Cap.1 Nei tuoi occhi i miei
Elenoire
Girard Dursley correva lungo il binario 9 della stazione londinese di King's
Cross. Suo figlio Tristan, con la mano nella sua, si lamentava per la
stanchezza e la fatica.
"Bugiardo!" pensò con un sorriso,
"Corre per ore al parco giochi e poi
si lamenta per due minuti."
Tuttavia
sapeva perfettamente che non era quella la vera ragione del suo lamento, il
"motivo" stava davanti a lei.
Era Angelique, la sua bellissima bambina, che col ruolo di vedetta doveva
individuare la "barriera". Pensò che anche lei avrebbe
preferito non lasciarla andare via, proprio come Tristan... le sarebbe mancata
terribilmente.
Sua figlia si girò all'improvviso, probabilmente avendo visto qualche individuo
per lei sospetto. Infatti seguendo il suo sguardo vide alcuni ragazzini, con
quei carrelli assurdi carichi di bauli enormi e di animali, appoggiarsi ad un
pilastro con noncuranza e, gettando un ultimo sguardo in giro, scivolarvi
all'interno.
“Assolutamente pazzesco!” Si disse
estasiata.
Allora si
voltò indietro e vide suo marito... Le sembrava particolarmente buffo, con i
capelli biondi tutti arruffati, le gote rosse per lo sforzo di spingere il
carrello con baule, borsa, gufo e come se non bastasse Estelle, seduta sul
baule di Angie, che sorrideva raggiante per la corsa sul carrello.
Tuttavia
aveva uno sguardo spaventato e preoccupato. Chissà che cosa lo terrorizzava
tanto?! Era da quando Angie aveva ricevuto la sua lettera che Dudley era
iperteso, sobbalzava se sbatteva una porta o se cadeva qualcosa per terra, e
più di una volta lo aveva sorpreso nell'atto di toccarsi l'osso sacro.
Magari era
il suo modo di esorcizzare il distacco da Angelique!
"Ley bisogna andare lì!" gli disse indicando col mento il passaggio
famigerato.
Odiava
davvero in modo irreversibile il nome che quella ciabatta petulante di sua
suocera gli aveva dato. Così aveva dovuto trovargli un soprannome decente, per
evitare di ridergli in faccia tutte le volte che lo chiamava, come la prima volta
che le si era presentato. Dudley era quindi diventato semplicemente Ley.
Nel mezzo delle sue elucubrazioni aveva intanto raggiunto la barriera con Angie
e Tristan, si voltò per vedere se suo marito fosse con loro. E la risposta che
si diede fu: no, decisamente no.
Dudley
guardava la barriera con occhi spiritati e le guance rosse avevano preso a
tremare in modo irrefrenabile insieme al labbro inferiore. Vedendo che non
sembrava volersi avvicinare gli andò in contro lei.
"Ley non vorrei metterti fretta, ma tua figlia ha il treno esattamente
tra..." controllò con un gesto deciso l'orologio e continuò "Sette
minuti! Per cui Muovi quel sederino adorabile per favore?"
Dudley
riuscì solo a scuotere la testa e continuare a tremare. Elenoire cercò in ogni
modo di farlo muovere da lì ma il marito restava bloccato nello stato di shock.
Così prese
la sua decisione.
"Angie!" urlò in mezzo alla folla, quando sua figlia fu accanto a
loro ordinò perentoria "Saluta tuo papà e prendi Estelle!"
Angelique abbastanza perplessa si gettò di slancio sul padre abbracciandolo
alla vita.
"Ci
vediamo a Natale papà!" disse e gli depositò un bacio sulla guancia con un
piccolo salto. Poi prese in braccio la sorellina e insieme a Tristan scivolò
oltre il pilastro.
"Ti stai perdendo la sua prima partenza Dudley!" disse Elenoire
sillabando il nome del marito, ma non ci fu risposta nemmeno a quello.
"Pappamolla!" e con quello prese il carrello della figlia e lo spinse
da sola attraverso la barriera.
"Oh maledizione Angelique! Che diavolo ti sei portata? Non ce la
faccio!" stavano tentando di caricare il maledetto baule sulla locomotiva
che stava per partire, ma senza l'aiuto del marito non riuscivano a sollevarlo.
Accidenti a
lui, tutti quegli anni a credere che fosse cambiato davvero, che fosse un uomo,
e poi se la faceva addosso davanti ad un pilastro magico.
"L'occultamento di cadavere è illegale anche per i maghi Angie!"
ghignò Tristan socchiudendo gli occhi celesti con fare sospettoso. Stava per
chiede a suo figlio come diavolo facesse a sapere che cosa fosse un
occultamento di cadavere a soli otto anni quando fu interrotta.
"Posso aiutarvi?" una donna davvero affasciante, dal fisico minuto e lunghi
capelli rossi si fece avanti sfoderando la bacchetta.
Elenoire rispose
con tono melodrammatico: "Oddio sì! La supplico!"
Così la bella sconosciuta fece alzare per magia il baule e Angelique sussurrò:
"La scusi, è un po' teatrale... Grazie davvero!"
"É stato un piacere! Arrivederci."
"Grazie ancora" le rispose Elenoire prima che l’altra si allontanasse
verso un uomo alto dai capelli neri molto spettinati e altre persone ferme a
salutare, dando le ultime raccomandazioni.
Si voltò verso sua figlia, che aveva già un piede sul treno e se la stava
filando di soppiatto.
"Angelique! Torna indietro a darmi un bacio!" strillò prevedendo le
sue intenzioni.
Angelique si
voltò con aria colpevole e un mezzo sorriso.
Si immerse
come sempre le succedeva nei suoi occhi: verdi. Verdi come nessuno in famiglia.
Verdi speranza, verdi come un prato in fiore a primavera, il verde più
incredibile che avesse mai visto.
Sua figlia spiccò un salto verso la madre che la prese al volo. Affondò il
naso nei capelli biondi di sua figlia respirando l'odore che non avrebbe più
sentito per mesi. Lavanda, camomilla, sapone. La sua Angelique.
La
locomotiva fischiò e sua figlia salì di corsa sul treno. Quando gli sportelli
si chiusero lei comparì da uno scomparto vuoto e si sporse dal finestrino.
"Ma voi non l'avete salutata!" esclamò Elenoire guardando i figli più
piccoli con dispiacere.
Tristan
teneva per mano Estelle e le fece un sorriso sghembo da malandrino.
"Che
cosa ti fa pensare che non ci abbia salutati prima di te!" disse, poi urlò
rivolto alla sorella: "Ricordati il mio souvenir! Un pezzo di muro, un
rubinetto, una forchetta magica o un fantasma se preferisci, ma voglio qualcosa
da Hogwarts!!!"
Angelique sorrise serafica e rispose mentre la locomotiva si muoveva:
"L'erba voglio non cresce nemmeno nel giardino del re!" Il sorriso di
Tristan si spense e iniziò a rincorrere la locomotiva urlando una sequela di
minacce sempre più cruente e volgari alla sorella maggiore.
Gli altri
genitori ridevano e cercavano di scansarsi per non ostacolare la sua corsa, ma
alla fine alla curva che l'avrebbe fatta sparire urlò disperato: "Con chi
farò gli scherzi a papà?" e per tutta risposta Angelique gli mandò un
bacio con la mano. "Scrivimi arpia!!!" ma lei era scomparsa ormai.
Dei disperati, ecco che cosa aveva generato!
Sicuramente
era tutto merito suo, vedendo quanto erano noiosi i suoi suoceri.
Prese in
braccio Estelle e le passò una mano tra i capelli corvini. Era la versione
femminile di Tristan, occhi azzurri intensi come il padre, capelli neri e ricci
come i suoi, volto ancora fanciullesco ma che già faceva presagire dei tratti
ben delineati.
Dei
disperati certo, ma belli. Mentre osservava Tristan rincorrere la sorella si
avvicinò alla donna che li aveva aiutati precedentemente. Guardava la
locomotiva con un po' di malinconia, probabilmente anche lei aveva lasciato che
un suo uccellino spiccasse il volo.
"Mi scusi." disse e la donna si girò leggermente sorpresa "
Volevo ringraziarla adeguatamente per il suo aiuto. Quel decerebrato di mio
marito ha avuto un crollo nervoso e avremmo perso il treno senza di lei.
Angelique mi avrebbe fatto diventare i capelli verdi se le avessi fatto perdere
il suo primo espresso per Hogwarts!" le porse la mano destra e si presentò
"Molto piacere, sono Elenoire Girard e sono... Come dite voi,
gabbana?!"
La rossa rise divertita e le strinse la mano.
"Sarebbe
babbana, ma non fa nulla, lo avevo intuito dal baule. Piacere mio, sono Ginny
Potter. Lei é francese per caso?" le chiese con un’occhiata incuriosita.
Elenoire si chiese che cosa l'avesse tradita. Di solito nessuno lo notava,
aveva solo una lievissima inflessione sulle "r".
"Beh in effetti sì, ma sono in Inghilterra da quando ho diciotto anni, di
solito nessuno sente l'accento. Posso chiederle come...?"
"Mi spiace, non intendevo metterla a disagio, solo che anche mia cognata è
francese, ho un buon orecchio." e le sorrise complice. Aveva un bellissimo
sorriso che le illuminava gli occhi. "Dai Harry tanto non tornano
indietro!" disse rivolta al marito che stava ancora guardando verso la
locomotiva ormai lontana e si girò verso le due donne.
Intanto
Tristan le era tornato vicino e osservava gli estranei con curiosità.
"Vorrei presentarti Elenoire, anche sua figlia è al primo come Al."
Poi successe tutto in pochissimi istanti.
Harry si
voltò verso la sconosciuta e la guardò tendendole la mano. Elenoire al
contrario di qualsiasi altra persona non vide nemmeno la strana cicatrice sulla
sua fronte, vide solo gli occhi... Di sua figlia. Stessa sfumatura, stesso
taglio leggermente a mandorla, stesse ciglia a incorniciarli. E nel verde di
quell'uomo capì molte cose, innanzi tutto che cosa intendevano i Dursley e le
altre persone con strano.
Rivide davanti a sé il volto pallido, nonostante la calura estiva, di sua
suocera Petunia che le annunciava: "Tua figlia è strana." e Vernon
che commentava borbottando da sotto i baffi cespugliosi: "Sono tutti e tre
strani."
Rivide Dudley al loro primo appuntamento che con un vago imbarazzo le aveva
rivelato di avere un unico parente in vita oltre ai genitori. "Un
cugino, ma è un po'... Strano, ecco!"
E poi la maestra della scuola elementare di Angie e Tristan che le diceva al
colloquio : "Quando ci sono i suoi figli accadono sempre cose strane
signora!"
Elenoire sentì la mandibola abbassarsi fin quasi alle caviglie. Aveva davanti a
lei il cugino di suo marito, era un mago e aveva gli stessi occhi di Angelique.
Questo era veramente straordinario.
***
Harry Potter non capiva perché la signora distinta, con tanto di figlioletta in
braccio lo stesse osservando così. O meglio lo capiva eccome, tutti se sapevano
minimamente la sua storia assumevano quell'espressione, ma da come aveva
avvicinato Ginny aveva pensato che fosse babbana.
Poi
all'improvviso questa scoppiò in una fragorosa risata, colma di allegria
genuina che fece voltare allibiti anche Ron ed Hermione. Che fosse scappata dal
San Mungo e avesse preso in ostaggio quella piccolina?
Stava già
per sfoderare la bacchetta e intervenire quando quest'ultima riprese fiato e si
spiegò.
"Perdonatemi!
Ma questo è veramente al limite dell' assurdo... Mi sarei dovuta presentare
meglio, mi chiamo Elenoire Girard Dursley e sono davvero lieta di
incontrarvi."
A quel punto se Voldemort fosse spuntato da dietro la panchina e avesse urlato
"Tana libera tutti!" Harry sarebbe stato meno sorpreso.
Quale
destino contorto e improbabile aveva donato a suo cugino una figlia strega?!
Immaginò lo sguardo terrorizzato di sua zia Petunia nel veder arrivare il gufo
con la lettera di Hogwarts e sorrise anche lui alla moglie di suo cugino.
***
Dudley Dursley si vergognava.
Era seduto
su una panchina davanti al binario 9 e 3/4 e si sentiva proprio un pappamolla.
Elenoire
aveva sempre la parola giusta per tutto.
Pappamolla.
Aveva sempre
creduto di essere il migliore, di essere inattaccabile dalle critiche altrui,
di essere oggetto dell'invidia di chi non poteva nemmeno sognarsi di avere le
cose che aveva lui. Tutto questo finché aveva avuto 23 anni.
Finché un
pomeriggio in biblioteca, mentre scherzava e disturbava gli altri studenti
dell'università coi suoi compari, non aveva notato quella ragazza seria,
concentrata, con i capelli ricci e corvini legati in una coda alta, gli occhi
neri e infiniti incollati al libro mastodontico che sottolineava con
precisione. Aveva posato lo sguardo su di lei e aveva pensato che fosse la più
bella ragazza che avesse mai visto.
Era priva di
trucco, priva di fronzoli, con solo quelle gemme di opali incastonate sulla
pelle d'alabastro, era bellissima. Così aveva cercato di attirare la sua
attenzione, facendo battute ad alta voce insieme ai suoi compagni di università
per costringerla ad alzare lo sguardo, aveva fatto rumore fin quasi a farsi
cacciare dalla biblioteca, finché non le aveva tirato una pallina di carta
addosso. Ripensandoci era stato davvero un imbecille.
E lei senza
nemmeno alzare gli occhi dal libro aveva ripreso al volo la pallina e gliela
aveva tirata dritta in faccia. Sorrise involontariamente a quel ricordo. Così
l'aveva aspettata fuori dalla sala studio e le si era presentato, nome e
cognome, e lei, che non lo aveva ancora guardato di striscio, aveva alzato i
suoi opali e glieli aveva piantati addosso, per poi scoppiargli a ridere in
faccia.
Aveva riso
con tanta allegria e trasporto che, se non si fosse trattato del suo nome,
probabilmente avrebbe riso anche lui. Imbarazzato da quella reazione le aveva
chiesto titubante se voleva prendere un caffè con lui ed era stato accolto da
un'altra fragorosa risata. Non gli era mai capitato nulla del genere, di solito
piaceva abbastanza alle ragazze, con quell'aria spavalda e gli occhi azzurri,
non era più grasso e impacciato come da bambino, proprio non capiva che cosa la
facesse tanto ridere.
"Non ho
tempo da perdere con gli imbecilli." Aveva detto lapidaria e se ne era
andata lasciandolo nel mezzo dell'atrio della biblioteca allibito. Imbecille.
Anche in
quel caso era la parola perfetta.
Pappamolla.
Si era reso conto in un istante che tutte le sue convinzioni, fomentate dai suoi
genitori non erano altro che stupidaggini, era davvero un imbecille che dopo
quattro anni di università avrebbe dovuto essere quasi laureato e invece gli
mancavano ancora un mare d'esami. Era un imbecille che usciva con altri
imbecilli e insieme si comportavano da imbecilli.
Da solo in
quell'atrio aveva deciso che le avrebbe dimostrato che si sbagliava. All'inizio
l'aveva aspettata fuori dalla sala studio e aveva tentato di parlare con lei,
ma lo aveva sempre ignorato, quindi aveva deciso di usare la sua stessa arma.
Aveva iniziato ad andare in sala studio tutti i giorni e sedersi di fronte a
lei, le prime volte lo guardava infastidita e cambiava posto, ma lui la seguiva
in ogni spostamento tanto che lei si era arresa a lasciarlo sedere dove
preferisse. Passava tanto di quel tempo a far finta di studiare per
impressionarla, che aveva anche preso a studiare davvero seriamente per la
prima volta in vita sua. E in quel periodo preparò tutti gli esami di economia
che gli mancavano.
Una sera
distrutto dopo aver letto un numero incalcolabile di pagine del manuale, si era
accasciato sulla sedia portandosi le mani sulle palpebre.
"Mi sa
che hai bisogno di un caffé." aveva decretato la bella mora
all’improvviso, sorprendendolo. Durante quella pausa caffé aveva scoperto che
era venuta dalla Bretagna a diciotto anni, che studiava medicina, che amava il
mare in modo viscerale.
Poi era stato tutto spontaneo, le chiacchierate, i sorrisi, lo sfiorarsi delle
mani e il primo bacio dato tra gli scaffali polverosi mentre lei cercava un
enciclopedia medica. Poi le presentazioni, sua madre e suo padre che dicevano
che quella ragazza lo avrebbe rovinato.
Pappamolla.
Il matrimonio, la casa nuova comperata con sacrifici enormi, Angelique bella
come un raggio di sole estivo, Tristan pestifero e vivace sin dai primi mesi ed
Estelle tranquilla e dolce incomprensibilmente dopo quelle due furie.
E poi la magia.
La magia aveva dato un senso a tutte le stranezze che accadevano attorno ad
Angie e ora anche a Tristan. Lui le aveva riconosciute immediatamente perché le
aveva viste con Harry.
Harry Potter il suo più grande rimorso. Aveva umiliato, picchiato,
demoralizzato, insultato, calpestato, in qualsiasi modo la sua mente imbecille
gli suggerisse, quel bambino.
Gli aveva
rovinato l'esistenza e quello non aveva fatto mai nulla per meritarsi uno solo
dei trattamenti ricevuti. Harry Potter al contrario avrebbe voluto solo essere
amato un po'.
Imbecille di un Dursley, si disse, pappamolla come dice Leni.
La magia lo aveva terrorizzato, perché se Angie fosse entrata a far parte di
quel mondo, il mondo di Harry, le avrebbero raccontato che razza di padre
aveva. Magari per qualche statuto magico gliela avrebbero portata via, per come
lui si era comportato con suo cugino, e per punizione gli avrebbero fatto
crescere un'altra volta una coda da maialino o una lingua enorme e lunghissima.
Si vergognava del suo passato e temeva che attraversando la barriera se lo
sarebbe ritrovato davanti. Aveva avuto paura di leggere la delusione e il biasimo
negli occhi verdi di sua figlia. Verdi come quelli di Harry. Harry. Harry.
Pappamolla.
Quante cose aveva di cui chiedere scusa.
Sua moglie ricomparve dalla barriera insieme ai loro figli. Lui le corse
incontro e l'abbracciò stretta: "Leni scusami, scusami tanto. Io devo
dirti una cosa..."
"Che tuo cugino è un mago per esempio?" rispose Elenoire con un
sorriso compiaciuto. Dudley spalancò gli occhi e guardò verso la barriera dove
nel frattempo era comparso davvero il suo passato, Harry.
"Hei BigD, come stai?" gli chiese con le mani in tasca e un sorriso
appena accennato. Era come sempre: alto, magro, capelli neri impossibili, occhi
verdissimi e cicatrice.
"Ciao Harry." e per la prima volta in vita sua sorrise sinceramente a
suo cugino stringendogli la mano.
Note
dell’autrice:
Salve a tutti. Questo è il primo capitolo in assoluto che pubblico su Efp. So
che sicuramente qualcuno prima di me avrà già scritto di una progenie Dursley
con poteri magici, ma mi piaceva comunque l'idea.
Ho immaginato un Dudley profondamente cambiato e umile grazie alla moglie, un
bella francese con carattere da vendere. Il capitolo non è molto lungo per il
semplice fatto che non è il POV dei futuri protagonisti. Le recensioni o i
commenti costruttivi sono assolutamente ben accetti! Baci a tutti!