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Autore: lady hawke    17/10/2013    0 recensioni
Piccolissima, per ora, raccolta di brevi drabble o flash originali, scritte grazie all'istigazione di amiche e di ottimi prompt proposti. Brevi flash slegati, senza filo conduttore ed apparentemente senza un vero perchè, per uscire ogni tanto dalla via seminata dei fandom e camminare con le proprie zampette.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note: Altre originali, altri prompt, altri pensieri rigorosamente notturni!


 

Note: Prompt: Terra bagnata parole: 323

Terra Bagnata

La pioggia l’aveva sorpresa all’improvviso, come spesso accade con i temporali di fine estate. Aveva avuto il tempo di vedere appena il cielo farsi cupo e di sentire la terra emanare quel suo caratteristico odore di una cosa che non è ancora bagnata, ma lo sarà. Era poi corsa via, su per il sentiero che aveva preso, verso casa. Ci aveva messo poco meno di cinque minuti, per tornare sui suoi passi, e si era ritrovata sotto il portico di casa, fradicia. Era fastidioso sentire i vestiti appiccicati addosso, avere le scarpe piene di acqua e i capelli gocciolanti. Si tolse le scarpe ed entrò in casa, cercando di non lasciare impronte troppo evidenti.
Il temporale intanto continuava a far battere le gocce sul tetto, a tamburellare sulle finestre. Fu un continuo sottofondo per tutto il tempo che lei impiegò a cambiarsi e a lavarsi i capelli. Aprì la finestra della sua camera per togliere la cappa di umidità della sua stanza e il naso si riempì di nuovo dell’odore della terra bagnata. Era un odore che le piaceva, le dava una sensazione di piacere e di pace. Si immaginava come fosse essere… magari una volpe e correre sotto l’acqua, senza doversi preoccupare per i vestiti, immersa nella boscaglia, pronta per la caccia. Riusciva a immaginarsi con il muso appuntito, la pelliccia fulva, il naso in alto per captare l’odore delle lepri e per andare a caccia. Sotto di lei, la terra umida e molliccia.
Rimase un po’ lì, pensando a quanto sarebbe stato bello poter cambiare pelle e semplicemente correre via, con una grandissima coda dietro di sé. Il temporale era però finito, così come il tempo dei sogni ad sogni ad occhi aperti. Rassegnata, si tolse l’asciugamano dalla testa, pensando di sistemarsi i capelli, ma non chiuse la finestra. L’odore di terra bagnata è così delicato che scompare subito dopo l’arcobaleno, e valeva la pena sentirlo per bene e a fondo.


 

Note: Odore di Erba tagliata. Parole: 331

Né dolce, né amaro

La prima volta che era stata in campagna era stato in estate, quando aveva dieci anni. Era sempre vissuta in città, e quel mondo verde, marrone e giallo l’aveva sempre visto sulle figure, e mai dal vivo. Si era fatta un’idea precisa di cosa aspettarsi, e si era sbagliata di grosso. Sembrava tutto così bello, dai libri: i fiori, i campi con il grano e poi tutti quegli animali…
Ma la realtà era popolata da mosche che le ronzavano vicino alle orecchie, da odori che mai avevano transitato sotto il suo naso, da polvere e dalla terra, che le sporcava i vestiti e le scarpe anche quando lei faceva di tutto per rimanere in ordine. Così, delusa, si era rassegnata a rimanere spesso in casa, ignorando i suggerimenti della nonna di andare fuori a giocare, e aiutandola con le faccende e con la cucina. Aveva semplicemente detestato il vedere per davvero da dove uscissero le uova, e aveva mangiato la crostata solo perché l’aveva vista rimanere in forno quaranta minuti.
No, la campagna non era per lei. Poi era capitato qualcosa di imprevisto. Il grano era stato mietuto, e l’erba per le mucche era stata tagliata, così come in giardino. Lei aveva seguito quelle operazioni dalla finestra della sua stanza, dove lo sporco e il rumore giungevano attutiti, ma non l’odore. L’odore di erba appena tagliata salì le scale e scavalcò le inferriate fino al suo naso, e niente riuscì ad impedirlo.
Lo trovò strano, ma non spiacevole come quello della stalla vicino a casa. Non era nemmeno un odore, ma quasi un profumo. Non era né dolce né amaro. Non forte, non pungente, ma sapeva di estate e di sole, e di vita. Le piacque da subito, e inspirò a pieni polmoni per sentirlo il più a lungo possibile.
Fu contenta quando poi, a settembre, tornò in città. Ma continuò a mettere spesso il naso fuori dalla finestra, sperando invano di sentire odore di estate, di erba, e di campagna.

Note: Originale. Prompt: “Dovranno uccidere il tuo nome, prima di uccidere te.” Il Gladiatore. Parole: 265

Susanna

Il nome è l’identità che ti viene data da altri. A volte ti piace, a volte no. Fatto sta, che volente o meno, è quello che ti definisce. A me non piaceva il nome Susanna, ma era mio. Ero Susanna per me, i miei amici, i miei cari. Lo ero per il mondo, e quindi lo ero per me. Mi dava una personalità, perché ero la Susanna dai capelli ricci, non bionda, non rossa. Avevo labbra sottili e gli occhi chiari, e tutto faceva parte di Susanna. Susanna l’ebrea è diventata il numero 453325 in una mattina di marzo, dopo un viaggio in un carro bestiame per chilometri, dopo la divisa a strisce, dopo i colpi sulla nuca con il calcio del fucile ogni volta che rallentavo il passo. Sono stata il numero 453325 per sei mesi, prima di finire in fumo, e praticamente ero già morta. Lo ero da prima perché chiunque avessi conosciuto nella mia vita era retrocesso allo stadio di numero, e nessuno avrebbe più potuto parlare di me, in futuro. Niente più ricci, niente più occhi chiari a guardare il mondo. Ho cercato di conservarlo a lungo il mio nome, dentro di me, ma quando nelle ultime settimane mi riferivo a me stessa, nella mia testa, come al 453325, ho capito che non sarei più tornata a casa.
A quel punto mi è rimasto solo un rammarico, e un dubbio. Chissà se, vivendo qualche anno di più, sarei stata diversa. Susanna mi è sempre sembrato un nome brutto, ma forse avrei avuto solo bisogno di tempo per imparare a sentirlo mio.


Note: Fare tre passi avanti e uno indietro. Parole: 159

Valzer

Schivare le pozzanghere è un po’ come ballare. Uno, due e tre, e poi via, indietro prima di sprofondare. Un po’ a destra, un po’ a sinistra, sul sentiero pieno di fango, a sporcarsi le scarpe, a schizzare terra bagnata in giro. L’orlo della gonna alzato, per evitare che il tessuto blu si macchi, anche se è evidente che non resisterà ad una danza nei boschi. L’orlo della veste le causerà guai, ma non ci pensa, mentre le sue trecce ondeggiano in giro, al ritmo dei saltelli. Tre avanti e uno indietro, come in un valzer. Presto una voce la richiamerà nella grande casa, ma per ora è meglio non pensarci, godersi il fresco e l’umido della brughiera, farlo penetrare nelle ossa fino quasi a tremare.
Tre avanti e uno indietro, evitando le pozzanghere, facendo schizzare gocce marroni in giro, dipingendo la lunga gonna, non pensando alle conseguenze, ma solo a saltellare, libera, come un fantasma o una farfalla.

  
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