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Autore: Preussen Gloria    08/01/2014    6 recensioni
"Il vostro bambino è nato qui?"
"Sì..."

Odino ha punito Thor ma non l'ha fatto per sopprimere la sua arroganza.
“Dovete essere molto disperato o molto sciocco per aver lasciato che vostro figlio nascesse su Jotunheim, principe di Asgard,”
"Non è mio figlio..."

Odino ha condannato Loki ma non per i crimini da lui commessi.
"Pensavo fosse tuo..."
"Sì, lo è. Solo che non è mio figlio."

Entrambi sono stati maledetti per espiare il peggiore dei peccati.
"Il neonato che tieni in braccio è mio fratello."
Ma non esiste maledizione che possa convincere Thor ad abbandonare Loki.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Loki, Thor
Note: Cross-over, Movieverse | Avvertimenti: Incest
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III
Seiðr
[Asgard, oggi.]

Di tutti i doni che la regina gli faceva, i libri erano l'unica cosa che Loki toccava.
Erano qualcosa che gli ricordava casa.
I libri erano sempre uguali, sia su Midgard che su Asgard.
Potevano avere diverso colore o dimensione ma, in qualunque mondo andasse, rappresentavano la conoscenza.
E Loki era affamato di conoscenza. 
Sua madre soleva ripetere che era un bisogno con cui era nato. Non era mai stato un bambino capriccioso, particolarmente vivace o disubbidente. Poteva essere dispettoso, alle volte ma, più di ogni altra cosa, era curioso.
Fin da neonato, non riusciva a resistere per molto isolato dagli stimoli.
Il buio ed il silenzio lo terrorizzavano.
Con pazienza, suo padre lo stringeva al petto per farlo sentire protetto dai mostri nei suoi incubi. 
I suoi genitori non lo avevano mai rimproverato, quando, anche da grande, usciva dal suo letto per infilarsi in quello di suo fratello. La notte era la parte peggiore, per lui.
Aveva sempre convissuto con il terrore che non potesse finire più, che potesse inghiottirlo e portarlo via dalle persone che amava. 
Quando lo avevano portato via da casa e lo avevano sbattuto in quella camera grande, vuota e piena di rumori, era stato un trauma per lui. Non aveva importanza che il cielo di Asgard fosse trapunto di stelle ogni notte.
Suo padre non era lì.
Sua madre non era lì.
Suo fratello era a qualche stanza di distanza ma gli sembrava lontano anni luce.
Spesso, Loki si raggomitolava sotto le coperte trapunte d'oro e chiudeva gli occhi. S'immaginava la voce dolce della mamma. Cercava di sentire l'abbraccio caldo del suo papà. Muoveva le dita incosciamente, alla ricerca della mano fredda di Magni.
Se era fortunato, riusciva anche a dormire, fino a che gli incubi non tornavano a fargli visita.
Oppure, era costretto a prendere uno di quei libri voluminosi e a coprire quel silenzio con il rumore di tutte le parole che la sua mente poteva registrare.
I libri lo facevano sentire meno solo.
La presenza della regina, invece, non faceva che ricordargli quanto gli avevano portato via, senza nemmeno spiegargliene il motivo.
"Stai ancora leggendo?"
Il sorriso di Frigga era dolce.
Alle volte, Loki si sentiva in colpa per non poter ricambiare i suoi sentimenti.
"Sono felice che ti piacciano."
"Vi ringrazio..." Mormorò il ragazzino, senza alzare gli occhi dalla pagina del suo libro.
"Avevi tutti questi libri anche su Midgard?"
Ed ecco che ricominciava l'indagine approfondita sulla sua vita, portata avanti con tono casuale.
"Non avevo bisogno di tutti questi libri a casa, per coprire il silenzio nella mia testa."
Frigga si sedette sul letto e lo squadrò con attenzione, "e cosa facevi, a casa, quando non leggevi?"
"Giocavo con mio fratello."
Frigga non si aspettò quella risposta. Loki lo capì dal breve silenzio che seguì, "il vecchio Loki non soleva giocare con mio padre?"
La regina abbassò gli occhi, in difficoltà, "da bambini," rispose, "raggiunta l'età tua e di tuo fratello, si erano allontanati molto."
"Lo so," Loki annuì, "papà me lo ha raccontato."
"Allora perchè me lo hai chiesto?"
"Volevo vedere se mi avreste mentito."
Frigga gli passò una mano tra i capelli, "continui a dormire male."
Loki la guardò, "sui miei documenti mortali c'è scritto che ho quattordici anni... Mi avete portato via da casa, mi avete strappato alle barccia di mia madre e di mio padre e non volete farmi vedere mio fratello. Penso che, secondo le loro leggi, questo si chiami abuso psicologico o qualcosa del genere."
"Il re vorrebbe che ti facessi visitare dalla nostra capo curatrice," gli spiegò Frigga, "per assicurarci che non hai nulla che non va."
Loki la guardò confuso, "cosa dovrei avere che non va?"
"Sei molto magro, tesoro," lei gli accarezzò la guancia, "mangi poco, dormi poco... Ti ammalerai, a breve."
"Non mi sono spiegato abbastanza chiaramente?" Loki chiuse il libro, lo abbandonò sul letto e si alzò in piedi, "ridatemi la mia casa e la mia famiglia... Non avrete nulla di cui preoccuparvi, dopo."
Frigga scosse la testa guardandolo con tristezza, "mi dispiace, amore mio."
"Non sono il vostro amore!" Sbottò il ragazzino di colpo, "se mi amaste, come dite, allora non v'impegnereste così tanto a fare quello che fate!"
"Piccolo ingrato..."
Frigga si alzò in piedi di colpo: non si era accorta della presenza del marito sulla porta.
"Non importa il mondo in cui tu cresca," commentò Odino facendosi avanti, "alla fine, ci remerai sempre contro, non è così?"
Loki lo guardava dritto negli occhi, senza alcun timore, "per decenni ci avete ignorati... Per decenni siamo stati felici!" Esclamò esasperato, "perchè adesso? Perchè ora?"
"Tu lo sai il perchè, Loki," rispose Odino.
"Se lo sapessi, non mi sentirei impazzire!"
"Che cosa è accaduto, prima che arrivassimo?"
"Niente!" Loki scosse la testa, "ridatemi i miei genitori."
"I tuoi genitori sono i primi colpevoli."
"Ridatemi mio fratello," Loki tremava da capo a piedi. La temperatura nella stanza si era notevolmente abbassata.
"Tuo fratello non appartiene a te!" Tuonò il re e il ragazzino indietreggiò impaurito "tuo fratello appartiene al suo popolo e alla sua famiglia e, dato che suo padre ha tradito entrambi, lui non ne è parte!"
Frigga avrebbe voluto obbiettare, avrebbe voluto difendere l'onore del secondo figlio che suo marito le aveva portato via.
Qualcosa attirò la sua attenzione, prima che potesse pronunciar parola.
"Padre..."
Il re si voltò immediatamente verso la porta lasciata aperta.
"Vi ho sentito urlare, pensavo che..." Balder non sapeva come giustificarsi. I suoi occhi vagavano imabarazzati per la stanza appoggiandosi su qualsiasi cosa che non fosse il viso del padre. 
"Tu sei Balder, vero?" 
Sia Odino che Frigga trattenero il fiato nel voltarsi verso Loki.
Il principe di Asgard indugiò prima di guardarlo, come un bambino che si ritrova a fare la cosa più proibita del mondo.
L'espressione di Balder, quando i suoi occhi azzurri incontrarono quelli verdi del ragazzino, fu come una coltellata in mezzo alla schiena, per la coppia reale. 
"È curioso," commentò Loki sarcastico, "siete il fratello di mio padre, eppure avrete poco più della mia età."
Balder non riuscì a rispondere: uno dei due grandi fantasmi che avevano infestato la sua vita era una creatura reale, ora. Innegabile.
Lo schiaffo che gli arrivò in pieno viso lo riportò alla realtà.
"Fuori di qui..." Sibilò Odino, "e guardati bene dal disubbidire ai miei ordini ancora una volta!"
Balder si morse il labbro inferiore per non scoppiare a piangere lì, di fronte ai suoi genitori e al fratello maledetto che non aveva mai conosciuto e che, a conti fatti, non lo era più, realmente.
Uscì dalla stanza con passo svelto.
Loki continuò a guardarlo, fino a che non sparì dalla sua vista.
[Midgard, ieri.]

Jàrnsaxa si svegliò perchè una piccola manina gli sfiorava il viso. 
Aprì gli occhi e sorrise nell'incontrare gli occhi verdi di Loki.
"Buongiorno..." Mormorò accarezzandogli il pancino e posando un bacio sulla guancia morbida. 
L'altro lato del letto era vuoto: Thor doveva essersi alzato molto presto, mentre il bambino ancora dormiva. 
Uno strano calore gli salì alle guance.
Per assurdo, era la prima volta che dormiva con un uomo per un'intera notte e l'aveva fatto completamente vestito.
Nessuno si fermava a dormire nel letto di una puttana ed il suo padrone non permetteva mai alla sua merce di ricevere solo un cliente a giornata. Loki si ficcò un pugnetto in bocca cominciando a succhiarlo con insistenza.
Jàrnsaxa sospirò mettendosi a sedere contro i cuscini e prendendolo tra le braccia.
"Coraggio, giovanotto," mormorò sollevando la t-shirt, "è l'ora della colazione."
Loki non aveva certo bisogno di farsi pregare. Certe volte, lo Jotun si chiedeva se fosse, semplicemente, un bambino particolarmente ghiotto o gli piacessero i dettagli: l'occhiata silenziosa che si scambiavano per tutto il tempo, il contatto fisico, la dolcezza....
"Piccolo..."
Sapeva che non avrebbe dovuto innamorarsi così di una creatura non sua ma non poteva, seriamente, evitarselo. Costringersi ad essere freddo con Loki, sarebbe stato come strangolarsi con le proprie mani. 
L'unica cosa bella della sua vita non era nemmeno sua ma, finchè gli fosse stato concesso del tempo, poteva sempre fare finta e vivere quella vita illusoria ancora un altro giorno.
Loki gli sorrise e Jàrnsaxa sgranò gli occhi: non aveva mai visto un bambino così piccolo sorridere. O, forse, erano i piccoli nati nell'inferno da cui veniva lui che, già consapevoli della loro sfortuna, non avevano un motivo per farlo.
"Che cosa stai progettando, birichino?" Domandò incuriosito, mentre gli occhi di Loki si accendevano di una luce del tutto inedita, "sembri un monello sul punto di farmi un dispetto, sai?"
Sentendo uno strano formicolio alla mano, Jàrnsaxa spostò il peso del bambino tutto su di un braccio aprendo e chiudendo le dita per sgranchirle. Fu allora che il sorriso sul suo viso morì.
Chiuse gli occhi e li riprì su di una mano dalla pelle pallida, priva di segni.
Si guardò il braccio e vide il blu della sua natura Jotun sfumare gradulmente, fino a scomparire. Loki gli scivolò dalle braccia e finì sul materasso, non si fece male ma cominciò a piangere spaventato.
Jàrnsaxa si alzò in piedi, cominciando a strofinarsi il braccio, come per pulire via quel colore troppo chiaro ed estraneo dalla sua pelle. Non funzionò e comincio ad urlare.
Prese a girare su se stesso, come impazzito, fino a quando non sbattè contro lo specchio vicino all'armadio.
Si ritrovò a guardare il proprio riflesso con il cuore in gola.
I capelli neri erano rimasti gli stessi ma tutto il resto era cambiato.
La pelle era pallida, molto più di quella di Thor.
Gli occhi, prima rossi come il sangue, ora erano scuri.
Per la prima volta in vita sua, sentì freddo.
La porta alle sue spalle si aprì di botto e Thor irruppe nella camera col martello stretto nel pugno, "che cosa succede?" Chiese allarmato, poi si bloccò, non appena lo vide.
Jàrnsaxa arrossì e si strinse le braccia intorno al corpo, come se lo avesse sorpreso senza vestiti addosso.
Il pianto di Loki attirò l'attenzione dell'Aesir, che lasciò cadere l'arma a terra e si avvicinò al letto per sollevare il bambino. 
"Shhh..." Mormorò sorridendo, "non è successo nulla, stai tranquillo."
"Mi dispiace!" Esclamò Jàrnsaxa avvicinandosi,"mi dispiace tantissimo, Thor, è solo che..." 
Mentre Loki si accocolava contro il suo petto e si tranquillizzava, il principe di Asgard tornò a guardarlo.
Studiarlo, forse, era il termine più adatto.
"Non so come sia capitato," disse lo Jotun abbassando lo sguardo e aggiustandosi una ciocca di capelli corvini dietro l'orecchio: sarebbe voluto scomparire. "Non so cosa sia successo..."
Thor, a sorpresa, sorrise. Anzi, rise!
Jàrnsaxa non capì.
"Incredibile," commentò l'Aesir guardando il bambino e sollevandolo di fronte a sè, "sei incredibile!"
Lo alzò in aria e Loki emise un versetto acuto ed eccitato.
"Thor..." Chiamò Jàrnsaxa, mentre il suo padrone stringeva il fratellino al petto e ne baciava la testolina con fare orgoglioso.
Il principe lo guardò come se si fosse completamente dimenticato della sua presenza nella stanza.
"Mi dispiace," ripetè lo Jotun, "lo stavo allattando, quando..."
Thor scosse la testa, "non preoccuparti," disse gentilmente, "va tutto bene, so che può essere sconvolgente... Lui è sconvolgente! Io sono sconvolto!"
"Spiacente di minare al tuo entusiasmo," si avvicinò di un passo, "ma io non capisco..."
"Oh..." Thor annuì spostando Loki contro la sua spalla, "tu... Hai mai sentito parlare di Seiðr?"
[Asgard, oggi.]

Loki non si era sentito a disagio, quando la curatrice lo aveva condotto in una piccola stanza dorata, gli aveva porso una tunica e gli aveva detto di togliersi tutti i vestiti ed indossarla.
Si era bloccato quando aveva realizzato che quella manovra era necessaria per meglio mettergli le mani addosso.
"Io sono Eir, mio principe."
Loki non era un principe e, se voleva dire appartenere al mondo di quelle persone, non voleva nemmeno diventarlo.
"Stendetevi," lo invitò, indicando quello che sembrava un lettino ospedaliero di Midgard, solo molto più lussuoso, "collaborate e non ci vorrà molto."
Il sorriso della donna era gentile ma Loki si sentì come se fosse sul punto di torturarlo.
"Avanti, tesoro," Frigga gli fu subito accanto e gli prese la mano, sebbene non l'avesse richiesta, "andrà tutto bene, stai tranquillo."
"Devo farvi delle domande, mio principe."
Loki annuì, fissando l'alto soffitto dorato della stanza.
"Siete stato mai curato con il Seiðr?"
"Sì."
Frigga aggrottò la fronte, "da chi?"
"Mia madre ha studiato l'arte curativa, quando sono nato io."
"Quando Thor l'ha preso con voi, intendi?"
"Non vedo che differenza ci sia."
Eir gli tastò il ventre da sopra la tunica, "quanti anni hai con precisione?"
"Non lo so..." Ammise, "all'inizio festeggiavamo il compleanno mio e di Magni, poi abbiamo smesso."
"Perchè?" Chiese Frigga.
"Era un'idea degli altri Vendicatori," raccontò Loki, "quando sono scomparsi, papà non ha voluto più farlo... Penso lo rendesse triste."
Frigga annuì, "i mortali non sono come noi."
"Lo so," Loki la guardò annoiato, "l'ho imparato."
Una strana luce dorata si sprigionò dalle dita della curatrice.
Loki s'irrigidì.
"È solo il mio Seiðr," lo rassciurò Eir, "dovrebbe essere una sensazione a te nota."
"Sono abituato a quello di mia madre da tutta la vita, lo considerate paragonabile?"
"Loki," lo rimproverò Frigga con fermezza.
Il ragazzino nemmeno la guardò.
"Non ho riscontrato nulla di anomalo, mia regina," disse la curatrice, dopo pochi minuti, ritirando il suo potere.
Loki sospirò e si rilassò.
"Piegate le gambe, mio principe."
Loki alzò la testa, "prego?"
"Non ti verrà fatto alcun male," Frigga gli passò una mano tra i capelli.
Il ragazzino la guardò, "forse, ma dubito che lo facciate a tutti i fanciulli di questo regno."
"Non ai fanciulli," ammise Eir, "ma la tua natura è quella di uno Jotun, dico bene?"
Loki si mise a sedere sottraendosi alle mani della donna, "non toccatemi!"
"C'è qualcosa che dovremmo sapere, Loki?" Domandò Frigga gentilmente, "qualcosa di cui ti vergogni?"
"Sapete bene di cosa si tratta e se quello che v'interessa è scoprire se è tutto al suo posto, bene, lo è!"
Eir sospirò, "va bene... La tua prima luna rossa?"
Loki avvampò, "mai avuta."
Frigga sospirò confortata.
"Nessun rapporto sessuale, quindi?" Continuò la curatrice.
Loki si morse il labbro inferiore, "di che cosa avete paura?" Domandò irritato.
La regina gli accarezzò, di nuovo, i capelli, "prima che ti venissimo a prendere, è successo qualcosa su Midagrd, ricordi?"
Il ragazzino prese a respirare più velocemente, "non è successo niente..."
"Vogliamo solo assicurarci che nulla..."
"Non è successo niente su Midgard!" Urlò ed il lettino sotto di lui venne interamente ricoperto di di ghiaccio.
La regina e la curattice indietreggiarono.
Loki si strinse le ginocchia contro il petto, "voglio tornare a casa."
Frigga si morse il labbro inferiore, "mi dispiace, tesoro ma..."
"Smettetela di ripeterlo, sapete benissimo che non è vero!"
Non voleva piangere.
Non voleva dimostrarsi debole, non davanti a loro.
"Riportatemi nelle mie stanze."
[Midgard, ieri.]
Jàrnsaxa fissò il bambino nella culla come se lo vedesse vper la prima volta.
"Lui..." Non era sicuro di aver capito bene, "lui mi ha fatto così?"
Thor sorrise accarezzando il sottile strato di capelli corvini sulla testolina di Loki, "è il suo talento... Usare il Seiðr, intendo."
"Io non..." Jàrnsaxa incepiscò sulle parole, "io non ne so molto ma... Non dovrebbe essere una cosa che fanno gli adulti, dopo anni di studio, tra l'altro? Su Jotunheim, parlano dei maestri di Seiðr come creature leggendarie."
Loki alzò un pugnetto verso il fratello maggiore e Thor afferrò il piccolo polso, "ma lui è speciale."
"Già..." Lo Jotun annuì, "me ne sto rendendo conto."
"Mi spiace se ti ha spaventato, comunque," aggiunse Thor con urgenza, "probabilmente a te non interessa, ma sei la sua prima magia... Almeno, la prima di cui io sono consapevole."
Jàrnsaxa sorrise, "davvero?"
"Se escludiamo il modo automatico in cui cambia aspetto a seconda della temperatura, sì!"
"Ne sono lusingato..." Mormorò, guardando il bambino occupato a giocare con l'enorme mano dell'Aesir. Abbasò gli occhi sulle sue e provò uno spiacevole senso di estraneità nell'osservarle. "Non c'è un modo per fargliene fare un'altra, vero?"
Thor lo guardò costernato, "io... Possiamo provare! Sta andando per tentativi, magari, se lo tieni in braccio ancora un poco potrebbe..."
"Non era un tentativo," Jàrnsaxa scosse la testa, "sapeva quello che stava facendo."
Thor inarcò un sopracciglio, "ha poche settimane di vita..."
"Lo so, ma..." Lo Jotun non sapeva come spiegarlo, "ha sorriso, prima di farlo. Mi ha avvertito che era sul punto di combinare qualcosa."
L'Aesir scrollò le spalle, "forse, ha voluto darti l'aspetto che ha lui in questo mondo perchè credeva di farti un favore," ci pensò un attimo, "in effetti, non è stata una cattiva idea."
"Che cosa vuoi dire?"
"Puoi uscire, ora."
Jàrnsaxa non ci aveva pensato, "intendi... Posso vedere questo mondo? Posso vedere com'è là fuori?"
Thor sorrise e scrollò le spalle, "ti guarderebbero, comunque, tutti anche ora ma non perchè sei diverso da loro."
Loki cominciò ad annoiarsi e l'Aesir lo sollevò tra le braccia.
"Che motivo avrebbero di guardarmi, se ora sono come tutti gli altri?"
"Forse perchè sei bello," commentò Thor con naturalezza, tanta che nemmeno lo guardò in faccia, mentre lo disse, troppo occupato ad impedire a Loki di ficcargli le piccole dita nel naso.
Jàrnsaxa, invece, gelò: nessuno gli aveva mai detto una cosa del genere, prima d'ora.
In un bordello, il valore di una puttana era direttamente proporzionale al numero di clienti da cui era richiesta.
Lui non era orgoglioso di dire che era tra i migliori che il suo padrone avesse mai avuto ma nessuno... Nessuno gli aveva mai rivolto un complimento del genere senza che vi fosse un doppio fine.
Thor, invece, l'aveva detto semplicemente perchè lo credeva e non c'era nulla di volgare nel modo in cui aveva espresso quel giudizio.
Bello, Jàrnsaxa non ci si era mai sentito. Nel posto in cui era cresciuto, non c'era nulla che potesse definirsi tale.
Aveva creduto che il suo bambino lo sarebbe stato ancor prima di vederlo, poi non era nemmeno riuscito a stringerlo tra le braccia. E, un giorno, quel principe dorato era disceso nel suo mondo di tenebra e lo aveva portato via.
Quella era stata la prima cosa bella che aveva visto.




  
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