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Autore: Take_Me_ Home    25/11/2013    3 recensioni
“Sei bella”.
“Cosa?!”.
“Quando sorridi, sei bella. Perché non lo fai più spesso?”, mi chiese ed io lo guardai son gli occhi spalancati.
“Perché poi la gente se ne esce con delle cazzate del genere, ecco il perché”, spiegai.
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cap 14 "In the bathroom...".

La porta si aprì all’improvviso, facendomi tornare sui miei passi.
“Ciao! Chi siete?”, ci chiese una voce femminile. Guardai la ragazza che ci aveva a aperto e riconobbi subito la sorella maggiore di Harry. Era proprio come me l’aveva descritta: bionda, alta, magra, con due occhi verdi così simili ai suoi... una figona in pratica. Da come me ne parlava si vedeva che si volevano bene. In più si somigliavano tantissimo.
“Ehm... io sono la...”, balbettai a disagio.
“La ragazza di mio fratello? Mi ha parlato così tanto di te! Entrate”, disse. Ma Harry non faceva altro che parlare degli altri? Boh, peggio di mia nonna con le altre vecchiette del suo paese! Seguimmo la ragazza di cui non mi ricordavo il nome dentro la casa che ormai conoscevo abbastanza bene. Guardai Carol e vidi dipinta sul suo volto la mia stessa espressione di quando avevo messo piede per la prima volta in quella casa.
“Attenta, così ti entrano le mosche”, la avvertii e lei mi guardò male. Mi trascinai dietro Carol fino al soggiorno, dove la sorella di Harry ci invitò a sederci sull’enorme divano. Fui quasi sicura di aver sentito gli angeli cantare nel momento esatto in cui mi sedetti. I miei piedi si unirono al coretto mandandomi a fanculo per tutta la strada che gli avevo fatto fare. Ignorai i miei piedi canterini e mi rivolsi alla sorella di Harry.
“Dovrei parlare con Harry, sai se...”, cominciai, ma lei mi interruppe subito.
“Dovrebbe tornare tra poco. Quando è uscito non aveva una bella cera. Mi ha detto solo che sarebbe tornato per cena. Sai cosa gli è successo?”, mi chiese la ragazza dagli occhi così simili a quelli di Harry.
“Be’, noi abbiamo... ecco...”.
“Litigato?”. Oh, ma questa aveva la brutta abitudine di non far finire le frasi alla gente?
“Sì. E’ stata colpa mia e vorrei chiarire tutto”, dissi velocemente per paura che mi interrompesse di nuovo.
“Oh, ok. Volete bere qualcosa?”, ci chiese... Gemma! Ecco come si chiamava!
“Un bicchiere d’acqua andrà bene, grazie”, risposi e Carol annuì. Gemma sorrise e scomparve in cucina.
“Allora? Cosa gli dirai?”, si impicciò Carol.
“Che Po dei Teletubbies in realtà è una femmina, che Lana Del Rey in realtà è una ragazza sempre ottimista e che il colore preferito di Cappuccetto Rosso è il giallo”, ironizzai. Lei si fece pensierosa.
“Senza offesa, ma non credo che gli interessino davvero queste cose”, disse infine. La guardai bene e no, non stava scherzando. Oh santa madre di tutti gli imbecilli, perché non te la sei tenuta?
“Carol, ti voglio tanto bene e lo sai, ma a volte sei più scema della sorella di Dexter”, le dissi e lei si offese, o almeno fece finta.
“Be’, almeno era carina”. Il rientro di Gemma la salvò dai miei pugni.
“Ecco l’acqua. Allora, Harry dovrebbe...”. Venne interrotta dalla porta d’ingresso che si apriva.
“Gemma! Sono a casa!”, disse quella voce. Non riuscii a controllarmi e il bicchiere mi scivolò di mano, frantumandosi su quel bel pavimento costoso.
“Oh, mi dispiace...”, balbettai.
“Gemma ma che...”, esclamò Harry, probabilmente sentendo il bicchiere rompersi e correndo in soggiorno. Si bloccò quando mi vide lì, seduta sul suo divano. Nei suoi occhi ci fu prima sorpresa, poi tristezza. Avrei voluto prendermi a calci in culo da sola per la mia stupidità, ero davvero riuscita a urlargli quelle cose? A lui poi, che mi aveva sempre aiutata.
“Lascia stare tesoro...”, mi sussurrò Gemma quando mi chinai a raccogliere i vetri per terra. La ignorai e continuai il mio lavoro. Tutto pur di non incrociare di nuovo quello sguardo carico di tristezza. Nella mia mente era stampata l’immagine di Harry ferito quando, solo poche ore prima, lo avevo cacciato da casa mia. Mi distrassi e...
“Ma porca...”, come una cogliona mi tagliai con un pezzo di vetro. Carol fece un salto e si rifugiò dietro la spalliera del divano. Non aveva mai sopportato la vista del sangue e in quel momento ero più preoccupata che svenisse che del mio dito sanguinante. Fui costretta ad alzare lo sguardo quando un ombra mi oscurò la luce calda del lampadario. Harry, quasi automaticamente, mi si era avvicinato per controllare che stessi bene. Ed io avevo cacciato un ragazzo così? Che il Signore mi fulmini all’istante.
“Dobbiamo disinfettare la ferita, vieni con...”, cominciò Gemma, ma Harry la interruppe. Ecco, allora era un vizio di famiglia.
“No, ci penso io”, le disse freddo. Mi fece segno di alzarmi e mi portò al piano di sopra, prima nella sua stanza e poi nel suo bagno personale. Non so perché mi stupii ancora di vedere in quanto lusso vivesse quel ragazzo. Di certo in una casa così, il bagno non sarebbe stato come il mio, ma quello superava di gran lunga tutte le mie aspettative.
“Siediti lì”, mi disse indicandomi la tazza. Ah, perfetto, ora dovevo anche sedermi sulla tazza di fronte a lui. Che cosa imbarazzante...
“Harry, non c’è bisogno di...”.
“Siediti, per favore”, ripeté e questa volta obbedii. Lo vidi trafficare con i cassetti per poi tirarne fuori una valigetta bianca. Senza fiatare mi si avvicinò e aprì la valigetta. Ne estrasse una bottiglietta bianca, che capii essere acqua ossigenata. Mi ci sciacquò il dito e poi me lo bendò con una garza. Quando ebbe finito rimise la valigetta a posto e si voltò nella mia direzione. Eccolo, il momento che aspettavo.
“Harry, io...”, cominciai.
“Perché?”, mi interruppe.
“Io non...”.
“Voglio sapere perché mi hai trattato così oggi”.
“E porca miseria se mi fai parlare ti spiego! Ma è proprio una cosa di famiglia questa!”, sclerai al limite della sopportazione. Lui mi fissò incredulo.
“Cosa?!”, mi domandò.
“Oh, lascia stare. Ascolta, non avevo intenzione di dirti quelle cose. Non le penso sul serio! Lo so che volevi solo difendermi, che non l’hai fatto con cattiveria, è solo che ero distrutta e non ho connesso il cervello alla bocca”, dissi tutto d’un fiato. Non disse niente, quindi continuai.
“Tutto quello che hai fatto è stato aiutarmi e senza di te probabilmente ora starei lavorando in un circo, quindi devo solo che esserti grata. Ma lo sai come sono, no? Penso una cosa e ne dico un’altra. Sono fatta così, e per quanto io odi il mio carattere, non posso cambiarlo. Ti giuro che non avevo intenzione di ferirti”, conclusi, abbassando lo sguardo. Lo sentii sospirare e per un momento temetti che se ne andasse, lasciandomi lì da sola, con il cesso e il lavandino. Chissà, magari la lavatrice si sarebbe anche divertita a prendermi in giro per la mia idiozia. Invece sentii la sua mano accarezzarmi la guancia, il che mi diede la forza di alzare lo sguardo.
“Non sono arrabbiato. O almeno, prima lo ero, ora non più. Sì, mi avevi ferito, ma più che altro non capivo il perché ti fossi rigirata così, come... un calzino”. No aspetta, cosa?
“Come un che?!”.
“Un calzino! Sai, quando li pieghi che li devi rigirare, così...”, lo interruppi.
“Harry, in questo momento non me ne frega un’allegra minchia di come si piegano i calzini”, ammisi ridendo. Niente oh, ormai al livello di idiozia mi aveva raggiunta.
“Va bene, casomai te lo spiego dopo...”. Oh signore...
“Harry! Vai al dunque!”, lo spronai ormai stanca della conversazione.
“Quello che volevo dire è che non sono più arrabbiato e che se mi sono innamorato di te è proprio per il tuo carattere, quindi non osare sottovalutarti così mai più. A volte si dicono cose che non pensiamo veramente, ho parecchie esperienze in questo. E poi ti capisco, stare con uno come me dovrebbe friggerti il cervello”, disse ridacchiando. Quando vidi i suoi occhi illuminarsi e quelle fossette farsi strada sulle sue guance gli angioletti di prima cominciarono a ballare la macarena. Sul serio mi aveva perdonato? Era tutto a posto ora?
“Quindi è tutto risolto?”, chiesi speranzosa.
“Sì, credo proprio di sì”, non lo lasciai neanche finire di parlare e gli saltai addosso stringendolo tra le mie braccia.
“Quindi non mi lascerai sola con la lavatrice che mi prenderà in giro, vero?”, gli chiesi mentre lo soffocavo.
“Cosa?!”, chiese mentre cercava di respirare. Mi staccai soddisfatta di averlo maciullato un po’ e ridacchiai.
“Mi sa che avevi ragione sul mio cervellino fritto”, risposi facendo spallucce. Lui scoppiò a ridere e con dolcezza mi riattirò a sé, mi prese dolcemente il viso e posò gentilmente le sue labbra sulle mie.
Dale a tu cuerpo alegrìa y macarena...
Cazzo, basta angioletti!
 
Uscimmo dal bagno e, mano nella mano, riscendemmo in salotto dove Gemma e Carol ci stavano aspettando.
“Ah, finalmente! Pensavamo che la tazza vi avesse trattenuti per parlare di quanto sia brutto il suo lavoro”, commentò Gemma. Carol invece decise di sperimentare tutte le tonalità di colori che conosceva quando vide le nostre mani incrociate.
“AVETE FATTO PACEEEEEEE!”, urlò come un’ossessa.
“Sì, ma ora calmati”, cercai di farla stare buona prima che si mettesse a ballare anche lei.
“No aspettate, voi avete chiarito tutto... nel cesso.”, affermò Gemma come se fosse la cosa più strana del mondo.
“Cosa c’è di strano?”, chiese Harry alla sorella.
“Be’, pensavo aveste scelto un posto un pochino più romantico...”, ammise, e come darle torto?
“E’ capitato così, ma non mi lamento. La carta igienica ci ha dato molto supporto”, lo avevo detto davvero? Harry aveva torto: il mio cervello non era fritto, ma inesistente.
“Ehm... ok, forse è meglio andare. Sai, tuo padre potrebbe...”, cominciò Carol, ma io la interruppi subito.
“Oh porco suino, mio padre! Se ci scopre mi terrà chiusa in casa fino ai miei 80 anni. Dobbiamo andare. Grazie di tutto Gemma”, dissi e, dopo aver dato un bacio veloce ad Harry mi catapultai fuori di casa strattonando Carol per un braccio.
“Ehi! Vuoi aspettare un attimo?”, si lamentò questa.
“Dillo tu a mio padre che sono andata a casa del mo ragazzo, quello che lui pensa mi abbia fatto cacciare da scuola, per fare pace con lui in un bagno!”, la sfidai correndo a perdifiato verso casa.
“Spero ci sia stato il profuma - ambienti almeno...”.
“CAROL! CORRI!”.
“Ok, ma stai calma!”. Dopo non so quanto tempo riuscii a riconoscere la mia via e rallentai il passo, fino a fermarmi definitivamente. Forse però avrei dovuto avvertire Carol perché, presa dalla corsa, mi era finita addosso e ci aveva trascinate entrambe a terra.
“Sarah! La prossima volta metti almeno le frecce”, mi rimproverò. Cercai di non far caso all’idiozia che era appena uscita dalla sua bocca e mi diressi verso la porta, cercando di tornare a respirare normalmente. Suonai e mio padre ci venne ad aprire.
“Alla buon’ora! Stavo per venire a cercarti”, mi disse severo. Io abbozzai un sorriso ed entrai in casa.
“Tranquillo papà. Il gelataio ci ha trattenute”, spiegai cercando di copiare gli occhi dolci di Carol.
“Ah sì? E perché?”. Eh ma vaffanculo.
“Perché... avevo solo monetine da 2 centesimi e ci ho messo tanto per pagare”, mi inventai sapendo che solo un idiota se la sarebbe bevuta.
“Ah ok, tutto bene allora”. Cosa? Perfetto, avevo scoperto da chi avevo ereditato il mio cervello inesistente.
“Allora io vado, ci vediamo” mi salutò Carol e uscì dopo avermi strizzato l’occhiolino.
Mio padre si diresse in cucina per preparare la tavola e in quel momento mi ricordai che non mi aveva ancora detto di cosa avevano parlato con il preside.
“Papà, cosa avete deciso tu e il signor Sallivan?”, chiesi timorosa. Lui sospirò e si chinò per prendere i piatti.
“Mi ha detto che per ora il tuo rientro non è previsto. Magari più avanti, ma dovrai dare degli esami per rientrare. Da qui ad un mese dovresti poter rientrare”, mi disse un tantino sollevato. Quindi avevo un mese di tempo per prepararmi a tutti gli esami che avrebbero deciso se sarei rientrata a scuola o no. Mi sentivo sollevata perché con l’aiuto di Harry sarei riuscita sicuramente a passarli.
Approfittai di quei minuti prima di cena per salire in camera mia e mandare un messaggio ad Harry.

Se tutto va bene tra un mese torno a scuola, ma avrò bisogno del tuo aiuto.
Sarah xx

Dovetti aspettare meno di due minuti per ricevere la risposta.

Sempre a disposizione. Dimmi solo quando e dove. Ti amo.
Harry xx

Dovetti combattere contro il mini infarto che minacciava il mio cuoricino, ma riuscii ugualmente a rispondere.

Ti amo anch’io.
Sarah xx

“Sarah! A tavola!”, mi chiamò mio padre dal piano di sotto. Scesi sorridente, sapendo che non avrei potuto fallire con Harry al mio fianco. Fatti sotto stupida scuola.
DON'T KILL ME PLEASE!
Sono passati quanto, 3 mesi? Mi dispiace tantissimooooooooooo!
Prima in vacanza non avevo la connessione, poi una volta tornata è ricominciata la scuola
e neanche immaginate le valanghe di compiti con cui devo combattere ogni giorno.
Poi, come se non bastasse, ultimamente sto sempre male.
Inoltre ho avuto anche problemi di cuore (i maschi sono proprio stronzi).
E va be', I'm back con un altro capitolo senza senso e orribileeeeee!
Un'ultima cosa. Ho praticamente abbandonato ogni ff che stavo leggendo, quindi mi impegnerò per rimediare subito.
Vi prego di scusarmi ancora, cercherò di aggiornare prima la prossima volta.


Ah, AVETE SENTITO MIDNIGHT MEMORIES?
Io l'ho ascoltato oggi perchè mi sembrava giusto così ed è assolutamente dshajkfhskjafhak.
Le amo tutte *-*

Sciao bele <3
  
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