'astronave a sinistra per evitare un asteroide,

Silver attivò alcuni schermi olografici, ma continuò a guardare davanti a sé, oltre il vetro.

«Questo non è un normale campo di asteroidi.» rifletté il blu ad alta voce «Ce ne sono troppi e troppi detriti.»

«Dannazione!» ringhiò Aprilynne. «Alza gli scudi di occultamento Ray!»

«Lo sto facendo, ma siamo già oltre la media, stanno consumando troppa energia.»

Silver, che non aveva ancora fatto granché, guardò altri schermi e sentenziò:

«È inutile, ci hanno già individuati.»

«Li batteremo in velocità!» disse la verde.

«Non ce la faremo mai.» ribatté il ragazzo.

«Atterra su quell'asteroide.» ordinò a quel punto Raylene indicandone uno piuttosto grosso e lento.

«È una pazzia!» esclamò la verde.

«Fallo!» insistette l'amica «Silver, appena lo tocchiamo segni tutto.»

«Che stai facendo?» chiese Aprilynne agitata vedendo che l'amica armeggiava con altri comandi.

«Sta a vedere.»

Raylene azionò un arpione e afferrò una pietra più piccola.

«Ci siamo!» strillò la verde atterrando.

Un attimo prima che Silver spegnesse tutto, la sorella liberò il piccolo asteroide che si andò a schiantare contro uno più grande esplodendo.

I tre rimasero in silenzio.

«Non ci cascano.» mormorò la verde con il fiato corto.

«Ci cascano invece.» ribatté la viola mentre una piccola navicella sfrecciava poco sopra di loro e poi usciva dal loro campo visivo.

«Sei un genio!» disse Silver alla sorella.

«Ora che facciamo?» fece Aprilynne.

«Aspettiamo il momento giusto per ripartire. Vatti a fare due passi.» rispose Raylene e l'amica uscì, il respiro ancora accelerato.

«Dove siamo?» chiese a quel punto il ragazzo.

«Non lo so di preciso, abbiamo dovuto cambiare rotta all'ultimo minuto. Da qualche parte nel sistema solare, credo.»

«Sistema solare? Ne ho sentito parlare così poco... È disabitato, mi sembra.»

Raylene prese un grosso volume dalla borsa e cominciò a sfogliarlo. «Non completamente. Sulla Terra c'è vita. Qui però dice solo “Pianeta abitato da umani: esseri intelligenti, ma ostili. Nessun sistema è in rapporti con la Terra.”»

«Quindi non fa parte della Fratellanza. È un ottimo posto dove nascondersi, ma non possono aiutarci.»

«Non abbiamo scelta. Le riserve di energia si sono praticamente esaurite, non so se ci arriveremo, ma è il più vicino.»

«Dobbiamo tentare, all'energia ci penso io.»

Vi fu un momento di silenzio, poi il ragazzo disse: «Possibile che nessuno si sia mai interessato al pianeta?»

«Evidentemente non ha risorse particolarmente interessanti. E poi è isolato, non ci sono altri sistemi abitati nell'arco di anni luce. Il più vicino è il nostro, intorno a Bellatrix.»

Vi fu di nuovo un momento di silenzio. Silver cercava di raccimolare quel poco che sapeva sul sistema solare.

Guardò oltre il vetro, verso il pianeta alla loro destra, particolarmente vicino.

«Saturno.» quel nome gli balenò nella mente. «Siamo in uno degli anelli di Saturno.»

«Vi informo che abbiamo una decina di passeggeri piuttosto noiosi ed impertinenti. Visto che siamo a corto di energie, perché non ne scarichiamo almeno qualcuno?» li interruppe Aprilynne entrando nella sala comandi.

«Idea molto allettante, ma controproducente.» rispose serio Silver.

Aprilynne sbuffò e si risedette al suo posto, tra i due fratelli.

«Spero che Psiche impari presto a pilotare. Ray, posso riaccendere i motori?»

«Rivolgiti a Silver, ha un'idea per farci risparmiare carburante.»

«Si tratta solo di darsi una bella spinta.» si affrettò a precisare il blu.

«Bene.» disse la verde mentre l'illuminazione tornava e il motore riprendeva a fare le fusa.

Invece di mettere in atto la manovra di decollo, il ragazzo arpionò un enorme asteroide.

Raylene azionò i razzi, ma non partirono.

«È come prendere la rincorsa quando si va in bicicletta.» spiegò il ragazzo, poi richiamò l'arpione senza, però, mollare la presa. L'asteroide era così grosso che attirò l'astronave verso di sé. Silver liberò l'arpione all'ultimo minuto e la navicella fu lanciata a tutta velocità nello spazio.

«Geniale!» si complimentò Aprilynne mentre sorpassavano Giove come delle schegge.

«Dove mi fermo?» chiese poi la ragazza.

«Il pianeta dopo quello piccolo e rosso.»

Ancora una volta la voce della verde risuonò nell'astronave:

«Allora ragazzi, i Connect sono di nuovo in viaggio. Pronti per una nuova avventura?»

Un «Sì!» carico di sentimenti diversi ma potenti sembrò scuotere l'astronave.

«E allora tenetevi forte!

Destinazione: Terra!»



________________________
Gazie 1000 per aver letto.
Sono nuova. Non vi chiedo di essere clementi, ma per favore recensite.
Spero che la storia vi sia piaciuta.
Un bacione (xxx)

Artemide12

  
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