Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Water_wolf    08/02/2014    6 recensioni
[STORIA IN FASE DI RISCRITTURA]
Sintesi della mia vita: sfida mortale.
Dopo aver attraversato un fr-- portale magico anticonformista, la lista di persone che mi vogliono morta si sta allungando parecchio.
Perché? Perché sono l'Ereditaria del Segno del Sagittario, e non solo. Oppure perché ho sfiga.
***
Lo colpii prima con un calcio, poi lo affrontai con il cuscino. [...] Pride si sbilanciò e mi cadde sopra. Mi ritrovai schiacciata sul fondo del divano, con un solo misero cuscino a dividermi dalle labbra di Pride. [...] -Quella mossa era spudoratamente sleale- mormorò, ansimando un poco.
***
-No, è una sfida lanciata secondo le regole di Marte e fatta in suo nome e quello di Giove, non c'è modo di annullarla se non vincendola.
-O perdendola- aggiunsi io.
***
–Ma non è un sogno, vero? Sono finita nel Paese delle Meraviglie del ventunesimo secolo, giusto? Con cavalli parlanti, spade magiche e gatti stregati?
-Veramente i gatti stregati non ce li abbiamo- precisai. –Per il resto, sì, hai centrato più o meno il bersaglio.
***
Tante coppie shippose e peripezie alla 'Rick Riordan' (non che io sia minimamente brava come lui, che è un colosso çwç)
Genere: Azione, Comico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

15. Alla palestra “Braccio di Ferro”

Sognai di nuotare in una grande pozza scura. Sapevo che era mare perché l’acqua era salata. Il cielo, sopra di me, era altrettanto buio – nessuna stella a illuminarlo, nemmeno la Luna. Avevo la vaga sensazione che qualcosa non andasse, ma l’acqua era così calma e nuotare talmente rilassante che la ignorai.
Quando delle dita mi afferrarono la caviglia, spalancai gli occhi e cercai di liberarmi. Un’altra mano mi afferrò il piede sinistro, tirando verso il basso. Aveva una consistenza strana, viscida come la pelle di un pesce.
Scalciai, lottando per rimanere in superficie, ma ogni mio sforzo era inutile. Più mi dimenavo, più mani si aggiungevano e mi portavano verso il basso. Il mio corpo ne era ricoperto, e ormai riuscivo a vedere delle dita unite tra loro da membrane. Mi tirarono sotto, sempre più giù, e io trattenni il fiato.
Dal fondo, sembravano risalire bolle scure. Mi resi conto che non erano bolle, ma cavalli neri, le cui zampe posteriori erano la coda di un pesce. Ippocampi giganti.
I miei polmoni bruciavano, mentre dalle mani erano spuntati piccoli artigli che si conficcavano nella mia pelle nuda. Tre cavalli marini mi raggiunsero e sorrisero, mostrando una sfilza di denti aguzzi e affilati come spilli. Non potei impedirmi di gridare, liberando le ultime riserve di ossigeno.
La mia bocca si riempì di sale, le palpebre si abbassarono leggermente. Prima che un ippocampo potesse dilaniarmi il fianco, qualcosa mi strattonò la spalla e mi tirò su, come un pesce che ha abboccato all’amo.
Mi ritrovai su una spiaggia di ciottoli scuri e levigati, due occhi color ambra che mi fissavano. Riconobbi Pride, il cui sorriso arrogante sembrava più un ghigno. Mi aiutò ad alzarmi e, senza saperne il motivo, lo seguii in una foresta tropicale. L’acqua scivolò via dal mio corpo e mi ritrovai avvolta in un abitino di seta, leggero e trasparente come la carta velina.
Mi fermai, terrorizzata dal frinire dalle cavallette e dalla postura delle spalle di Pride. Sembrava sul punto di tramutarsi in un mostro. Camminai all’indietro, ma anche il ragazzo si arrestò e si voltò verso di me. Strillai.
Pride ruggì e si trasformò in un enorme leone, grosso tre volte più del normale. Corsi verso la spiaggia, riuscendo miracolosamente a raggiungerla prima di lui. Mi gettai in acqua, allontanandomi il più possibile, ma un sonoro splash risuonò accanto a me. La belva si era buttata nel mare.
Alghe si attorcigliarono alle mie gambe, mentre Pride riemergeva e spalancava le fauci, minacciando di inghiottirmi. Gli ippocampi iniziarono a mordermi, mangiando la mia carne. L’acqua si tinse di rosso, la mia vista divenne nera.
Mi svegliai con un urlo. Mi misi a sedere, scacciando le coperte. Ansimai forte, il cuore che galoppava a velocità folle.
–Oh mio Dio- mormorai, solo per sentire la mia voce.
Mi passai una mano sudata tra i capelli, cercando di calmarmi. Era solo un incubo. Eppure, la sensazione di annegare era ancora presente, così come il dolore dei morsi. Sapevo che, di notte, il cervello rielaborava le informazioni e queste potevano formare dei sogni, ma il pensiero non mi calmava.
Pride non era lui, ma comunque un’entità malvagia che mi avrebbe ucciso e fatto pasto con le mie carni. L’incrocio tra capricorni e kelpie non avrebbe esitato a banchettare con le mie budella. Era stato tutto troppo reale.
Misi giù i piedi dal letto, considerando che un bicchiere di latte mi avrebbe fatto bene. Un po’ di dolcezza era tutto ciò che avevo bisogno. Attenta a non svegliare nessuno, scivolai giù per le scale e attraversai a passo svelto il soggiorno. Mi bloccai quando notai la flebile luce del frigorifero, che illuminava le braccia di Scott.
Emisi un brontolio, che lo fece voltare. Dopo essere stata la cena di bestie simili ai kelpie, lui era l’ultima persona che avevo voglia di vedere. Nonostante ciò, mi avvicinai a lui e presi il cartone di latte dal frigorifero, passando sotto il varco creato dal suo braccio. Glielo sventolai sotto il naso, e lui annuì, segno che era lì per lo stesso motivo.
Presi due bicchieri e li riempii, rovesciando gocce di latte oltre il bordo. Gliene porsi uno e facemmo brindisi. Il dolce sapore della bevanda mi rilassò, confermando definitivamente che quello che avevo avuto era solo un incubo. Scott appoggiò il bicchiere vuoto sul lavabo.
–Brutti sogni?- sussurrò.
Mi leccai via un baffo di latte.
–Orribili- confermai.
Rimise il cartone nel frigo.
–Cosa succedeva?- domandò.
Sbuffai piano.
–Annegavo- risposi. –E tu?- indagai.
Scott fece una smorfia.
–Mio padre e troppi serpenti- borbottò.
Mi diede le spalle e si avviò verso le scale. Il pensiero di padri e serpenti insieme mi appariva buffo, ma non doveva valere lo stesso per Scott. Avevo la sensazione che non fosse la prima volta che li sognava. Salii le scale e mi infilai nella mia stanza, cercando rifugio sotto le coperte. Chiusi gli occhi, portando le gambe al petto, raggomitolandomi. Sperai che la prossima serie di sogni fosse meno inquietante.

 

-Non ci posso credere!- esclamò Eltanin, per poi staccare un morso dal suo enorme biscotto con gocce di cioccolato.
–Che c’è di tanto speciale?- chiesi.
Fatima fece un sorrisetto.
–Sicura di voler sapere cosa intendeva Scott quando parlava di territorio?- si informò.
–Ovvio che lo voglio- confermai, secca.
Non capivo perché le due ragazze avessero fatto quelle facce alla mia richiesta.
–Be’- iniziò Eltanin, ruminando il suo biscotto. –E’ il modo di alcuni maschi per segnalare che quella ragazza è stata scelta da lui per primo, e che se qualcuno ci mette le mani sopra potrebbe non ritrovarsele il giorno dopo- spiegò.
I cereali mi si bloccarono in gola.
–Oh, ma non solo in quel senso- aggiunse Fatima. –Potrebbe essere il modo di Pride di mettere in guardia dicendo che tu sei come la sua sorella minore, e che se qualcuno ti fa del male la sua fine sarà dolorosa.
-Mh-mh- concordò Eltanin. –Pride si comporta esattamente come un fratello maggiore e rompiscatole pieno di sé.
Riuscii a mandare giù i cereali.
–E come faccio a “uscire dal suo territorio”?- domandai, tesa.
Fatima ci rifletté su, sorseggiando il caffè nero.
–Non puoi- rispose semplicemente. –Ma questa è una stupida regola da ragazzini, tu puoi fare quello che vuoi.
-E’ Scott quello che non può- ricordò Eltanin, ridacchiando.
–Perfetto- brontolai. –Esattamente quello che speravo.
Allontanai la ciotola di latte e cereali da me, spingendola al centro del tavola. Fatima mi diede una pacca sulla spalla.
–Su con la vita! Questo vuol dire che il leoncino ci tiene a te- tentò di rassicurarmi.
–Forse più che al suo aspetto da “sono dannatamente sexy”- commentò Eltanin.
Non esitava un secondo a fare del sarcasmo ai danni del suo segno opposto, il Leone.
–Almeno oggi potrò ritornare a cercare gli ultimi due Ereditari rimasti- sospirai.
Né Fatima né Eltanin accennarono al fatto che avrei fatto tutto con Pride. Sembrava quasi il mio partener in indagini, se fossi stata una poliziotta. Chissà se sarei riuscita a mascherare le mie tracce, se l’avessi ucciso con un colpo dell’arma.
Mi persi a rimuginare su come avrei trasportato il suo cadavere e dove l’avrei nascosto, quando il ragazzo-leone mi mise una mano sulla spalla, riscuotendomi.
Non l’avevo sentito arrivare e così anche Eltanin, cui era riuscito a sgraffignare un biscotto. La bionda lo fissava con sguardo assassino, probabilmente maledicendosi per non avere con sé un coltello con cui infilzarlo.
–Pronta, Tori?- bofonchiò, la bocca piena.
Allontanai la mano dalla mia spalla, permettendo al mio stomaco di distendersi.
–Certo- risposi, alzandomi.
Pride gettò un’occhiata alla mia spalla, libera dalla sua mano, poi scrollò il capo. Salutò le ragazze con un cenno, mentre io mi chinavo per dar loro un bacio sulla guancia. Ancora con mezzo biscotto da mangiare, Pride sparse un sentiero di briciole sul prato. Nonostante il racconto di ieri, per lui, nulla sembrava essere cambiato.
Ma come poteva aspettarsi che non lo guardassi in modo diverso, ora che sapevo come aveva vissuto per tutto questo tempo? Non poteva chiedermi di non esserne minimamente toccata o turbata. Si ficcò l’ultimo pezzo di biscotto in bocca, ingoiandolo senza masticarlo.
–Dovremmo stare più attenti- esordì. –Con solo due Ereditari che mancano all’appello, probabilmente Gemelli in persona sarà in giro a cercarli.
-Già, considerando anche che gliene è appena sfuggito uno sotto il naso- concordai.
Pride si sistemò meglio la camicia, arrotolandosi le maniche al gomito.
–Uh, e mia mamma ha detto che dobbiamo essere di ritorno prima di mezzogiorno- aggiunse. –Dobbiamo discutere di un argomento tutti insieme.
-Spero in buone notizie- sospirai, riportandomi dietro un ciuffo di capelli.
Oltrepassato il fiume, camminammo ancora un po’ per la radura, prima di inginocchiarci e chiedere ad Ermete di aprire il portale. Gli lanciai solo una breve occhiata, passandoci attraverso. Era da tempo che non provavo la stretta allo stomaco tipica di quel trasporto, e la accolsi come una vecchia amica.
Apparimmo nel mezzo delle strisce pedonali, spaventando a morte una dog-sitter, che ci squadrò come se fossimo demoni. Pride mi prese per un braccio e mi trascinò verso il marciapiede, dove grumi di persone si stavano dirigendo. Menomale che il semaforo era rosso, per le auto.
–Qualche idea di dove andare?- domandai.
Il ragazzo-leone scrollò le spalle.
–Se vuoi, ti posso portare a vedere la scuola di Tommy- propose.
–Okay- accettai, visto che non avevamo una meta migliore.
Camminammo tra la gente, che si differenziava per etnia e abbigliamento. Potevi passare dal rosa shocking di un mini abito, al nero cupo di una maglietta slabbrata di qualche dark. Mi tenevo vicina a Pride, consapevole che, se l’avessi perso, non sarebbe stato semplice ritrovarlo. A un certo punto, si fermò e si voltò a guardare una vetrina.
Erano esposti diversi tipi di televisioni, alcuni cartellini indicavano che la visione era anche 3D. Si finse interessato, ma potevo capire dalla tensione delle sue spalle che qualcosa non andava. Mi mise un braccio attorno alla vita, come se fossi la sua fidanzata.
–Altro capo della strada, palestra “Braccio di Ferro”. Qualcuno ci osserva- mi sussurrò all’orecchio.
Con discrezione, mi girai e cercai l’insegna della palestra. Individuato il cartellone verde acido, trovai anche una ragazza di circa sedici anni; indossava una tuta monocolore e ci lanciava occhiate di soppiatto, fumando una sigaretta ostentando noncuranza. Ritornai a fissare i televisori.
–Vista- dissi. –Andiamo a farle visita?
-Spero tanto, tanto che non abbia voglia di picchiarci- sospirò Pride.
Risi.
–Da quando preghi per queste cose?- chiesi.
Si voltò verso l’altro capo della strada.
–Mai fidarsi delle ragazze in tuta sportiva che vanno in palestra, potrebbero atterrarti con qualche mossa di kung-fu e fregarci tutti- spiegò.
–Questo accade solo nei film- gli feci notare. –Solo nei film scadenti a bassa risoluzione.
-E un portale tra dimensioni si trova in un frigorifero in un Mc Donald’s abbandonato- ricordò. –Mi sembra abbastanza strano da rientrare nella nostra normalità.
Sbuffai, concordando che non aveva tutti i torti. Attraversammo la strada, ritrovandoci subito davanti alla palestra “Braccio di Ferro”. File di vetrine mostravano macchinari vari, dai tapis-roulants alle ciclettes. Annusai l’aria, sentendo l’odore di bosco che contraddistingueva gli Ereditari mischiato a quello del fumo. La ragazza in tuta si staccò dalla parete e ci venne incontro.
I capelli erano color nocciola, schiarito di biondo per i colpi di sole, e gli occhi avevano la sfumatura insolita, un verde pallido, come giada. Non sembrava avere intenzioni minacciose, ma con il fisico snello e allenato sarebbe stata capace di più di qualche mossa di kung-fu.
–Ereditari?- chiese conferma.
–Esatto- risposi. –Sagittario e Leone.
La ragazza ci sorrise.
–Bilancia- si presentò. –Venite dentro, non sono la sola con cui dovete parlare.
Gettò la sigaretta a terra e la schiacciò, poi ci aprì la porta e ci invitò ad entrare. Nessuno ci degnò di più di uno sguardo incuriosito, quando attraversammo le varie sale adibite a esercizi diversi. Arrivammo davanti a un ingresso, con una targhetta che recitava UFFICIO DEL DIRETTORE STHEPHENS.
Bussò, attendendo che le aprissero. La porta si schiuse, rivelando un ragazzo da una folta chioma castana e il naso storto, un po’ orientato verso sinistra. Guardò l’Ereditaria della Bilancia, scoccò un’occhiata ammonitrice a noi e ci fece entrare. Richiuse la porta dietro di sé, continuando ad osservarci.
–Sono altri di Gemelli?- domandò.
Aveva un portamento goffo, sgraziato, e un fare perennemente scocciato.
–No- replicò Pride, subito, come se il commento gli desse fastidio – e, in effetti, era così.
–Loro sono l’Ereditario del Segno del Leone e del Sagittario, Oscar- spiegò Bilancia, facendoci segno di accomodarci sulle due poltroncine poste di fronte alla scrivania.
Oscar si sedette davanti a noi, sulla sedia girevole, all’altro capo del tavolo. I suoi occhi grigi sembravano volermi fare una radiografia.
Tentai di rompere il ghiaccio, porgendogli la mia mano e presentandomi:- Victoria Williams. Lui è Pride Lewis.
-Lo so- mi liquidò. –Abbiamo sentito spesso parlare di voi. 
-Oh- esclamai.
Ritirai la mano, lasciandola ricadere in grembo.
–Non essere scorbutico- lo rimproverò la ragazza coi colpi di sole.
Mi sorrise.
–Felice di conoscerti, Victoria. Io sono Vera Judge. Il mio compagno invece, si chiama Oscar Sthephens.
-Sì, sì- la interruppe l’altro. –Sono Vergine eccetera eccetera.
Pride emise un verso di scherno.
–Non credo che esplicitare le proprie esperienze sessuali sia il modo migliore per iniziare una conversazione.
Oscar batté un pugno sul tavolo.
–Non vergine in quel senso, idiota- sibilò. –Sono l’Ereditario del Segno della Vergine.
-Calmati- gli ordinò Vera, lo sguardo duro e una mano chiusa ad artiglio sulla sua spalla. –La violenza non è la soluzione.
Oscar brontolò qualcosa di incomprensibile, ma abbandonò il campo di battaglia. Pride aveva un sorrisetto strafottente stampato in viso. Gli diedi un calcio, ma lui mi ignorò, continuando a irritare l’altro ragazzo con un atteggiamento spavaldo.
–Immagino vogliate sapere da che parte stiamo, giusto?- si informò Vera.
Annuii.
–Be’, per il momento, abbiamo deciso di rimanere neutrali.
-Ne-neutrali?- ripetei. –Ovvero non fare niente, lasciando che le altre due fazioni si scannino a vicenda?
-Se vuoi metterla in questi termini…- disse, vagamente a disagio.
–Posso capire te, Vera- intervenne Pride. –E’ il tuo segno che ti impone di ricercare l’equilibrio perfetto che, nel caso ti schierassi da una parte o dall’altra, verrebbe danneggiato. Ma, per te, Oscar… non saprei. Forse mancanza di testosterone per prendere una posizione seria?- lo provocò.
Gli occhi dell’Ereditario della Vergine ebbero un guizzo, mentre lui diventava paonazzo. Nonostante ciò, riuscì a rispondere senza sbraitargli contro.
–Sono abbastanza intelligente per capire che, mettendomi dentro questa guerra, rischierei di non sopravvivere. Avete dimostrato di essere abbastanza bravi da riuscire a uccidervi a vicenda, quindi, perché dovrei sacrificare la mia vita per una causa o nell’altra?
-Uhm-uhm- fece Pride. –E’ chiaramente una scusa da codardo. Mi chiedo se tu sia solo vergine oppure non abbia le palle.
Prima che potessi rimediare in qualche modo, un tagliacarte volò verso Pride e attaccò la sua camicia alla poltrona. Rimasi pietrificata. Vera aveva la bocca spalancata per lo stupore.
Oscar era ancora teso in avanti nella posa di lanciare il tagliacarte, gli occhi illuminati da un bagliore folle. Scattai in piedi, stringendo i pugni per la rabbia.
–Sarà meglio se ce ne andiamo- sentenziai. –Mi sembra piuttosto chiaro che non volete immischiarvi.
Pride provò a ribattere, ma mi voltai verso di lui e lo incenerii con lo sguardo.
–Grazie per averci ascoltato- conclusi a denti stretti.
Mi chinai sul ragazzo-leone, sfilando il tagliacarte dalla poltrona.
Feci finta di sistemargli la spalla della camicia, mentre gli sussurravo:- Ti adoro quando ragioni con quella parte del corpo.
Lo afferrai saldamente e lo feci alzare dalla poltrona a forza, mentre me lo trascinavo dietro. Rifiutai l’aiuto di Vera a scortarci fino all’uscita, cercando di sorriderle il più gentilmente possibile, fallendo miseramente. La sua espressione era in bilico tra il più puro dispiacere e il risentimento. Oscar, invece, si osservò le unghie e non ci degnò nemmeno di un saluto – comprensibile, visto il suo istinto di trafiggere Pride con un tagliacarte.
Tenni stretto il ragazzo-leone finché non fummo ad un isolato di distanza. Lasciai la presa e lo spintonai, mandandolo schiena al muro.
–Che cos’avevi intenzione di fare, mh?!- sbottai. –Ti comportavi come un animale in calore che non sa trattenere i suoi istinti!
-Mi ha chiamato idiota- si giustificò, fingendo una calma che non aveva. –E ha pensato che stessi dalla parte di Gemelli.
-Be’, sembravi parecchio stupido e arrogante- replicai, secca. –Hai mandato all’aria una conversazione civile e anche la più piccola possibilità che quei due si unissero a noi!
Pride emise un brontolio a metà tra uno sbuffo e una risata.
–Bilancia non prenderà mai una posizione, è contro natura. Vergine… non lo credo un combattente così abile da essere insostituibile.
-Non è necessario essere un combattente per servire una causa- obiettai. –Anche l’intelletto ci è utile. Tutti, in qualche modo, serviamo, nessuno escluso.
-Pensala come vuoi- ribatté lui.
–Lo faccio già- precisai, trattenendo a stento un ringhio. –Torniamo al villaggio dei centauri, è meglio- conclusi, incamminandomi verso la prima fermata della metropolitana.
Non parlammo per tutto il tragitto, a eccezione del suo “scendiamo questa fermata”. Percorremmo ancora due isolati, prima di ritrovarci di fronte al vecchio Mc Donald’s abbandonato. Nuovi sacchi della spazzatura erano accasciati lì vicino, un gatto che cercava di rompere la plastica in cerca di cibo. Pride lo fece scappare, dopodiché aprì la porta.
Non entravo in quel negozio da molto tempo e, avanzando sulle piastrelle sporche, le storie che mi avevano raccontato Pholos e Pride a riguardo si collocarono. Era come recuperare pezzi di memoria automaticamente, nonostante il veleno di Hayley Becker.
Il frigorifero era al suo posto, così come il portale, che vorticava al suo interno. Ancora adesso, mi sembrava assurdo che ce ne fosse uno dentro un elettrodomestico così comune. Lo oltrepassai per prima, trovandolo piuttosto scomodo rispetto a quello che aprivamo nella radura. Essere trasportati in un luogo in cui c’è sempre primavera era, però, ricompensava il disagio.
Mancava ancora un’ora a mezzogiorno, eravamo ampiamente in orario per la discussione con Syrah. Nonostante questo, la trovammo già in casa a parlottare con Pholos, seduti sul divano. Mio padre le sorrideva apertamente, come se la sua compagnia fosse davvero speciale.
Mi chiesi se, in passato, prima che fossero amici, lui fosse stato innamorato di Syrah. Repressi il pensiero, quando mi venne mente che, in quel caso, Pride sarebbe potuto essere mio fratello. Rabbrividii.
–Già di ritorno?- domandò Pholos, sorpreso.
Scoccai un’occhiataccia al ragazzo-leone, ma risposi:- Siamo stati fortunati, in un certo senso. Vado a chiamare gli altri, così possiamo iniziare la riunione subito?
-Okay.
Sia Pholos che Syrah annuirono. Salii le scale, lasciando che Pride spiegasse ciò che era successo alla palestra “Braccio di Ferro”. Dovetti quasi sfondare la porta di Eltanin, prima che questa mi aprisse, dato che il volume delle cuffiette nelle sue orecchie era sparato al massimo. Fatima, invece, stava navigando in internet, comodamente stravaccata sul letto.
Alzò lo sguardo su di noi e domandò:- Com’è andata?
-Te lo spiego dopo- borbottai.
Stavo per dirigermi alla camera di Scott, ma sentii la sua voce dietro di me, talmente vicina da avvertire il suo fiato sul mio collo.
–Ho sentito che siete ritornati- spiegò. –Dobbiamo fare una consultazione di qualche genere?
Eltanin, accanto a me, sorrideva compiaciuta. Forse, a lei il fiato di Scott non faceva lo stesso effetto.
–Sì- confermò, nascondendo a stento la sua crescente felicità.
Si voltò, sorridendo mentre fronteggiava il suo viso. Scott si ritrasse, alzando un angolo della bocca nell’accenno di un sorriso. Al completo, ritornammo in soggiorno. Pride aveva spostato le sedie della cucina, disponendole a cerchio intorno al divano, cosicché tutti potessero vedersi in faccia. Si sistemò accanto a sua madre, che gli scompigliò bonariamente i capelli. Vicini, si potevano notare ancora di più le somiglianze che li univano.
Mi accomodai sulla sedia all’angolo del divano, che mi permetteva di stare presso mio padre, e Scott prese posto accanto a me. Non potei non domandarmi perché me lo ritrovassi sempre vicino.
Syrah si schiarì la gola.
–Bene- iniziò. –Vi ho fatto chiamare per discutere di quello che sta accadendo. I nostri primi spunti per un accordo pacifico sono andati in fumo, e ciò non fa che protendere il futuro verso una guerra. Né l’Ereditaria del Segno della Bilancia né quello della Vergine si sono esposti, perciò siamo in parità sotto questo aspetto, cinque contro cinque.
Fece una pausa, permettendo a Pholos di inserirsi nel discorso.
–Sappiamo cosa c’è in palio. La fazione di Gemelli vuole rendersi visibile al mondo degli umani, inondandolo con le creature fatate e riprendendosi le terre che tanto tempo fa gli appartenevano. Come sappiamo, questo porterebbe al caos e alla distruzione. Perciò, dobbiamo impedirlo. Prima di questo, però…
Syrah prese il suo posto.
–Prima di questo, però- riprese le fila. –Abbiamo bisogno di fidarci l’uno con l’altro, di non avere misteri tra di noi. A questo fine, chiedo a te, Ereditario del Segno del Capricorno, il Traditore, di raccontare per intero la storia del tuo accordo con Gemelli.
Scott si irrigidì al mio fianco. Una goccia di sudore gli rigò la fronte. Mi sentii in dovere di fare qualcosa per metterlo a suo agio. Gli posai una mano sulla spalla e mi rivolsi a mio padre, tentando un approccio gentile.
–Non basterebbe un giuramento o la sua parola?
Pholos scosse la testa, ma Scott rispose al posto suo.
–No- replicò. –Va tutto bene, Victoria.
Scostò la mia mano da sé, poi si tolse la maglietta. Rimasi un attimo senza fiato per la sorpresa, seguita dal fascino per il fisico allenato e alla bellezza del suo tatuaggio. Creature di ogni genere, dai fauni ai pesci, erano raffigurati in pose mistiche e allegre. Sicuramente era un legame con il mito di Pan, il dio della natura.
Scott si passò un dito sulla parte bassa della schiena, fin dove poteva arrivare, e mostrò i segni bianchi che mi era sembrato di intravedere subito dopo la sua trasformazione in kelpie.
–Vedete queste?- domandò, girando su se stesso per permettere a tutti di guardare quelle strisce di pelle più bianca e lucida.
Dal suo portamento, si intuiva che fosse sulle spine, ma imponeva alla sua voce di rimanere ferma.
–Sono cicatrici- illustrò. –E me le ha procurate io padre.
***
Angolino dell'autrice
Tan-tan-tan! Finalmente, anche il quindicesimo capitolo è online. Spero che l'ultima frase vi abbia lasciato col fiato sospeso :3
Ormai gli schieramenti sono al completo, cinque e cinque, più precisamente ci sono i "cattivi" (Gemelli, Pesci, Cancro, Ariete, Scorpione) e i "buoni" (Sagittario, Leone, Capricorno, Aquario, Toro) Vergine e Bilancia rimangono neutrali.
Vera Judge, perdonatemi il nome scontato .-., è della Bilancia ed è un segno con Marte in esilio e una delle sue pietre è la giada. Appunto perché Marte è un dio della guerra, equivalente di Ares per i greci, lei è contro la violenza.
Oscar Sthephens, invece, è della Vergine. Ero troppo tentata dall'idea di farlo ragazzo, quindi eccolo qui ^^ Il suo colore è il grigio, e le persone di questo segno dovrebbero essere caratterizzate da un'intelligenza sottile e di indole ipercritica e pignola, fatti su cui mi sono basata per creare Oscar, che risulta un po' pedante.
Entrambi questi segni trovano i loro opposti in Ariete per Bilancia e Pesci per Vergine, uno dei motivi che potrebbe aver spinto i due a non unirsi a Gemelli.
Comunque, posso anticiparvi che il prossimo capitolo sarà incentrato sulla figura di Scott e il suo passato, con un finale che stuzzica la mia parte malvagia *evil laugh*
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, un bacio! :*

Water_wolf

 
  
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Water_wolf