SECONDO
CAPITOLO – Grandi ritorni
Gli
occhi di Harry guardarono quelli del Preside, e provò la
familiare sensazione
di essere radiografato. Si trattenne dal corrergli incontro, ancora
troppo
incredulo nel vederlo lì, davanti a lui, come se nulla
fosse. La consapevolezza
che una persona che non avrebbe dovuto rivedere mai più
fosse lì in carne e
ossa si fece strada lentamente nella sua testa.
Albus
Silente gli sorrise benevolmente e si avvicinò piano a lui,
come se temesse di
vederlo fuggire da un momento all’altro. Harry,
d’altro canto, anche volendo
non ci sarebbe riuscito. Dentro di lui, diverse emozioni si
sovraffollavano
andando l’una sopra l’altra.
Apriva
e chiudeva la bocca ripetutamente. L’apparizione di una delle
persone più
importanti della sua vita lo aveva folgorato. Se quel sogno fosse stato
vero,
allora ci sarebbe stata una misera speranza di rivedere Fred, Remus,
Tonks,
Sirius, e i suoi genitori… Lily e James.
Senza
che se ne rendesse conto, venne stretto dalle braccia di Silente.
“Professore…
lei è davvero qui?”
Silente
lo guardò.
“Sì.
Grazie a te, ho avuto un’altra possibilità di
vita. Harry, so che ti ho deluso
moltissimo, ma adesso potremo conoscerci davvero, e io non ti
mentirò mai più.”
Harry
non credeva di aver mai visto il Preside così rammaricato e
sincero in vita
sua.
“Professore,
lei è qui. È l’unica cosa importante.
Però sì, mi piacerebbe tantissimo.”
Una
lacrima gli scese sul viso e non fece nemmeno lo sforzo di asciugarla.
Si
schiarì la voce.
“Professore,
non crede che ci sia il rischio che le persone vive possano morire
d’infarto a
vedere quelle morte resuscitare?”
Silente
rise. “Oh sì, è possibile. Credo che
sia necessario svegliare tutti e riunirci
in Sala Grande. Parlerò io.”
“Signore,
è sicuro di essere in forze? Non ha bisogno di
cure?”
“No,
Harry. O meglio, mi sento un po’ debole, ma le cure possono
aspettare fino alla
fine del mio discorso.”
“Bene.
Allora ci penso io a riunire tutti, le va bene?”
Silente
fece un cenno con il capo.
Harry,
tremante, prese la bacchetta. “Sonorus!” disse e la
sua voce si amplificò.
“Sono
Harry Potter. Vi chiedo di riunirvi in Sala Grande per alcune
comunicazioni di
massima urgenza e importanza. Un miracolo è avvenuto a
Hogwarts, oggi avremo
motivo di festeggiare.”.
Smise
di parlare e s’incamminò verso la scuola, con il
suo Maestro.
“Sono
Harry Potter.
Vi chiedo di riunirvi in Sala Grande per alcune comunicazioni di
massima
urgenza e importanza. Un miracolo è avvenuto a Hogwarts,
oggi avremo motivo di
festeggiare.”
“Che
sia successo qualcosa di grave?” Nella voce di Ron si sentiva
la preoccupazione
attanagliargli il petto.
“No,
non credo. Harry ha detto che si è compiuto un miracolo.
Sarà meglio
sbrigarci.” Ginny, con una nuova luce negli occhi, assieme
agli altri Weasley,
camminò a passo deciso verso il castello.
Non
sapeva cosa aspettarsi esattamente. Nelle parole di Harry aveva sentito
un’emozione
incontenibile e una serie di sentimenti così belli e
così lontani dalla loro
nuova realtà, perciò si aspettava qualcosa di
buono.
L’aria
estiva li accompagnava in quel grande corteo silenzioso. Hermione, che
ormai
non riusciva nemmeno più a pensare lucidamente, pian piano
sentì qualcosa
smuoversi dentro di se. Una piccola speranza si affacciò nel
buio che la
circondava da ormai troppo tempo.
George
e gli altri Weasley, invece, non credevano ci fosse qualcosa che
potesse
renderli felici. Il vuoto lasciato da Fred era così immenso
che era impossibile
da colmare, e si dirigevano verso la Sala Grande con una specie di
rassegnazione e indifferenza.
Entrati
nel castello, videro la McGranitt con un’espressione nervosa.
“Professoressa,
lei sa qualcosa?” Molly si fece avanti, in preda
all’agitazione. La sua
famiglia aveva vissuto fin troppi guai, e ne aveva abbastanza.
“No,
Molly, niente di niente. – Era preoccupata e si vedeva. Una
ciocca di capelli
bianca era sfuggita alla sua crocchia sempre ben curata. –
Ero appena andata a
letto quando ho sentito la voce di Potter. Dev’essere
qualcosa di davvero
importante se... ”
Le
parole però le morirono in bocca alla vista di Albus Silente
che, seguito da
Harry Potter, si dirigeva verso l’impalcatura più
alta.
La
folla si zittì all’istante e fu scossa da un
brivido collettivo quando il
Preside, che si credeva morto da tempo, cominciò a parlare.
“Salve
mie cari. Credo sia una grande sorpresa vedermi qui, vivo e
vegeto.” A Harry
sembrò che il Preside si stesse divertendo un mondo a vedere
le reazioni delle
persone alla sua vista. “Ma, ahimè, vi informo che
dovrete farvi carico della
mia presenza per altro tempo, se mi è concesso. Questa notte
è successo
qualcosa di straordinario. Un miracolo, se così possiamo
definirlo. Un Angelo,
vedendo Harry e la sofferenza che ormai è sorella a tutti
voi, ha deciso che
troppe vite sono state sacrificate per questa guerra e ha dato a
quest’uomo meraviglioso
di fianco a me la possibilità di esprimere una sua
volontà.”
A
Silente s’illuminarono gli occhi. “Harry ha chiesto
di far rivivere tutte le
persone che sono cadute in guerra, che hanno combattuto per un mondo
migliore e
che sono perite a causa di un unico elemento: Voldemort, un essere
immondo,
disgustoso e oscuro, che ha rovinato ogni famiglia del mondo magico. Il
Cielo
ha acconsentito e ha concesso a tutte noi, anime perdute, una seconda
possibilità.”
Questo
discorso seguì una lunga pausa di silenzio attonito, prima
che fosse rotto dal
rumore delle porte sbattute. A un certo punto, nella Sala Grande si
riversarono
altre persone. Tra queste spiccava un uomo con i capelli rossi, che si
guardava
stranito intorno a lui.
“Forte!”
Gridò.
Una
piccola risata si diffuse mentre scoppiava il caos. Harry
osservò la famiglia
Weasley abbracciare con foga uno dei gemelli, vide Hermione gettarsi
tra le sue
braccia, piena di vita come non la vedeva da settimane.
E
poi vide anche due figure lontane che si tenevano per mano.
“Remus!
Tonks!” Cominciò a correre a perdifiato verso il
lato opposto della Sala e poi
si buttò tra le loro braccia spalancate. “Non ci
credo, siete qui. Siete
davvero qui!”
“Noi ci siamo sempre stati Harry. Solo che adesso possiamo
starti vicino, per
sempre.” Tonks aveva le lacrime agli occhi.
“È
grazie a te, Harry, se abbiamo avuto questa possibilità.
– disse Remus in presa
all’emozione – Adesso dobbiamo aspettare solo che
arrivino altre persone, lo
sai?”
Un
sorriso ancora più grande si aprì sul viso di
Harry. “Spero che facciano
presto.” Sussurrò, prima di correre verso Fred.
Dopo,
furono costruite altre tende nell’accampamento per i nuovi
arrivati.
“Harry,
noi andiamo da mia madre. Vogliamo vedere Teddy. Torneremo con lui
domattina,
così potremo aiutare nella ristrutturazione.”
Tonks diede un bacio a Harry e, afferrato
per mano Remus, si smaterializzò.
Tornò
nella tenda dei Weasley, dove i gemelli, tornati quelli di una volta,
facevano
ridere di gusto tutti i presenti con i Fuochi Forsennati.
“Mamma,
abbiamo deciso che quest’anno torneremo a scuola!”
“Ben detto Freddie! Ci sono troppe malandrinate che non
abbiamo ancora fatto.
Bisogna rimediare.”
“Già! Troppe punizioni da prendere e feste da
fare. Abbiamo tutto il tempo del
mondo per tornare in negozio.”
A
quest’affermazione, Molly Weasley invece di arrabbiarsi li
corse incontro e li
riempì di baci.
“Non
vedo l’ora di mandarvi delle Strillettere. – disse
singhiozzando e baciando i
suoi due figli. – sono troppo felice di avervi
qui.”
Era
come se con Fred fosse tornato tutto il calore, l’amore e la
felicità, che era
loro mancata.
“Fred,
devi riposarti. Vieni, ti accompagno nella tua stanza.”
Hermione parlò, con un
tono così dolce e allegro che Harry non potè fare
a meno di sorridere.
“No,
Hermione cara. Posso prendermi io cura di lui. Sei già tanto
affaticata. Sono
giorni che passi tutto il tuo tempo in infermeria.” Molly era una maschera di
preoccupazione.
In
effetti, Harry si era appena reso conto che Hermione si era caricata
non solo
del suo dolore, ma anche di tutto quello dei malati.
“Signora
Weasley, sono così felice che potrei mettermi a cantare.
Sono davvero contenta
di dare una mano. E poi la sua famiglia ha subito fin troppo stress
ultimamente, non crede?” Sorrise e le due donne si
abbracciarono.
“Grazie
mille, Hermione cara.”
E
i due sparirono nella stanza di fianco.
Tutti
gli altri decisero di ritornare a letto, stanchi e felici come non mai.
“Hermione
non c’è bisogno che mi rimbocchi addirittura le
coperte.”
“Fred, sta’ zitto. Decido io qui.”
“Ehi
ehi! Io non prendo ordini da un Prefetto Perfetto, anche se
è molto carino!”
Hermione arrossì e rise.
“Riferirò
a Percy il tuo complimento.”
“Ma
io non parlavo di Percy.”
“Ah.
Allora lo dirò a Ron.”
“Non potrei mai riferirmi a Ron con l’aggettivo
“carino”!”
“Fred,
dormi.”
“Hermione,
grazie. Sono felice di rivederti.”
“Anche
io.”
Gli
diede un bacio sulla guancia e uscì.
“Harry,
domani dovrai dirmi assolutamente tutti i particolari.”
“Ok Ron. Ora dormi.”
Ron
si stiracchiò e lo guardò. “Non credevo
fosse possibile poter essere di nuovo
felice. E adesso vedi un po’, Fred è di nuovo
qui.” Sospirò e sorrise.
Harry
sorrise di rimando. “Nemmeno io riuscivo a crederci. Si
guadagna davvero nel
fare del bene allora.”
“Dovremmo
farlo più spesso.”
“Ron...
noi lo facciamo sempre.”
“Hai
ragione.”
Risero
e poi caddero in un sonno senza sogni, sazi di felicità.
La
mattina dopo, la Sala Grande era stata sistemata in breve tempo da un
euforico
Silente, e gli Elfi erano tornati a lavoro. Perciò si
sedettero tutti al tavolo
di Grifondoro, mentre mangiavano la prima vera colazione da settimane.
Harry
era così abituato a mangiare lo stretto necessario che di
fronte a tutto quel
ben di Dio riuscì a mangiare solo due biscotti.
Mentre
Remus lo rimproverava, con un allegro Teddy in braccio, si sentirono
dei passi.
Uno
di questi era inconfondibile.
Clunk.
Clunk. Clunk.
Harry
capì cosa stava per succedere, ma questo non lo
preparò a ciò che gli si parò
di fronte.
Due
occhi verdi identici ai suoi lo fissavano da lontano.
Senza
fare caso ai borbottii e a Remus che urlava i nomi dei nuovi arrivati,
si
precipitò verso la donna che gli correva incontro e senza
tante cerimonie la
sollevò e la abbracciò. Subito dopo altre braccia
lo strinsero e capì che i
capelli neri spettinati che intravedeva appartenevano a suo padre.
“Mamma,
papà.” Sussurrò tremante.
“Piccolo
mio. Siamo qui. Siamo di nuovo qui, staremo insieme adesso. Niente ce
lo
impedirà.” Lily piangeva e accarezzava ogni parte
di lui.
“Non
ci posso credere.” James ghignava soddisfatto, come se avesse
vinto il più
grande dei premi. Probabilmente era davvero così.
Harry
dimenticò dove si trovava. Aveva desiderato da quel fatidico
31 ottobre che i
suoi genitori tornassero da lui. Si aggrappava alle memorie degli altri
non
avendone delle proprie, mentre adesso poteva creare suoi ricordi
personali.
Poteva vivere assieme alla sua famiglia, finalmente.
Si
allontanò quel tanto che bastava per notare il ghigno
soddisfatto di un uomo
bellissimo: Sirius.
“Sirius!”
Si fiondò tra le sue braccia e cominciarono a stuzzicarsi
ridendo come pazzi.
“Potter!
Non mi vuoi salutare? Sono resuscitato anche io!” Malocchio
lo osservava con
l’occhio sano, mentre quello finto roteava
all’impazzata.
“Professor
Moody! Sono davvero troppo felice di vederla!”
“Puoi dirlo forte, ragazzo. E ti ricordo che non sono mai
stato il tuo
professore.”
“Adesso
basta! Andiamo a tavola, sto morendo di fame!” Sirius
sorrise. “Ah no, aspetta.
Vorrei presentarti Fabian e Gideon Prewett, che Molly sta strangolando
proprio
adesso, Edgar Bones, Caradoc Dearborn, Dorcas Meadowes, Benjy Fenwick,
Marlene
McKinnon e la sua famiglia. E credo tu ti ricorda di Emmeline Vance e
Amelia
Bones, giusto? E questo è mio fratello Regulus.”
“Mi
fa davvero piacere conoscervi tutti.” Harry sorrise
cordialmente e gli altri
sorrisero di rimando.
“Ti
dimentichi di me.” Disse una voce lugubre e strascicata.
“Oh
già, credo tu ti ricorda anche di Mocciosus.”
Sirius aveva una maschera di
disprezzo sul volto.
“Professor
Piton, volevo ringraziarla per tutto quello che ha fatto per
me.” Alzò la mano
e Piton la strinse, nascondendo lo sguardo di disgusto che di solito
gli
riservava.
“Bene,
mangiamo? Sono anni che non faccio un pasto decente.” James
parlò e tutti
risero.
Si
sedettero tutti al tavolo di Grifondoro, anche se ormai, dopo tutto
ciò che
avevano passato, non c’era più distinzione tra le
Case. Contava solo la
famiglia.
Dopo
una serie di abbracci, soprattutto da parte di Remus, riuscirono a
sedersi.
“Lunastorta
sei diventato una donnicciola.” James cominciò a
prenderlo in giro.
“Sta zitto James, ti sei quasi messo a piangere.”
Rimbeccò Sirius.
“Sta
zitto tu, Sir, che hai pianto per davvero!”
“Ma
è possibile che siate rimasti così
idioti?” Lily sorseggiò un po’ di succo
di
zucca, mentre i Malandrini la fissavano con aria offesa. “E
non guardatemi
così. Harry, sei deperito. Ma non stai mangiando?”
“Sì,
giusto un po’.” Disse Harry, felice per il primo
rimprovero da sua madre.
“Lil,
lascialo perdere. Non sta mangiando affatto.”
“Grazie
tante Remus.” Harry guardò la faccia di sua madre
diventare pericolosamente
rossa. “Ma adesso sono felice e mangerò fino a
scoppiare!”
Il
colorito di Lily tornò a essere quello normale.
“Adesso ci sarò io a prendermi
cura di te.”
Harry
sorrise, estasiato. “Mamma, papà, venite. Vi devo
presentare un po’ di
persone.”
I
suoi genitori lo seguirono verso la famiglia Weasley, completamente
concentrata
sui nuovi arrivati e sui singhiozzi di Molly. “Allora loro
sono Fred e George
Weasley, poi Ron, il mio migliore amico, Hermione, la mia migliore
amica,
Ginny, la mia ragazza, - presentandola Harry divenne di diverse
sfumature di
rosso. – Bill e Fleur, Charlie, Percy, Arthur e
Molly.”
Non
appena ebbe finito con le presentazioni, Lily abbracciò
forte Molly e le
sussurrò una marea di ringraziamenti, mentre la signora
Weasley le dava
buffetti affettuosi, commossa.
Cominciarono
a parlare, a conoscersi.
Lily
manteneva lo sguardo fisso su Harry e su quello che mangiava,
riempiendo pian
piano il suo piatto di qualsiasi cosa le capitasse a tiro. James,
Sirius e
Remus, invece, discutevano con i gemelli su alcune avventure
scolastiche.
“Ehi!
– Harry richiamò l’attenzione di tutti.
– Perché non andiamo a giocare un po’ a
Quidditch? Facciamo una partita!”
“Sì!
– James s’illuminò immediatamente.
– io gioco come Cercatore.”
“No,
papà, non se ne parla. Sono io il Cercatore!”
“Harry,
obbedisci a tuo padre, altrimenti non ti faccio uscire più
con Ginny.”
“Non
ho bisogno del tuo permesso e ho i miei modi per uscire senza fartelo
sapere.”
“Ragazzi.
– urlò Lily – Giocherete come rivali, va
bene? Non credevo di dover tenere a
bada due bambini invece che due uomini.” Sospirò,
e tutti scoppiarono in una
sonora risata.
Si
alzarono e andarono verso il campo di Quidditch, parlando e scherzando,
uniti
in un’unica e grande famiglia.