Anime & Manga > Magi: The Labyrinth of Magic
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Autore: Hirriel    31/10/2013    6 recensioni
They say hope begins in the dark, but most just flail around in the blackness, searching for their destiny.
The darkness, for me, is where I shine.
(Richard B. Riddick)

Judal non si aspettava niente da quel viaggio nel sud d’occidente; Kougyoku si doveva sposare e lui la doveva accompagnare, punto. Non sarebbe dovuto succedere proprio nulla di anormale a parte gli occasionali bisticci e il fastidio arrecato dall’insopportabile caldo del territorio. Senonché gli rotolò davanti una piccola ragazzina con le guance paffute e gli occhi torbidi.
Il suo nome? Lilith.
E la quantità di problemi che portò fu indirettamente proporzionale alla sua altezza.
INTERROTTA
Genere: Dark, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Judal, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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1. Il suo nome è Lilith

«Comprate signori!» «Comprate, comprate!» «Comprate questo pesce o queste verdure, qualità garantita!» «Ormai, di riso così, non se ne trova più!» «Bracciali e collane, signori! Chiedete in giro, lo dicono tutti: cambieranno il vostro destino!»

Lilith arricciò il naso. Odiava i mercati, odiava i negozianti e odiava i bazar.
Sì, diciamo pure che odiava le persone. Le facevano venire la nausea, non voleva stare in un posto così affollato, c’era troppo rumore e caos e folla... aveva già le vertigini. Quanto sarebbe voluta ritornare nel suo fresco vicolo, magari a sgranocchiare un pezzo di carne rinsecchita e a farsi un sonnellino. Oh, quella sì che era un’idea allettante! Forse avrebbe dovuto prenderla seriamente in considerazione.

Sbuffò. Certo che non poteva. Che fastidio.

La ragazza si schermò il viso con il braccio, cercando di proteggersi inutilmente dal sole. Anche lui quel giorno ci si metteva a far andare tutto male: faceva più caldo delle altre volte, l'aria era afosa e appiccicosa, così pregna di umidità che ormai sembrava qualcosa di solido e vivo. Un compagno viscido a cui non si sarebbe mai abituata, non importava da quanto tempo vivesse in quel posto.
E il sole rendeva tutto ancora più terribile! Le pareva di star respirando del fuoco.

Ma tanto lì c’era sempre il sole e sinceramente Lilith odiava anche quello.

Dalla premessa con cui è stata presentata sembrerà una persona negativa, cinica e scontrosa ma, signori miei, vi state sbagliando alla grande! Sì, avete fatto proprio cilecca, perché se Lilith fosse stata un tipo del genere, ovviamente non avrebbe deciso di dirigersi in quel posto, con quel maledetto puzzle in mano, tra quell’ammasso di gente. Per giunta in uno degli orari più caldi della giornata. Lei in realtà era una persona piena di buona volontà!

Improvvisamente sentì qualcosa strattonarle la maglia e subito le narici vennero invase da un odore di sudato e sporco. Arricciò di nuovo il naso. Non voleva voltarsi, anzi fece di tutto per continuare a camminare tra la folla, ma la stretta non si allentò. Alzando gli occhi al cielo girò lentamente la testa, cercando di esprimere tutta l’insofferenza che stava provando.
«Signorina, lei ha fiducia nel suo destino?» eccolo lì, uno dei soliti commercianti: magrolino e alto come un giunco, con qualche dente fatto d’oro -probabilmente finto- e decine collane piene di pietre preziose -sicuramente finte- che gli pendevano mollemente sul petto scarno.

«Destino?» chiese con voce sarcastica Lilith «Quale destino? Quello in cui mi limiterò a mandarti a quel paese o quello dove ti prenderò direttamente a calci nel sedere per avermi importunato?»

L’uomo rimase qualche secondo senza parole e rivolse uno sguardo alquanto ebete alla bassa ragazzina che lo fissava a braccia conserte: portava dei laceri vestiti maschili, leggermente grandi per la sua statura, che la facevano sembrare ancora più piccola. La carnagione, di un pallido smunto, su cui si potevano intravedere tagli e lividi, era ricoperta da uno strato di sporco. Anche lei puzzava quanto la maggior parte dei morti di fame che si erano riuniti in quel rumoroso bazar, ma sembrava le piacesse osservare tutti con una smorfia tra lo stizzito e il disgustato, quasi come se si volesse elevare a un piano superiore rispetto ai suoi oh davvero poco graditi compaesani.
La desquamazione del suo cuoio capelluto era eviden- sì okay aveva la forfora(e con ciò?) che si poteva intravedere tra i 
crespi capelli castani che le sfioravano le spalle e incorniciavano il viso ovale, reso infantile da due guance paffute, proprio come quelle dei bambini.

Insomma, più o meno la solita ragazzina dei quartieri poveri che si faceva un giro tra i banconi del mercato.

Anche se quegli occhi chiari parevano avere cent’anni.

Ma il negoziante non era un uomo attento, in fondo era solo un altro mediocre essere umano e non fece certo caso a quel particolare così nascosto. Notò solamente ciò che più risaltava alla vista e si maledisse per la propria stupidità; stava perdendo tempo a cercare di venderle la sua merce, probabilmente la vita di quella ragazzina valeva di meno uno dei suoi bracciali. Ma beh, ormai bisognava andare fino in fondo.
Sfoderò di nuovo il suo sorriso melenso e le ripeté con voce melliflua «Il destino, graziosa signorina, il suo destino! Quello che io già vedo sarà di sposare un bel giovane ricco e potente! Oh, ma la sua strada non sarà sgombra di difficoltà, perché non compra uno dei miei talismani? La condurrà prima di quanto pensa al suo desti-»

«La vuoi smettere di ripetere in maniera così ossessiva ‘destino’? Ho capito, non sono sorda, mi vuoi rifilare uno di quei tuoi portafortuna o non so che. Insomma non ho neanche un pezzo di pane e ti aspetti che compri le tue schifezze?» effettivamente non aveva tutti i torti ma cosa poteva fare l’uomo? Non di certo cacciarla via in malo modo, c’erano troppe persone, avrebbe potuto far brutta figura! Già i commerci stavano andando male, la povertà era sempre più presente tra i cittadini e non si poteva neanche contare sui rapporti con le città limitrofe: c’era puzza di guerra nell’aria e tutti erano molto più restii a spendere i propri averi. Non poteva assolutamente permettersi di perdere i pochi clienti che gli erano rimasti.

Lo sbraitare della bruna era diventato solo un sottofondo fastidioso per il negoziante che, perso nei suoi pensieri, rinvenne solo quando vide un dito puntatogli contro in un modo che voleva sembrare minaccioso «Destino di qua destino di là, che è quest’anno va tanto di moda parlare del destino? Sai cosa ti dico? Uccidetevi. Uccidetevi tutti quanti!» Lilith si voltò per andarsene ma l’uomo la afferrò per un braccio, la stretta improvvisamente più salda, stizzito dal comportamento arrogante che stava mostrando la piccoletta. A tutto c’era un limite. «Ragazzina, lo sai che non si parla così a un adulto? Stai insultando me, i miei talismani e in maniera indirettica, il destino in persona!» per fortuna sembrava abbastanza innocuo.

«Allora, prima di tutto non è ‘indirettica’ ma ‘indiretta’ e secondo,» Lilith gli mollò un forte calcio sullo stinco sinistro «ti rivelo un segreto: il destino non esiste. È solo uno degli sciocchi giochetti di quelli che ora stanno al potere, fatemi il sacrosanto favore di lasciarmi in pace!» quasi non si accorse di come avesse alzato la voce; molte persone si erano girate a guardare quel piccolo teatrino: un uomo a terra che si massaggiava la gamba e una ragazzina che gli incombeva addosso. Uh. Subito si levò un basso mormorio e un ridacchiare qua e là, qualcuno cominciò perfino ad incitarla.

Soddisfatta della sua piccola performance, la bruna decise che era proprio il momento di darsela a gambe. Zigzagò tra le persone più velocemente che potè, conscia che se fosse rimasta sarebbe finita nei guai; era quasi una bestemmia parlare del destino come una cosa astratta e insensata, ora che anche quella città era sotto il comando dell’impero Kou.
Il maledettissimo impero Kou, con tutti quei soldati, stregoni e quel famoso Sacerdote, o Magi, o come lo chiamavano. Si diceva avesse preso sotto la sua ala l’ormai potente imperatore e che grazie a lui quel Paese fosse destinato a raggiungere potenza e ricchezze immense.

Lilith odiava tutto ciò, non solo perché si trovava ormai da un anno in quella città e ad un tratto i controlli per andare e venire da altri paesetti erano diventati molto severi, ma anche perché i tizi di Kou andavano in giro blaterando su cose insensate, come potere, destino e guerre. Inoltre, c’erano quelle persone che portavano un  velo davanti al viso e che giravano sempre più spesso per la città. Tutti li evitavano come degli appestati, l’aura minacciosa che si portavano dietro era quasi tangibile e anche lei se ne teneva alla larga, aveva già molti problemi per le piccole rapine che faceva, ci mancava solo che Al Sarm-comesichiamava la notasse.

Sbuffando, accertatasi di essersi allontanata abbastanza, riprese a camminare normalmente e riportò l’attenzione sulla tavoletta che aveva tenuto stretta a sè per tutto il tempo. Era un pezzo di legno liscio a forma rettangolare con i bordi rialzati a mo’di cornice: la base per un puzzle di piccolissimi pezzi, tutti di un colore unico, uno di quei rompicapi con cui solo i geni avevano il coraggio di cimentarsi. Eppure doveva riuscire a risolverlo, altrimenti addio speranze per il futuro. Era riuscita ad incastrare qualche tassello in alcuni punti ai margini della tavoletta, ma gli altri se ne stavano in una bustina nella tasca dei suoi pantaloni; qualche volta ne tirava fuori uno a caso sperando fosse quello giusto, ma su centinaia di pezzi non era certo semplice e lei era una persona con scarsissima pazienza, non erano state poche le volte in cui aveva rischiato di mandare tutto a quel paese e bruciare quei maledetti pezzettini di legno.

Persa nei suoi pensieri arrivò sullo stradone principale e inizialmente non si accorse di nulla, ma quando il suo naso collise con la schiena di un uomo, fu costretta ad alzare lo sguardo e capì che c'era qualcosa che non andava; stavano tutti fermi sui lati della strada, a bisbigliare e sussurrare cose. La tensione era palpabile.

Cercò di guardare oltre il grande muro di persone per vedere cosa stesse succedendo, ma era troppo bassa, non vedeva niente. Poi sentì «Il Magi…!» «Che senso ha venir qui...?» «Si dice che ovunque vada porti sventura.» «Il Magi…» «Sarà qui con quella strana organizzazione?» «Il M…»

“Ma che– il Magi è qui?!” che fosse spiazzata era dire poco “Le truppe di Kou se ne sono già andate dopo il normale controllo alla città, perché lui è qui? ...Dovrei andarmene? Ma se voglio arrivare al negozio in tempo questa è la via più breve, non posso permettermi di fare altri ritardi…” si intrufolò tra le persone, cercando vedere se aveva qualche possibilità di riuscire a raggiungere la parte opposta della strada. Una fastidiosa e invitante curiosità le stava pungendo lo stomaco, avrebbe voluto vedere il leggendario Magi dell’impero Kou che creava tanto scompiglio in tutto il mondo. In fondo si sarebbe potuta sporgere, se l’avesse visto e avesse capito che non c’era modo di attraversare avrebbe fatto dietro front. Solo un’occhiatina, che sarebbe andato storto?

«E levatevi dai piedi, cavolo, siete così sudati…» vedendo che le persone non le davano molta retta si infilò a forza tra i vari corpi, cercando anche un solo spiraglio che le permettesse di vedere qualcosa. Sfortunatamente non andò tutto come previsto. Ad un atratto sentì un acuto dolore al piede e si accorse che un maledettissimo tizio –dall'aria alquanto losca- le stava pestando il piede nudo con il calcagno, probabilmente infastidito che la bruna stesse spintonando a destra e a manca.

Lilith gemette per il dolore e si sporse cercando di allontanarlo, ma quello le prese il braccio e farfugliò qualcosa del tipo «stai al tuo posto, ragazzina.» e la spinse in avanti con tutte le forze, facendola cadere addosso alle persone in prima fila.
Lilith pensò ironicamente a un effetto domino, mentre inciampava tra le gambe e i piedi altrui, e si alzava un gran vociare di protesta. Incespicò in avanti districandosi da quel mucchio di persone, fece qualche saltello cercando di riprendere l’equilibrio ma sfortunatamente il piede dolorante cedette e si ritrovò con il sedere per terra.

«Ahio...»

Il silenziò calò sulla folla. Sembrava come se tutti avessero paura di respirare, di provocare il minimo rumore, quasi di esistere.
Lilith si guardò le mani sbucciate, poi alzò gli occhi verso il signore che la fissava con un ghigno incerto sul viso.

«…» prese un gran respirò «Figlio di...! Cosa accidenti vuoi, hah? Giuro che ti stendo, ti sdrumo, ti sfregio, brutto bastardo!!» ringhiò alzandosi in piedi di scatto, i pugni chiusi e gli occhi infuocati dalla rabbia.

Si stava per lanciare contro l’uomo ma si bloccò. Fu quasi come se una vocina nella testa le ricordasse dove si trovava. Si guardò i piedi, poi sbirciò dietro di sé: ogni paia di occhi di ogni persona lì presente era puntata su di lei. Stava esattamente al centro della strada.

“Merda.”

Girò lentamente il viso verso la figura che le stava accanto, illudendosi che sarebbe potuta essere un cittadino che si aggirava lì intorno o magari una guardia o, addirittura, uno di quegli uomini con il velo. Sperava di tutto, chiunque, purché non fosse quella persona di cui stavano parlando tutti.

Evidentemente non era proprio la sua giornata.

La prima cosa che vide fu una chioma scompigliata e lunghissima, la più lunga che avesse mai visto, di un nero così scuro che sembrava semplicemente ombra; era legata da più lacci e nonostante tutto arrivava a toccare terra, solleticando due caviglie scalze. Il ragazzo che le stava davanti indossava quelli che sembravano dei pesanti ma comodi pantaloni medio-orientali che si intonavano con il colore dei suoi capelli. Il busto era praticamente nudo: solo una piccola magliettina stretta e un panno adagiato sulle spalle gli coprivano il petto, lasciando scoperto un fisico asciutto, forte.
Lilith alzò lo sguardo e incontrò due grandi occhi di un rosso scuro raccapricciante; dentro l’iride delle piccole pagliuzze scure si univano a formare cerchi concentrici attorno alla pupilla. Erano inquietanti. Per un attimo le parve che tessero scrutando direttamente la sua anima, che potessero scorgere le parti più recondite delle cose, e che con un battito di ciglia fossero capaci di metterle a nudo, distruggendole, sgretolandole sotto la forza intangibile che era quello stesso sguardo.

Durò poco più di un momento, però. Il Magi dell’impero Kou sembrò ridestarsi dalla lieve sorpresa che si poteva leggere sul suo viso; al posto di essa, lentamente, snudò i denti bianchi in un sorriso ferino «Ti sdrumo...» sussurrò con voce roca «Non ho mai sentito minaccia più ridicola.»

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Ho conosciuto Magi da una fanart. Non ricordo neanche bene quando, probabilmente stavo svagheggiando su internet senza molto da fare, quando vidi un disegno ritraente Judal e i principi dell’impero Kou. Ho subito pensato ehi, questo personaggio è un figo sembra interessante, mi devo leggere il manga!
Attualmente, è la mia serie preferita.

  
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