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Autore: Giulls    02/02/2014    4 recensioni
«Le regole sono semplici: avrete a disposizione tre minuti per ogni ragazzo. Non appena sentirete la campanella il vostro incontro terminerà e voi avrete la possibilità di inserire sulla vostra scheda di gradimento “sì” o “no” accanto al numero della persona appena conosciuta. Al termine della serata raccoglieremo le schede e verificheremo gli incroci di gradimento. Se l'incontro risulterà positivo da entrambe le parti invieremo entro 48 ore i rispettivi dati personali. Questo è tutto, vi auguro una buona serata e un buon divertimento»
...
Edward Cullen è un pediatra dell'ospedale di Seattle e ritiene stupidi gli speed dating. Isabella Swan è una fotografa freelance e lei li odia sul serio. Eppure è lì che si incontreranno. Cosa accadrà tra i due?
Mini-ff, OOC, AU
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan, Jasper Hale | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Un grazie per essere arrivate fin qui
e per aver intrapreso insieme a me
questa avventura. Siete speciali!
Buona lettura.


Disclaimer: I personaggi sono di proprietà di Stephanie Meyer, scrivo senza scopo di lucro e ogni riferimento a persone e situazioni è puramente casuale e frutto della mia fantasia.



Speed dating


4) The end


Da quella sera, dal nostro primo appuntamento, sono passati tredici mesi. Edward ed io ci siamo frequentati per cinque mesi, poi le cose sono cambiate: lui era sempre più impegnato col suo lavoro e io col mio e le occasioni per stare insieme erano diventate sempre meno. La lontananza pesava ad entrambi e spesso finivamo col litigare. Nessuno dei due era pronto per una convivenza, io non volevo chiudere il mio studio a Forks e lui non voleva lasciare il suo posto a Seattle, e a lungo andare abbiamo deciso di separarci.
È stata una decisione presa in comune accordo, ma mentirei se dicessi che non ho sofferto e che non soffro tutt'ora. È passato tanto tempo, ma fa ancora male. Edward mi manca da morire. Il nostro amore è stato intenso e meraviglioso, ma purtroppo le storie d'amore non sempre hanno un lieto fine. Forse la nostra è iniziata in un momento sbagliato.
Qualche settimana fa Alice mi ha detto che lei e Jasper hanno visto Edward in compagnia di una bella donna. Quando sono andati a salutarlo lui non ha detto niente, se non “Ragazzi, lei è Amanda”. Ammetto di esserci rimasta piuttosto male, ma a mente lucida – e col cuore che piangeva ancora di più – ho riflettuto sul fatto che non stiamo più insieme e che è giusto che si rifaccia una vita. Anche a me è capitato che mi chiedessero di uscire, ma il fatto che non abbia mai accettato non significa niente.
Anche io ho delle novità: il mese scorso ho finalmente lasciato Forks per trasferirmi a New York, dove ho aperto un altro studio di fotografia e sono orgogliosa di dire che gli affari mi vanno piuttosto bene. Sono già stata contattata da diverse agenzie di moda per dei servizi fotografici, così come mi hanno contattata delle riviste di moda. Credo che in tutto questo ci sia lo zampino di Alice nonostante lei continui a dire che non ha fatto niente, se non pubblicare le foto che ho fatto per lei sul suo sito internet e parlare bene di me a due o tre persone.
Lei e Jasper convivono da un paio di mesi e presto convoleranno a nozze. Il 23 marzo, per l'esattezza. Mi ha portata da Kleinfeld assieme a sua madre e la sua futura cognata. Sarò la sua damigella d'onore e so che Edward sarà il testimone di Jasper. Un po' mi spaventa sapere che dovrò rivederlo entro breve, ma credo di dovermi fare coraggio per la mia migliore amica.
La sveglia suona alle sei e cinquanta. Oggi devo scattare alcune foto ad una cerimonia d'apertura di una clinica pediatrica per la rivista Journal of the American Medical Association. Da quanto ho sentito dire ci saranno anche alcune importanti riviste d'oltremare per questo evento. In più dovrò scattare un paio di foto al proprietario della clinica accompagnata dal giornalista che affianco. La segretaria dell'AMA – una simpatica cinquantenne dall'udito non più infallibile come un tempo – mi ha detto che questo giovane medico si chiama Edwin Carter. Ho provato a googlarlo, ma l'unico Edwin Carter che ho trovato è stato un naturalista morto nel 1900.
Mi faccio una doccia veloce e mi preparo una tazza di caffè, pane tostato con burro e marmellata e mi vesto. Ho un po' di lavoro da sbrigare allo studio prima di andare alla clinica, devo finire di preparare il book fotografico per un'aspirante modella Maria Moreno, una ragazza di origine messicane molto carina. Sono sicura che farà strada.
Stampo le ultime foto e completo il book. Sto per scrivere una email a Maria quando il telefono squilla.
«Studio fotografico, buongiorno»
«Bella, sono Alice»
«Ehi, ciao!» sono contenta di sentire la mia amica, in questi giorni non ci siamo parlate molto perché è impegnata con la creazione degli ultimi capi per la sua nuova linea di moda, «Tutto bene?»
«Sì, se non per il fatto che mi manca una modella,» sbuffa, «e non so dove diamine trovarne un'altra. Nettie si è beccata la mononucleosi! E questo è periodo di sfilate, non riuscirò mai a trovare una sostituta»
Abbasso lo sguardo sul book e mi viene un lampo di genio.
«Ce l'ho io una modella per te! Si chiama Maria Moreno, è una ragazza molto bella. Non è una modella vera e propria, anzi, diciamo che non ha mai propriamente fatto qualcosa. Ma io le ho fatto un book fotografico»
«Bella! Come posso prendere una alle prime armi?»
«Ha del potenziale,» la rassicuro, «almeno contattala per un colloquio e poi decidi. Ti mando immediatamente una mail con i suoi scatti migliori e il suo contatto»
«D'accordo. Quando vai a quella inaugurazione?»
Guardo l'orologio, sono le nove e mezza.
«Alle dieci e mezza il giornalista mi passa a prendere da qui. Ma tu hai idea di chi sia questo Edwin Carter? La segretaria dell'AMA mi ha detto che è famoso, ma su Google non esiste»
Per un po' non apre bocca, è come se avesse riattaccato.
«Edwin Carter? No, mai sentito nominare. Ora devo andare, mandami le foto della ragazza… ciao!» dice d'un fiato e riattacca.
Alice Brandon, chi la capisce è bravo.
Continuo a lavorare ancora un po' finché un uomo affascinante non entra nel mio studio.
«Salve, come posso esserle utile?» lo saluto cordialmente.
«Sono James, il giornalista dell'American Medical Association. Tu sei Isabella Swan?»
«In persona,» rispondo con un sorriso e guardo l'orologio, «è in anticipo»
«Se arriviamo prima forse riesco ad avere la mia intervista prima degli altri,» mi spiega brevemente, «lei è pronta?»
«Certo, giusto il tempo di prendere la borsa con la macchina fotografica. E chiamami Bella»
Ci avviciniamo alla sua auto e toglie l'allarme. Non si disturba ad aprirmi la portiera e penso che Edward al suo posto l'avrebbe fatto. Edward… chissà come sta. Da dopo la nostra rottura non ho avuto più sue notizie, se non quella della sua nuova e presunta relazione con questa Amanda. Durante il viaggio non parliamo molto, ha sempre fatto delle grandi telefonate a destra e manca. Diciamo che non eccelle in fatto di educazione.
«Allora… questo Edwin Carter è molto famoso?» gli domando per fare conversazione.
«Chi?»
«Edwin Carter, il proprietario della clinica» dico con fare ovvio.
James mi guarda come se fossi una specie di alieno strambo prima di scendere dalla sua jeep. Decisamente un gran maleducato.
«Non esiste nessun Edwin Carter,» mi informa posizionandosi in una sedia vicino al palco, «il dottore si chiama Edward Cullen»
A sentire quel nome sbianco.
«N-non è possibile,» balbetto, «deve esserci un errore. La signora Amanda mi ha detto che il dottore si chiama Edwin Carter»
«Evidentemente la signorina Coope deve aver capito male. Sai che novità,» ribatte seccato, «che ne dici di preparare le tue cose ora?»
In questo esatto momento la mia voglia di scappare supera quella di mettermi a lavorare, ma non posso farlo, non mi posso permettere una cattiva pubblicità. E poi nessuno capirebbe. Mi è capitato di sognare qualche volta di incontrare di nuovo Edward, ma un conto è pensarlo nella propria mente, un altro è che accada sul serio.
Sospiro, metto al collo la mia macchina fotografica e aspetto. Pian piano la gente prende posto. Ogni due minuti guardo l'orologio e quando si avvicina il momento dell'inizio inizio a sudare. Non sono pronta, decisamente no.
Il brusio che si forma mi fa capire che sono arrivati. Volto lo sguardo e vedo Edward salire sul palco con il sindaco De Biasio, Carlisle e il primario Jenks, del Metropolitan Hospital Center. Jenks, Carlisle e Edward si accomodano sulla sedia e quest'ultimo quando guarda la folla mi riconosce. È sorpreso quanto me di vedermi, poi fa l'ultima cosa che mi sarei mai aspettata: mi sorride.
Ricambio il suo sorriso da farfalle nello stomaco con uno mio scialbo e poi comincio a lavorare.
«Miei cari concittadini, sono lieto di vedervi qui quest'oggi,» ci saluta il sindaco, «per anni abbiamo sognato una clinica che fosse specializzata nella pediatria e finalmente questo giorno è arrivato. Il dottor Cullen e il dottor Jenks hanno deciso di collaborare per aiutare i bambini che hanno bisogno delle cure dei migliori dottori. È con mio grande piacere che ora cedo la parola ad dottor Edward Cullen»
Abbasso la mia macchina fotografica per guardare l'elegante camminata di Edward, ma scatto alcune foto quando lui e il sindaco si stringono la mano. Giunto davanti al leggio, Edward inforca un paio di occhiali da lettura e sorride.
Quegli occhiali non glieli avevo mai visti prima e gli stanno benissimo. È ancora più bello di quando ci siamo lasciati.
«Buongiorno a tutti. Per prima cosa ringrazio il sindaco De Biasio e il dottor Jenks per essere qui. Era da mesi che si pensava a questo progetto e finalmente ora si è compiuto. Ci sono tantissimi bambini in tutto il mondo che ogni giorno contraggono malattie sconosciute alla medicina e spesso incurabili. Quello che Jason ed io vogliamo non è solo curare i nostri piccoli amici da un semplice raffreddore o da una scarlattina, è anche riuscire a trovare una cura per i più sfortunati, per far vivere loro una vita normale»
Il discorso di Edward dura per altri cinque minuti ed è davvero toccante. Ho fatto fatica diverse volte a scattare le foto per colpa delle lacrime agli occhi. Quando ha terminato di parlare ho applaudito più forte che ho potuto, mi ha davvero commossa.
L'ultima foto che scatto qui fuori è il taglio del nastro rosso attaccato alla porta d'ingresso della clinica, dopodiché entriamo. James è abbastanza seccato per non essere riuscito ad avere prima la sua intervista, io sono preoccupata al pensiero di dovermi trovare in una stanza con lui.
Ci accomodiamo in una sala d'attesa mentre aspettiamo il nostro turno con altre sette persone. Poco dopo Carlisle compare nella mia visuale.
«Bella!» mi saluta avvicinandosi.
«Carlisle, ciao» lo saluto a mia volta sorridendogli.
Mi abbraccia e questo gesto fa voltare diverse persone. Impiccioni.
«Per quale rivista lavori?» mi domanda con interesse.
«Per oggi per la AMA. Continuo ad essere una fotografa freelance»
«E come ti vanno gli affari?»
«Sorprendentemente bene. Esme come sta?»
«Sta bene, ma come sempre è indaffarata nel suo lavoro. Sai, l'altra sera stavamo giusto parlando di te. Sarà contenta di sapere che sei bella come ti ricordavamo,» mi adula e arrossisco, «Rose è incinta»
«Le mie congratulazioni! Siete contenti di diventare nonni?»
«Molto, non vediamo l'ora,» dice e poi guarda l'orologio, «ora devo andare. Mio figlio non credo abbia più bisogno di me e io ho un aereo da prendere. Mi ha fatto piacere vederti e se mai dovessi capitare a Seattle vienici a trovare, Esme sarebbe molto felice di vederti»
«Lo farò senz'altro. A presto, Carlisle»
«A presto, cara»
Si allontana e torno a sedermi.
«Conosci Carlisle Cullen?» mi domanda James con interesse.
«Sì» rispondo secca.
«E come mai?» chiede ancora, ma evito di rispondergli. Mi alzo e vado a prendere un caffè nel bar dall'altra parte della strada. Ho tutto il tempo del mondo, saremo gli ultimi a intervistare Edward. Torno indietro dopo mezz'ora e venti minuti dopo è il nostro turno di entrare. Spero di finire in fretta, ho una gran fame, devo andare a lavorare e soprattutto ho il terrore di passare tanto tempo dentro quella stanza.
«Allora, Isabella, adesso entro io e quando ti chiamo vieni a fare le foto. Va bene?» mi dice James e lo guardo sorpresa.
«Non mi era stato detto che avrei dovuto aspettare qui fuori» replico con stizza quando in realtà vorrei solo ringraziarlo per il suo volermi tenere lontana da lui.
Mi dice qualcosa che non capisco, poi entra e mi lascia sola. Ne approfitto per ascoltare eventuali messaggi nella segreteria telefonica del mio studio e per guardare le foto che ho scattato. Un po' di tempo dopo vengo chiamata dentro per svolgere la seconda parte del mio lavoro. Appena metto piede dentro la stanza, Edward si avvicina sorridendomi. Visto da vicino è ancora più bello.
«Ciao, Bella,» mi saluta con la sua voce suadente, «ti trovo bene»
«Ti ringrazio, Edward,» rispondo, «anche tu»
Non riusciamo ad aggiungere altro perché James subito comincia a dettare ordini: spiega come vuole che siano le foto, il tipo di luce che vuole che sia usata e tutte quelle cose che competono con il mio lavoro, come se io non ne sapessi niente. Alzo gli occhi al cielo e becco Edward che si trattiene dal ridere.
In una mezz'ora finisco, ma è stata davvero dura. James ha voluto controllare che ogni singolo scatto fosse venuto alla perfezione. Ho visto che ha un anello al dito, mi chiedo chi sia quella santa che lo sopporta.
«Dottor Cullen, è stato un piacere incontrarla» lo saluta il mio neo ex collega.
«Anche per me» ribatte il mio ex fidanzato con gentilezza.
«Isabella, andiamo?»
«Sì, un momento,» rispondo a James e mi avvicino a Edward, «ti faccio le congratulazioni per il discorso di oggi, è stato molto toccante. E anche un in bocca al lupo»
«Ti ringrazio. Sai, ho pensato sul serio ogni singola parola che ho detto»
«Sì, non lo metto in dubbio,» replico, «ti conosco»
Ci sorridiamo e prendo il mio zainetto con dentro l'occorrente della mia macchina fotografica. Lo saluto con un cenno della mano e gli do le spalle. James apre la porta ed esce prima di me. Alzo gli occhi al cielo per la sua poca conoscenza del bon ton.
«Bella, aspetta!» mi chiama Edward uscendo anche lui dalla stanza, «Ti accompagno io»
«Come? Cosa?» domando sorpresa.
«Ti accompagno io dovunque tu debba andare»
«Ecco, io…»
«Ti prego,» mi implora e mi mordo il labbro inferiore. Mi volto verso James e sto per parlare, ma lui mi precede, «accompagno io Isabella a casa»
James annuisce senza problemi e con un cenno del capo ci saluta e se ne va.
Traditore.
«Sicuramente sarai sommerso di lavoro, non c'era bisogno di disturbarsi» gli dico.
Scrolla le spalle e si infila il giubbotto.
«A dire il vero non ho niente da fare, se non cercare la mia nuova casa,» replica sorridendo, «allora, cosa prevede la tua agenda oggi?»
«Lavoro, lavoro e ancora lavoro» lo informo alzando le spalle e lui ride.
Subito dopo essere usciti dalla clinica mi prende la borsa della macchina fotografica e si mette la tracolla sulle sue spalle.
«Accidenti, ma pesa un macigno! Non ti è mai venuto male alla schiena?»
«Sì, ma ormai ci ho fatto l'abitudine,» rispondo con naturalezza, «mi piace talmente tanto il mio lavoro che lo faccio senza problemi, incluso portare pesanti attrezzature»
Ci mettiamo in macchina – Edward mi apre la portiera come ha sempre fatto – e ci immergiamo nel traffico di punta newyorkese.
«Niente pranzo?» mi chiede.
«Pensavo di fermarmi al cinese di fianco al mio studio e di mangiare qualcosa mentre lavoro»
Si umetta le labbra, poi le arriccia.
«Sono troppo invadente se ti chiedo di farti compagnia?» propone e sgrano gli occhi sorpresa.
«Dici sul serio?»
«Sì, se per te va bene»
Annuisco entusiasta. Per me va più che bene.
Ci fermiamo al ristorante dei coniugi Chang, ordiniamo i nostri piatti e poi lo invito nel mio studio. Inutile dire che non mi ha lasciato tenere nemmeno la sporta con il nostro pranzo. Improvvisamente mi sembra di essere tornata indietro nel tempo.
Si guarda intorno mentre io sgombero la mia scrivania e apparecchio. Il mio intento è di mangiare lì, ma poco dopo ci ritroviamo a seduti sul pavimento e in giro per la stanza per mostrargli alcune foto che ho scattato. Non ho perso l'abitudine di attaccare le fotografie sulle pareti. Dietro la mia scrivania c'è una parete dove ci sono le foto con i miei amici e tra tutte nota la nostra, dove siamo abbracciati.
Lo guardo imbarazzata senza sapere realmente cosa dire.
«Questa…»
«L'abbiamo scattata quando siamo andati a Las Vegas con Emmett e Rosalie» dice al mio posto.
«È la mia preferita» ammetto con un sussurro e lui annuisce.
«Non ho mai pensato che potessi avere una nostra foto appesa»
Abbasso lo sguardo e mi gratto il naso.
«È stata la prima foto che ho attaccato,» confesso, «ogni foto che c'è qui mi ricorda un'emozione diversa»
«E questa che emozione ti provoca?» mi chiede avvicinandosi.
«Emozioni positive e negative. Positive perché è un ricordo felice, ma anche negative perché…»
«Perché dopo non sei più riuscita a sentirti completa?» mi interrompe e me lo trovo troppo vicino.
Una parte di me mi urla che dovrei allontanarlo, ma io non voglio. Annuisco e lo guardo mentre mi sfila dalle mani il contenitore dei miei spaghetti di soia alle verdure.
«Mi manchi, Bella. Mi manchi tantissimo,» mi confessa afferrando entrambe le mie mani, «in tutto questo tempo senza averti accanto non ho vissuto. Mi è sempre mancato qualcosa… mi sei sempre mancata tu. Ti amo, Bells,» sgrano gli occhi, «non ce lo siamo detti spesso. Abbiamo avuto non pochi problemi per la distanza, ma ora tu sei qui a New York e ci sono anche io. Se anche tu tieni a me come io tengo a te potremmo ricominciare»
Questo è decisamente il tipo di conversazione che non mi sarei mai aspettata di intavolare.
Tiro su col naso e lo abbraccio. Mi è mancata tanto la sensazione di sicurezza che ha sempre saputo darmi.
«Ti amo anche io. Ho sempre continuato ad amarti» gli dico tra le lacrime.
I suoi occhi brillano e si abbassa per baciarmi, lo stringo a me e rispondo al bacio con passione. Indietreggiamo finché non mi trovo con le spalle al muro.
«Devi lavorare» sussurra mentre scende a baciarmi il collo.
«Lavorerò dopo. O domani. Non fermarti» lo prego.
Le mie mani raggiungono la sua camicia e la tiro fuori dai pantaloni, la sbottono e gliela sfilo. La mia maglietta la raggiunge poco dopo. La passione ci travolge e ci ritroviamo a fare l'amore sulla mia scrivania.
Ora che siamo nella stessa città sono sicura che tutto andrà per il verso giusto.

***


Ventidue mesi dopo


«Isabella,» Edward entra dentro al mio studio come una furia, «che diavolo ci fai tu qui?»
«Ciao, amore,» lo saluto sorridendogli, «sono venuta a controllare una cosa»
«Non dovresti farlo. Non dovresti muoverti. Ti è stato ordinato di rimanere a letto»
«Consigliato, non ordinato. C'è una gran bella differenza»
Se fosse possibile farebbe uscire le saette dagli occhi.
«Te lo ordino io!»
«Tu? E chi diavolo ti credi di essere?» replico mettendo le mani sui fianchi e inarco le sopracciglia. Ora comincio ad arrabbiarmi anche io.
«Sono tuo marito, il tuo signore e padrone»
«Questa è bella!» esclamo, «Non credevo di aver firmato una qualche clausola di sottomissione quando ci siamo sposati»
«No? Beh, ora lo sai»
«E allora io chiedo il divorzio»
«Non te lo permetto»
«Non puoi comandarmi!»
«Posso e lo farò. Ti stai comportando come una bambina»
«E cosa pensi di fare? Punirmi?» lo sfido.
«Decisamente sì. Dovrei sculacciarti» replica mostrandomi il palmo della sua mano.
Stringo le gambe tra di loro. Accidenti, ora sono eccitata da morire.
La porta alle mie spalle si apre e Vanessa, la mia pupilla, entra nella stanza.
«Bella, Caius Volturi vuole sapere se sei sempre disponibile per quel servizio fotografico sui bikini»
«No, non lo è» risponde Edward al mio posto.
«Invece sì, lo sono» dico indispettita.
«Allora verrò anche io»
«No!» urlo, «Tu non verrai. Non ti permetterò di andare in un luogo dove decine di modelle molto più magre e sexy di me possono tentare di sedurti. Non esiste»
Accenna un sorriso e mi si avvicina.
«Nessuna modella dalla taglia trentasei potrebbe essere più sexy di te. Io ti amo e per me sei sempre bellissima»
«Modelle dalla taglia trentasei? Mi stai dando della grassa?» replico sgranando gli occhi.
Intreccia le nostre mani e mi massaggia i palmi con i pollici. Questo gesto mi ha sempre rilassata.
«Non dire sciocchezze, tu sei bellissima. Sei la donna più bella del mondo»

«Anche se sembro una mongolfiera?»
«Porti in grembo la mia bambina, cosa potrebbe esserci di più sexy?» mi chiede e senza attendere una risposta si china per baciarmi e lo fa con tanta, tantissima lingua, «Il mese scorso ci siamo presi un bello spavento, ho solo paura che possa succedervi qualcosa»
«Ma ora stiamo bene ed io ho bisogno di lavorare» piagnucolo.
«Mi posso permettere di occuparmi di voi per il momento»
«E quando tornerò a lavorare? Cosa accadrà se nel frattempo dovesse venire fuori qualche altro studio pronto a soffiarmi i miei contratti?»
«Avresti sempre e comunque Alice per i servizi fotografici e me per la clinica. Anche se preferisco averti al mio fianco per quelle serate come moglie e non come fotografa. E poi Ness è più che pronta a sostituirti per un po'. L'hai istruita alla grande e sono sicuro che sarà una perfetta sostituta. Almeno per quest'ultimo mese non stressarti, ti scongiuro. Lascia a lei il comando e tu pensa a sfornare il mio primogenito»
Mi metto a ridere porto le braccia dietro al collo di mio marito.
«Nessuno rovina un discorso meglio di te» lo prendo in giro.
«Il mio intento era farti ridere e ci sono riuscito,» replica sorridendo nella maniera che a me piace tanto, «e ora sei pronta a tornare a casa, signora Cullen?»
«Con te andrei anche in capo al mondo, signor Cullen»



FINE… ?







«Però dopo aver partorito voglio tornare subito a lavorare!» preciso.
Edward alza gli occhi al cielo e mi fa accomodare in macchina.
«Sei così testarda!» dice esasperato.
«Non è vero, semplicemente porto avanti i miei ideali»
«Dopo che avrai dato alla luce la nostra bambina, Bella, dovrai aspettare qualche mese prima di tornare a lavorare. La piccola avrà bisogno di te per nutrirsi»
«Stai dicendo che sarò io quella che dovrà occuparsi di Jane mentre tu farai la bella vita?»
«Non farò la bella vita, amore, lavorerò per mantenere un tetto sopra le nostre teste»
Incrocio le braccia sotto il mio enorme seno da gravida e lo guardo male.
«Stai per caso insinuando che io non sarei in grado di mantenervi?»
«Non ho mai detto niente di tutto questo,» ribatte sospirando, «perché non vuoi che mi prenda cura di voi?»
«Perché Jane ed io siamo in grado di badare a noi stesse»
Scuote la testa sempre più esasperato. Forse dovrei dirgli che ha ragione e che tornerò a lavorare solo quando nostra figlia sarà abbastanza grande, ma mi sto divertendo un mondo a punzecchiarlo.
«Sei peggio di una bambina»
«Una bambina indisciplinata,» annuisco guardandolo con malizia, «molto indisciplinata»
«Sai cosa spetta ad una bimba disobbediente come te?» dimmi che è una sculacciata, ti scongiuro, «questo» dice alzando la mano e per la seconda volta mi mostra il palmo.
Santo cielo, sì!
Appoggio una mano sulla sua coscia e lui si irrigidisce. In quest'ultimo periodo sono diventata una specie di ninfomane, ma la cosa non sembra dispiacergli molto. Anzi, proprio per niente.
Parcheggia nel primo posto libero davanti a casa nostra, mi aiuta a scendere dalla macchina e poi mi ci fa appoggiare.
«Sei la persona più zuccona che io abbia mai conosciuto,» dice baciandomi la guancia, «assolutamente testarda,» adesso mi bacia il collo, «e ti amo così tanto» mi strizza una natica e mi lascio sfuggire un gemito.
Lucy, la vecchia rompiscatole che abita di fronte a noi, passeggia col suo cane e ci guarda disgustata. La sento borbottare qualcosa contro di noi, qualcosa tipo “Questi giovani screanzati non sanno più cosa sia il decoro!”.
Edward chiude l'auto e mi prende in braccio.
«Ma cosa fai?!» urlo scoppiando a ridere.
«Ora il tuo maritino sexy ti illustrerà i vantaggi di rimanere a casa da ora fino a quando la nostra piccola Jane non incomincerà ad andare all'asilo. Sono sicuro di convincerti»
Oh sì, ne sono più che certa.


THE END



Angolo autrice

Ciao, ragazze!
Chiedo scusa per aver risposto tardi alle vostre recensioni e per aver postato in ritardo di un giorno, ma questa settimana è stata a dir poco infernale.
Dunque, questo è l'ultimo capitolo.
Come ho scritto all'inizio, voglio ringraziarmi di cuore per aver letto Speed dating e per essere arrivate fino alla fine. Non so se questo è il finale che speravate, o se immaginavate qualcos'altro (in tal caso, mi farebbe davvero piacere saperlo), ma io sono soddisfatta. Certo, ci sono alcune domande che non avranno mai risposta, come per esempio come è stato il primo incontro con Rosalie e Emmett?, oppure chi cavolo è Amanda? All'inizio volevo inserirla, ma poi ho realizzato che non era così importante come personaggio. Poteva essere semplicemente una vecchia amica, una compagna di scuola o di college, la mamma di un suo paziente, una donna incontrata per caso al parco, oppure ad uno speed dating… chi può dirlo con certezza? Questo lo lascio immaginare a voi. ;)
Spero di tornare presto con un'altra storia. Di idee ne ho tante, ma sono davvero impegnata con l'università.
Nel frattempo (e ora mi faccio un po' di pubblicità) ho gli ultimi EPOV di I wish that I had Jamie's girl da pubblicare, storia che fa parte della serie Hold me, kiss me and never let me go.
Un bacio a tutte!

Giulls

   
 
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