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Autore: Colli58    01/12/2013    6 recensioni
La ragazza scosse il capo. “Mi piaceva di più quando ti teneva a distanza, ma anche lei è finita nel tuo letto come tante altre, solo che tu da quando c’è lei non vedi altro.”
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alexis Castle, Kate Beckett, Martha Rodgers, Richard Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Nel buio della stanza Alexis riuscì solo a rotolarsi così tante volte nel letto fino a far diventare nuovamente sé stessa il ripieno di un grosso cannolo di lenzuola e coperte. Era agitata. La nottata aveva in un certo modo portato il profetico consiglio, ma suo padre non aveva reagito benissimo alla sua notizia. Forse aveva ragione Pi, avrebbe dovuto aspettare che i tempi fossero più maturi, che Kate avesse ripreso il suo lavoro al distretto per poter avere suo padre in una condizione psicologica più favorevole. Certo non poteva aspettare fino alle loro nozze, ci sarebbe voluta una vita considerato che la data non era ancora stata fissata, ma se suo padre fosse tornato al distretto con Kate la sua mente sarebbe stata ottenebrata dalle mille elucubrazioni sui casi di omicidio e non sarebbe stato così ostico arrivare ad una soluzione pacifica.
Si alzò e accese la lampada costatando che erano solo le sei e trenta. Non aveva dormito granché e si domandò se suo padre se ne stesse sveglio ad arrovellarsi nei medesimi pensieri.
Ripensò all’accaduto e valutò che la presenza di Kate era stata più che provvidenziale per calmarlo, per farlo ragionare. L’aveva colpita la sua esclamazione di preoccupazione quando suo padre si era alzato e allontanato, arrabbiato con lei per aver incentrato tutta la discussione sulla sua gelosia invece che sui reali problemi della strada che stava per intraprendere. Purtroppo aveva capito lei stessa di aver fatto un enorme sbaglio a mescolare le due cose, portando suo padre a fraintendere le sue intenzioni. Non voleva manipolare la sua attenzione confondendole due discussioni. Lei era preoccupata per lui. Punto. Poi che la sua vita dovesse cambiare era una necessità che doveva accettare. Ma l’intervento di Kate e la sua partecipazione emotiva avevano riportato il suo possessivo padre a ragionare. L’accordo che avevano stipulato era certamente molto più di quanto si fosse immaginata per la giornata visti i toni delle parole che erano volate.
Però c’era un passo ancora importante da affrontare: Pi doveva parlare con lui e l’evento la preoccupava. Era evidente che non erano in sintonia, suo padre e Pi erano molto diversi, sia nella cultura che negli interessi. Parlavano letteralmente due lingue diverse e beh… suo padre era sulla difensiva. Era come fare breccia nelle mura del fosso di Helm senza l’uso dell’esplosivo.
Ma il primo passo era quello di poter saggiare il suo umore e la sua reazione al risveglio, durante la colazione. Quel momento poteva rivelarsi decisivo.
Di nuovo si trovò suo malgrado a contare su Kate per sperare nella possibilità che il padre potesse trascorrere una nottata rilassante, se così si poteva definire. Certo non voleva pensare al sesso, era un’immagine che non voleva crearsi nella mente, ma non era ingenua: poteva percepire con estrema chiarezza il magnetismo che legava i due, per come si giravano intorno anche solo per preparare una colazione. Il magnetismo lo aveva avvertito anche quando erano solo colleghi: i loro movimenti reciproci durate alcune delle serate passate a casa loro, risultavano misurati e controllati forzatamente come se lo starsi lontani ed evitare un qualsiasi contatto fisico costasse loro fatica. Quindi, per ironia del destino, lei era la l’unica che poteva in un modo o nell’altro calmare il padre, e nonostante fosse stata prevenuta nei suoi confronti, non come semplice donna, ma come detective le cui attività col padre risultavano rischiose per entrambi, doveva per forza contare su di lei per uscire in modo pacifico da quella situazione. Si sentì contorta e fuori tono. Non era da lei fare pensieri così contraddittori. Era un po’ come fare il gioco della margherita: mi piace e non mi piace.
C’erano molte ragioni per cui lei le piaceva, altre per cui lei indirettamente non le piaceva. Ma era il suo lavoro a non piacerle più? Oppure solo perché la loro unione aveva portato suo padre a sbilanciarsi di più?
Sbuffò. “Sì, Kate mi piace.” Ammise per la seconda volta in quella giornata. Oppure era la terza?
Se doveva andare oltre, quello era il pensiero che doveva governare la sua mente. Doveva lasciare suo padre nelle sue mani e per farlo doveva fidarsi. Lo aveva fatto per tanto tempo, doveva solo dimenticare che loro due erano fidanzati e che stavano per sposarsi.
Non era una cosa da poter dimenticare. Non poteva nemmeno dimenticare i precedenti matrimoni di suo padre, ma soprattutto i divorzi, li aveva vissuti tutti e due purtroppo.
“No, Kate è Diversa. Diversa.” Sorrise a quel pensiero. Lo era davvero molto.
Prese in mano la foto del giorno del diploma che se ne stava in bella mostra in una cornice sul comodino. Osservò con attenzione l’espressione del padre, chiedendosi quanto dolore nascondesse in realtà quel sorriso, soprattutto a causa di quello che gli aveva confidato la notte stessa. Aveva dissimulato tutta la sua disperazione pur di non deluderla. Passò delicatamente la mano su quei sorrisi. Era stata una giornata così bella, sbronza notturna a parte, tanto importante per lei da non aver notato nessun malessere negli occhi di suo padre. Ma forse lei si era solo convinta che il velo di malinconia che aveva scorto in lui fosse causato da quel rito di passaggio che prevedeva la sua crescita e il trasferimento al college. Così non aveva notato nulla di più. Un po’ quella rivelazione l’aveva lasciata di stucco. Suo padre era riuscito a staccare la spina con lei. Anche solo per una giornata e poi, il legame tra i loro due cuori si era comportato come un potente elastico che non si era rotto, ma aveva richiamato le due estremità l’una contro l’altra con più forza di prima.
Forse quello era stato destino. Forse quello era l’universo che parlava come spesso suo padre usava definire gli eventi chiave della vita.
E poi Parigi aveva reso le cose difficili e suo padre era diventato anche più protettivo, riportando la sua autonomia indietro di almeno 5 anni. Non ne avevano più parlato, come non aveva più fatto cenno a quell’evento che lo aveva messo di fronte ad una figura paterna di cui spesso si era fatto un’immagine ipotetica. Era come se suo padre avesse riposto tutto in un cassetto in attesa di qualcosa.
Era stato un anno di cambiamenti così radicali da portarli in luoghi della mente così distanti? Quell’evento li aveva allontanati nonostante tutto?
Pensò di nuovo al loro patto. Lei era la parte in vantaggio, non poteva negarlo, perché a lei piaceva Kate, un po’ meno i rischi del suo lavoro, mentre a suo padre Pi evidentemente non piaceva quindi la strada, che prevedeva essere in salita, si era sicuramente addolcita dalla volontà espressa di accettarlo per il bene del loro rapporto padre – figlia.
Nel caso infelice in cui suo padre avrebbe continuato a osteggiare la loro scelta, sapeva che doveva andare avanti per la propria strada. Ma la rottura con lui era un aspetto così doloroso anche solo da pendere in considerazione. Era già stato faticoso vedere quel suo allontanarsi, quel suo concentrarsi su Kate, l’idea di rompere definitivamente con lui la spaventava moltissimo. Si era comportata con decisione nel pomeriggio che a cena, ma la realtà dei fatti era diversa: anche se era arrabbiata con lui continuava a volergli un mondo di bene.
Le sue parole erano state accomodanti nonostante tutta l’amarezza con cui le aveva pronunciate, e non del tutto prive di comprensione. Quando le aveva chiesto se voleva che la sua proposta di pace divenisse un trattato non era stato imperioso, ma solo triste, amareggiato. Nemmeno lui voleva ferirla, questo lo aveva capito anche se gli era costato così tanto le aveva teso la mano.
Prima di congedarsi per la notte si erano salutati con un sorriso.
Doveva quindi essere fiduciosa e aspettarsi il meglio da lui. Era in grado di farlo, doveva soltanto capire le sue ragioni. Rise pensando che quel soltanto poteva diventare una barriera insormontabile. Tornò a sdraiarsi, tuffando la testa nel cuscino morbido. Era inutile continuare quel tormento. Tarda mattinata aveva detto Kate, probabilmente per far riposare suo padre e metterlo in grado di essere senziente e abbastanza riposato per ragionare o quantomeno per controllare la propria emotività. Sapeva davvero come trattarlo, non c’era nulla da obbiettare e la nottata stessa ne era un folgorante esempio. Però non sembrava ci fosse nulla di sbagliato, i modi di Gina e quelli di sua madre erano stati ben più manipolatori. Kate sembrava soltanto essere lì per sostenerlo, non per imporgli il suo pensiero. Era un buon inizio, un buon auspicio per il futuro che lo aspettava. Alexis strinse le labbra.
Era stata precipitosa. Sua nonna aveva avuto ragione e lei si era comportata come una ragazzina gelosa. L’immagine che aveva dato di sé poteva sembrare davvero odiosa, però anche lui…
In fondo le proprie preoccupazioni erano vere e non solo ipotesi astratte. Sospirò stremata. Chiuse gli occhi trattenendo la cornice sul suo petto. “Conto su di te papà…” Mormorò.

Quando Kate aprì gli occhi si trovò di fronte l’espressione buffa di Castle ancora sprofondato nel sonno. La mano di lui appoggiata sul suo fianco e le proprie mani affondate nel suo torace caldo. 
Sbuffò trattenendo un sorriso. Era adorabile e le sue labbra carnose si muovevano leggermente durante le respirazione. Cercò di non muoversi per evitare di svegliarlo, ma cercò di capire l’ora dalla luce che filtrava attraverso la finestra oscurata. Doveva essere mattina presto a giudicare dalle sue abitudini, lei si svegliava poco prima delle sette per prepararsi ad andare al lavoro. Potevano però essere già le otto passate vista la luce del giorno. Sospirò compiaciuta del tepore del letto e del corpo di Castle accanto al suo. Le sue mani ancora appoggiate a lui cominciarono a sentire il bisogno di muoversi, di accarezzare quell’enorme torace caldo.
Pensò a quanto le era mancato mentre se ne stava in un letto sola a Washington. Quanto le era mancata la sua presenza intorno mentre discutevano il caso. La sua presenza in macchina, le sue strampalate teorie che per l’ambiente FBI forse non erano poi così improbabili. Non poter discutere il caso, non poter condividere le proprie divergenti opinioni sui sospettati.
Non poter condividere il caffè alla mattina, il divano comodo davanti alla tv, il cibo cinese o italiano.
per quanto le avesse fatto male l’essere stata licenziata dall’FBI valutò che quel posto era il luogo in cui voleva stare. Un luogo non solo fisico. Castle era la differenza abissale tra un lavoro impegnativo ma annichilente e una vita vera e piena. In fondo lei voleva quella vita piena, ne era stata certa quando aveva acconsentito a sposarlo.
I suoi sentimenti per lui la stavano rendendo poetica e sdolcinata ma si sentiva elettrizzata da quella rivelazione quasi come una ragazzina.
Si concentrò sul calore del letto e cercò di ignorare l’impellente esigenza di muovere i piedi. Era troppo presto per svegliarlo, così abbassò il capo e si impose di dormire ancora un po’, ma mentre muoveva involontariamente i piedi intorpiditi sentì la mano di lui aprirsi ed afferrare il suo fianco in modo più deciso. Si sentì trascinare verso di lui. Alzò lo sguardo e vide due occhi socchiusi, ancora assonnati e un sorrisetto compiaciuto. “Mi piace il tuo profumo di ciliegie…” mormorò affondando il naso nei suoi capelli.
“Da quanto sei sveglio?”
“Mezz’ora forse di più, non so.”
“Hai finto di dormire?” Chiese Kate stupita.
“Si, detesti che io ti guardi dormire.” Rispose con voce grave e tornando a chiudere gli occhi.
“Beh, è inquietante.” Sbottò Kate con un mezzo sorriso. Quella discussione tornava spesso, ma in verità aveva smesso da molto di trovare inquietante il suo sguardo su di sé. Solo avrebbe dato chissà cosa per sapere cosa stesse pensando mentre lo faceva. Non aveva mai avuto il coraggio di chiederglielo, non per paura di chissà che risposta, ma solo perché Rick sapeva essere disarmante nei momenti di dolcezza e a lungo non si era sentita pronta ad un discorso disarmante.
“Non direi, sono il tuo fidanzato, non un serial killer maniaco.”  Replicò lui posandole un bacio sulla testa.
“A cosa stavi pensando?” Chiese lei quindi trovando il momento idoneo a quella domanda.
Castle inspirò. “Ti contemplavo, non pensavo a molto.” Rispose con leggerezza.
“Tu pensi anche quando dormi Rick, non mi sembra una cosa da te.” Kate fece scorrere le mani su suo torace fino ad arrivare ai suoi fianchi. Con un braccio cinse la sua vita, con l’altro tornò a far scorrere la mano verso il suo petto.
“Non ti sfugge niente detective. Sei preoccupata delle mie malsane elucubrazioni?”
“Stanno per finire in un tuo libro?” rispose lei di rimando.
Lui si allontanò per guardarla negli occhi. “No, questa sei tu, sei la mia Kate e non Nikky Heat.”
Colpita e affondata. Risposta disarmante come previsto. Kate sorrise. 
“Quindi a cosa pensavi?”
“Che sei bellissima anche quando sei senza trucco e con i capelli arruffati dal sonno. Che sei adorabile quando sei rilassata e non mi strapazzi. Il tuo odore di ciliegie mi attira come un’ape sul miele e non so perché riesco a trovarlo più eccitante di un afrodisiaco. Che mi sento fortunato e che sono molto innamorato di te a tal punto da litigare con me stesso per decidere se svegliarti per fare l’amore o continuare a lasciarti dormire tranquilla.”
Kate deglutì. “Non stavi pensando a nulla direi…” rispose con un velo di ironia ma spiazzata dalla seconda bordata di pensieri disarmanti e bellissimi.
Lui annuì. “Quindi che lato di te ha vinto?”
“Nessuno dei due, il lato eccitabile ha avuto partita vinta in quanto tu ti sei svegliata da sola, ma quello responsabile ha voluto fingere di dormire perché si sentiva in colpa per averti tenuto in piedi stanotte e per averti fatto prendere freddo.” Valutò con un tono più divertito e Kate allungò le dita della sua mano fino a toccare le sue labbra.
“Ma mi hai scaldato.”  Rispose con serietà. Castle sembrava stranamente sereno rispetto ai tormenti di quando erano tornati a dormire, il sonno ristoratore aveva dato i suoi frutti. “E che frutti…” pensò vedendolo sorridere allegro, distratto ed eccitato.
“Lo so, ma voglio ancora fare l’amore con te.” Le sue mani cominciarono a risalire lentamente lungo la pelle della sua schiena, sotto la sua maglia abbondante.
Lei alzò il viso e aprì la bocca accogliendo un bacio famelico. Kate si sentì di nuovo prendere fuoco come era successo nel pomeriggio del giorno prima. Rise mentre le solleticava la schiena all’altezza del suo reggiseno, nell’intento di slacciarglielo, cosa che accadde dopo soli pochi secondi. Liberò le sue gambe da quelle di lui mentre si sollevava sulle le braccia per guardarla meglio.
“C’è ancora molto tempo perché sia tarda mattinata…” ammiccò lei divertita, dandogli il via libera. Lui sorrise estasiato e con gli occhi fiammeggianti di eccitazione.
“Niente blocco delle coccole?” Chiese con uno sguardo pungente.
“Nessun limite…” rispose Kate mordendosi le labbra.
“Non raffreddarti di nuovo, chiudo la porta…” Mormorò uscendo dalle coperte e andando a chiudere a chiave la porta d’ingresso, tornando verso il letto si levò la maglietta e la gettò per terra, senza scollare gli occhi da Kate che lo guardava con altrettanta avidità. Kate alzò le coperte per agevolare il suo ritorno ed insieme scomparvero in un igloo di lenzuola.
Un paio di ore dopo la doccia calda cadeva lungo i loro corpi ancora uniti sotto la doccia. A dividerli solo un misero velo di doccia schiuma. Castle fece scorrere le sue mani sulla schiena di Kate, ancora ebbro del piacere che avevano condiviso, completamente perso nelle sensazioni stupende che gli stava regalando la sua pelle di seta e l’acqua calda che li stava fasciando.
Il viso affondato nel suo collo, le mani di lei tra i suoi capelli, e miliardi di piccole scosse elettriche che lo pizzicavano sul tutto il corpo come effetto collaterale del contatto tra i loro corpi.
Kate alzò la sua testa con le mani, cercando di guardarlo negli occhi nonostante l’acqua continuasse a scorrere. “E’ ora di uscire…” mormorò riportandolo alla realtà. “Ti aspetta un compito importante stamattina.” Aggiunse seria.
Lui mugugnò dispiaciuto dall’aver perso quel contatto con il suo collo.
“Non intendo mancare, non ti preoccupare.” Rispose con serietà. Lei gli sorrise facendogli scivolare le dita sul viso. La barba era ricresciuta, gli piaceva anche così.
Castle chiuse l’acqua mentre Kate allungava una mano verso l’apertura del box doccia.
Riacquistarono il controllo dei propri arti fino a raggiungere i loro accappatoi, ma Kate si infilò in quello di lui, permettendo ai loro corpi di stare uniti ancora qualche secondo. Lui chiuse il grande accappatoio dietro la sua schiena e la strinse a sé sospirando.
“Grande risveglio…” mormorò compiaciuto ma stavolta con uno sguardo serio.
“Meriti una colazione con i fiocchi!” Aggiunse facendo scorrere su e giù le mani sulla sua schiena per asciugarla.
Lei negò con il capo. “Tu raditi e finisci di prepararti, mi asciugo per bene e la colazione te la preparo io.”
“Ma hai già preparato la cena ieri sera.” Replicò curioso.
Kate sorrise tornando a liberarsi delle sue braccia e del suo comodo accappatoio formato coppia.
“Vorrà dire che mi porterai la colazione a letto in altre occasioni.” Lui annuì compiaciuto osservandola fasciarsi in una spugna e asciugarsi rapidamente. La osservò frizionarsi i capelli e correre scalza verso la stanza da letto per recuperare dell’intimo. Era spettacolare e inebriante in ogni sua forma.
Si guardò allo specchio, pensando a quello che doveva fare.
Si sentiva bene, la mattinata con lei era iniziata in modo strepitoso, ma sapeva di non poter scappare alle sue responsabilità di padre anche se in quel preciso istante avrebbe voluto rapire la sua conturbante musa e strascinarla negli Hemptons per una lunga maratona che avrebbe replicato in piscina quanto successo sotto la doccia.
Però doveva affrontare un discorso padre / fidanzato della figlia, una di quelle cose per cui nonostante ci fosse la necessità dell’uso della parola, cosa in cui era anche piuttosto abile, non si sentiva né pronto né all’altezza.
Allo stesso tempo non voleva deludere la sua famiglia, ma davvero non sapeva che cosa fare, da che parte iniziare. Sapeva di dover evitare il panico. Sapeva di non doversi arrabbiare e provare a trovare un filo logico nei discorsi sgrammaticati di Pi.
Si guardò di sottecchi. No, quel pensiero non era adatto ad aprire la mente ed evitare di partire prevenuto. Guardò i propri occhi stanchi, ma ancora eccitati dalle ultime due vivacissime ore di gioco con Kate e non se ne pentì nemmeno per una frazione di secondo.
Si preparò la schiuma da barba e se la spalmò sulle mani prima di metterla sul viso. Ci giocherellò un po’ facendo una scultura. Cercò di scolpirci una Devil Tower ma capì come mai anche il protagonista di Incontri ravvicinati del terzo tipo non ci fosse riuscito. Si applicò per lunghi minuti fino a che si trovò di fronte ad uno sguardo tra il divertito e l’accigliato. Sorrise con un’espressione colpevole a Kate che lo guardava dallo specchio sulla porta del bagno. Si era già rivestita con una tuta comoda e aveva i capelli ancora umidi ma li stava ancora frizionando con una spugna. Si avvicinò a lui e gli diede un leggero colpo con la spalla.
“Cosa ti sembra?” Chiese Castle mostrandole la mano coperta di schiuma da barba.
“Un modo per tergiversare.” Rispose lei con un leggero cipiglio. Lui capì che non era realmente arrabbiata ma annuì.
“Preparo la colazione.” Aggiunse lei dandogli un sonoro schiaffo sulle natiche che lo fece ridere.
“Scappa piccola perché potrei ricominciare.” La minacciò e lei si allontanò ridendo per nulla intimorita, allacciandosi i capelli umidi in una coda alta.

Martha scivolò fuori dalla propria stanza fasciata nella sua sgargiante vestaglia da notte. Quello che aveva sentito durante la notte, il simposio rappacificatore tra figlio e nipote le era sembrato un passo grandioso e la presenza di Kate era stata indubbiamente regolatrice. Aveva fatto un po’ da refrigerante per Richard e una voce obiettiva per Alexis.
Si avvicinò a passi lenti verso il divano e guardò Pi ancora immerso nel sonno.
“Pi è ancora vivo…” mormorò sorridendo. Nello stesso istante Kate uscì dallo studio di Rick e i loro sguardi si incrociarono. “Kate è ancora viva…” Le disse indicandola con la mano. Kate la raggiunse sorridendo.
“Stai facendo la conta dei feriti?” Le chiese accettando di buon grado l’abbraccio materno della donna.
“Meravigliosa creatura, direi di sì.” Rispose dirigendosi con lei verso la cucina cercando di evitare la roba di Pi sparsa sul pavimento.
“Richard?” Chiese infine bisbigliando.
“E’ in bagno. Leggere contusioni, una seria ferita all’orgoglio paterno. Prognosi incerta, forse qualche giorno, forse qualche decennio.” Rispose in modo professionale.
“Ah! Il mio bambino non cambierà mai.” Valutò la donna sorridendo con ironia.
“Alexis?”
“Qualche contusione con prognosi direttamente proporzionale a quella del padre.” Valutò scuotendo il capo.
“E tu mia cara? Tutto bene?” Kate sembrava radiosa e rilassata agli occhi di Martha, quella pace che una donna viveva subito dopo una tempesta ormonale molto ben condivisa con un uomo.
Kate distolse lo sguardo da quello indagatore di lei e annuì. “Tutto ok Martha.” La donna le pose la propria mano sulla sua.
“Il tuo intervento è stato meravigliosamente provvidenziale.” Commentò.
Kate negò con il capo. “Non ti devo raccontare nulla immagino…”
“Detective fino al midollo?”
Kate le indicò la vestaglia. “Corpo del reato vistoso, impossibile da non notare…” si giustificò sorridendo. “Ma non ho proprio messo in atto la tua strategia.” Valutò corrucciata.
La donna la guardò con sorpresa giocherellando con la propria vestaglia. Poi strinse gli occhi in uno sguardo penetrante e batté sulla sua mano un paio di buffetti soddisfatti.
“Tu mia cara sei una sorpresa continua. E non immagini quanto questo mi faccia felice.” Ribatté tornando a cercare nel frigorifero una bevanda dissetante.
“Almeno non del tutto…” confessò Kate pensando a quanto successo poco prima in camera da letto.
Martha sorrise e annuì. “Hai ottenuto uno splendido risultato comunque.”
Kate cercò nella credenza il necessario per cucinare una colazione degna degli esuberanti sforzi del suo uomo, scoprendosi affamata.
“E poi confesso che adoro sapere che ti presenterai in cucina con qualcosa addosso.” Valutò Martha muovendo le mani in direzione dei pantaloni di Kate la quale sgranò gli occhi e poi li richiuse ricordando il fastidio che aveva provato nel vedere Meredith gironzolare per la cucina con addosso niente più che la propria biancheria. Annuì sorridendole. “Eh già…” replicò scambiando uno sguardo d’intesa con la donna più anziana.
“Vuoi che ti cucini qualcosa Martha?” Chiese quindi cercando di farsi un’idea di cosa preparare.
La donna sorrise. “Fai tu, qualsiasi cosa faccia piacere a Richard farà piacere anche a me. La giornata deve incominciare bene e dal tempo che si sta prendendo in bagno direi che è già iniziata in modo interessante per lui.”
Kate arrossì sotto lo sguardo ammiccante di una donna che aveva già capito tutto. E poi era lei la detective fino al midollo. “Le tue previsioni per l’incontro fatidico della giornata?” Chiese quindi per sviare il discorso.
Martha sorseggiò il suo succo di albicocche con la stessa grazia di un flute di champagne, sedendo composta sullo sgabello. Martha era sempre una diva anche all’alba. Del resto raramente si mostrava senza un po’ di trucco per ringiovanirsi.
“Nuvole all’orizzonte ma con potenziale sereno a fine giornata. Ho fiducia in Richard… e nel tuo savoir faire.”
Kate sorrise versando latte e farina in una ciotola per preparare l’impasto per le frittelle. Prese dal frigorifero alcuni pezzi di frutta già sbucciata e li tagliò a dadini versandoli nell’impasto.
“Lo spero anche io Martha, non è piacevole vedere certi scontri tra loro.” Valutò abbassando ulteriormente la voce. “E doloroso vederlo così arrabbiato, così ferito.”
Martha tornò ad avvicinarsi a lei. “Seriamente bambina, tu sei la cosa più bella che potessi sperare per mio figlio.” Le disse mettendole una mano sulla spalla.
“Ed eccolo qui il nostro eroe!” Disse con un tono di voce più acuto, ma sempre cercando di mediare per non svegliare Pi, che a giudicare dal fatto che non si era ancora destato aveva il sonno pesante come un macigno.
Castle sopraggiunse, sbarbato, pettinato e con addosso una comoda tuta.
“Buongiorno mamma…” replicò Castle sporgendosi per controllare la presenza di Pi sul divano e non certo per verificare se dormisse o meno.
Kate sorrise e lui andò a dare un bacio in fronte a sua madre. Poi si voltò verso Kate e aggiunse.
“E di nuovo buongiorno a te mia signora…” le disse prendendola per i fianchi e dandole un bacio sulle labbra. Kate arrossì di nuovo, ma lo lasciò fare. Era di buon umore, meglio assecondarlo.
“Frittelle!” Commentò felice all’indirizzo dell’occupazione di Kate la quale roteò gli occhi. Non sarebbe certo cambiato, ma nemmeno voleva che accadesse. Quale uomo si alzava dopo una notata passata a farsi domande sul futuro della propria figlia e riusciva ad essere felice anche solo per una semplice colazione a base di frittelle?
“Programmi per la giornata Richard?” Lo stuzzicò Martha mentre lui abbandonava il contatto con Kate e andava a cercare la paletta per rivoltare le frittelle nei cassetti della cucina. Poi prese il necessario per friggere e accese la piastra sotto la padella con olio e in cui fece scivolare voluttuosamente una noce di burro.
“Una tarda mattinata di apertura e dialogo…” Mormorò serio tornando accanto a Kate e scambiando con lei uno sguardo di assenso.
“Goloso fino all’ultimo.” Lo stuzzicò Kate osservando il burro sciogliersi e fare quella schiuma bianca che rendeva i dolci fritti più buoni ma anche più pesanti.
“Assolutamente. Ho bisogno di calorie.” Osservò facendole l’occhiolino.
“Se dovessi allontanarmi troverei ancora una casa al mio ritorno?” Aggiunse Martha.
Rick la guardò con quello sguardo sornione di chi sta sulla difensiva.
“Mamma, crollerà il mondo ma tu sarai sempre qui.” Rispose annuendo.
Martha rise allegramente. Richard era tornato sfacciato e sarcastico, ottimo segno, significava che stava bene.
Alexis scese le scale già vestita e pronta per la colazione. Guardò la famiglia riunita in cucina e Pi dormire profondamente.
“Non si è svegliato?” Chiese incuriosita. Martha le sorrise.
“Buongiorno tesoro.” Le disse andandole incontro e dandogli una abbraccio.
“Ehi…” la salutò Castle un po’ teso nel vederla e Kate si limitò a sorriderle e a farle cenno con il capo.
Martha indicò Pi e poi scosse il capo. “Forse le cannonate tesoro, ma finché dorme lasciamolo riposare.”
Alexis annuì. “Ieri sera è tornato tardi.” Spiegò giustificandolo.
Castle rigirò le frittelle che Kate aveva delicatamente immerso nell’olio e attese che fosse Alexis stessa ad avvicinarsi a lui.
“Siamo golosi stamattina.” Valutò la ragazza scoccando al padre uno sguardo severo prima di sciogliersi in un sorriso.
“E’ solo per stamattina.” Rispose lui rispondendo al sorriso con un gesto della testa. Alexis rise e andò a dare un abbraccio al padre e Kate e Martha si guardarono sorridendo complici.
“Primo scoglio superato.” Pensò Martha e a giudicare dal respiro profondo preso da Kate anche lei aveva avuto il medesimo pensiero. Nonostante tutta la tensione che tra i due poteva ancora sentirsi, il passo di riconciliazione era stato fatto. Martha osservò Kate e Alexis parlare piano della colazione e interagire senza tensione. Tra le due non c’erano scogli. Alexis aveva forse capito di essersi comportata da ragazzina immatura nei suoi confronti a giudicare dalla serenità con cui stavano ridendo del contenuto calorico della colazione.
Su quel fronte la guerra era chiusa con trattato di pace ratificato. Dal lato padre figlia forse la tregua stava giungendo al trattato, ma c’era ancora una voce da discutere prima di poter chiudere definitivamente le belligeranze.
Pi sbadigliò rumorosamente muovendosi sul divano e aprendo gli occhi annebbiati sull’intera famiglia Castle al completo in cucina. Si mise a sedere e sorrise stropicciandosi il viso.
“Buongiorno famiglia Castle…” Mormorò. “In questa casa le riunioni familiari sono un’abitudine?” Chiese quindi incuriosito mentre Alexis andava a dargli il buongiorno.
Alla spicciolata tutti risposero al suo saluto.
Martha e Kate notarono l’imbarazzo di Castle mentre Alexis dava un bacio al suo ragazzo. Kate gli diede una leggera spinta con la spalla. “Lo hai fatto anche tu poco fa davanti a tua madre.” Mormorò a denti stretti.
Lui la guardò “Mia madre è abituata io…” fece una smorfia e Kate lo riprese con lo sguardo.
Martha scosse il capo.
Pi si alzò stiracchiandosi poco elegantemente e Alexis lo trascinò al piano di sopra per prepararsi.
Martha sorrise. “Beh, di sicuro una tradizione di famiglia c’è: quella che le donne si impongono sui propri uomini.”
Castle si girò per commentare ma riuscì ad evitare di formulare ad alta voce una battuta poco gentile nei confronti di sua madre. Non se lo meritava in fondo, lei non aveva avuto tutte le colpe per il suo passato.
Kate si sorprese a scrutare la sua espressione d’un tratto fattasi seria e gli chiese tacitamente che cosa lo turbasse. Lui scosse il capo incrociando il suo sguardo. “Era solo un pensiero…”
Martha preparò la tavola e aiutò Kate a preparare frutta per Pi. Castle finì di cuocere le frittelle e le mise in tavola con lo sciroppo. Giocherellò in silenzio con le gocce di cioccolato e poi tornò a guardare Kate affaccendata in cucina. Preparò il caffè e si dedicò a fare un paio di ricami sulla schiuma del cappuccino senza staccare gli occhi da lei. Era così a suo agio in cucina, con sua madre, in quella casa.
Era felice di averla riavuta a New York, felice di poter lavorare con lei di nuovo. Orgoglioso di poter avere una creatura tanto speciale da amare e con cui confidarsi oltre sua madre, quella sua felicità doveva per forza essere oscurata della decisione di Alexis di abbandonare la loro casa? Perché non poteva rimandare il tutto, magari di qualche decennio? Strabuzzò gli occhi e si trovò a dover evitare gli sguardi attenti di Kate e Martha che sembrava lo stessero osservando con estrema attenzione. Erano preoccupate, non aveva dubbi e lo stavano monitorando. Era quasi sicuro che da qualche parte in quella casa ci fosse un apparato a cui una sonda impiantata di nascosto nel suo cuore stava inviando messaggi sul suo stato d’animo. Loro capivano tutto. Sapevano tutto. Quello sì che era realmente inquietante: essere un libro aperto per le sue donne.
Alexis tornò a scendere le scale e si diresse decisa ad aiutare le altre due donne di casa.
Castle si sentì molto orgoglioso di essere il re di quel regno, e un po’ meno nel dover trovare il modo di accettare che la sua giovane ape regina sciamasse in un altro alveare. Rassettò il soggiorno e riordinò il divano smontando il giaciglio di Pi.
Alexis gli si avvicinò.
“Papà?” Lo richiamò e lui si voltò con un sorriso.
“Volevo solo dirti che ieri sera…”
“Tesoro troveremo una soluzione ok?” La fermò lui con dolcezza. Sorrise alla sua bambina pensando a quanto fosse cresciuta.
“Non volevo mischiare i due argomenti volontariamente papà. Non volevo che fraintendessi…” iniziò a dire.
Castle le fece cenno di seguirla nel suo ufficio.
Kate e Martha seguirono la scena con interesse sempre più crescente, e con un velo di apprensione.
Alexis sorrise sedendo sulla poltrona davanti al padre.
“Ho sbagliato a mischiare le due cose, la mia gelosia per Kate e Washington con la decisione di andare a vivere con Pi. Non voglio prenderti in giro o manipolarti. Ieri sera quando ti sei arrabbiato ho capito di aver sbagliato tutto in quel discorso. Sono cose diverse.” Si scusò contorcendosi le mani.
Castle sospirò. La guardò seriamente e prendendosi il giusto tempo per cercare le parole.
“Non nego che la cosa mi abbia ferito molto, ma sono felice che tu me l’abbia detto.” Castle le sorrise e inlei si sciolse un nodo sul cuore.
“Non sei mai stata così, non volevo credere che tu fossi così…”
“Contorta? Malvagia?”
“Sì.” Rispose l’uomo.
“Hai pensato che fossi come mamma?” Commentò Alexis con un mezzo sorriso. Lui la guardò sorpreso.
“Esattamente come lei. E questo sì che mi ha terrorizzato!” Ironizzo.
“Beh… non voglio essere come lei. Le voglio bene ma non un mio modello di vita.” Valutò Alexis.
Castle sorrise. “Ma stato più d’accordo.”
“Non ne ho parlato con lei di questa decisione.” Aggiunse mordendosi le dita.
Castle si limitò ad annuire.
“Non mi chiedi il perché?”
Lui scosse il capo. “Tua madre non ha preso una decisione con te da sempre, non c’è stata per nessun tuo passo importante, lei arrivava a cose finite e fingeva di aiutarti regalandosi una vacanza costosa dove voleva lei. Non è un persona su cui contare.”
“Appunto. Ma voglio contare sempre su di te papà, anche se ultimamente siamo in disaccordo. Tu, nonna… e perché no anche Kate.” Spiegò con fervore sporgendosi avanti col busto.
“Kate lo sai ha avuto una vita difficile. Ma aveva una madre davvero speciale e che le è stata accanto fino a che non gliel’hanno strappata via. Sa cosa significa avere una famiglia unità. Lei ha perso molto oltre alla madre. Non vuole essere una ragione di rottura tra noi. Potrà esserti d’aiuto molto più di tua madre. Ne sono più che certo.” Lei sorrise annuendo.
“E’ una donna in gamba.” Mormorò Alexis.
Castle si sporse verso di lei. “Manterrò la mia promessa zucca, parlerò con Pi e cercherò di esservi d’aiuto. Sei più importante di qualsiasi litigio. Però non voglio vederti gettare la tua vita. Vuoi contare su di me? Fallo sempre e torna a casa se le cose non funzionano. Non fare i miei stessi errori tesoro.” Lo sguardo serio del padre la fece commuovere. Gli occhi divennero rossi.
“Funzionerà papà. Fidati.”
Lui scosse il capo. “E se non funziona non nascondermelo. Io sarò qui.” Disse puntando con forza il dito indice verso il basso.
Alexis si alzò e sedette accanto a lui abbracciandolo. Poi si scambiarono un nuovo sorriso e lei tornò in cucina velocemente, per essere d’aiuto.
Castle uscì dal proprio ufficio sotto lo sguardo vigile di Martha e Kate, e sorrise loro camminando lentamente.
Si diresse alla porta per andare a ritirare la posta.
Uscì completamente immerso dal pensiero positivo che sua figlia aveva preso ben poco dell’indole volubile della madre. Sapeva che quando perseguiva uno scopo lo faceva con serietà e impegno lodevoli e avrebbe fatto il possibile, ma desiderava che lei potesse tornare indietro senza sentirsi umiliata nel caso in cui qualcosa fosse andato storto.
Quando rientrò Pi stava scendendo le scale a lunghi passi. Si fermò accanto a lui sull’ultimo gradino e tornò ad osservare le sue tre donne affaccendate in cucina.
“Sono tre splendide donne Mister C e lei deve andarne davvero fiero.” Esclamò Pi e lui si ritrovò a guardarlo come se lo vedesse per la prima volta.
Non immaginava che da una creatura tanto astratta uscisse un’espressione tanto bella.
Annuì col capo. “Sì, ne sono fiero. E sono anche molto protettivo nei loro confronti.” Aggiunse seriamente.
Pi strinse le labbra sotto i suoi baffetti. “Sono davvero fantastiche e la capisco. Aspetto con ansia di poterle parlare in privato.” Rispose allontanandosi e andando a prendere il suo posto al tavolo da pranzo.
Castle si appoggiò alla balaustra delle scale dondolando la posta che aveva in mano distrattamente.
Forse c’era una speranza per Pi.

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Rieccomi! Papiro day... scusate, ho elucubrato molto nelle settimane passate.

  
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